Con un gesto repentino, il ragazzo bloccò il polso alzato di Himari, in procinto di... Cosa? Parve un imminente pugno ma di una lentezza senza precedenti, come lottasse contro una gravità imponente.
Non riusciva a distaccare lo sguardo e lui faceva altrettanto, soffocandola dal terrore.
Inglobati dalla folla, lo scenario sembrava ordinario all'occhio esterno, quasi sembrassero una coppia di fidanzati: la presa sul polso si fece più morbida, scivolò lungo le dita, chiudendo la mano di lei in un piccolo pugno e portandolo verso il basso, avvicinando il proprio busto al suo, come se avesse molteplici intenzioni in un singolo istante.
La mano fredda del ragazzo accentuò il tremore di Himari, consapevole di esser spoglia di ogni suo pensiero ed emozione.

Provò a indietreggiare, scorgere col capo le altre ragazze ma sembravano troppo distanti, ignare della situazione. Tirò il braccio indietro ma di sua risposta, il ragazzo abbreviò le distanze e chiuse Himari in un ambiguo abbraccio, nascondendo il suo volto nel proprio petto.
Interdetta, capì ancor meno come agire, cosa stesse affrontando. Così, in pubblico, sotto l'occhio di tutti non avrebbe potuto lottare, farle del male.

«Ascoltami bene», pronunciò algido «sei amica di Shiba Yuzuha e il caso vuole che tu abbia assistito a un qualcosa di particolare quella notte. Potrei uccidere te e anche la bionda ma non ricaverei nulla, per cui tu adesso farai un favore a me e noi non vi tormenteremo» freddo come una lama, non accettava repliche.

Himari poté limitarsi ad ascoltare, incapace di muoversi o reagire.

«Penso tu abbia già notato che le ragazze non hanno alcun privilegio per noi», asserì sempre col suo fare glaciale, impossibile da scalfire. Attendeva una risposta ma l'unica cosa che sentiva era il battito accelerato della ragazza a contatto col proprio torace.

«Devi condurre Shiba Yuzuha in un luogo che ti dirò e nell'ora esatta che ti dirò. Senza armi, solo in tua compagnia», continuò il biondo con l'inserire dettagli, ignorando i grugniti di Himari.

«No...» Schiuse le labbra, in un percettibile sussurro che lui udì distintamente.
La presa sulla sua mano e sul fianco fecero male.
«Lasciami andar-» ancora più male.

Himari si sentì sconfitta ancora una volta, le sembrava un incubo a ripetizione; gli attimi belli in cui comprendeva più cose, migliorava sé stessa, si sgretolavano ogni volta, affrontando pericoli sempre al di fuori della sua portata. Credeva ogni volta di potercela fare. Ogni passo avanti portava almeno cinque indietro, facendola chiudere di più a guscio e realmente si chiuse più nel petto del ragazzo pur di evitare il suo tono graffiante.

«HIMARI!» Qualcuno gridò il suo nome.

Il ragazzo si staccò da lei, spintonandola in avanti, e un calcio arrivò quasi al suo viso, senza successo. Yuzuha era davanti Himari, con sguardo furente verso il ragazzo biondo, membro della gang Black Dragon.

«Himari, Himari stai bene?» l'acuta voce di Kyo distolse il focus della ragazza, notando in un secondo momento parte della folla incuriosita dalla scena.

«Che cosa vuoi fare, Inui?» Yuzuha sputò a terra. Mantenne la guardia alta, in segno di sfida, mentre l'altro rimase fermo sul posto come se nulla fosse appena accaduto.

«Penso tu sappia che il boss vuole Hakkai nella nostra gang. Stavo solo prendendo qualche scorciatoia» commentò impassibile, puntando gli occhi chiari per un momento su Himari.

«Vattene, stronzo!» Fu Hidemi a ringhiare, con il volto corrucciato e gli occhi lucidi.

«Non toccate Hakkai, né tanto meno Himari o chiunque sia vicino a me» Yuzuha digrignò i denti.

«Patetiche...» Quel ragazzo, Inui, sbuffò appena prima di dileguarsi tra la folla, così come Himari lo aveva visto avvicinarsi. Era solo. Erano in pubblico. Per fortuna, lo erano.
Il cuore palpitò forte, non voleva placarsi.

