2)

Ansia. Era l'unica cosa che Micael riusciva a percepire. Sentiva il battito del suo cuore pulsante nelle orecchie, mentre era rannicchiato con la schiena incollata alla lurida e ammuffita parete della cantina dove lui e alcuni compagni avevano trovato rifugio. Aveva ancora le mani graffiate e insanguinate dalle schegge di vetro provocate dalla rottura del vetro della finestra del primo piano. Schiantarsi contro essa era stata una pessima idea, la peggiore che avesse mai avuto. Però forse senza quei due graffietti in quel momento si troverebbe su uno di quei camion. O, dato il suo carattere, in mezzo al pavimento del corridoio centrale con un proiettile nel cranio. Aveva ancora la mano serrata sul taglierino che si trovava nella sua tasca. Non si poteva mai sapere cosa sarebbe accaduto, quindi un taglierino a portata di mano era solo comodo. La stanza era silenziosa, si riuscivano solamente a sentire i respiri affannati dei suoi compagni. L'aria puzzava di muffa. All'improvviso si sentì un cigolio proveniente dalla pesante porta di metallo che apriva al nascondiglio. Si sentì solo un breve movimento e qualche chiazza di luce provenire dalla porta aperta.
Una ragazza tirò fuori dalla tasca della sua salopette un coltellino e lo puntò immediatamente su qualcosa. Tutto questo accadde nel giro di pochissimi secondi. L'unica cosa che riuscì a vedere per bene fu solo un turbine di capelli rossi. Sentì una voce di donna. Era decisa, nonostante appartenesse chiaramente a una persona poco più grande di lui. Per vedere chi erano gli intrusi si alzò a fatica dal pavimento, provando a poggiarsi il meno possibile sui palmi delle sue mani. Fece pochi passi per arrivare alla porta, e finalmente riuscì a vedere, anche se da dietro la testa di un altro ragazzo. Ma quanti erano in quella stanza?
Davanti a lui c'era una coppia formata da un maschio e una femmina, erano  impolverati e stanchi. La ragazza aveva una lametta puntata al collo. Il ragazzo dietro di lei fece una smorfia di dolore. Guardò prima la faccia della ragazza con la lama puntata alla gola, e poi quella del proprietario di essa. La prima era spaventata, però i suoi occhi erano ricchi di provocazione, come se volesse mettersi a fare dello humor, mentre la  seconda era decisa, anche se era terrorizzata. <<Identificatevi o vi ammazzo.>> Furono queste le parole pronunciate dalla rossa. Perché? Non sembravano cattivi. <<N-non siamo malvagi, stiamo cercando un rifugio.>> All'improvviso entrò nel discorso il ragazzo dietro. Era una voce rotta, dolorante. Una voce di una persona che stava per scoppiare in lacrime. <<Non sembrano cattive genti, di sicuro non sono stati loro ad aver fatto tutto questo casino.>> Gli fece notare un ragazzo con degli strani capelli che sfumavano nel viola, che nella penombra sembravano neri come la pece. La rossa allontanò cautamente la lama dalla gola della nuova arrivata, per poi guardarla con astio. <<Entrate.>> Disse con tono duro.
La porta si richiuse con un cigolio metallico e anche la più piccola traccia di luce scomparve. Micael non aveva mai avuto paura del buio, anche da piccolo. Però in quel momento, circondato da persone sconosciute e con delle schegge di vetro nelle mani non si poteva di certo dire che fosse tranquillo. Ci fu un momento breve di imbarazzato silenzio, rotto solo dal rumore di mani che tastavano il muro. Dopo pochi istanti si accese una lampadina che emanava una luce fredda. Micael riuscì allora a vedere in volto i suoi compagni.
Accanto a lui c'era una ragazza con vestiti molto corti e dei capelli di un colore bluastro, tendente al viola. Non sembrava minimamente turbata da quello che stava accadendo, anzi. Aveva delle cuffie sulle orecchie, e sembrava ascoltare la musica con tranquillità.
Girando lo sguardo verso destra poteva vedere una ragazza, avranno avuto un anno di distanza, che stava piangendo. Non riusciva a capirne il perché. Forse lo stress accumulato? Probabilmente. Era carina però. Aveva i capelli castani legati in un'elegante treccia, con incastonato un fermaglio a forma di rosa bianca. Gli occhi, se non fossero stati arrossati e imbevuti di lacrime, erano nocciola. Quasi dorati. Accanto alla porta arrugginita c'erano i due nuovi arrivati. La ragazza si stava massaggiando il collo. I suoi lunghi capelli biondi cenere cadevano scomposti sulla sua fronte impolverata. Era china sul ragazzo che é entrato dopo di lei. Lui era supino, con una gamba distesa su uno sgabello. Ogni volta che lei la toccava lui faceva