HOST #6
FREDDIE LOMAX P.O.V.
Amo leggere un bel libro, amo vedere un film intrigante, amo trascorrere il tempo con il mio amico Lester, con la ragazza per cui provo qualcosa di più di una semplice attrazione, Baby Lynn. E' stata lei a introdurmi nell'universo digital. Non che prima fossi un cavernicolo, però ho sempre preferito il contatto umano. Quindi non vi dico quale sofferenza sia per me questa settimana di didattica a distanza su zoom. L'unico momento di brio è stata la visita di "zio" Arthur. «Mio nipote si è preso un anno sabbatico. Ha deciso di lasciare Spring Bell per qualche tempo,» ci disse senza neanche togliersi la giacca da orso marrone chiaro che faceva a pugni con il cappello da venditore di hot dog. «Viene a stare da me per qualche tempo.» Si lamentava del fatto che la sua casa fosse troppo piccina per tutti e due. Arthur Margheriti non è un vero zio ma è come un fratello per mio papà, che subito si offre di ospitare in casa nostra il ragazzo in arrivo, trovando subito manforte da parte di mamma: «quando da piccolo Jack Boy veniva a trovarti per l'estate, giocava sempre insieme a Freddie. Sono come cuginetti.»
Lo eravamo. Crescendo in due città diverse, io a Winter Spell e lui a Spring Bell, siamo purtroppo finiti per allontanarci, ignoro che fine abbia fatto oggi. Fin da bambino Jack Boy era un piccolo bifolco italiano, portava i capelli scuri con la messa in piega sotto la paglietta, fumava tutto il giorno e indossava sgargianti camei su ciondoli aperti, però mi proteggeva sempre dai bulli. Senza che nessuno glielo avesse chiesto, si era assunto l'onere di farmi da angelo custode. Un ruolo che prendeva troppo seriamente. La sua espressione era continuamente truce, gli altri avevano paura dei suoi atteggiamenti ostili, solo per me era un buontempone. Jack Boy era stato un buon amico, è vero. Per questo condivido la scelta dei miei genitori di tendere una mano amica ad Arthur. Lo zio esulta per la contentezza, e io sospetto che voglia tenere Jack Boy alla larga per non dovergli rivelare di essere omosessuale. «Tutto il giorno verrà a lavorare da me al VIX. Non vi darà fastidio, avete la mia parola.» I miei lo tranquillizzano, nessun disturbo, lui comincia a sdebitarsi regalandoci un carico di angurie italiane che ha appena ricevuto per fare le centrifughe al locale.
Amo quando lo "zio" Arthur viene a farci visita. Un po' meno quando si avvolge la sciarpa a quadri intorno al collo e ce ne torniamo lui al VIX, io ai compiti online. I giorni si sono poi susseguiti tutti uguali. Non detesto la tecnologia per partito preso. Anzi, credo che se Baby Lynn non avesse distrutto il cellulare sarebbe ora più facile per me comunicarle quello che provo. Invece scrivo, cancello e riscrivo sempre la solita mail senza avere mai il coraggio di cliccare su "invio". Vorrei parlarle dal giorno in cui è stato annunciato il ritorno della Cerchia e si sono indette le votazioni per occupare il posto lasciato vuoto da Matt. Mi convinco a inviare il messaggio quando ricevo proprio una sua mail... ci stavamo pensando a vicenda!
Baby Lynn dice che è al limite, si scusa per la sua lontananza nell'ultimo periodo, se avesse un cellulare con sé saprebbe darmi tutta l'attenzione che merito. A me non sembra un problema insormontabile. Baby Lynn mi aveva fatto conoscere YouShop, il "mercato nero" online di ogni bene, e su YouShop penso di poter recuperare un cellulare a buon prezzo da poter regalare alla mia fidanzata... ragazza... amica? Le scrivo che me ne occuperò io, e mi dico che devo darmi una mossa. Dico a papà e mamma che sarò fuori per il pomeriggio, salgo in auto e scappo verso il Mall Dale.