In un attimo, le ragazze andarono via, verso casa di Yuzuha. Sembrava preoccupata, sovrappensiero, non aveva parlato per tutto il tragitto. Poco dietro di loro, Kyo ancora allibita trascinava il borsone con un po' di stanchezza ma non accennava nulla.

Sotto casa di Yuzuha non c'era nessuno, illudendo le aspettative di tutte. Era tardi, girava qualche vettura ma la zona sembrava tranquilla.

Yuzuha chiuse la porta d'ingresso e setacciò ogni angolo della casa, quasi come da rituale. Tolsero le scarpe, in religioso silenzio mossero fugaci passi verso la camera della ragazza. Kyo lasciò scivolare la tracolla del borsone dalla spalla e si gettò a peso morto sul letto, sospirando. La situazione tediosa, l'ora tarda, tutto le trasmetteva una forte ansia. D'istinto le venne da controllare il cellulare per avvisare il padre di un possibile ritardo ma restò a fissare lo schermo acceso per una manciata di minuti, spegnendolo appena dopo.
Buttò lo sguardo sulle due ragazze più grandi, notando come Himari volesse mordersi la lingua per non lanciare un grido frustrato.

Quell'Inui era il ragazzo che avevano accennato a Yui, rifletté Kyo. Non avrebbe mai pensato che tale sensazione piombasse così ferocemente. Le balenò in testa la sera in cui conobbe Himari sovrastata da un impeto meraviglioso, ammirevole ai suoi occhi. E quelli erano bulli ma Kyo li temeva. E allora, cosa sarebbe mai riuscita a fare per proteggere a sua volta Himari da un vero criminale? Si rivedeva nelle parole di Yui. Una cintura neanche nera era semplicemente inutile al mondo là fuori.

Hidemi piombò nella stanza interrompendo il suo flusso di pensieri. Agitata, alzava e abbassava il torace ripetutamente, i suoi occhi spauriti fissavano Himari in cerca di qualche risposta.

«È tornato, è qui sotto. Sono tanti».

Kyo balzò dal letto e scrutò dietro la tenda la strada davanti casa: Inui era lì con altri cinque o sei membri della Black Dragon, tre moto accanto il muretto. Tutti rigorosamente in divisa bianca, con volti poco rassicuranti.

«Useremo voi come esca, abbiamo cambiato idea», pronunciò uno di loro a voce alta per farsi sentire dal piano superiore.
D'istinto, Kyo sbatté la finestra, uscì dalla stanza e trovò Yuzuha sull'uscio della porta.

«Aspetta! Non vorrai mica andare?!»

«Ormai l'unica soluzione è affrontarli, non mi pare ci sia altra alternativa» commentò lei aspramente.

«Beh non ti permetterò di andare da sola!» Kyo serrò i pugni, nascondendo invano il tremore. L'agitazione, l'adrenalina, la volontà di proteggere Himari e le altre sovrastava la paura che certi criminali le facevano. Era forte, doveva avere fiducia in sé stessa, quella era l'occasione e come aveva ammesso Yuzuha, non c'era altra alternativa.

«Yuzuha, aspettaci», Hidemi richiamò l'attenzione delle due, arrivando all'ingresso con Himari.
«Ho una paura assurda ma mi farebbe male lasciarti andare da sola, non esiste. Tu ci hai sempre dato una grande carica sin dall'inizio, non smetterò mai di ringraziarti. E soprattutto non voglio essere una dannata codarda ora».

A Yuzuha scappò una piccola risata, sentendo il discorso motivante della biondina che perdeva credibilità per quanto stesse tremando. Himari, d'altro canto, prese fiato e annuì più incerta.

«Voglio lottare, probabilmente andrà male ma voglio provarci ora... Veramente».

Qualche secondo di silenzio. Poi scesero.

