Parte 1

NOTA INIZIALE: come già specificato nella presentazione,  i personaggi di questa storia sono originali, ma è normale che ci si ispiri a qualcuno di realmente esistente,  per cui... Lascio, a chi avrà il coraggio di leggerla, l'onere di capire di chi si tratti.

Come sempre,  buona lettura!

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Quell'orrenda sensazione stava tornando, riusciva a percepirla fin nelle viscere.

Malgrado tutti i suoi sforzi, malgrado avesse tentato in tutti i modi di impedirle di prendere di nuovo il sopravvento, aveva ormai acquisito la piena consapevolezza che difficilmente avrebbe potuto fermarla. Negli ultimi giorni gli attacchi erano divenuti sempre più violenti.

Si posizionò comunque a terra, con le gambe incrociate. Posò le mani sulle ginocchia, il busto diritto e gli occhi chiusi. Inspirò più volte, finché l'aria non si bloccò nei polmoni.

La trattenne per qualche secondo, quindi spalancò gli occhi buttandola fuori con forza.

Si alzò in piedi di scatto, poteva sentire il sudore colare sulla fronte, lo stomaco ormai era in balia dell'ansia, si contorceva senza darle scampo.

Tirò giù la valigia dall'armadio e cominciò a buttaci dentro dei vestiti alla rinfusa.

Non si voltò nemmeno quando la sentì arrivare, molto prima che la porta della stanza si aprisse.

'Non dire nulla' ordinò ancor prima che la ragazza appena giunta avesse il tempo di proferire parola.

'Sono corsa appena ho saputo... mi dispiace' non si mosse dall'uscio, con la mano ancora ferma sulla maniglia, indecisa su cosa fare o dire.

'Davvero?' il tono ironico della domanda accompagnò lo sguardo furioso che rivolse a Zara.

'Come hai fatto?' domandò l'altra eludendo volutamente la domanda 'Non avevi annullato la connessione con lei?'

'Evidentemente non ha funzionato' chiuse di corsa la valigia, voltandosi verso la sorella.

Zara non si mosse, decisa a tentare di tutto pur di fermarla 'Non puoi andare, non puoi fare più nulla ormai...'

'Ne sei così sicura?' Taylor piegò la testa di lato, socchiuse gli occhi, in segno di sfida.

La sorella sgranò gli occhi 'Conosci le regole, abbiamo già interferito troppo'

'Al diavolo le regole e al diavolo chi le ha scritte' si mosse di scatto, la spostò con forza passando oltre la soglia della stanza. Scosse il braccio per impedire alla sorella di afferrarlo per fermarla.

'Taylor, maledizione fermati' Zara non aveva nessuna intenzione di arrendersi, non così facilmente almeno, le corse dietro urlando 'cosa pensi di risolvere? Vuoi fare più di mille chilometri per vederla? Per farti più male di quanto non ti stia facendo il solo saperlo?'

'Perché ti ostini a far finta di non capire?' Il tono di voce, questa volta, fu più rassegnato che furioso 'Vorrei davvero rimanere qui, far finta che nulla sia accaduto ma... non posso ' scosse la testa con rassegnazione 'credimi, non posso davvero farlo'

Zara accolse il suo sguardo ferito, riconobbe la sincerità nelle parole che erano state appena pronunciate. Annuì, senza dire altro.

***

Appena scesa dal taxi cominciò a correre senza sosta, l'imbarco stava per chiudere e, se avesse perso quel volo, quel giorno non ce ne sarebbero stati altri.

Attraversò l'aeroporto senza mai fermarsi, nonostante tutto il suo impegno, arrivò troppo tardi, l'assistente di volo aveva appena chiuso le porte.

'Aspetti...' urlò alzando il braccio poco prima di fermarsi di fronte a lei 'la prego...'

'L'imbarco è chiuso' la informò la donna annoiata.

'La scongiuro, ho corso per venti minuti per arrivare in tempo, è importante che io...'

'Non si direbbe che abbia corso così tanto' la donna rise, infastidita da quella richiesta ma, ancora di più, dalla bugia che era certa stesse cercando di propinarle. Odiava essere presa in giro dai passeggeri.

