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Buonasera a te! Spero ti sia interessato il prologo, pian piano verranno messi in ordine tutti i tasselli. Come più o meno anticipato, questa storia riguarderà in parte argomenti ''pesanti'' e purtroppo ancora attuali ma non scendo nei dettagli né al tempo stesso scriverò in modo superficiale e irrispettoso.
Dunque puoi anche continuare la lettura e spero sia di tuo gradimento!
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Tredici anni prima
Il suo mp4 riproduceva una canzone J-Pop magnifica, tanto dal distrarre totalmente Himari e farle perdere la concezione di spazio-tempo, oltrepassando la sua fermata. Scese alla successiva e scattò fuori dall'autobus correndo in direzione inversa, urtando un paio di passanti. I lunghi e neri capelli non ressero una veloce acconciatura, disfatta un istante dopo e perdendo così l'elastico per strada senza che la ragazza se ne accorgesse. Ignorò il moto della gonna ad ogni falcata in direzione dell'edificio, così anche i fischi di alcuni ragazzi vicino i cancelli e i rimproveri degli insegnanti all'ingresso, in procinto di aprire le porte.
Si fiondò in classe, passando fugacemente una mano sulle ciocche. Il lieve rossore sulle sue guance colorì appena il volto pallido e, nel riprendere fiato, salutò con un cenno la sua compagna di banco, sprofondando sulla sedia all'istante. Era di routine per lei correre dietro un autobus o a scuola e arrivare comunque in perfetto orario; nessuno la considerava più di tanto e ne era sinceramente grata, preferendo restare in totale silenzio durante le ore scolastiche, ascoltando perlopiù i dialoghi delle sue compagne.
«Ti andrebbe oggi di andare al centro commerciale insieme?» Le arrivò la candida voce di Hidemi alle orecchie, distogliendo la concentrazione sui libri. Sorrise di rimando, scarabocchiando un disegno sul quaderno della compagna e così andò l'intera giornata; molto tranquilla, pacata, normale.
Hidemi Ueno, migliore amica di Himari, rappresentava quasi l'altra metà di lei, come se la completasse a pieno. Al termine delle lezioni la ragazza si alzò in fretta, raccogliendosi i capelli biondi in una coda di cavallo, mentre Himari la guardò impassibile stringendo la propria cartella. Si sentì come inebriata dal profumo di agrumi della ragazza, mordendosi in un fugace gesto il labbro inferiore e focalizzandosi su altro, rossa in viso. Ogni gesto di Hidemi, anche il più insignificante, sembrava degno di un ritratto; a sua insaputa lei stessa dava impressioni di una ragazza d'alta classe, con i suoi modi di porsi, osservare, dialogare, camminare o persino mangiare. Trasmetteva un'eleganza e una bellezza aurea senza rivali.
Hidemi aveva così tanti ammiratori che ogni giorno qualcuno le proponeva di uscire ma lei sempre rifiutava cordialmente, prendendo Himari sotto braccio e stando in un mondo tutto loro. D'altra parte, Himari custodiva gelosamente le attenzioni di Hidemi provando sentimenti indecifrabili ogni qualvolta l'amica parlava a un ragazzo o riceveva lettere d'amore, per quanto frivole fossero.
Quei tempi erano davvero strani, si scoprivano emozioni incomprensibili e si risultava bizzarri per anche la più piccola cosa. Himari provava più che una semplice amicizia ma il timore di non essere giusta né abbastanza la spiazzava costantemente, limitandosi così nello starle accanto e divenire ad ogni modo la sua sicurezza perpetua. A causa di ciò, spesso si sentiva fuori posto se in gruppo e preferiva rimanere in disparte, una ragazza anonima, di poco interesse.
«Non sono concessi sguardi tristi», Hidemi le stringeva la mano, la scosse ancora una volta da quel monologo interiore senza fine.
Fuori dal centro commerciale il freddo parve penetrare anche sotto strati di indumenti. Una folla si era accalcata per ammirare qualche idol, altri sostavano sulle panche concedendosi da bere. Il viavai sembrava interminabile.
«C-come?» Gli occhi cerulei di Himari si perdevano sempre in quelli di Hidemi, di un verde così magnetico da illuminare il suo candido viso.
«Ti conosco, so che c'è qualcosa. Ti va di parlarne ora o magari dopo... mhm... una buona cioccolata calda?» Propose Hidemi, sorridendole, picchiettando una guancia con l'indice.
Era meravigliosa. Le guance appena rosee le donavano una grazia immensa, in armonia con un lieve trucco su palpebre e labbra.
«No... Non c'è niente. Hai preso un granchio» ridacchiò Himari, deviando lo sguardo.
«Ti prego, ora sì che ho anche più fame! Voglio mangiare qui, quanto manca all'ora di cena??» Implorò quasi Hidemi, totalmente coinvolta.
Aveva sempre fame e Himari non concepiva come un essere umano potesse mangiare quanto lei, realmente. All'apparenza non lo dimostrava ma Hidemi divorava qualunque cosa, andando pazza per dolci e bevande calde, specialmente al tè verde.
L'atmosfera mutò ancora, il tepore del bar accolse loro quasi con dolcezza, invitandole a prendere dei frullati e sedersi su delle poltrone ammirando dall'ampia vetrata i negozi e gli eventi che animavano quella zona. Non capitava spesso che frequentassero centri commerciali ma, nonostante l'ambiente caotico, era comunque piacevole.
