57. Steve
A Grey Town ci rimasi sei mesi. All'inizio dell'estate, la galleria era stata completata, così potei ritornare a Chicago. L'infermeria non era attrezzata come quella dell'Ospedale Santa Johanna e insieme a me c'era solo la dottoressa Kelly, ma mi ero trovata subito molto bene, anche se ero contenta di ritornare a casa da Albert.
«Se avessi saputo che tornavi, ti avrei preparato qualcosa di buono.» mi disse Albert in cucina.
«Lo stufato andrà benissimo. Lascia stare Albert, pensa ad apparecchiare la tavola.» gli dissi.
«Va bene» acconsentì. Quando andò in soggiorno, la pentola iniziò a scoppiettare.
«Che cosa devo fare Albert? Guarda come bolle.» lo chiamai preoccupata.
«Perché non provi ad abbassare la fiamma?»
«Penso di non saper cucinare lo stufato.» ammisi.
«Solo lo stufato?» scherzò Albert «Non preoccuparti, tu apparecchia intanto.»
«Non credo che sarò mai una brava moglie.» gli confidai.
«Non è vero Des, saresti una mogliettina perfetta.» replicò, guardandomi con i suoi profondi occhi azzurri. Non dissi più niente e iniziai a preparare la tavola.
Dopo pranzo, mi diressi a piedi in ospedale. Tornare a casa mi aveva suscitato una strana sensazione. Ero stata via parecchio tempo. Avevo dimenticato quanto Chicago fosse allegra e piena di gente. All'improvviso una macchina sfrecciò a tutta velocità e si schiantò su un lampione.
«Guidava come un pazzo.» mormorò un passante.
«Guardate, non si muove.»
«È terribile, si sarà fatto molto male. È soltanto un ragazzo.»
La gente vociferava, ma nessuno voleva aiutarlo. Mi feci largo tra la folla e mi avvicinai al ragazzo. Era rivolto verso il basso, e lo girai sul petto. «Come si sente?» gli domandai, quando mi accorsi che quel volto mi era famigliare. «Steve!» esclamai sorpresa.
«Des?» mormorò lui aprendo gli occhi.Steve continuò a fissarmi come se non si spiegasse la mia presenza, fino a quando mi rivolsi alla folla che si era riunita attorno a noi «Non è grave, potete andare. È soltanto stordito.»
La sua mano stava sanguinando, perciò tirai fuori dalla tasca un fazzoletto e gliela fasciai «Credo che tu sia bene, ma sarà meglio fare un controllo. Vieni con me in ospedale.»
«No, non vengo grazie.» obiettò.
«Va bene, come vuoi tu. Scusami, ma devo andare.» replicai distaccata, andandomene scocciata. Steve non sarebbe mai cambiato. Era inutile essere gentili con lui.
Steve
Quella ragazza mi era venuta in soccorso per la seconda volta. Guardai il fazzoletto che mi aveva dato e provai una strana sensazione. Non facevo altro che pensare a lei e mi sentivo confuso quando la vedevo. Ma che mi stava succedendo? Pensavo di odiare Destiny.
Andai in ospedale e chiesi a un'infermiera di riferire a Des di venire in sala d'aspetto. Dopo qualche minuto, entrò nella stanza. I lunghi capelli biondi erano raccolti in una treccia ed era maledettamente bella con la divisa bianca.
«Ah saresti tu quella persona che è venuta a trovarmi.» affermò.
«Desideravo vederti.» replicai.
«E perché mai?» domandò con le braccia conserte.
«Voglio farmi curare.» risposi.
«Non dire stupidaggini, stai benissimo e io non ho tempo da perdere con te. Molte persone malate sul serio mi aspettano, quindi puoi alzarti e andartene. Non abbiamo altro da dirci.» dichiarò e fece un passo verso la porta.
«No, aspetta Des.» la fermai, prendendole il braccio.
«Che cosa vuoi?» replicò.