Accordarono un breve piano nei minuti che restavano, colte da un'insana adrenalina e rabbia verso quei ragazzi che a breve ebbero di fronte.
Un paio di lampioni dalla luce soffusa mostravano il volto non indifferente ora di Inui, fisso sulle quattro ragazze di fronte. Lui restò indietro e i compagni avanzarono, con tono languido e provocatorio. Yuzuha atterrò uno poco prima che afferrasse Hidemi e Kyo ci mise poco per lasciarsi andare e sferrare una serie di calci allo stomaco di un altro tipo alto e poco sveglio, dalla resistenza veramente deprimente.

In un primo momento, la situazione sembrava a loro favore, quasi l'avessero sopravvalutata. Hidemi e Himari si coprivano le spalle a vicenda e analizzavano minuziosamente i reciproci avversari. Hidemi riuscì a colpirne uno ma incassò anche una serie di pugni, talmente forti che le chiusero lo stomaco.

«Mi fate quasi pena...» commentò spiritoso Inui, ora entrando in gioco. Yuzuha decise di affrontarlo e lasciarlo unicamente per sé: sembrava il più forte ma soprattutto astuto, a differenza del resto del gruppo che dava soltanto un po' di numero.

«Inui, andatevene! Ho detto che non dovrete toccarci», gridò Yuzuha colpendolo a un fianco con un calcio laterale.

Il quartiere quasi spoglio si animò della loro lotta, mostrando uno scenario suggestivo e temibile, con sputi di sangue sull' asfalto e capelli strappati, persi nell'aria o sulle divise dei loro "carnefici".

Hidemi si fermò, cadde sulle ginocchia. Il dolore acuto non le permetteva di muoversi, agire ancora, ora vulnerabile da ogni angolo. Un altro membro della Black Dragon corse alle sue spalle ma fu Himari a proteggerla, scagliandosi contro e sferrando una serie di pugni quasi a vuoto ma a costo di distanziarlo da lei.
Tutto era improvviso, scaltro, rapido, non vi era tempo di riflettere, di recuperare energie. E molte delle loro tecniche improvvisate andarono a vuoto ma erano sorprese dall'essere riuscite al contrattacco, di essere valse a qualcosa.

Anche Himari si arrestò sul posto, stremata. Le mani insanguinate sulle ginocchia, il fiato corto, la saliva che colava.

C'erano ancora tre criminali e non sembravano arrendersi. Kyo da sola non avrebbe potuto far nulla ma l'istinto la guidò comunque anche allora davanti Himari e con la guardia alta, pronta per l'ennesimo calcio in aria.

«Cazzo...» Imprecò Himari, con il terribile scenario davanti.

Una motò sfrecciò davanti loro, interrompendo il combattimento e lasciando persino Inui incuriosito. Si arrestò in mezzo alla strada, noncurante delle imprecazioni dei compagni di Inui.
Tolse fugace il casco e non permise al tipo di finire la minaccia che lo zittì con un calcio in bocca.

A terra.

«Non ci credo! Che forza!» Esultò Kyo, ritrovando l'energia per saltellare sul posto e incoraggiare la nuova arrivata ad annientarli tutti, senza pietà.

«Ti ho già vista, mi pare» commentò Inui, squadrando la ragazza dalla folta chioma rossiccia, quasi noncurante della sua presenza.

«Riporta i tuoi bambini a casa, è tardi. Magari in futuro si potranno fare le cose per bene, eh biondino?» Yui lo provocò ma difatti andarono tutti via quella sera, senza proferire altra parola.

Yuzuha soccorse Hidemi e subito rientrarono in casa, ignorando le macchie scarlatte sul parquet. Solo allora tutto parve scemare via, l'adrenalina diede posto alla lucidità.
Le mani di Kyo si placarono, i rivoli si arrestarono.
Yuzuha diede un primo soccorso a Hidemi e con l'aiuto della ragazza corvina, era in condizioni stabili ma crollò sfinita.

Distaccata, Yui osservò la pietosa scena con la schiena poggiata alla porta e le chiavi della moto tra le mani, col solo tintinnio a rompere il silenzio.

«Come hai fatto ad arrivare qui?» chiese Yuzuha.

«Hidemi mi aveva contattata e non ero troppo lontana da questa zona. È stata anche molta fortuna, direi. Non siete ridotte malissimo», commentò indifferente, chiedendo in un secondo momento il bagno.

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