«Sai, forse mi iscrivo in qualche università» cominciò Hidemi, poggiando il mento sul palmo della mano.
«Cosa ti piacerebbe fare?»
«Bah, in realtà non lo so ancora», dopo una breve pausa, la ragazza rise vivacemente e aggiunse: «non so davvero cosa voler fare ma so che voglio fare qualcosa. È stupida come frase?»
«Ehm... No, non lo è. Credo» anche Himari sorrise, finendo il proprio frullato e imitando la posa dell'amica, portando il focus nella sua stessa direzione, un negozio di articoli sportivi.
«Ci sono tante cose che mi piacciono... mi vedrei forse in tutte. Insegnante, pediatra...»
«Ti piacciono i bambini?»
«Sì... tranne quando urlano».
Hidemi sbuffò sonoramente, scivolando con le braccia sul tavolino e accolta dalle risa di Himari, ora incontrollabile.
«Andiamo, tu invece cosa vuoi fare? Non me lo hai mai detto!»
«L'artista», Himari si ricompose, dando un colpetto sul naso all'altra.
«Oh-oh! Abbiamo le idee chiare, ragazza! Sì, ti ci vedo proprio, di fama mondiale con aperte gallerie d'arte in tutte le capitali d'Europa!» Hidemi animò il tutto con le braccia, attirando l'attenzione di alcuni clienti, «e poi devo ammettere che i bozzetti sui miei libri non sono affatto male, ahah!»
«Sei incredibile.» Himari alzò gli occhi al cielo, godendosi totalmente quel momento, sperando non finisse mai.
La serata fuggì via come una folata di vento; fosse stato nelle sue possibilità, Himari avrebbe riavvolto il tempo all'infinito chiudendosi in un limbo cauto e interamente di loro appartenenza. Sentì il profumo di lei scivolarle via dalla pioggia, anche tra la folla, dopo una corsa. L'affanno interruppe i loro pensieri, alcune gocce fuggirono sulle gote rosse e calde, le labbra curvarono in su ora spoglie. Terribilmente invitanti.
Con un fugace gesto, una ciocca di Hidemi tornò dietro l'orecchio, si sistemò poi meglio la giacca, stringendosi a Himari in quella fermata così affollata.
«Ti verrà il raffreddore, tieni» Himari fece per rendere la propria sciarpa ma l'amica negò col capo, dondolando con le esili gambe, seduta sulla panchina.
«Verrà a te poi, sto bene così. Guarda che bella, amo la pioggia».
«Sì, davvero bella...»
Osservarono tacitamente l'acqua battere sull'asfalto, bagnare la punta dei loro stivali. Il rombo di alcune moto vicine sovrastò voci, attirando per un istante la ragazza bionda.
Poco dopo, un campanello d'allarme suonò nella testa di Himari, appena si voltò in loro direzione: in attesa del prossimo autobus, erano rimaste sole con vivaci insegne e un lampione come punti luce. La strada ora sembrava tanto anonima, nessun veicolo passava in quella via. Per quanto cercasse di ignorarli, udì allora dei lamenti provenire dal gruppo di motociclisti. Si voltò appena e notò un ragazzo inerme al suolo accerchiato da una folla grande e minacciosa, con coltelli e manganelli grondanti di sangue.
D'istinto si voltò dall'altra parte, incrociando lo sguardo vitreo di Hidemi. Le stringeva forte la mano, celando invano il tremore. Con le labbra schiuse, sembrava sussurrare qualcosa ma altri lamenti la sovrastarono.
Cosa faccio? Cosa faccio?! Ci hanno visto, pensò incessantemente. I battiti accelerarono all'udire di passi in loro direzione, un rumore metallico assordante penetrò nelle loro orecchie. Eppure non si alzarono dalla panchina, non riuscivano a muovere un muscolo.
Cosa faccio..? Ripeté Himari, sull'orlo di piangere. Un turbinio di emozioni e pensieri la pervase, si sentì stupida, fragile, debole. Non poteva permetterselo, non con Hidemi. Non avrebbe concesso che qualcuno potesse ferire lei. Avrebbe preferito rimetterci la vita ma non Hidemi.
«Scappa...» Esalò appena, fissando spaurita l'amica. Mollò lentamente la sua mano, si alzò lentamente mentre Hidemi non volle spostarsi di lì. «T-tu scappa», ripeté con voce tremante, incapace di controllarsi.
Hidemi si alzò ma con un gesto rapido trascinò via Himari per un braccio, scattando in direzione opposta senza una meta precisa, senza voltarsi. Respirò con affanno, ignorando la pioggia e i vestiti pregni d'acqua. Una manica scivolò via scoprendo la spalla, del fango si attaccò alle suole dei stivali, alcune auto suonarono, ma era tutto sordo a loro. Himari si voltò solo una volta, notando sotto la luce soffusa uno di quei delinquenti, un ragazzo dai capelli folti e chiari, col volto marchiato da una vasta bruciatura e uno sguardo tagliente, inquietante. Non parve seguirle, andò via con la moto un attimo prima che l'autobus arrivasse e portasse davanti casa le due ragazze, metabolizzando solo l'indomani quanto accaduto.
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Beh, oggi è il compleanno di Seishu Inui, 18 ottobre, per cui volevo menzionare lui come primo nella mia storia ^^ sì, abbastanza inquietante forse... Ma spero vi piaccia! Al prossimo capitolo.
-Resan
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