Taylor spalancò gli occhi. Senza fiatone e senza rossore sulle guance sarebbe stato difficile far credere a chiunque, che ciò che aveva appena affermato, fosse la pura e semplice verità. Ma quella donna, diamine, doveva davvero avere avuto una brutta giornata per comportasi in maniera così sgradevole.

Sospirò chiudendo gli occhi. Per anni aveva lavorato sul proprio autocontrollo, riuscendo infine a trattenere quelli che lei definiva i suoi istinti primitivi. Ma in quel momento niente avrebbe potuto impedirle di ottenere ciò che voleva. Riaprì gli occhi, fissandoli decisa in quelli della donna. Non ci fu bisogno di dire nulla, l'espressione derisoria dell'assistente di volo sparì immediatamente dal suo viso. Afferrò il biglietto che Taylor le stava porgendo e riaprì completamente la porta 'Vada pure, avverto il pilota e la registro subito'

Le labbra di Taylor si piegarono in un sorriso.

Passò oltre il varco, incamminandosi dentro il tunnel.

Poteva farcela, malgrado il suo innato terrore per gli aerei, quello era di sicuro l'unico modo per raggiungerla prima che fosse troppo tardi.

Una volta entrata fu accolta, stavolta con un sorriso, da una seconda assistente di volo.

Raggiunse il suo posto, passando nello stretto corridoio tra le poltrone, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo degli altri passeggeri.

Si sedette puntando lo sguardo fisso davanti a sé, cercando di non pensare all'altitudine che quell'aereo, a breve, avrebbe raggiunto.

'Tutto bene?'

Sussultò alla voce ma non si voltò 'Sì, grazie. Non amo molto volare'

'Stia tranquilla' provò a tranquillizzarla con un tono di voce che Taylor trovò alquanto rilassante 'abbiamo uno dei comandanti migliori e il volo sarà breve. Se le dovesse servire qualcosa, non esiti a chiamarci'

Taylor annuì senza parlare. Doveva mantenere una respirazione regolare, se voleva evitare uno dei suoi soliti attacchi di panico.

Chiuse gli occhi, probabilmente se avesse dormito almeno un po', anche se solo per pochi minuti, sarebbe riuscita a calmarsi.

La visione avuta poche ore prima tornò però a tormentarla.

Ancora più prepotente, molto più macabra della prima volta.

Il silenzio totale l'avvolgeva completamente. Non udiva rumori, se non il suo stesso respiro e il battito del cuore che martellava incessantemente nella testa. Nemmeno i passi che faceva producevano suoni.

Persino le due grandi porte di legno, quando vi posò le mani e spinse per spalancarle, evitarono di cigolare.

Nessuna delle persone sedute, tutte con lo sguardo rivolto verso l'altare, si girò al suo passaggio.

Ma nulla di ciò che stava accadendo le interessava.

L'unica cosa che attirava la sua attenzione, di tutto quello che aveva intorno, era lei.

E lei era proprio lì, a pochi metri.

Con gli occhi chiusi, un sorriso sereno sulle labbra.

Come si diceva in certi casi? Sembra che stia dormendo.

Saltò letteralmente sulla poltrona, terrorizzata.

'Mi scusi' disse subito l'assistente ritirando la mano che le aveva delicatamente posato sul braccio 'siamo appena atterrati a New York'

Taylor la guardò stupita. Come era possibile? Volse lo sguardo verso il finestrino, l'aereo era fermo sulla pista d'atterraggio.

'Scusi lei' mormorò sganciando la cintura 'devo essermi addormentata'

Fece un cenno di saluto e si allontanò velocemente, desiderava poter mettere un piede sulla terra il più presto possibile.

Aveva solo due ore per raggiungerla, per cercare di porre rimedio a quell'errore.
Imprecò mentalmente quando notò la lunga fila davanti al posteggio dei taxi.

Non si fece scrupoli, quel giorno molte regole erano andate tranquillamente a farsi fottere. Infrangerne un'altra non avrebbe fatto differenza.

Passò davanti la ventina di persone in attesa, sfiorandole una a una senza dire nulla. Nessuno fiatò, nessuno si lamentò quando Taylor si posizionò davanti alla fila per entrare nella prima vettura disponibile.

