ROOKIE VIP #7
Mi sfugge la ragione per la quale Lomax voglia tenersi a distanza da Klara nonostante ci abbia trattati con estrema gentilezza, soprattutto me che sono una sconosciuta. Lomax può protestare quanto vuole, non me ne andrò da Spring Bell senza averla ringraziata a dovere. E quale modo migliore se non portandole un pregevole catalogo della mostra "Incubo Nucleare" che ho comprato per lei al book shop del Google Barn?
«Sei una ragazza d'oro!» Proclama Klara stringendosi al petto il catalogo illustrato. «L'ho capito da quando ti ho vista. Freddie è un ragazzo fortunato.» Stavolta per fortuna non abbiamo avuto per comitato d'accoglienza una muta latrante di dobermann affamati, Khan deve averli portati a spasso. Si è fatta sera ormai, rispetto alla nostra precedente visita noto che c'è un'auto elettrica modello Audi parcheggiata in giardino. La macchina del marito di Klara? Il passaggio di Donald è testimoniato dall'aggiunta di un nuovo romanzo a quelli collezionati sul centrotavola, La Metamorfosi di Franz Kafka. Klara ci porge nuove scorte di cioccolato, ancora una volta invitandoci ad attendere che Donald ci raggiunga, al momento è impegnato a riparare i condizionatori al piano di sopra. «Come se avessimo accettato, Klara. Adesso togliamo il disturbo.»
Lomax cincischia la mia manica, impaziente di smontare le tende. Prima che possa raggiungere la maniglia, una voce imperiosa ci raggiunge dalle scale. «Klara! Dove sono i ragazzi?»
Lomax rimane paralizzato sull'uscio, pare che una freccia l'abbia beccato sulla schiena. Nonostante Donald vada per i sessanta, il suo fisico è quello tonico di chi non salta nemmeno un giorno di palestra. Indossa una tuta e la felpa con il cappuccio. Il suo sex appeal è travolgente. La mascella quadrata gli si contorce in un ghigno maledetto, e riconosco un inequivocabile bagliore gelido accendersi nei suoi scuri neri. «Klara, tesoro. Daresti un'occhiata alla caldaia nel seminterrato? Se fa le bizze, chiamami.»
La moglie obbedisce sollecita neanche avesse ricevuto un ordine militare, tutto per compiacere l'uomo diabolicamente attraente che le sorride con le punte delle sopracciglia tese verso l'attaccatura dei capelli tagliati corti a spazzola. «Oh, tesoro. Stasera non potrò venire a cena con i Furcillo. Impegni di lavoro. Ho detto a Khan di accompagnarti al posto mio.» La situazione non mi convince del tutto. Klara sgattoaiola giù per le scale che portano in cantina, ho la sensazione che lei sa di averci lasciato in compagnia del lupo cattivo.
«Seguitemi in garage,» il tono di Donald non ammette repliche. Non capiamo cosa voglia da noi. Lomax sospira. «Sarei lieto di farvi assaggiare la mia birra.» Apre la porta finestra che dà sul retro, vede la nostra esitazione e ci invita a precederlo: «quando sei a Roma, fai come i Romani.» No, non possiamo rifiutarci.
Senza renderci conto del come e del perché io e Lomax ci ritroviamo nudi da capo e piedi. Nel box auto dove Donald ci ha condotti, siamo stati sorpresi alle spalle da tre bestioni. Il primo lo riconobbi subito, Khan, il giardiniere indiano, o meglio ancora il guardiano armato della villa. Dai suoi farfugli capii che volevano spogliarci per controllare che non avessimo addosso cimici della polizia. Gli altri sono due signori che parlano uno strano slang e i cui nomi (li ho appresi mentre ci immobilizzavano per toglierci i vestiti) sono Bobby Bello e Johnny Romano. Bobby, a dispetto del cognome, è un campione di bruttezza, il suo corpo un trionfo di colesterolo, il volto caratterizzato da un paio di lunghe basette argentee e due sopracciglia nere tanto spesse da sembrare finte. Johnny si riduce invece a un paio di occhi vispi e un cespuglio di baffi che spuntano fra il berretto di lana calato sulla testa e il bavero sollevato sino al mento. Dopo averci legato alle sedie con delle corde, Johnny Romano se ne è rimasto per tutto il tempo con i pugni in tasca dandoci la sgradevole sensazione che stesse stringendo i manici di un paio di pistole.
