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Alcuni rivoli di sangue colavano dal viso arrossato di Hidemi, macchiarono le ginocchia, il dorso delle sue mani, gocciolavano senza freno. La ragazza ora a terra, si sporse in avanti e vide accuratamente le condizioni davvero pessime di Yuzuha: un labbro spaccato, lividi sparsi sul volto e lei respirava molto lentamente, con gran fatica.
«Yuzuha...» Sospirò Himari, in procinto di accarezzarle un braccio per far sentire almeno la propria presenza in quel luogo.
Il tutto sembrava così surreale che ci vollero minuti prima di metabolizzare i vari dettagli dello scenario: il ragazzo dalla divisa nera e la lunga sciarpa bianca stava lottando e tenendo proprio testa a un tipo grosso il triplo, a petto nudo e con un vasto tatuaggio sul corpo. Buona parte della Chiesa era distrutta. Vicino Yuzuha c'era anche Hakkai, davvero mal ridotto ma vivo; a stento riusciva a reggersi in piedi ma nonostante ciò sembrava quasi sollevato, perfino riuscì a sorridere vedendo Hidemi e Himari lì.
«C... Ciao! Cosa ci fate voi qui..?» Il dolore acuto al corpo tradì il suo tono alto ed emozionato. Catturò l'attenzione anche degli altri presenti: tutti volti nuovi, incuriositi, straniti, distrutti. Se da quella parte vi erano tutti loro in divisa nera e giallastra, dalla parte opposta della Chiesa due membri della Black Dragon osservavano la scena in totale silenzio e uno era proprio quell'Inui.
«Tsk», fissò in malomodo Himari bofonchiando qualcosa al compagno.
Il ragazzo che teneva Yuzuha stretta tra le braccia subito si rivolse a loro noncurante della lotta in corso, alle proprie spalle: aveva i capelli tinti di un lilla e dal taglio abbastanza corto, il fisico asciutto sotto l'uniforme nera spezzata da una cinta e stivaletti bianchi, il volto colmo di lividi e sangue secco. Di un'apparenza seria, con uno sguardo analitico e un tono fermo e a tratti basso, osservò con cipiglio le due arrivate.
«Chi sareste? Amiche di Yuzuha?»
«S-sì... Ehm... Io sono Ueno Hidemi. Lei è Shimizu Himari...» Per quanto la situazione bizzarra lo permise, si inchinarono lievemente come di consueto. Anche con un leggero rossore sulle guance.
«Cosa ci fate qua?! È pericoloso!» Animò la scenata Hakkai, bloccato dai suoi stessi acciacchi.
«Non iniziare anche tu con la predica!» Ricambiò vivace Hidemi, spostando il focus su un battibecco tra i due, seppur valido.
Himari ancora col fiato corto rispose «siamo due buone amiche di Yuzuha ed eravamo preoccupate per lei, allo stesso modo come per te, Hakkai», le ci vollero dei minuti per recuperare energie. Si sedette a terra, strinse i denti all'impatto.
«Yuzuha sembrava distaccata da molto ed ero preoccupata. Non si è fatta più sentire e non riuscivo a restarmene con le mani in mano sapendo anche che... Anche che vive in una situazione tediosa...» Barcollò sull'ultima frase incerta ma il misterioso interlocutore annuì semplicemente.
«Non doveva esserci lei qui... È stata una trappola di quel bastardo» Commentò aspramente.
«Voi chi siete..? Membri di un'altra gang?!» Himari si avvicinò di più a lui e l'amica, guardandola con rammarico. Le faceva male vederla in quello stato.
«Siamo della Toman, io sono a Takashi Mitsuya, a capo della seconda divisione. Loro Chifuyu Matsuno e Takemichi Hanagaki, della prima. E quello che sta combattendo Taiju è il nostro capitano, Manjiro Sano.» Si limitò ai convenevoli, portando lo sguardo sul campo di battaglia.
Un tipo basso ma agile, così lo potevano definire le ragazze. Di un'altra gang, nonché famigerato capitano di una serie di divisioni incomprensibili ai loro occhi, con divisa e apparenze opposte alla lugubre Black Dragon. Himari si limitò ad osservarlo in silenzio, quasi ammirando i suoi rapidi calci che a stento seguiva con lo sguardo; sembrava volare a mezz'aria noncurante delle ferite. Manteneva un portamento distaccato ma mai interrompeva il contatto visivo con l'immondo avversario, specchiando una strana luce nei suoi occhi bui e profondi.
