NEVER GIVE UP #1




Aveva urlato per tutta la notte. Alla fine Portia Marshall ce l'aveva fatta. Aveva messo al mondo un bambino. Sul letto d'ospedale, con la camicia sfatta, sudata fino alle unghie dei piedi, era sfinita ma felice. L'infermiera, dopo aver ripulito suo figlio dal sangue e tagliato il cordone ombelicale, lo sta riportando da lei.

Si chiede se assomiglierà più a lei o all'uomo che nove mesi prima si era sfilato il preservativo. Non le importa più di tanto, a dire il vero. Però non può ancora scoprire la risposta perché l'infermiera che tiene in braccio il bebè gli regge la nuca sulla mano e gli preme il visino sul petto. Portia intravede solo un ciuffo biondo sopra la testa rotonda del neonato.

L'infermiera ruota il pargoletto verso la madre, rivelando in progressione una guancia paffuta, un paio di occhi azzurri e un grosso sigaro fumante stretto fra le labbra. Il poppante aggrotta la fronte, arcua gli angoli degli occhi e della bocca in una maschera di puro orrore, e impugna contro Portia uno spaventoso mitra Thompson con il caricatore a mezzaluna. Portia lancia un urlo che si sente dall'altro capo del mondo. «Piantala, brutta oca,» dice il neonato, preme il grilletto sparando sulla donna una raffica interminabile di pallottole.

Portia si sveglia di colpo. La scarica del mitra si traduce nel trillo insistente del cercapersone. Allunga la mano sul comodino e lo disattiva. Che razza di incubo!

Allontana da sé il braccio muscoloso del ragazzo addormentato sul letto e si piega a mezzo busto. Lo sguardo percorre le linee perfette sulla schiena del tipo rasato che ha abbordato la notte scorsa e adesso mezzo coperto dalle lenzuola. Vicino a lui dorme una ragazza dai capelli castani lunghi, sinuosamente abbracciata a una boa di fenicottero, non meno atletica, non meno distrutta dalle acrobazie notturne. Entrambi hanno la metà dei suoi anni. Portia aveva indossato l'abito nero da Opera invece del classico vestito bianco da ballo, e queste erano state le conseguenze di una sortita in discoteca. D'altronde il giorno di riposo l'hanno inventato per svagarsi.

Portia allaccia in vita la veste da camera, estrae la pistola d'ordinanza da sotto il letto. Il monolocale dove è venuta a vivere non è abbastanza spazioso per viverci degnamente ma offre sufficienti spazi per nascondere malintenzionati. Pistola in pugno, come tutte le mattine, controlla che tutto sia a posto. Non c'è nessun criminale nascosto nell'armadio, nessun ladro in bagno, nessun tossico negli stipi della cucina. Sbircia fuori dalla finestra, è l'alba: sul ciglio della strada un pervertito abbandona lo strip club al piano di sotto, attraverso le vetrate dirimpetto scorge una sola signora alla cassa del minimarket, un camionista scarica le casse delle consegne sul retro del ristorante. Tutto in ordine.

Indossa un paio di jeans, infila la pistola nell'orlo posteriore, a contatto con la pelle, e la nasconde sotto la camicia a quadri. Prende la cesta della biancheria sporca. Lascia i due giovani e sconosciuti amanti avvinghiati nel letto a una piazza e mezzo, Portia non ha neppure cambiato le lenzuola dopo le sue precedenti "vittime" sessuali. Un po' come quando interroga un sospettato facendolo sedere alla scrivania ancora sporca del vomito del precedente, giusto per mettergli pressione. Con la cesta del bucato esce sul pianerottolo sopraelevato.

Se si sa cosa guardare, neppure il quartiere periferico di Winter Spell è da buttare. A Portia non dispiace il panorama di case abbandonate, la pattumiera stracolma nella stradina e le condutture fognarie che corrono parallele al pianerottolo esterno. Ci ha fatto l'abitudine. Tenere un profilo basso l'aiuta a tenere la testa alta nel lavoro. Raggiunge il magazzino sotterraneo, oltre lo scarico fognario, fino al locale lavanderia. Riempie la lavatrice, inserisce il gettone e manda la piena. Lavaggio veloce. Fuma una sigaretta nell'attesa. Vivere in una baracca da accampamento dei poveri limita la tua privacy ma è più confortevole di altre situazioni. Nemmeno il puzzo da rifugio nomadi le da più fastidio.

Sono quasi le sette e mezzo del mattino quando Portia rientra nel monolocale e richiude rumorosamente la porta per buttare giù dal letto i due ospiti. «Facciamo colazione?» domanda il ragazzo strofinandosi gli occhi, tatuati all'intorno da lacrime nere. «Non è per quello che ti ho fatto venire qui,» Portia scaraventa il bucato nell'asciugatrice e chiude il coperchio. Il ragazzo la sera prima diceva di essere un cacciatore di terremoti, ma era un taccheggiatore: lo aveva sorpreso a rubare in discoteca con la complicità dell'amica. Ha controllato i documenti mentre dormivano, lei lavora nella croce rossa. La ragazza stiracchia le braccia verso l'alto, nuda se non fosse per le pietre curative e il ciondolo appesi alla collana: «come facciamo per rivederti?»