Quantomeno hanno avuto la decenza di lasciarci in intimo. Io non ho reggiseno così mi lasciano la magliettina a coprire le tette tonde e pesanti, mentre sotto rimango in slip e in calze da uomo alte sino al ginocchio. Lo so, non è proprio sexy, ma non sono nata nell'era del reggicalze. Non voglio guardare Lomax in mutande, spero almeno si sia fatto una doccia prima di partire, sento solo che gli tremano le gambe. Poverino, non è abituato come me a fronteggiare situazioni al limite. Dopo che dividi la camera da letto con una tarantola, c'è poco al mondo che può ancora farti paura. Insomma, non è da vigliacchi che ne usciremo fuori, così tocca a me fare la parte della dura.
Meno male che mi sono rasata le gambe nella vasca da bagno questa mattina, penso mentre spalanco le cosce di fronte ai nostri misteriosi carcerieri. Mi rilassa in parte la consapevolezza di non avere di fronte pervertiti che vogliono sbirciare ragazzine, sapendo di indossare mutandine che, a parte il fighissimo elastico che mi passa alto sopra i fianchi, sono di una qualità tanto scadente da lasciare intravedere nel mezzo. È il mio modo di dominare il territorio. Per dire loro che non ho paura.
«Che avete combinato questo pomeriggio?» Lo sguardo mefistofelico di Donald torna a posarsi su di noi. Si aspetta qualcosa da noi, ma cosa? Quello che so è che non è affatto un bravo signore come si sarebbe dette di primo acchito. Frequenta brutte facce, che a ben vedere dipendono da lui tenendo in conto come se ne stanno muti e dritti alle sue spalle.
Né io né Lomax sappiamo deciderci, così Doanald schiocca le dita e Bobby Bello, che immagino essere il suo braccio destro, fa un passo avanti. Vuol sapere cosa diavolo ci siamo andati a fare nella Little China. Nessun bianco sano di mente se ne va liberamente in giro da quelle parti se non cerca guai. Donald lascia che sia Bobby a parlarci, lui si occupa di riempire boccali di birra artigianale dal rubinetto di un grande fusto e di distribuirli ai suoi uomini. Per tutto il tempo la faccia di Bobby rimane inespressiva, parla velocissimo, masticando le ultime parole. Da quello che riesco a ricostruire, quando siamo entrati nel cantiere in cerca di un bagarino abbiamo messo paura a qualcuno. Me ne ero quasi dimenticata, ma un viso orientale si nascondeva dietro i sacchi e le casse e non aveva il coraggio di mostrarsi. Nessuno si nasconde, dico io, se non ha niente da nascondere. Grazie a Bobby Bello sappiamo che il "muso giallo" si chiama Ijimori. Scambiandoci per due criminali temerari, Ijimori ci ha pedinato, ci ha seguiti fino a vederci entrare nella villa di Donald e Klara. «Volevano farvi la festa,» sancisce Bobby Bello passandosi il pollice in un gesto eloquente sulla pelle flaccida e tatuata che gli ricopre la trachea.
A questo punto Bobby si fa da parte, andandosi a sedere sul bordo del tavolo da biliardo. Fa cozzare il suo boccale con quello di Khan e lo sfotte: «pensavo che quelli della tua religione non bevessero birra, Cochise.» Khan scola quasi del tutto la sua pinta: «salaam aleikum, amico mio, la pace sia con te. Da quando sono in America mia religione è alcool e sexy business!» Johnny Romano si lamenta del gelo, ma Donald coglie una velata critica alla riparazione da lui effettuata ai condizionatori: «al freddo il cervello lavora meglio. Non lo sai che i migliori scienziati vengono dal Wisconsin?» La sua voce è alle nostre spalle. Lomax ha la tentazione di voltarsi ma sono contento che non lo faccia. Se Donald volesse ucciderci a tradimento, lo farebbe comunque, il punto è: se noi ci voltiamo a guardarlo saremmo dei vigliacchi, se invece non ci voltiamo e lui ci uccide allora è lui il vigliacco.