'Ho fretta' sventolò due banconote dopo aver fornito l'indirizzo.

L'uomo sorrise annuendo 'Conosco tutte le scorciatoie, stia tranquilla arriverà in tempo'
Taylor osservò fuori dal finestrino.

Pur non essendoci mai stata prima di quel giorno, aveva sempre odiato quella città.

'Può andare più veloce?' non fu una semplice richiesta, Taylor posò la mano sulla spalla dell'uomo, immediatamente il piede premette con forza sull'acceleratore.
Il traffico di New York era di certo all'altezza della sua fama, ma non avrebbe vinto questa battaglia. Non le avrebbe impedito di arrivare da lei prima che fosse troppo tardi.

La vettura si fermò davanti la scalinata pochi minuti dopo.

Il suono delle campane risuonò funesto, fastidioso alle orecchie di Taylor, che si precipitò fuori dal taxi e salì i gradini di corsa.

Il grande portone di legno era proprio di fronte a lei, scuro e immenso come nel sogno di poco prima.

Prese fiato e spinse con forza.

Il cigolio accompagnò la sua entrata, non avrebbe certamente potuto definirla trionfale.

Non si trovava in una delle sue visioni, era la realtà e nessuno si voltò a guardarla.

La prima persona che vide fu la madre. Conosceva quella donna da una vita e l'aveva vista piangere si e no due o tre volte. Ma mai, come in quel momento, le lacrime erano scivolate così copiose sul suo viso. Con il fazzoletto si copriva le labbra, prese da un irrefrenabile tremolio dovuto all'emozione.

Deglutì prima di portare lo sguardo all'altare, quando la vide, bellissima come mai l'aveva vista, prese a camminare verso di lei.

Il tempo si fermò, letteralmente.

Le lancette di tutti gli orologi presenti smisero di muoversi. Pochi secondi bastarono a cancellare quei sei mesi di separazione. Mesi che non avevano intaccato il sentimento che provava per lei.
Carey era lì, come nel sogno, con gli occhi chiusi e un lieve sorriso sulle labbra.

Il silenzio innaturale, dovuto al fermarsi del tempo, cominciò a infastidirla. Allungò il passo, mantenere quello stato le stava costando troppa energia.

Posò il piede sul primo gradino, il marmo bianco appena calpestato scurì, al suo passaggio.

'Carey' il nome rimbombò nel silenzio assoluto.

La ragazza aprì di colpo gli occhi, sgranandoli, quando si accorse che tutto, intorno a lei, era fermo. Scosse la testa incredula, sfilò le mani da quelle del ragazzo che le era di fronte e si voltò lentamente.

'Taylor?'

'Proprio io' confermò la ragazza salendo gli ultimi gradini, si fermò a poco più di un metro da lei. La fissò negli occhi, delusa e irritata da ciò che stava vedendo. Corse con lo sguardo su tutta la figura tornando, infine, a scrutare gli occhi verdi dell'unica donna che avesse mai amato in vita sua 'il bianco ti dona, non c'è che dire. Sono arrivata al momento giusto a quanto pare, vi stavate scambiando le promesse?'

Carey sbatté le palpebre sempre più confusa, chiedendosi come diavolo fosse possibile che nessuno avesse mosso un dito per fermarla. Si guardò intorno, l'immobilità di tutti i presenti era innaturale quanto il silenzio che stava perdurando da sin troppi minuti.

'Cosa ne è stato del non mi sposerò mai, il matrimonio non fa per me?'

'Taylor...' ripeté l'altra in stato di shock.

Le prese la mano tirandola con sé, attraversarono insieme la navata ed entrarono nella sacrestia.

Carey continuava a cercare di capire, ma era ormai certa di trovarsi in un sogno. Volse lo sguardo alla finestra. Centinaia di persone passavano davanti alla chiesa, nessuna di loro ne varcava la soglia. Cosa stranissima perché, a quell'ora, era sempre una via vai di gente che entrava e usciva senza sosta.