***
«Hey, come butta?» Non ho il tempo di scendere dell'auto che vengo circondato da due ragazzi con il sorriso stampato in faccia. Il più alto è un belloccio con l'abito gessato, una versione aggiornata di quello da "gangster del proibizionismo", e una inquietante cicatrice sulla fronte a forma di lisca di pesce. Il suo compagno è basso, dalla circonferenza segnata da anni di barbecue, hot dog e birra, indossa semplici jeans e una larga camicia arredata da chiazze di sudore.
«Ci conosciamo?» inserisco veloce l'allarme, anche se i due mi ispirano fiducia e non ce li vedo a fare i ladri d'auto. E poi ci troviamo nel garage sotterraneo del Mall Dale, non c'è molta gente ma rimane pur sempre il parcheggio di un centro commerciale.
«Andavamo a scuola insieme,» è sempre il tipo alto a parlare. Non sono molto più grandi di me, se dovessi scommettere direi appena tre o quattro anni.
«Venivate alla Harper?» Non mi ricordo di loro.
«Alla Harper,» ripete a pappagallo il nanerottolo in uno sbuffo laterale dall'angolo della bocca.
«Frequentavamo insieme la classe di biologia.»
«La classe della signorina Hunt!» esclamo. «Della signora Hunt,» ripete il tipetto che non sembra saper fare altro se non ripetere le mie ultime parole.
«Sì, ora mi ricordo,» dico per educazione. Eppure quelle facce non credo di averle mai viste.
«I fratelli William,» dice il ragazzo alto, come intuendo che sto per fare una brutta figura. «William non è il cognome, è il nome. William III e William Jr. Per non confonderci a scuola ci chiamavano Willy e Billy, ricordi?» Annuisco per evitare la gaffe. «Io sono Willy,» conclude il belloccio, mentre quello basso gli fa eco ruminando fastidiosamente una chewing gum «io sono Billy.»
«Abbiamo un negozio di rivendite a Spring Bell, vieni a trovarci un giorno di questi. Ci farà piacere.» Willy, il modello dalla parlantina lunga, si interrompe al sopraggiungere di un pensiero. «Un momento, capiti al momento giusto.» Fa un segnale a Billy, che immediatamente apre il bagagliaio della loro auto, una station wagon parcheggiata vicino alla mia, e mi viene l'impressione che il duo stesse lì ad oziare da un po' prima del mio arrivo. «Siamo venuti al Mall per fare rifornimenti,» dice Willy e nel frattempo fruga fra gli scatoloni ammucchiati sul retro allungato della station wagon dove intravedo abiti, borse e calzature senza saper dire se siano grandi firme o contraffatti. «Questo è per te!» Mi porge una busta targata Macy's, la catena di distribuzione che ha il suo più grande punto vendita a New York, e mi sento di non potere accettare sapendo quanto costa persino il loro prodotto più scadente. Willy insiste, io sbircio dentro. Sono certo che non indosserò mai quel kilt scozzese, non posso far altro che ringraziarli del pensiero.
«Non dirlo nemmeno,» dice Willy scacciando una mosca immaginaria. «Io e mio fratello abbiamo dovuto lasciare la scuola perché papà e mamma sono morti. Nessuno poteva pagarci gli studi, ora ci occupiamo noi dell'attività di famiglia.» Lo sguardo di Willy si perde un attimo nel vuoto, forse ricordando bei momenti che non ci sono più, e Billy accanto a lui lo imita maldestramente. Mi sento di dover restituire il regalo ma il rifiuto di Willy è ancor più categorico: «non se ne parla. Siamo sempre felici di poter incontrare un vecchio compagno di classe. Facciamo così, se vuoi ricambiare il favore, passa a trovarci in negozio: sarai nostro ospite! Vendiamo pure in casa dei clienti se ci viene richiesto, ci si ingegna come si può.»