«Siete stati sconsiderati. Vi siete fatti notare.» Quel fascinoso schizoide di Donald riprende la parola. «Avete messo in pericolo la mia casa, la mia famiglia, mia moglie Klara.» Donald passa fra le nostre sedie, ci guarda dritto negli occhi. I suoi occhi, lucidi come porcellana, sono diventati piccoli e cattivi come capocchie di spillo. Spietato, non vuole intermediari, è uno che il lavoro sporco vuole farlo da solo. «Se Ijimori non fosse venuto a parlare prima con me, sarebbe scoppiata una guerra, sangue a fiumi.» I tre scagnozzi provano un certo disagio nel sentire queste parole, forse è compito loro apprendere le informazioni direttamente dalla strada e riferirle per primi al loro capo. Evidentemente brancolavano nel buio quando Donald, su tutte le furie, li aveva convocati.
«Le regge cinesi e le "famiglie" della pizza stanno negoziando da mesi la pace. La mia "famiglia" e quella di Ijimori hanno interessi in comune,» sembra che Donald, con il suo ammaliante charme satanico, voglia sdilinquirsi in uno spiegone: «tutti che guardano alla yakuza, ai gangster e nessuno si accorge che il vero potere si è spostato altrove. Se parli male di Google, Google ti indicizza tra le ultime pagine. Non è mafia questa? Le multinazionali del web vi rubano le password, passano al setaccio le vostre informazioni personali, la gente non ha soltanto accettato questa sudditanza, di più la appoggia a suon di tag, condividendo la posizione, sono tutti regali che fanno a chi li comanda... e se le autorità li scoprono a violare la privacy degli utenti non succede nulla, pagano una multa salata ma per loro sono nichelini. Sono più potenti dei governi, anzi sono i governi, i servizi segreti, a rivolgersi a loro. So che Klara vi ha fatto avere i biglietti per il Google Barn. Beh, ho diverse amicizie nel mondo web. Diciamo che ho spostato lì il mio giro d'affari. Vendo profili falsi agli agenti segreti e, se voglio, posso far saltare un sito federale nel weekend. Oggi è sul web che si combatte la vera guerra per il potere. Anche i cinesi di Spring Bell lo sanno, il controllo delle reti idriche non è più remunerativo come un tempo. Figuriamoci la coca del Messico. Il nostro obbiettivo comune ci ha portato a fare la pace. Una pace che voi, oggi, con la vostra presenza, stavate per compromettere.» Donald, il maschio sportivo e allenato per antonomasia, che vede la vita come un'eterna competizione, ci interpella con il suo sguardo gelido. «Ve lo chiedo per un'ultima volta. Cosa siete venuti a fare nella mia città?»
Lomax farfuglia battute incomprensibili. Se dimostriamo di non avere paura, possiamo uscirne vivi. In fondo non abbiamo niente a che fare con la mafia, niente da nascondere. Decido di agire. «Un nostro amico ci ha chiesto una mano. La sua foto stava per finire online per colpa di una Google Car di passaggio e lui non ne aveva voglia. Grazie a Klara siamo entrati nel Google Barn e, per merito di una serie di conoscenze pregresse, abbiamo impedito la trasmissione della foto su street view. Questo è tutto.» Lo so che la storia può sembrare loro pazzesca, almeno sapranno che non avrei potuto spararla tanto grossa.
Donald guarda Lomax, poi guarda me. «Come si chiama il vostro amico?» Lomax sta per rispondere, ma non posso lasciare che ci faccia fare la figura dei codardi. Mi inarco in avanti esponendo inavvertitamente il mio davanzale. «Il suo nome è Jack Boy! È un amico d'infanzia di Lomax. Vive in casa sua da qualche tempo, su richiesta personale dello zio di Jack Boy, Arthur Margheriti, quello del VIX.» Lomax scuote la testa, chiude gli occhi. Quella che avevo confuso per paura era in realtà il suo estremo tentativo di salvare l'irrecuperabile. L'ho capito troppo tardi, ormai la frittata è fatta. La tensione viene sciolta dalla risata bronchiale, di chi fuma molte sigarette, da cui Donald si lascia travolgere. «Così mio figlio se ne è scappato a Winter Spell? Che pazzerello, Jack Boy, si è proprio nascosto dietro l'angolo.»
