SAFETY FIRST #4

In tutte le scuole di Winter Spell c'è una regola. Uno studente sospeso è obbligato a stare lontano dalla classe per tutta la durata della sospensione. La pena per il suo ritorno prima del previsto è un prolungamento del suo periodo all'infuori della scuola. In nessun caso tuttavia uno studente già sospeso può essere espulso. Questa regola sarà il nostro parafulmine oggi. Sono passate appena ventiquattr'ore dalla nostra messinscena da coloni cannibali e stiamo per entrare nuovamente alla Harper High School. Questa volta non ci sarà nessuna sfilata. Resteremo all'esterno, in cortile, e invieremo un messaggio agli studenti, all'interno.

Jimmy scrive su facebook, nel gruppo privato che ha insieme ai suoi compagni di basket. Chris utilizza clubhouse, rivolgendosi ai vecchi amici nella squadra di nuoto e ai nuovi amici dei gruppi di studio. Chloe posta un video preparato questa mattina sul canale youtube del suo glee club. Io, insieme a Barbie e Lomax, attiviamo un passaparola su whatsapp. Rimbalza di gruppo in gruppo, di chat in chat. Infine postiamo una foto su instagram, così che tutti possano vederci. Siamo qui, nel cortile della Harper High School. Siamo qui e vi chiediamo di uscire per unirvi a noi.

Passano circa dieci minuti quando si sentono i primi fischi. Sporadici all'inizio, ma poi sempre più forti e sempre più numerosi. Poi le porte si aprono. Un'orda di studenti invade il cortile. Marciano tutti a passo spedito, pronti a rispondere al nostro richiamo. Sono quasi la metà dell'intero corpo studentesco della Harper High School. Stupendo!

In mezzo a loro diversi CAPS continuano a fischiare e a minacciare sospensioni a tappeto se tutti non rientreranno immediatamente. Riconosco quei CAPS: sono i fedeli a Justin Ward, quelli che lo hanno coperto durante lo scontro con Mary Goldberg. Sono gli ultimi sostenitori della linea dura. Ora però sono impotenti. Non possono fare nulla contro quello che sta succedendo. Avanzo verso di loro e gli dico che nessuno di questi studenti rientrerà fino a quando il preside Duke e la detective Marshall non usciranno per ascoltare le nostre richieste.

I CAPS mi guardano come fossi una terrorista che ha appena richiesto di trattare con un negoziatore in particolare. Probabilmente stanno pensando a cosa succederebbe se provassero a immobilizzarmi. Non è una mossa che conviene loro. Primo, hanno visto all'American Farm di cosa sono capace. Secondo, anche se riuscissero a mettermi con il culo per terra gli studenti dietro di me gliela farebbero pagare. Meglio non correre rischi. Io comunque ho detto loro cosa fare. Ora c'è solo da aspettare. E per ingannare l'attesa faccio un segno a Lomax, che fa partire lo stereo della sua auto. It's time degli Imagine Dragons si diffonde nell'aria, accolta da un grido di assenso. Tutti iniziano a ballare, a gridare, a saltare. Come faremmo a una festa. Come all'ultimo giorno di scuola. E mentre balliamo gli altri studenti della Harper, quelli che sono rimasti all'interno, si affacciano alla finestra in piena invidia per quello che sembra un party da fine del mondo più che uno sciopero. Connie Morrison esce dopo qualche minuto, seguita da tutta la sua classe. Il potere di chi apparterrà alla futura Cerchia inizia a manifestarsi. Escono anche altri CAPS, ma non per dare man forte ai loro colleghi. Si sfilano le giacche e le abbandonano per terra. Non vogliono essere obbligati a fare qualcosa contro i loro amici. Non più. Si uniscono a noi. Parteggiano per noi. Siamo tutti la Harper High School.

«SILENZIO!»

La voce della Marshall è amplificata da un megafono. Lei e il preside Duke sono usciti all'esterno. Dietro di loro c'è anche Justin Ward. Sembra dispiaciuto di non poter essere in prima fila. La reclusione nei lavori da ufficio lo sta frustrando come non poco. C'è perfino Jenna, che probabilmente sarà uscita perché attratta dalla musica. Mi spiace darle questo dolore, ma adesso è il momento di parlare. Faccio cenno a Lomax di dare un taglio alla musica. Subito si fa silenzio.

«Tutti gli studenti rientrino immediatamente in classe e riprendano il naturale corso delle lezioni.» È il preside Duke a parlare al megafono stavolta. Credeva che la sua autorità avrebbe stroncato tutto sul nascere. Quando realizza che nessuno studente ha intenzione di muoversi quasi mi dispiace per lui. Cerco allora di non essere troppo brutale. Faccio presente che nessuno di noi sta violando la legge, che è un nostro diritto protestare contro un sistema che non riteniamo giusto. Una così grande presenza di studenti dovrebbe essere presa in considerazione. Chiediamo solo di essere ascoltati. Dopo saremo lieti di tornare in classe, o a casa per quanto riguarda noi della Cerchia.