Il timore che incuteva quel Taiju pareva scemare poco a poco, più prendeva colpi. Nella mente di Himari era di certo un energumeno terrificante, con la sottile somiglianza ad Hakkai per qualche puro connotato; ora i suoi lunghi e bluastri ciuffi colavano lungo la fronte imperlata di sudore e sangue, difficile era notare il suo sguardo.
Bastò un altro secondo e cadde a terra, privo di coscienza.
«Aspetta... Ma come..?» Sussurrò la ragazza bionda, ancora su di giri. Con la bocca socchiusa, ammirava quel Manjiro Sano.
«Caugh...»
«Yuzuha! Yuzuha, sono Hidemi. Hey...» La soccorse cingendole le spalle con un braccio. Con l'aiuto di Takashi le sollevò di poco il busto da terra, permettendole di riprender fiato.
«Yuzuha... Siamo qui.» La rassicurò in qualche modo Himari, aspettando con ansia una reazione.
L'attenzione del restante gruppo andò su Manjiro e Taiju, così da lasciar loro tre della intimità, una volta che Yuzuha riaprì lentamente gli occhi. Altri colpi di tosse, dei rivoli di sangue dal naso scesero, a fatica le palpebre sostenevano i languidi occhi. Focalizzò le due figure accanto, bofonchiando qualcosa di incomprensibile.
«Siet- siete pazze... Cosa ci fate qui..?» Accennò un piccolo sorriso cullandosi del calore di Hidemi ancora più stretta a lei. Percepì sempre meno il freddo del pavimento.
«Ma sentiti, non urlo perché non ho più fiato. Ci hai fatto preoccupare tantissimo e-»
«Yuzuha, perché?» Himari interruppe la parlantina dell'amica, cercando delle risposte concrete. La sua mano tremava ancora, non accennava a lasciare quella fredda di Yuzuha.
«Perché tieni sempre tutto per te? Lo sai che puoi contare su di noi, siamo una squadra. Se senti un qualcosa di troppo grande, apriti con noi, non affrontarlo da sola.» Le sembrava però solo di sprecar fiato: Yuzuha deviò lo sguardo e a poco a poco si alzò sulle ginocchia facendo leva coi gomiti. Chinò il capo e lunghe ciocche ramate le coprivano il volto indecifrabile.
«Lo so... Risparmiate la predica almeno, per favore.»
«Ti accompagniamo a casa e medichiamo le tue ferite. Quando starai meglio ti va di parlarne..?» Il tono di Himari divenne più comprensivo, celando una forte malinconia. Le accarezzò con delicatezza la schiena, aspettando un cenno di assenso.
«Mi dispiace avervi fatto preoccupare, non immaginavo sareste arrivate fin qui...» Continuò la ragazza, alzandosi lentamente in piedi.
La stanza si spogliò a poco a poco, una volta aperto il portone d'ingresso e mostrando una scena surreale agli occhi di tutti: il ragazzo dalla divisa nera seduto sugli scalini, con sguardo annoiato, verso una folla stesa a terra inerme. Non accennava un po' di fatica o dolore, solo un compiaciuto sorriso appena i ragazzi lo raggiunsero. Himari e Hidemi poco più dietro, ammiravano lo scenario senza sapere esattamente cosa dire. Un attimo prima erano travolte da decine di individui impossibili da oltrepassare, ora un silenzio tombale.
«Draken, hai fatto tutto da solo?!» Urlò stupito uno di loro, quel Takemichi Hanagaki, anch'egli ridotto a uno straccio con metà viso gonfio e colmo di lacrime.
«Sì anche se una piccola parte di merito va a quelle due laggiù», le indicò con la testa.
Sovrappensiero, Himari si ritrovò nuovamente in difficoltà nello spiegare tutto ma per lei lo fece Takashi Mitsuya, in modo più limpido e conciso. Entrambe vennero colte alla sprovvista da una serie di domande da Chifuyu e il capitano Manjiro, ora quasi un'altra persona, totalmente divertito e quasi spensierato. Si avvicinò a loro e una lieve differenza di altezza le imbarazzò.