Mi sembra di vivere un sogno. Jack Boy stava scappando da suo padre, Donald Margheriti, il boss di Spring Bell. Avrei dovuto capire che qualcosa non andava quando Jack Boy, appendendo al VIX la mappa della Terra di Mezzo appartenuta al padre, aveva eluso l'argomento. Ora mi è tutto chiaro. Non che Jack Boy voleva che nessuno sapesse dove si trovava, non voleva che lo sapesse Donald. Tutta la missione a Spring Bell, quello che abbiamo rischiato al Google Barn per cancellare le tracce su street view, ogni sforzo è stato vanificato dalla mia stupidità. Sono stata io, che avrei dovuto salvare Jack Boy, a consegnarlo nelle mani del suo carnefice. Se non fossi stata tanto stupida da non fidarmi di Lomax, avrei chiuso la mia boccaccia e avrei lasciato che risolvesse ogni cosa. Lui sapeva!
«Siete stati bravi. L'amicizia è più importante dei soldi,» declama Donald. Khan getta la sua pinta di plastica nel cesto della carta, Donald se ne accorge e lo sgrida: «fai attenzione, maledetto terrorista. Siamo già nella merda. Che mondo vuoi lasciare ai tuoi figli?» Khan è mortificato. Donald guarda il suo orologio Hamilton da polso: «si è fatto tardi. Domani all'alba ho la maratona. Adesso vado a fare acqua e poi a nanna.» Donald se ne va, così, senza aggiungere altro, lasciando due ragazzi mezzi nudi legati nel suo garage in compagnia di tre criminali. Interpretando l'espressione laconica di Bobby Bello capisco che Donald, alle nostre spalle, prima di andarsene gli ha fatto un segnale come per decretare il nostro destino. Pollice su o pollice verso in stile imperatore romano. Che ne faranno di noi?
«Jack Boy sta insieme a una ragazza ebrea,» dice Bobby Bello riferendosi con sprezzo a Linda McGrow per il solo fatto di appartenere a un'etnia diversa da quella italica. «Hai mai visto le stelle cadere nella notte di San Lorenzo, eh, Bonanza, le hai viste?» prende in giro l'eroico Lomax. Come si permette? «Le stelle cadenti sono belle a vedersi solo perché una bolla d'aria ci protegge come uno scudo e disintegrandole ce le fa apparire magnifiche. Ma se le vedi per quel che sono, le stelle cadenti sono pietre scagliate veloci come pallottole che hanno spazzato via i dinosauri. L'amore è il più grande inganno dell'uomo.» Bobby è imperturbabile, come sempre. «Non c'è bisogno che vi dia una mazzetta per l'incarico che vi sto affidando. Niente di complicato, niente di pericoloso. Jack Boy deve lasciare l'ebrea e tornare a casa dalla sua famiglia. L'ebrea non è la ragazza giusta per lui. Lo ha fatto scappare nel cuore della notte, ha spezzato il cuore di una madre. Potete aiutare Jack Boy a salvare il suo futuro, c'è un destino per lui a Spring Bell. Aspetto che vi facciate vivi e ricordatevi, niente telefoni, niente mail, le cose importanti si dicono per voce.»
Lomax apre la bocca e già leggo il rifiuto nella sua espressione. Però Bobby Bello non ha finito, si carezza le folte sopracciglia con l'indice e il pollice, io comincio a pensare che indossi una fatsuit per sembrare ancora più grasso e incutere maggore paura. «Se non farete come vi dico, vi denunceremo per quello che avete fatto al Google Barn. Dopo quello che avete combinato, la polizia potrebbe unire i puntini e venirvi a cercare.»
«Se mi chiedi di far lasciare Jack perché Linda è un'ebrea la risposta è no,» Lomax ha del fegato, però il suo cipiglio muta presto in uno più riflessivo: «se mi chiedi di far lasciare Jack perché Linda è brutta, allora ci posso pensare.»
Una brillante mossa per farci uscire da quella situazione, in attesa di elaborare un nuovo piano b. Stavolta però abbiamo a che fare con la mafia italoamericana. Non si scherza con loro. Ci hanno lasciati andare, pensando che collaboreremo. Nessuno sarebbe così pazzo da rifiutare una loro offerta.
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