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Yuzuha rimase impassibile alle vaghe minacce, almeno tentò. Serrò i pugni e attese più che Hidemi volesse andar via dall'edificio.
«Yui, ascoltami» la ragazza bionda si mise tra le due e tese le pallide mani in avanti, tentando un contatto con lei. Le sfiorò le spalle ma Yui rimase indifferente.
«Hanno tentato di ferire anche noi» prese in mano il discorso, con stupore di Himari. D'altro canto, lei non si aspettava mai certe parole da Hidemi, tendeva più a raggirare le cose.
Kyo, esclusa da tutto il discorso, non poté far altro che affiancare Himari e ascoltare in silenzio. Lo sguardo affranto balzava da una ragazza all'altra, ricevendo più confessioni di quante se ne potesse aspettare. Stringeva saldamente il borsone su una spalla ma le gambe molli e unite tra loro tremavano.
«Io e Himari... Poche settimane fa abbiamo assistito ad alcuni di loro che pestavano un ragazzo. Ci hanno seguite, siamo riuscite a scappare quella sera ma non è finita lì. I giorni non passavano mai, li ritrovavamo sempre attorno, sempre a minacciarci. Avevo davvero paura di uscire di casa ma provavo a fare finta di niente. Provavo a nasconderla sì, anche la frustrazione di essere vittima di certa gente. Quindi un po' posso capire, un po' posso capire come ti senti... mi dispiace sapere che anche tu abbia a che fare con certe persone schifose...» Deplorevoli, oserebbe dire Himari. Notò accuratamente i gesti di Hidemi, il tono di voce in conflitto col suo sguardo assente, come evitasse ulteriori dettagli.
«Posso dire lo stesso per voi due», commentò Yui atona.
«Però un giorno Yuzuha ci ha salvate da una rissa. Ci avevano accerchiato, non c'era via di fuga. Se non fosse stato per lei avremmo fatto una brutta fine» aggiunse Hidemi, lasciando scivolare di poco le mani lungo le fredde braccia di Yui.
«Io mi fido di Yuzuha, so che sono circostanze assurde e non crederai certamente a me adesso, non mi sarei aspettata certo questo discorso oggi però...»
«Basta, Hidemi. Non serve, ho capito» avanzò Yui, con un sorriso stanco. I suoi atteggiamenti parvero più rilassati e opposti a pochi attimi prima; sospirò, alternò il focus dalle mani dell'altra all'altezza dei suoi occhi, a quelli di Yuzuha solo in seguito. Prese un secondo respiro e batté la schiena sul muro freddo, ignorando la polvere farsi evidente sullo strato superiore del suo scuro indumento.
«Mi fa piacere sapere che non vi siate arrese comunque, che siate venute qui oggi. Non credo tanto al destino o cazzate così ma... non so, da giorni sentivo solamente che tutti i miei sforzi erano inutili. Che una semplice cintura nera non potesse mostrare niente là fuori, non da sola. Ma sapere che altre ragazze hanno il coraggio di affrontare certe situazioni a testa alta mi fa un po' ricredere... Il mondo qui fuori è veramente orrendo» pronunciò quasi in un sussurro mentre fissava un punto incerto del pavimento illuminato dal freddo neon bianco.
«Tu sei fenomenale invece, credimi! Io ho la stessa forza di una foglia, immagina» la squillante voce di Hidemi interruppe i pensieri di Yui e risanò l'atmosfera in generale. Anche Himari, Kyo e Yuzuha erano colpite dalle sue parole, più che altro dal suo bizzarro entusiasmo. Tipico di Hidemi, che fingesse anche allora o meno poco importava, provava in tutti i modi a sviare l'attenzione dai propri occhi lucidi, metaforicamente della rugiada su un candido prato.
Yui la fissò incerta.
«Ma che dici...» Commentò la ragazza rossiccia con un lieve sbuffo.
«Sta chiudendo, dobbiamo uscire», alluse ai custodi ora in fondo al corridoio.
Alzò la cerniera della giacca e, una volta uscite dall'edificio, Yui diede il proprio numero di cellulare a Hidemi e salutò il gruppo con un cenno. Dava come la sensazione di volersi distanziare nell'immediato, evitando ulteriori contatti visivi e scattando in direzione opposta a loro.