«Siete dei ladri,» dice Portia aprendo l'acqua in bagno, «sarò io a ribeccarvi.» Il ragazzo, più sveglio dell'amica, coglie l'antifona, indossa il suo berretto FBI alla moda, il giubbotto da cacciatore, la prende per mano e si tolgono dai piedi.

Uscita dalla doccia, Portia nota il lampeggiante della segreteria telefonica. Tre messaggi inascoltati. «Oh, no! Marmellata, pizza, con uno sporco così il mio detersivo non basta.... Oggi Bijou nuova formula con energia anticalcare, più efficace contro lo sporco! Bijou prima vince il calcare, poi lo sporco. Un pulito da campioni!» Cestina la pubblicità e va al messaggio successivo. Sua madre chiede perché non risponda mai al telefono, vuol sapere se cena da loro nel weekend. Portia si asciuga con l'accappatoio. Oggi l'elaboratore CAPS sceglie i nuovi "agenti" fra gli studenti della Harper High School: toccherà riceverli, formarli, addestrarli. Mentre seleziona i vestiti adatti, manda l'ultimo messaggio in segreteria.

«Hey, vecchia nottambula. Sono il sergente Willy Raider. Forse non sei aggiornata, ma la commissione d'inchiesta non ha gradito come ho risolto il caso "Richard Wilder", così di combutta con lo psicologo mi hanno sbattuto a fare il portinaio della centrale.» Più che un "caso" è stato uno scandalo. Richard Wilder era un ex poliziotto che aveva cominciato a denunciare i vecchi colleghi per una serie di casi di corruzione e violenza dilagante al Dipartimento di Polizia di Winter Spell. La squadra capitanata da Willy Raider, un'unità anti bande, aveva scoperto che Wilder s'era inventato tutto per coprire i suoi traffici illeciti: smerciava droga in grandi quantità e la produceva all'interno di una chiesa sconsacrata. Ne era nato un conflitto a fuoco con la gang, Willy aveva sparato a Richard Wilder uccidendolo sul colpo. Da quel momento Willy era diventato un eroe fra i colleghi, avendone vendicati e onorata la memoria, ma una patata bollente per gli Affari Interni. Il capo del distretto aveva affidato a Portia la supervisione del progetto CAPS (sempre meglio dell'ennesimo cold case) per tenerla lontana dallo scandalo che avrebbe scosso dalle fondamenta quell'anaconda di cemento, infatti Willy Raider era stato sospeso a tempo indeterminato. «Non mi lamento, almeno non dirigo il traffico. Oggi ho fatto il turno di notte, ha chiamato una giornalista del Winter Daily, ho segnato il nome... Tara O'Neil. Vuole parlarti. Ovviamente non le ho dato il tuo numero privato, ti lascio il suo. Prova a sentirla, sai come sono rancorosi quelli della stampa se non te li fili. Adesso smonto, ho una partita di cricket con il dottor Blum, passo a prenderlo in obitorio. Ricordi il medico legale? Blum ha uno humour tetro difficile da sopportare, ed è sempre l'ultimo a presentarsi sulla scena del crimine... ma al cricket è sempre primo, non conosco nessuno che lanci come lui. Passa a trovarci al Distretto quando puoi. Manchi a tutti.» Sì, anche a loro mancano i vecchi colleghi, persino gli agenti di strada che la riconoscevano e la salutavano per nome.

Dieci minuti dopo Portia Marshall è fuori. Le corsie del minimarket sono finalmente popolate, i rumori metropolitani sono coperti dalla segheria al banco di lavoro del cantiere edile dove stanno facendo a pezzi un container abbandonato. Supera con un saltello il bidone dell'immondizia rovesciato sul marciapiede, saluta l'uomo che pulisce il patio allagato del bagno sporco nello sfasciacarrozze e si dirige verso macchina accesa che la sta aspettando. Ferma vicino all'automobile rotta del rifornimento di benzina, una Camaro marrone la richiama con due colpi di clacson. Portia sale lato passeggero, dal lato guida Hunter Mills le passa un bicchiere di cartone.