«Gli Stati Uniti non negoziano con i terroristi,» rispode la Marshall in tono quasi militare dopo aver strappato il megafono dalle mani del preside Duke: «e neanche io! Questa è tutto fuorché una protesta! È il capriccio di un gruppetto di ragazzini viziati, a cui non importa nulla degli altri.» Il preside Duke cerca di rabbonire la Marshall, ma questa si libera dalla mano che il preside le aveva messo sul braccio e avanza di qualche passo. «Ragazze e ragazzi della Harper High School, vorrei che capiste una cosa una volta per tutte: una élite pensa solo al proprio bene, mai a quello degli altri. Voi tutti conoscete la regola che impedisce l'espulsione di uno studente sospeso. È forse una coincidenza che "la Cerchia", come voi la definite, abbia scelto proprio oggi per coinvolgervi in questa protesta per cui meriterebbero l'espulsione? Ve lo dico io: non è una coincidenza. Loro si sentono protetti, in grado di fare i loro comodi. Se ne fregano di voi e del rischio che correte. Perché vi posso garantire che chiunque non tornerà in classe entro cinque minuti sarà immediatamente espulso. La cieca obbedienza alla Cerchia vale un altro anno della vostra vita perso per sempre?»

Il dubbio è un coltello dalla lama affilata. Il guaio è che non ti uccide, ma ti fa cambiare il modo di vedere le cose. Ammetto con me stessa di aver usato la sospensione a nostro vantaggio, sicuri che non saremmo stati espulsi. Ma non ho mai pensato di fare solo i miei comodi. E fino a pochi secondi fa non lo pensava nessun altro. Ora però è diverso. La mente degli studenti sta considerando il terribile scenario che comporterebbe non obbedire alla Marshall: restare a Winter Spell un altro anno. Non posso avercela con loro quando iniziano a tornare in classe. Prima uno, poi tre, poi sette, poi undici...

«Fermi!»

Riconosco questa voce.

«Vi chiedo solo di ascoltarmi un attimo. Dopo se vorrete, potrete rientrare.»

Non è Lomax. Non è nessuno della Cerchia.

«Prima però ascoltatemi. Ho qualcosa da dire.»

È Lester. È salito sul tettuccio di una macchina. Non l'ho mai visto così deciso.

«So che avete paura. Io ho vissuto così a lungo nella paura che mi sembrava di esserci sempre vissuto. Che fosse una parte di me, come il colore della mia pelle. Ma poi sapete che è successo? Ho capito che non era così. Avere paura è una scelta, e io ho scelto di non averne. Sono chi sono. Senza rimorso, senza vergogna. Sono una ragazza in un corpo che sta sparendo giorno dopo giorno per dare alla luce la mia vera identità. Ecco perché da oggi scelgo di dare al mio vero corpo il mio vero nome: Leslie. Chiamatemi così quando mi vedrete al cinema. Chiamatemi così quando andremo a mangiare una pizza. Chiamatemi così dovunque mi incontrerete, perché di certo non sarà lì dentro,» Lester... anzi Leslie, chiedo scusa... indica l'ingresso della Harper: «perché io non tornerò là dentro. Non tornerò ad avere paura di chi sono, di quello che dico o faccio, di quello che penso addirittura! Perché è questo che mi aspetta lì dentro, se le cose non cambiano. Questo penso. Non vi obbligo a seguirmi, ma non voglio più avere paura. Perciò detective,» Lester si rivolge alla Marshall, che ha seguito tutto il discorso senza perderne una sola parole: «se vuole espllermi, faccia pure. Quando mi chiederanno cos'è successo non dirò che la Cerchia mi ha ingannato. Dirò che la detective Portia Marshall, che ormai si crede la padrona della scuola, mi ha cacciato perché la pensavo diversamente da lei. Hashtag Marshall Did It.»

La Marshall dà un colpetto al megafono. È pronta per replicare. Ma non ci riesce. Un urlo le impedisce di rispondere. L'urlo di Lomax che ripete le ultime parole di Leslie. «Hashtag Marshall Did It.» Lomax e Leslie si guardano negli occhi, con grande intesa. Ripetono quelle parole all'unisono. «Hashtag Marshall Did It.» A loro si unisce Barbie. «Hashtag Marshall Did It.» Poi Chloe e Chris, insieme. «Hashtag Marshall Did It.» Poi Jimmy e io. «Hashtag Marshall Did It.» Poi uno studente, poi tre, poi undici, poi trenta, poi cento. «Hashtag Marshall Did It.»Poi tutti, tutti insieme. Il nostro inno di guerra. «Hashtag Marshall Did It.» «Hashtag Marshall Did It.» «Hashtag Marshall Did It.»

L'urlo da stadio cessa quando il preside Duke ci viene incontro per sapere quali siano le nostre richieste. La faccio semplice: la città di Winter Spell può decidere quello che vuole, ma noi giovani vogliamo continuare a festeggiare il 12 dicembre e vogliamo festeggiarlo nella nostra scuola. Il preside cerca di farci capire che ha le mani legate. Non può contrastare la decisione del sindaco e mettersi contro un'intera città. Nemmeno noi lo vogliamo e certo non glielo chiederemmo mai. Ma se il ballo fosse un evento privato si potrebbe organizzare dovunque, anche a scuola, e nessuno potrebbe farci niente.

«Allora va bene,» il preside Duke sembra davvero esausto: «ma a una condizione. Questa festa è stata voluta dagli studenti quindi saranno gli studenti a pagare tutto. Affitto della sala, dj, pulizie per il giorno dopo. La scuola non sborserà un centesimo e non sarà ritenuta responsabile di eventuali danni, che ricadranno sulle spalle degli organizzatori. O così o niente.» Io e il preside ci diamo la mano, sigillando l'accordo. È il momento di tornare in classe. Noi invece dobbiamo darci da fare. Al 12 dicembre mancano pochi giorni e non so dove troveremo tutti quei soldi!

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