Un sorriso orgoglioso curvò le labbra di Taylor 'Abbiamo dieci minuti, dopo di che tutto tornerà alla normalità'

'Dieci minuti?' Carey tornò a fissarla aggrottando la fronte 'Non capisco...'

'Arriviamo subito al dunque' si avvicinò a lei, posò la mano sul suo viso. Inarcò le sopracciglia quando la sentì tremare alla sua carezza 'non puoi sposarlo'

'Perché?'

'Perché?' ripeté alzando le spalle 'Potrei darti decine di motivi'

'Dimmeli, voglio saperli tutti' la sfidò, ormai convinta di trovarsi in un sogno non voleva perdersi l'occasione, almeno in quel frangente, di ottenere la sua rivalsa.

'Perché io ti amo e tu ami me'
Carey la fissò incredula, poi rise.

'Sei andata a letto con Lana'
Scosse la testa 'Non è mai successo, non sono mai stata a letto con lei'

'Ti ho vista, non mentire'

Taylor socchiuse gli occhi, Carey si stava mostrando troppo sicura della propria affermazione, come poteva essere possibile? C'era solo un modo per sapere, anche se andava contro la promessa che anni addietro si era fatta, doveva assolutamente capire. Portò la mano sulla tempia della ragazza, cercò quel ricordo. Si stupì del fatto che fosse ancora limpido e chiaro, indelebile nella memoria di chi, lo percepiva, era convinta e certa di averlo vissuto davvero.

Eppure non era mai successo nulla tra lei e Lana. Approfondì l'esame, pur già immaginando di chi fosse stata opera, doveva leggerne la firma per esserne certa. L'ultimo sforzo le fece mettere un lieve sospiro, era stata Zara.

Poteva rimuovere quel ricordo, ma sapeva che in quel modo avrebbe fatto ancora più danni

Tutto ciò che era successo a causa di quel fatto non realmente accaduto, non avrebbe più avuto senso per Carey, si sarebbe trovata con un vuoto incolmabile da riempire.

Doveva farglielo riconoscere come falso, modificarlo per poi provare a convincerla di aver frainteso l'intera faccenda.

'Non è successo nulla quella notte. Sua madre non stava bene e le ho semplicemente dato una mano ad accudirla. Non poteva farcela da sola. Ma non l'ho toccata nemmeno con un dito' puntò gli occhi in quelli dell'altra, la vide tentennare. Il dubbio era stato instillato, il gioco ormai era fatto.

'Non ha importanza' disse però Carey abbassando lo sguardo 'ci siamo perse molto tempo fa, ci saremmo perse comunque'

'Per colpa mia' affermò Taylor assumendosene l'intera responsabilità. Sapeva che era quello che Carey voleva sentirsi dire e, in quel momento, convincerla a farsi ascoltare era la sua priorità.

'Un po' tardi per ammetterlo non credi?' un sorriso ironico e triste accompagnò quelle parole appena sussurrate.

'Non è mai troppo tardi per rimediare ai propri errori'
Carey riportò alla mente il loro ultimo diverbio, avuto pochi giorni prima della sua partenza per New York.

''A volte ti guardo e... non so come spiegartelo, non riesco a farlo nemmeno con me stessa ma...''
Taylor era rimasta in silenzio.

''Ho l'impressione di non conoscerti affatto'' aveva riso a quella sua stessa affermazione ''buffo non trovi?''

Non aveva risposto.

''Voglio dire, ci conosciamo da quando siamo bambine. So tutto di te eppure, troppo spesso, ho questa strana impressione. Ed è angosciante, credimi, sapere che ci sono cose che mi nascondi''

'Sei finalmente pronta a dirmi tutta le verità?' la risata ironica, a conclusione della frase, fece chiaramente intendere quanta poca fiducia riponesse in lei. Dopo anni spesi ad attendere che succedesse, alla fine si era arresa all'amara evidenza dei fatti. Taylor nascondeva un segreto di cui non voleva renderla partecipe.

'Sì, sono pronta'

Carey sussultò, ancora indecisa se crederle o meno.

'Tu lo sei?' Taylor la sfidò con un sorriso.

Carey oramai era certa di non essere sveglia, non aveva nessun dubbio sul fatto che i trattasse di un sogno. Ciononostante, annuì.

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