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Spero vi piaccia la divisione dei capitoli in questo modo, almeno non appesantiscono la lettura! Sono felice che il mio modo di scrivere e come caratterizzo Yuzuha e altri personaggi canonici vi intrighi, spesso ho quell'ansietta di farli male e aaaah! Comunque in questo capitolo verrà introdotto un altro mio OC e questo è il mio preferito! (sono tutti miei bimbi non dovrei avere preferenze ma mhmmm) poi anticipo già che ci saranno altri due OC miei e spero vi piacciano tutti loro! Azie per aver proseguito e buona lettura 🌸 ps. Himari che ha paura di Inui è diventato ormai un meme tra me e i miei amici, ishshshshs.
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La pazienza di Yuzuha vacillava quel pomeriggio, tra il persistente freddo di dicembre e la squillante voce di Kyo esaltata.
Erano passati alcuni giorni ma già dai primi tempi, la minore aveva riempito la testa di Yuzuha con tutto ciò che facesse nel corso di karate, le tecniche, i compagni più deboli o i presunti rivali. Almeno sapeva come dar sfogo alla sua impulsività e, in effetti, Kyo ne aveva da vendere e non sembrava mai essere stanca. Tranne nel momento dei compiti o di quando si lamentava del dopo scuola e le pulizie. Quei tre argomenti la toccavano nel profondo e, da attrice magistrale, riusciva a fingersi un malore ogni due per tre.
E ora, le ragazze si trovarono ad assistere a uno dei suoi tornei di karate, colmi di ragazzi più grandi o anche bambini. Tra i partecipanti, Hidemi parve riconoscere in lontananza qualcuno ma quando accennò un saluto, la persona non ricambiò, probabilmente sovrappensiero.
«La conosci?» Himari si sedette al suo fianco, seguita da una più che scocciata Yuzuha per il gran baccano; molti ragazzini scommettevano tra loro e si importunavano a vicenda, esplorando la grande area prima di prender posto.
«È Takahashi Yui, la ragazza che ha cambiato scuola un paio di anni fa, ricordi?» Hidemi accennò un sorriso, sperando che la ragazza si accorgesse di lei.
«Mhm, no. Onestamente no», l'altra scrollò le spalle individuando probabilmente il soggetto: una ragazza di media altezza, la folta chioma rossiccia raccolta in un disordinato chignon adornava il volto contratto e concentrato, con sopracciglia più scure tendenti al castano, sguardo tagliente e lineamenti un po' duri che le davano un'apparenza più adulta. In contrasto, il morbido e candido kimono - che Kyo e Yuzuha definivano come karategi - scendeva lungo il suo corpo, neutralizzando in parte la corporatura. Alla vita, la cintura nera donava il distacco dal resto dell'uniforme e Himari non poté far a meno di notare che in pochissimi l'indossavano di quel colore, escludendo anche Kyo.
Quando Hidemi le diede conferma, Himari tentò di associare lei a ricordi ma nulla.
«Dopo il trasferimento ci siamo sentite qualche volta per telefono, è sempre stata una tipa tosta ma non immaginavo fosse cintura nera di karate o che si fosse tinta i capelli, sta davvero benissimo», aggiunse la ragazza bionda scrutando Yui intenta in un rapido riscaldamento.
«Aspetta, è quella famosa ragazza che anni fa aveva steso tutti i maschi di classe sua e altre?» Intervenne Yuzuha con fremito, piuttosto coinvolta.
«Esatto! Proprio lei, alle medie. Non ricordo i dettagli ma penso che la sua classe fosse veramente orribile nei suoi confronti», aggiunse l'altra estasiata. Sfiorò le rosee labbra con un indice, pensando e collegando le diverse voci che sentì in quegli anni.
«Ho sentito che è stata in riformatorio per un anno soltanto, dopo quella volta. Avrei voluto sinceramente vederla, dannazione» commentò Yuzuha, accennando un ghigno.
Himari in mezzo si faceva sempre più piccola, ascoltando con attenzione. In parte anche perché Hidemi per il discorso e l'emozione per Kyo non smetteva di stritolarle la mano.
«Mhm... Sì, è vero. L'ho sentito anch'io da alcune sue vecchie compagne. Più o meno da quel periodo abbiamo perso totalmente i rapporti... Comunque a fine torneo mi piacerebbe parlarle», commentò la bionda, lanciando un altro sguardo vago sui partecipanti.