Una lampadina si accende nel mio cervello. «Non è che avreste un cellulare?» Un sorriso fulmineo spazza via ogni velo di tristezza dal volto di Willy e Billy, che subito si mettono a frugare fra i pacchi nel bagagliaio. Billy è il più veloce a mettermi sotto il naso la confezione cartonata e sigillata di un cellulare: il modello è dipinto sulla parte superiore della scatola, assomiglia vagamente a un iPhone X. La didascalia pubblicizza il 5G. Wow! Esistono veramente, allora. «Siete la mia salvezza. Quanto vi devo?» In fondo ne avrei dovuto comprare uno "in nero", penso che la scelta del fornitore non faccia più differenza. «Sarebbero centocinquanta,» dice Billy, ma subito Willy lo corregge: «era un nostro compagno! Per lui un prezzo di favore, cento dollari.»
Non perdo tempo a estrarre il portafoglio. Il contatto su YouShop mi aveva proposto un iPhone 6 a duecento dollari, quindi sto risparmiando e portando a casa un modello superiore. «Siete stati molto gentili.» Come mostro le banconote, già Billy le ha intascate mentre Willy si cimenta in una serie di eccessivi salamelecchi.
Tolgo l'allarme dall'auto e metto dietro la busta di Macy's. Posso anche risparmiarmi la fatica di salire ai piani superiori dei grandi magazzini, mi scuserò con il gancio su YouShop per non aver potuto mantenere l'impegno. «Devi scusarci,» è ancora Willy a richiamare la mia attenzione, intanto che Billy richiude il bagagliaio della station wagon.
«Non è da noi avanzare richieste di questo tipo...»
«Non è da noi.»
«Ma siamo rimasti a secco con la benzina.»
«A secco.»
«Non aggiungete altro.» Mi sento talmente di buon umore per l'affare concluso che rimetto mano al portafoglio e, anche se credo che venti dollari bastino e avanzino per tornare a Spring Bell, gliene do trenta. Se lo sono meritati, e in ogni caso sto risparmiando rispetto alla spesa che avevo preventivato. Willy china il capo diverse volte per ringraziare, ma al solito è Billy a intascare: «hey, ci viene pure un gelato.» Decidono di tornare su al Mall Dale per un break prima di ripartire, e se ne vanno con calorosi saluti e ampie dimostrazioni d'affetto.
Finalmente rimasto solo, mi siedo al lato guida. Studio la confezione del cellulare sulle mie ginocchia. Io quei due non li ho mai visti alla Harper. Non l'hanno nemmeno nominata, se non dopo che l'ho fatto io per primo. Come sono stato io a nominare la signorina Hunt, loro si sono limitati a citare la "classe di biologia". Mi sono sembrati due giovanotti gentili, però è vero che mi hanno intenerito con la storia della loro famiglia. Mi sorge un dubbio. Baby Lynn mi perdonerà se scarto la confezione al posto suo. Strappata la plastica, rimuovo la parte superiore del cartone. Il cellulare è lì. Per un attimo ho temuto che mi avessero truffato.
Lo prendo in mano. Gli angoli sono rotondi come quelli dell'iPhone, mi colpisce soprattutto il suo colore platino che, neanche a farlo apposta, richiama la tinta ultra bionda di Baby Lynn. Lo schermo del cellulare è attraversato da una trama di rigagnoli bianchi da un angolo all'altro... non è un riflesso, sono i rampicanti bianchi provocati da un forte impatto. Mi hanno venduto un cellulare rotto! Stavo per portare a Baby Lynn un altro cellulare a pezzi. E io che l'ho preso senza nemmeno averlo controllato prima. Ho pure dato una premialità extra a quei delinquenti per avermi truffato! Getto il cellulare sul sedile passeggero e riattivo l'allarme dell'auto mentre corro verso l'ascensore.
Facevano la finta di non voler essere pagati. Altro che bravi ragazzi! Era una strategia studiata per intortarmi. Gironzolavano al parcheggio in attesa di un pollo da spennare. Del Freddie Lomax di turno. Ma non glielo permetterò. Sono al piano superiore del Mall Dale, sono circondato da folle impazzite di famiglie e clienti multietnici che vanno da un negozio all'altro. Mi guardo disperato intorno. Non li troverò mai!
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