«Voglio dirti perché sono venuto qui»
«Avanti, ho fretta»
«Ehm... sono venuto qui per chiederti se vuoi uscire con me.» annunciai impacciato.
«Che cos'hai detto?» esclamò.
«Voglio uscire con te, va a cambiarti.» ribadì, recuperando fiducia in me stesso.
«Dici sul serio?» ripeté immobile.
«Certo. Perché non fai quello che ti ho detto? Sbrigati, togliti quella divisa.»
«Se con questo vuoi ringraziarmi dell'aiuto che ti ho dato, ti assicuro che stai esagerando.» affermò.
«Sei la solita testarda, vuoi prepararti?»
«Non ne ho nessuna intenzione.»
«Che cosa?»
«Scusami, ma ho tante cose da fare.» concluse impaziente.
«Chiederò al dottor Leonard di darti qualche ora di libertà.» aggiunsi, per niente scoraggiato.
«Usando il nome degli Andrew, vero Steve?» ribatté concitata.
«So io come fare. La cosa non ti riguarda.»
«Si che mi riguarda invece. Se credi che pronunciando il nome degli Andrew, otterrai quello che vuoi, ti sbagli di grosso. Il dottor Leonard può fare quello che vuole, sono io quella che deve decidere. Non uscirò mai con te.» concluse e sbatté la porta.
Maledizione. Nessuno mi aveva umiliato così prima di quel momento. Aveva osato rifiutare un mio invito, ma io non mi arrendevo facilmente.
Tornai a casa e chiesi a una cameriera come conquistare una ragazza.
«Vuole sapere da me come si convince una ragazza ad accettare un appuntamento?» esclamò sorpresa.
«Si, veda, il mio amico si è innamorato di una ragazza e mi ha chiesto un consiglio, ma io non me ne intendo di donne.» risposi.
«Beh il primo appuntamento è molto importante. Se chiesto con dolcezza e gentilezza, di solito non rifiuta.» affermò lei.
«Grazie.»
Gentilezza e dolcezza...
Comprai un mazzo di rose e alle sette mi appostai davanti al cancello dell'ospedale. Destiny aveva finito il suo turno a quell'ora e presto sarebbe uscita.
«Steve!» esclamò, quando mi vide.
«Ciao» la salutai dandole i fiori.
«Mi stavi aspettando?»
«Si, io ti ho regalato questi fiori, quindi devi uscire con me. So che non puoi rifiutarti.» dissi velocemente. Lei non rispose, così aggiunsi «Che fai lì impalata? Avanti, di qualcosa.»
In quel momento scoppiò a ridere.
«Non ti permetto di ridere di me.» replicai.
«Scusami, ma sei così buffo.»
«Hai accettato quei fiori, quindi adesso non puoi tirarti indietro.» insistessi.
«Ti sbagli Steve, io non ho accettato proprio niente e ora apri le orecchie una volta per tutte: io non ho nessunissima intenzione di uscire con un tipo come te.» mi buttò i fiori sul petto e se ne andò.
Buttai le rose a terra e le calpestai. Ero uno stupido.
Destiny
Era assurdo, incredibile. Come si era permesso Steve di chiedermi di uscire? Non capivo perché insistesse tanto nell'avere un appuntamento con me. Non volevo uscire con lui. Il solo pensiero mi faceva star male. Era un ragazzo presuntuoso e viziato. Credeva di ottenere sempre tutto ciò che desiderava, ma con me si sbagliava.
Prima di tornare a casa, entrai in un locale per prendere qualcosa per cena. Un uomo era appoggiato al bancone e mi dava le spalle. «No, ora basta non posso più farle credito. Se ne vada, ho da fare.» diceva la commessa.
«La prego, ancora una volta.» supplicó il signore.
«No, sono stufa di regalare whisky agli ubriaconi come lei. Mi porti i soldi e avrà il suo whisky.» ribadì la signora.
«Come può essere così scortese con un uomo in queste condizioni?» intervenni.
