SHARED UNIVERSE #1
I poliziotti sono fan dei serial polizieschi?
È un interrogativo curioso, considerato che spesso i poliziotti della televisione sono descritti come corrotti. O peggio burattini che eseguono gli ordini di un consulente esterno, qualcuno che non prenderebbero neanche al servizio stradale. Magari uno scrittore annoiato in cerca di ispirazione per il suo prossimo romanzo. Magari un astuto criminale che dirotta le indagini per accrescere il suo potere. Magari un ex imbroglione che si fingeva sensitivo quando era solo un eccellente lettore dei segnali non verbali delle persone. Poi, la più infamante delle rappresentazioni: quella che vede poliziotti almeno tre gradini più in basso della scientifica. Quando i veri eroi non sono quelli che mettono le manette, ma quelli che spruzzano luminol e cercano impronte digitali.
Di tanto in tanto spunta qualche gemma rara. Broadchurch per dirne una, anche se è britannica. The Wire, immensa. E naturalmente True Detective. Portia Marshall è una grande fan di True Detective. La prima stagione quantomeno. Il modo brillante e tagliente con cui sono stati descritti i due detective. La sua linea di pensiero è molto vicina all'epicureismo di Martin Hart, interpretato da Woody Harrelson. Bisogna soddisfare ogni tipo di prurito, togliersi qualsiasi sfizio così da trovare un equilibrio e diventare una persona migliore nel privato come sul lavoro. Si considera molto lontana dal pessimismo nietzschano di Rustin Cole, interpretato dall'allora magrissimo Matthew McConaughey. Ma condivide un punto della sua filosofia per quanto riguarda gli interrogatori. Tutti hanno qualcosa da confessare e tutti vogliono farlo. Bisogna solo trovare la strada, il tono di voce appropriato, la cosa più giusta da dire e tutti cantano come uccellini.
Proprio come lo stronzo che ora è chiuso in sala interrogatori. Vuole confessare tutto, ma lo farà solo di fronte a Portia Marshall. Questa è la sua richiesta. La Marshall entra alla centrale di Winter Spell senza rivolgere la parola a nessuno. Si serve una tazza di quella brodaglia che spacciano per caffè qui nel Wisconsin. Afferra una cartellina e si reca nella stanza dove il sospettato la sta aspettando. Non è ammanettato, ma non sembra avere intenzione di fare del male a nessuno. Vuole solo raccontare la sua storia e vuole farlo a una persona in particolare. La Marshall si siede davanti all'uomo e gli dice che è pronta ad ascoltarlo.
«Ero stato incaricato di tenere d'occhio un gruppo di studenti dopo che questi avevano causato dei disordini alla Harper High School. Questi studenti sono noti come "la Cerchia", una sorta di élité che fa il buono e il cattivo tempo e riesce a indirizzare le scelte dei loro stessi compagni di scuola. Sfruttando le mie conoscenze informatiche, ho iniziato a seguire i loro social network da alcuni account creati apposta. Ho scoperto molte cose sulla loro vita. E ho scoperto di essere attratto da una di loro: Chloe Johnson.»
L'uomo chiede un sorso di caffè. La Marshall gli allunga malvolentieri la sua tazza. Gli chiede di fare in fretta e di continuare il racconto.
«Passavo ore a sbirciare i social di Chloe Jhonson. Sapevo come tanti altri del suo passato da escort, che uomini della mia età avevano potuto passare una notte con lei in cambio di denaro. Una cifra troppo alta per il mio misero stipendio statale. Non avrei mai potuto stare con Chloe Johnson nella vita vera. Ma nei miei sogni potevo farlo. I sogni non fanno male a nessuno. Così ho iniziato a immaginarlo. All'inizio solo qualche volta, poi tutti i giorni e infine più di una volta al giorno. Chloe è diventata la persona a cui dedicavo più tempo. Trascorrevamo ore insieme, nella mia testa. Ore in cui eravamo felici. Ore in cui ci amavamo. In cui mi faceva delle cose, tutte le cose che avevo sempre desiderato. È allora che ho iniziato a ricevere le mail.»