Si sarebbero riviste in settimana, dopo le lezioni. Yui aveva declinato l'invito a cena di quella sera, in pochi minuti già era svanita dal loro campo visivo.
«Hidemi, senti...»
«Yuzuha», Hidemi interruppe l'altra con tono distaccato. Sguardo vago e il sorriso ora spento, «quindi tuo fratello è nella gang che ci ha assalite?»
«Sì, Taiju è il capo dei Black Dragon» rispose lei concisa.
«Capisco. E tuo fratello Hakkai non c'entra nulla?»
«Le cose sono complicate tra noi tre... ma né io né Hakkai giustifichiamo il comportamento di Taiju. Comprendo la reazione di Yui e immagino cosa tu stia pensando ma lui è diverso da noi» continuò Yuzuha, con l'amaro in bocca. Analizzava i gesti di Hidemi, così anonimi e approssimati, cercando di decifrarne i pensieri e i sentimenti... ma come avrebbe potuto.
Un soffio di vento colmò il silenzio struggente. Himari, in procinto di parlare venne preceduta nuovamente dalla ragazza bionda.
«Oh, no. No, non pensavo nulla del genere, affatto. Mi fido di te, ci hai salvate, non potrei mai immaginare che una mia amica sia un mostro del genere», Hidemi sorrise appena e colpì Yuzuha su quell'appellativo.
«Solo che... Immagino quanto sia difficile e faccia incazzare questa situazione».
Le ragazze ripresero il passo, scambiando qualche riflessione ad alta voce, mentre la via poco a poco si ripopolava. Era scesa la sera da un po' e i ristoranti già colmavano tanta gente. Un brusio generale e degli street food locali animavano Tokyo, ad aggiungersi i mezzi pubblici e le luci al neon dei locali.
Presero da mangiare qualcosa di veloce con l'idea di guardare poi qualche vetrina e ritornare a casa, uno svago soprattutto per Hidemi e Kyo sempre carica di energie.
«Com'è tuo fratello, Yuzuha?» Chiese la più piccola, alternando lo sguardo da lei ad alcuni giocattoli robottini.
«Hakkai non ti somiglia per nulla» commentò di getto, facendole una smorfia per provocarla. Kyo amava dar fastidio a chiunque, soprattutto sdrammatizzare la situazione. La sua impulsività era sempre giustificata dalla sua tenerezza, in fondo sapeva essere davvero furba.
«Mhm... Anche lui è molto alto, ha capelli folti, cura molto il suo aspetto...»
Himari si distaccò, le voci divennero più lontane. Quella fresca sera era quasi piacevole, quasi stesse colmando tutte le precedenti piene di terrore. Mandò lo sguardo alle vetrine, ai passanti, a Hidemi persa in un lungo abito mogano. Dedicò qualche minuto a lei, a pensieri frivoli di lei in quelle vesti eleganti che potevano risaltare i suoi lunghi capelli come oro, preziosi, meravigliosi, morbidi. Regalava la vista delle sue spalle ancora una volta, con un'atmosfera differente, dolce e candida. Himari avrebbe voluto stringerla, lasciare un piccolo bacio sulla sua liscia guancia, arricciare una sua cioccia tra le dita. Dille che l'amava.
Si limitò solo a restare a una decina di passi dietro di lei, con rammarico.
Ripresero tutte il passo e Himari sovrappensiero, sbatté contro alcune persone, sporcando il maglione di salsa.
«Mi dispiace, non stavo guard... Non stavo... Guardando...»
«Per una volta non ti vedo piagnucolare», ribatté l'interlocutore, noncurante della macchia.
Il suo sguardo vitreo vagò dalla punta degli stivaletti alle ciocche corvine della ragazza, soffermandosi sul suo volto impietrito. Ecco, in un attimo la magia scomparve. L'ambiente ovattato, l'ansia crescente. Il ragazzo si chinò di poco per raggiungere l'altezza di Himari e rivolgere ancora parola a qualche centimetro dal suo pallido viso, analizzandone i pori e le pupille tremanti. Ancora una volta, Himari era sotto di lui, colma di paura.
«Hai paura di me, fai bene», commentò atono il ragazzo biondo dalla vasta ustione sul viso, appena illuminato dai forti neon. Come quella sera. Più vicino, più dettagliato, più vivo, più terrificante.
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