«Dovresti provare le formule sudamericane: caffè colombiano, peruviano,» Mills solleva il suo bibitone di caffè a mo' di brindisi: «il mio è miscela boliviana.» Marshall sorseggia il suo dai fori sul tappo: «sai che bevo solo caffè italiano, Mills.» Tempo fa la Marshall aveva avuto a che fare con i mafiosi di Spring Bell, sperava di mettere le mani su Donald Margheriti, il boss dei boss, ma era riuscita ad arrestare soltanto i pesci piccoli del clan Cannavale. Durante quell'esperienza aveva cominciato a gustare il caffè italiano e oggi non ne può fare a meno. Apprezza che Mills se lo ricordi: è un semplice insegnante liceale di informatica, ma da quando lavorano fianco a fianco ha preso a comportarsi come uno sbirro. «Mi hai detto di aver fatto la guerra, Mills »

«Niente di glorioso. Sono arrivato in Iraq che stavano già smontando tutto.» La Marshall è cresciuta in una famiglia di fanatici delle armi, pensa di scioccare Mills se gli rivelasse che una donna elegante e composta come lei nasconda in casa tre modelli di pistole, due fucili (di cui uno a pompa) e persino una bomba a mano. Dopotutto è il primo uomo che parla serenamente della sua esperienza nell'esercito. «Ho visto due modelli da rivista sgattaiolare fuori da casa tua con la faccia dei cani bastonati,» Mills ha voglia di scherzare mentre guida verso la Harper. «Ma che ci fai agli uomini... e alle donne?»

Portia trova penosa quella marca di caffè, sputa dal finestrino i chicchi macinati rimasti sul fondo. «Devo fare già da balia ai mocciosi delle Harper, non ho tempo per trattare con i guanti di velluto i miei scopa e getta.» Riconosce un tantino di invidia nelle parole del collega. Anche se Mills non è un vero poliziotto, ormai formano coppia fissa, devono aprirsi di più l'un l'altra. «Tu, Mills? Non ti stai dando da fare?» Vive da solo, i suoi figli sono in affidamento alla moglie. «Lavori tanto quanto me. Se lo trovo io il tempo per scopare, tu non dovresti avere problemi con il tuo bel faccino.» Dopo il divorzio sarebbe pure ora che Mills torni a collezionare stelle e a rimontare la sella. Il suo sguardo si perde sul tracciato giallo al centro dell'asfalto, si incupisce come un vero pulp detective, non è argomento che lo mette di buon umore.

Portia chiede allora di essere aggiornata sulle novità della Harper, ieri dopotutto era il suo giorno di riposo. Pensava di meritarsela dopo che gli studentelli della Cerchia l'hanno ridicolizzata portando la sua ferrea politica "no social" alla bocciatura. Come riescono sei semplici alunni a esercitare un'influenza così grande su un'intera scuola? Se c'è una cosa che ha appreso da Willy Raider è: "mai fidarsi delle apparenze".

«Li sto tenendo d'occhio come mi hai chiesto, Portia. Per prima cosa sono risalito alla list linking dei servizi sottoscritti dalle loro mail, quindi ho effettuato uno zip bombing direttamente sugli indirizzi di posta elettronica. In altre parole, ho inviato loro un enorme file di testo dove ho ripetuto milioni di volte la parola "x". Almeno le mail di Chloe Johnson e Jimmy Blake sono andate in overflow il tempo necessario per includervi un file remoto, l'R57 per l'esattezza. Difficile da individuare, è una shell di defacing che può essere usata per caricare processi tipo ircbot, rxbot, e che mi consente di sfruttare la vulnerabilità dei loro server.» Hunter Mills è talmente preso dal racconto delle proprie prodezze magiche che non si rende conto di muoversi su un confine labile: il defacciamento dei siti è un'operazione illegale come realizzare virus o worm (malware in grado di replicarsi) in contrasto persino con l'etica hacker di facilitare l'accesso in tutte le sue forme. Il fine giustifica i mezzi, no? «Avrei potuto usare una shell gemella più semplice come la C99, amata dai defacer perché...»

«Okay, okay, Mills. Può bastare.» Sono arrivati alla Harper. I ragazzi stanno già entrando a scuola. Con molta probabilità stanno già scoprendo dall'elaboratore CAPS chi fra di loro è stato scelto per entrare nel Corpo dei CAPS. «Continua a monitorare la ragazzina di nome Baby Lynn e riferiscimi ogni cosa. Quella sgualdrina non mi convince per niente.»

Quando la Marshall e Mills percorrono i corridoi verso l'American Farm, cioè il dojo del signor Lee dove ricevere le nuove reclute, calamitano le attenzioni degli studenti neanche fossero al tavolo di nozze nella sala ricevimenti. Sanno qualcosa. Mills è stranito, Marshall fa l'indifferente. Entrano nel dojo, il signor Lee ha già schierato i nuovi CAPS in fila, rivolti verso la parete, e li ha fatti vestire con la divisa loro assegnata, tinta blu scuro e barra bianca verticale.

«Voi non siete poliziotti,» la Marshall comincia il suo discorso motivazionale solcando a grandi falcate i tappetini della palestra. «Io vi trasformerò in guerrieri della giustizia. Diventerete intoccabili, siete destinati ad essere la task force della Harper High School.» La Marshall raggiunge la sua sedia disposta davanti alla fila di CAPS. Vi sale sopra con i piedi e si siede poggiando il sedere sullo schienale. Deve reggersi con le mani per non cadere, dopo quello che vede. Quello che tutti sapevano già tranne lei! L'adolescente al centro della fila, una nuova biondissima recluta.

Il suo nome è Baby Lynn.

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