Di lì in poco il torneo iniziò e fu un susseguirsi di tecniche, calci, grida, brusio della folla. Le coppie erano anche catalogate in base al peso. Himari non conosceva la pratica ma era decisamente colpita dallo stile di Kyo tanto aggressivo e concentrato al tempo stesso, così distinto da tutti i suoi compagni. Faticava ad associarla alla minuta ragazzina della sala giochi o quella dolce e ingenua che cercava svariate scuse pur di non studiare. Si chiese allora perché dovette intervenire quella sera, balzando l'occhio tra un calcio e l'altro e troppo lenta per stare dietro tutti i suoi movimenti; l'avversario, per quanto fosse alla sua portata, incuteva sicuramente più ansia di quel paio di bambini che puzzavano ancora di latte.
Qualche posto più in là, l'uomo che le ragazze riconobbero come il signor Tanaka, esultava e incoraggiava sua figlia, distinguendosi da molti altri genitori. Himari sobbalzò a un suo grido, accennando una smorfia incredula nel vedere un uomo sempre rigido e composto ora atteggiarsi come un allenatore. Anche il fratello minore di Kyo la incoraggiava, alternando la voce stridula a quella bassa dell'uomo. Kyo vinse. Quella sera era da festeggiare.
«Sei stata bravissima, Kyo! Congratulazioni!» Hidemi l'avvolse in un abbraccio, noncurante del sudore intriso sul kimono. La minore scostò alcuni ciuffi umidicci dalla fronte e ringraziò tutte e tre, prima di rivolgersi con un atteggiamento più distaccato e formale verso il padre.
Egli non l'abbracciò, non le disse più di effimero complimento. Si limitarono a un breve inchino e, poco dopo, il padre e il fratellino tornarono verso casa accennando un saluto anche alle ragazze lì presenti.
«No ma contenga l'entusiasmo, sul serio» Sbuffò sarcastica Yuzuha, scuotendo appena la testa.
«Kyo... Tuo padre...» Himari si bloccò, sentendosi troppo invadente. La piccola però rincuorò tutte, scuotendo le mani davanti il volto e aggiungendo:
«Va tutto bene. In casa siamo abituati così, mio padre può sembrare freddo forse ma ci tiene solo molto alla nostra disciplina» accennò un sorriso debole.
«Chissà cosa direbbe se sapesse del tuo amore per lo studio» la provocò Yuzuha, scompigliandole la folta chioma bruna.
Scappò una risata generale a smorzare la breve tensione, eppure Himari non si vide così. Fissò l'uscita principale da cui svanì l'uomo e pensò a come si dovesse vivere ogni giorno in una casa povera di affetto. Proiettò tali pensieri alla sua famiglia e per quanto fosse ordinaria, non risentiva di quegli elementi principali, aggiungendo la famiglia di Hidemi con la quale aveva più di un bel rapporto. Forse gli atteggiamenti di Kyo erano la conseguenza di tali mancanze, forse altro. La conosceva da appena qualche settimana, non poteva saltare a determinate conclusioni e Kyo Tanaka era stata sicuramente la persona più imprevedibile che Himari avesse mai conosciuto prima di allora.
Kyo andò negli spogliatoi a cambiarsi, sciolse la piccola coda che raccoglieva la sua folta chioma, toccando ora le spalle. Lasciò liberi tutti i ciuffi sulla fronte, raccogliendo i ferretti nel borsone. La stanchezza pervase e le ci volle tanto per cambiarsi d'abito, notando in un secondo momento che era l'ultima rimasta, ad eccezione di un'altra ragazza più grande.
Il cigolio della porta annunciò la sua uscita ma non si degnò di salutare la compagna più piccola, sembrava assorta nei propri pensieri. Kyo sbuffò, sentendo poi la voce di Hidemi salutare nei corridoi la ragazza.
«Volevo farti i miei complimenti Yui, sei stata fenomenale! Non sapevo facessi karate e sei anche cintura nera, che emozione!» Esultò la bionda con un sorriso vasto da una guancia all'altra. La sua impulsività prese alla sprovvista la ragazza dalla chioma rossiccia, lasciando alcuni minuti di silenzio padroneggiare i freddi corridoi. Himari e Yuzuha erano poco più dietro, accennarono un semplice saluto.
«Ti ringrazio. Sei Hidemi Ueno, giusto?» Il suo timbro di voce suonò basso, dandole ancor più quell'apparenza adulta, più di quanto mostrasse in realtà. Osservò con cipiglio le tre ragazze, lasciando ciocche disordinate ricadere sul volto e scendere poco sotto la clavicola. A quella breve distanza, Himari notò il taglio di occhi scuri che le dava una certa eleganza ma tedio al tempo stesso, ornati da un leggero ombretto color mogano. Privata del kimono, gli abiti più aderenti lasciavano intravedere il suo fisico tonico, come con indifferenza le braccia reggevano il borsone e la pesante giacca avvolta su esso. Un'alternanza tra rosso e nero giocava con il suo stile, marcando poco di più il pallore della sua carnagione. Era poco più alta di loro, di un anno più grande di loro.