un sussulto di dolore. Se la sarà slegata o robe del genere. Accanto a loro c'erano due ragazzi: capelli viola e uno molto alto. Con degli strani capelli. Neri e bianchi vicino alla fronte. Capelli viola stava sfregando le sue dita sulla sua gamba in modo molto nervoso, mentre il gigante stava lì. Zitto e immobile. Accanto a loro c'era la rossa. Aveva un atteggiamento agitato. I suoi occhioni verdi circondati da occhiali giravano ovunque, alla disperata ricerca di risposte. E poi c'era lui. Un ragazzo che non aveva niente di speciale. Che voleva solo tornare a casa. Per pochissimi istanti gli ritornò in mente la torta che la madre gli aveva fatto a colazione. Aveva un profumo delizioso, di cannella e mele. <<Ho trovato l'interruttore della luce>> esclamò la rossa <<un grazie sarebbe d'obbligo no?>>.
Nessuno rispose.
<<Va bene, che ne dite se facciamo un bel giretto di nomi?>>. La ragazza dovrebbe imparare a tapparsi un attimo il becco. Di nuovo nessuna risposta. <<Bene, io mi chiamo Lesley, e sono della seconda classe del primo piano.>> Grandioso. Questa ragazza andava in classe con lui e non conosceva nemmeno il suo nome. Però adesso che ci pensava un attimo, sì. Era quella che se ne stava sempre in disparte. Al fondo della classe. Con un taccuino sulle ginocchia per non farsi beccare dall'insegnante. Non aveva mai sentito la sua voce. Ci fu un piccolo movimento, poi si sentì un sussurro strozzato. <<I-io mi chiamo Elys.>> Disse la ragazza con la rosa. Aveva ancora la voce rotta dalle lacrime. Capelli viola smise di muovere le dita freneticamente e si presentò pure lui, buttando fuori tutto d'un fiato le informazioni: <<Ehy, io sono Lukas. Il mio cognome non vi interessa. Vi basti solo sapere che in questo momento ho voglia di spaccare il cranio a qualcuno.>>
Fine il ragazzo. Anche Micael si presentò. Cercò però di presentarsi nel modo più gentile e positivo possibile. Per far subito la figura di quello intelligente. <<Buongiorno, io mi chiamo Micael Bianchi. Se ve lo state chiedendo sì, mia madre é italiana. Ho 16 anni e sono in classe con Lesley.>> Dai, almeno aveva mantenuto un minimo di controllo. Almeno non si era messo ad urlare come un ossesso "VOGLIO USCIRE IMMEDIATAMENTE DA QUI AIUTO". La ragazza violetta si tolse le cuffie con nonchalance e esclamò annoiata: <<Cià, io sono Layah e come per Lukas il mio cognome non vi interessa. Ho 15 anni e in questo momento vorrei dormire, qualcuno ha qualcosa da obbiettare?>>
Quella ragazza faceva paura. Nessuno fece segni di assenso, quindi lei disse un semplice <<bene>> mentre si risistemava le cuffie sulla testa. Dopodiché fu il turno dei nuovi arrivati. Parlò solo la ragazza però. <<Ciao, io mi chiamo Vivian e ho 15 anni. Io e Toby, il ragazzo vicino a me, siamo arrivati in bici in ritardo. Non sappiamo assolutamente nulla della situazione attuale.>> Dopodiché disse con tono quasi addolorato << Toby qui é svenuto. Sì é rotto la gamba, bisognerà curarlo.>> Il gigante, che fino a quel momento non aveva detto una parola prese di peso Toby, portandolo in un altro lato della stanza. Prese un pezzo di acciaio e lo appoggiò sulla gamba infortunata. Dopodiché si strappò un pezzo della sua maglietta e lo annodò al pezzo di metallo. Si alzò e camminò a grandi passi verso Vivian e le diede una pacca sulla spalla. <<Se la caverà.>> Disse. Poi si sedette in un angolo. <<Non sappiamo come ti chiami, sei l'unico a non esserti presentato.>> Disse sgarbatamente Layah. <<Il mio nome non ha importanza come il tuo cognome.>>
Pochi attimi di silenzio.
<<Potete chiamarti Mystery.>> Esclamò schietto.
<<Adesso che sappiamo i nostri nomi, cosa pensiamo di fare?>> Domandò Micael. <<Suppongo che prima dovremo scoprire cosa sia successo fuori da questa cantina, a proposito, come ci siete arrivati? Credevo che questo posto lo conoscessimo solo io e Toby.>> Disse con un pizzico di curiosità Vivian. Micael si ricordò delle ferite nelle mani e disse: << sono stato io. Ho sfondato la finestra del primo piano e mi sono buttata giù. Ho aperto la prima porta che ho visto. Dopodiché gli altri mi hanno seguito.>> Era imbarazzato.
<<Io direi di prendere delle armi, nel caso.>> Osservò Lukas. Nulla da obbiettare.
<<Perfetto. Iniziate a svegliare Toby, dobbiamo andare.>> Disse con tono risoluto Lesley.
Se le circostanze erano quelle, Micael era sicuro di non volersi tirare indietro. 


Bene, dopo quasi un secolo ce l'ho fatta a pubblicare. Spero vi piaccia.

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