La Marshall apre la cartellina. Ci sono vari fogli. Copie stampate di mail inviate all'indirizzo del sospettato. Messaggi di poche parole. Mi piace essere guardata. Oppure: Cosa vorresti vedere? Potrei accontentarti... O ancora: Voglio i tuoi occhi addosso.
«So che poteva esserci chiunque dietro quei messaggi, ma credevo davvero che fosse lei. Credevo che si fosse accorta di come la guardavo, di come ero gentile con lei a scuola e che in qualche modo le mie attenzioni e le mie gentilezze l'avessero lusingata. Non si spiegherebbero le foto.»
La Marshall getta l'occhio sulle foto nominate dal sospettato. Foto inviate in allegato tramite mail. Foto di Chloe Johnson. Soprattutto selfie. In bikini, in intimo sexy, a seno scoperto, completamente nuda. Foto sul letto, sotto la doccia, in poltrona con le gambe divaricate. Nemmeno un prete riuscirebbe a non eccitarsi con simili scatti.
«Così Chloe Johnson è uscita dalla mia testa per diventare una cartella nascosta del mio portatile. Una cartella del piacere. Naturalmente continuavo a seguirla sui vari social. Da vari account fasulli. Più io la seguivo, più arrivavano mail e foto piccanti. Doveva essere lei. Per forza. Questo era il nostro segreto. Il nostro modo di contattarci, di stare insieme. Le ho anche mandato dei soldi. Duemila dollari, quando lei e i suoi amici cercavano i fondi per finanziare la festa del 12 dicembre. Mi sono finto uno di quegli sporchi pervertiti che volevano i suoi calzini. Me li ha spediti, a una casella postale. Ma non li ho mai ritirati. Sono ancora lì, potete controllare. Non sono così viscido. Volevo solo aiutarla. Volevo solo farle un regalo.»
La Marshall segna l'indirizzo della casella postale. Più tardi manderà un agente per vedere se questi calzini esistono e se davvero sono lì. Ora però ci stiamo avvicinando al momento decisivo.
«Il 12 dicembre io ero a casa. Avevi detto che non serviva la mia supervisione. Stavo guardando un film alla televisione. Credo fosse Una poltrona per due. Stavano già iniziando i film natalizi. Mi piace seguire i film che conosco a memoria. Trovo ci sia uno stranissimo senso di pace nel vedere qualcosa di cui già conosci la fine. Quando ecco, arriva un'altra mail. È Chloe. Dice che vuole vedermi, che abbiamo aspettato troppo, che sarà nuda in piscina. Vorrei poter dire che ho esitato, ma appena finito di leggere mi sono alzato di scatto dalla poltrona e sono corso in macchina. Sono arrivato alla Harper verso l'una. Ho visto Chloe dalla porta a vetri. Era distesa. Sembrava ubriaca. Sono entrato e mi sono accorto che non stava bene. So che adesso non mi crederai, ma io stavo davvero per fare la cosa giusta. Poi è arrivato quel messaggio.»
La Marshall sa che non troverà nulla, ma per scrupolo dà un'ultima occhiata nella cartellina. Nulla, come previsto. Nessuno sa niente di questo messaggio.
«Non mi hanno detto di farlo. Quella è stata una mia decisione. Una decisione che non avrei mai preso senza quel messaggio. Era una foto della sala server: qualcuno era entrato e aveva disattivato tutte le telecamere della Harper. Mi ricordavano che nessuno mi aveva visto entrare. Mi promettevano che nessuno avrebbe mai scoperto che ero stato lì. Non avevo motivo per fidarmi...»
«Ma lo hai fatto,» lo interrompe la Marshall: «non è così, Mills? Ti sei fidato.»
«Sì,» conferma annuendo il professor Hunter Mills: «mi sono fidato. Le ho fatto a pezzi il vestito. Strappato le mutandine. Mi sono infilato il preservativo e l'ho penetrata fino all'eiaculazione. Credo di averla sbattuta con violenza sul pavimento, ecco perché i lividi. Non l'ho picchiata, ci tengo a precisare. Poi mi sono rivestito e sono andato via.»
Segue un momento di silenzio in cui i due si fissano negli occhi. «Come mi avete scoperto?» La curiosità di Mills è del tutto naturale. La detective è tentata di lasciarlo cuocere nel suo brodo, ma poi decide di accontentarlo.