Himari aveva ricordi vaghi di lei anni prima, nella pre-adolescenza, ma era cambiata notevolmente.
E Himari non poteva fare a meno di guardarla, non riusciva a distaccare l'attenzione dai dettagli del suo viso. Sembrava fuori dal comune, distinta da qualsiasi altra ragazza.
«Sì, è passato tantissimo tempo. Mi spiace aver perso i rapporti, se ti va possiamo uscire assieme qualche volta. Non so se ti ricordi di Himari, è del mio stesso anno. Lei invece è-»
«Shiba Yuzuha, come no. Ti conosco perfettamente» alzò il tono Yui, senza scomporsi. Puntò il suo sguardo analitico in quello del nuovo interlocutore, squadrando Yuzuha da capo a piedi.
«Io so solo alcune voci su di te, invece» intervenne l'altra, senza distaccare lo sguardo.
«Conosco soprattutto tuo fratello, Taiju. Alcune mie amiche lo temono ma a me è indifferente, quasi annoia. Così grosso e così chiassoso e tanto privo di iniziativa. Ha preso le redini di una gang che va avanti da generazioni ma mi domando quanto possa resistere ancora...» Commentò provocatoria, alzò le spalle, le mani in segno di finta resa, con tono sempre più basso e affilato come una fredda lama sul collo di Yuzuha.
La tensione salì improvvisamente, nessuna si sarebbe aspettata una situazione del genere. Ma ancor meno, Hidemi e Kyo appena uscita dallo spogliatoio fissarono Yuzuha in cerca di conferma per quanto detto.
«Frena un secondo», Himari ruppe il silenzio con il tono spezzato. Avanzò verso Yui ma non riuscì a proferire altro.
«No, no, ho sbagliato i toni. Certo, non intendevo mostrare una parte errata di me», borbottò la ragazza rossiccia, scuotendo la testa.
«Né io né loro stiamo con Taiju, mi spiace se è accaduto qualcosa a te o le tue amiche» prese nuovamente parola Yuzuha, «ma soprattutto loro sono ancora meno coinvolte. Fino a un attimo fa non sapevano neanche che Taiju è mio fratello maggiore. Hidemi è solo tanto gentile quanto fessa, dovresti essere grata della proposta che ti ha fatto piuttosto».
Yui poggiò borsone e giacca a terra. Vi erano solo loro e la sicurezza in tutto l'edificio, una mezz'ora piena prima che chiudesse e per parlare in quasi totale pace. La più grande sospirò appena.
«Mi sembra quasi ironico aver incontrato voi dopo tanto tempo e in condizioni del genere adesso. Taiju Shiba è un vero stronzo, ha quasi ucciso il ragazzo di una mia amica e un'altra, del nostro gruppo, è rimasta in riformatorio per troppo tempo a causa sua. Si è rovinata la vita».
Le parole taglienti di Yui scalfirono in primo luogo Yuzuha. Sebbene fosse a conoscenza delle atrocità del fratello, sentire ogni singola volta altre testimonianze le dava un senso di frustrazione inspiegabile. Si sentiva impotente. Non poteva far altro che ascoltare.
«Sono fuori da più di un anno da quella merda di posto ma i guai sono arrivati nel tempo. Non sento altro che ragazzi alle spalle che vogliono farmi a pezzi, che vogliono distruggere me e chi ho accanto, tutto dopo che io ho rovinato la loro reputazione e li ho quasi fatti fuori» Continuò a esporre quel fiume di parole come sangue vivo su una carcassa, noncurante della reazione di qualcuno, dei ricordi frammentati e disordinati che aveva nel periodo del riformatorio e prima.
«Hai lottato contro i Black Dragon..?» La voce di Himari arrivò quasi in un sussurro.
«Sì, hanno rotto le palle. Non li perdonerò mai per il male che hanno fatto a troppe persone. Aspetto il giorno che escano dalla tana tutti assieme per farli fuori come il cacciatore ai bei coniglietti bianchi».
«Yui...» Hidemi provò a dire qualcosa ma venne interrotta.
«Mi fa strano avere davanti la sorella minore di un autentico pezzo di merda. Più ti guardo, più voglio fare a pezzi anche te ma dubito risolvi qualcosa».
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