«Beh, non avevo mai visto delle ragazze battersi contro questi fenomeni, complimenti.» Una pacca sulla spalla di Himari e un sorriso fiducioso caratterizzò Manjiro all'istante.
«Voi siete... Mhm, la T-Toman. Eravate in conflitto con la Black Dragon», constatò Hidemi lanciando lo sguardo sui tre fratelli Shiba in disparte: Yuzuha parve sussurrare qualcosa a Taiju sulle ginocchia e impietrito.
«Sì ma da come puoi notare la vittoria è praticamente annunciata già», ridacchiò Manjiro, mostrandosi sempre più un ragazzo solare e spontaneo.
«A proposito, io sono il capitano Manjiro ma mi chiamano semplicemente Mikey. Lui è Ken-chin e loro-»
«Già fatto, Mikey» Takashi lo interruppe aggiungendo: «il ragazzo con cui avete combattuto è il vice Ken Ryukuji, detto Draken. Anche se il capitano ha dei nomignoli tutti suoi» scosse la sua apparenza ferma con un'altra risatina.
«Ovviamente».
Se Himari sembrava interdetta, Hidemi provò già una gran simpatia per il gruppo adattandosi immediatamente. Davanti l'ingresso della chiesa, di lì in breve scorsero le prime luci dell'alba e il tepore solare si adagiò con cura sulla loro pelle, ovattando le loro superficiali ferite. Chiacchierando di argomenti più o meno vaghi, il capitano e il suo vice furono i primi ad andar via in moto, sciogliendo il gruppo. Li seguirono Chifuyu e Takemichi, mentre Takashi e Hakkai restarono in disparte, ascoltando vagamente il discorso delle ragazze.
«...Avevi davvero intenzione di uccidere Taiju..?»
«Sì. Ero assolutamente convinta di farlo.» Yuzuha si grattò un braccio, mantenendo lo sguardo basso.
«Mi avevano convinta così sono arrivata qui stanotte... E poi è successo quel che è successo.»
«In altre circostanze ti avrei urlato qualcosa del tipo "no, Yuzuha! Non puoi farlo!" ma mi rendo conto di come possa essere da dentro...» Bofonchiò Hidemi, seduta su un muretto. Lasciò penzolare le gambe e per la stanchezza e l'adrenalina che pian piano scemò, accolse il silenzio come invito a proseguire:
«Capisco che tu voglia tenere per te tutto, è un brutto vizio che spesso comanda anche me... Ma da quando sono successe varie cose, da quando abbiamo lottato per la prima volta insieme, ho capito che non tutto lo posso affrontare da sola. Mi tremano le mani ora al pensiero di essermi scagliata contro quei pazzi senza pensarci due volte, eppure c'era Himari con me e il pensiero di entrare lì e trovarti era troppo forte».
«Hidemi...»
«Se non te la senti, non dirci nulla sulla tua famiglia. Ricordati però che noi ci siamo per te, siamo amiche. Non c'è nessuna motivazione più grande per spiegarlo».
Yuzuha alzò il capo e tirò le ciocche all'indietro, scoprendo il volto distrutto e gli occhi ancora lucidi. Era di uno strano effetto vederla spoglia della sua solita diffidenza e impeccabile apparenza. Quando decise di sfogarsi, confessare loro cosa realmente accadesse tra le mura di casa, tante idee nelle loro teste crollarono come pareti di carta, rivelando una ragazza ancor più forte di quanto già non lo dimostrasse in precedenza; ferita nel profondo eppure riusciva sempre a proteggere chi amava mettendo sé stessa in secondo piano.
Si chiusero tutte e tre in un caldo abbraccio, senza commentare altro.
Sulla strada del ritorno a casa, Hidemi e Hakkai ricominciarono un battibecco inutile e senza fine, su chi dei due avesse più acciacchi, come se fossero fieri delle loro ferite da guerra. Himari rimasta poco più dietro, si abbandonò totalmente a quei discorsi frivoli beandosi di quella momentanea pace, accanto Takashi e Yuzuha poco più intimi. Prima di abbandonare il quartiere, si guardò indietro e sempre lì sugli scalini la figura di Inui e il compagno sostavano, prima di andar via anche loro nella direzione opposta.
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