Qualcuno ha scritto una lettera anonima agli Affari Interni in cui si diceva che la notte del 12 dicembre numerosi studenti avessero notato un'auto sospetta, una Camaro marrone parcheggiata nel cortile della Harper. Nella lettera dicevano che la detective Marshall era a conoscenza di questa segnalazione ma che volontariamente aveva deciso di ignorare la storia. Forse per coprire qualcuno. Tanto è bastato a certi colleghi, quelli a cui la Marshall negli anni aveva pestato i piedi, per richiedere le registrazioni delle telecamere stradali. Così hanno visto la Camaro marrone del professor Mills arrivare fino alla Harper High School. Abbastanza per chiedere un mandato e ispezionare il portatile del professor Mills. La cartella con le foto e le mail di Chloe era nascosta bene, ma non abbastanza. Forse il professor Mills voleva essere scoperto? Chi può dirlo con certezza?
«Come non possiamo dire di sapere chi ha scritto agli Affari Interni,» continua Mills: «anche se io e te abbiamo un'idea precisa.»
«Fottuti ragazzini!» si lascia scappare la detective Marshall.
«Non è più il nostro mondo Portia,» commenta Mills, provocando nella detective un senso di disgusto per aver detto il suo nome: «siamo solo dei turisti in una storia più grande di noi.»
Per quanto in collera, la detective Marshall sa che il fu professor Hunter Mills e ora diventato a tutti gli effetti il sospettato Hunter Mills ha assolutamente ragione. Questa storia è più grande di quanto hanno potuto vedere, e diventerà più grande in futuro. Perché le cose non finiranno certo qui, in questa saletta della centrale della polizia.
In effetti la macchina è già in moto da qualche giorno. La notizia è arrivata – chissà come? – anche alla stampa. L'elaboratore CAPS aveva previsto l'eventualità di uno stupro la notte del 12 dicembre, eventualità che effettivamente si è verificata. Ma quando gli era stato chiesto di individuare il colpevole, aveva sbagliato in pieno. A nulla è servito tentare di spiegare. L'elaboratore CAPS era stato venduto come una macchina a prova di errore, e l'errore si era verificato. Avevano arrestato un innocente.
«Il programma CAPS è stato chiuso definitivamente,» commenta la Marshall con una voce che cerca di nascondere la sua amarezza: «sono passata questa mattina alla Harper per prendere le mie cose. Il dojo è già stato smantellato. Finito con te, svuoterò i cassetti anche qui. Non sono più la benvenuta a Winter Spell. Mi mettono in malattia.»
Mills chiede scusa alla detective Marshall. Gli dispiace davvero averla cacciata in una simile situazione. Le promette che contesterà le accuse che le sono state mosse, che nessuno le aveva mai parlato della storia della Camaro marrone. In effetti è la verità, ma che senso ha la verità in bocca a uno stupratore?
La Marshall chiede a Mills se c'è altro. Lui dice di no. Portia Marshall prende la cartellina con i documenti, lascia il suo caffè a Mills ed esce dalla stanza. Consegna i file dell'indagine al nuovo detective incaricato del caso e si dirige alla sua scrivania. Riempie uno scatolone con i suoi effetti personali. Compie questi gesti in modo meccanico. La sua mente è troppo occupata a farsi domande.
Quando gli informatici hanno verificato l'account da cui sono state spedite le mail e le foto di Chloe Johnson si è scoperto che era un account creato solo pochi giorni prima, e non certo dalla ragazza. Ma perché? Chi si darebbe tanto da fare per organizzare un simile scenario? Cui prodest? È questa la domanda.
"Siamo solo turisti in una storia più grande di noi" ha detto Mills. Che quello stronzo abbia ragione? Dicono che una volta poliziotto, lo sei per sempre. Anche quando vai in pensione o vieni congedato con disonore. Portia Marshall lo sa bene, e lei non ha mai perso il suo fiuto. Non accetta di non vederci chiaro.
In servizio o meno, niente la fermerà fin quando non avrà fatto luce su tutta questa sporca faccenda.
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