«Ma come si permette?»
«Dia il whisky a questo poveretto. Lo pagherò io per lui e rinuncio al pane, non mi va più.» decretai.
«Aspetti un momento signorina, lei non sa...» obiettò la commessa, ma la interruppi «Non ho voglia di discutere. La prego di servire quest'uomo.»
La signora si arrese e prese dalla mensola una bottiglia di vino «Mi ascolti dottor Martin, questa è l'ultima volta, ha capito?»
Quando sentii il nome del dottor Martin sobbalzai.
«Grazie.» rispose il signore e se ne andò.
«Non so perché beve tanto, e pensare che è un bravo dottore.» rimuginò la signora.
«Lo so. Anch'io lo conosco.» mormorai e corsi fuori.
«Dottor Martin, aspetti. Che cosa le è successo?» gli domandai quando lo raggiunsi in strada.
«Ti ringrazio Des, sei stata gentile.» mi ringraziò, togliendosi la sciarpa che gli copriva la bocca.
«Perché si è comportato in quel modo?» gli chiesi.
«Lo sai, sono un tipo a cui piace scherzare.» disse divertito.
«La verità è che forse avete avuto pochi malati da curare, vero dottore?» realizzai.
«Oh no al contrario, ma il fatto è che si dimenticano sempre di pagare.»
«Oh santo cielo che figura. Anch'io devo ancora pagare le cure che ha fatto ad Albert.» dissi mortificata, portandomi la mano alla bocca.
«Puoi continuare a dimenticarlo. Non voglio soldi da voi.» mi rassicurò.
«Ah proposito di Albert dottore, crede che riacquisterà la memoria?» gli domandai.
«Mi dispiace, ma non posso dirtelo. Ma sono sicuro che appena succederà tu saprai la prima a saperlo.» rispose e tirò fuori dalla tasca un oggetto «Tieni Des, voglio farti un piccolo regalo.»
«È il suo giochino.» intuii.
«Te lo do in cambio del whisky. Usalo quando sei arrabbiata. É formidabile per calmare i nervi.» disse.
«Grazie.»
Quella sera, in camera mia tenevo fra le mani il giochino del dottor Martin e cercavo di slegarlo, ma invano. Invece di farmi passare i nervi, me li faceva venire. All'improvviso mi ricordò lo stemma del principe della collina. Tirai fuori dal cassetto la scatola che conteneva tutti gli oggetti a cui ero più affezionata: la spilla del principe della collina, Romeo e Giulietta, il fiocco di Annie, la fotografia di Anthony e il carillon di Patrick. Mentre lo tenevo tra le mani, pensai a dove fosse il mio principe della collina. Erano passati quasi dieci anni d'allora, eppure mi ricordavo tutto così chiaramente. Anthony somigliava tanto al mio principe della collina. All'improvviso mi sentii tremendamente sola e iniziai a piangere. Quanto mi mancava Terence. Credevo di poterlo dimenticare facilmente, invece dopo tanto tempo piangevo ancora.
Steve
Des pensava ancora a Terence. Lo sentivo. I giornali dicevano che lui e Nicole Sanders erano ormai una coppia affiatata, ma non sapevo cosa fosse successo tra lui e Des. Non riuscivo a capire perché lei pensasse ancora a lui.
Ero in giardino, appoggiato a un albero, quando sentii Amanda che mi chiamava «Steve! Ah sei qui. Sono venuta a cercarti perché c'è una persona che ti aspetta.»
«Una persona?» domandai sorpreso.
«Si, è Daisy Dillman.» rispose.
«Chi è?» domandai indifferente.
«Io credo che tu l'abbia già vista. Devi averla incontrata a uno dei miei ricevimenti. Lei si ricorda molto bene di te e vorrebbe approfondire l'amicizia.»
Certo che mi ricordavo di Daisy Dillman. Era la noia in persona.
Mia sorella continuò «La famiglia Dillman è molto influente e se Daisy glielo chiedesse, sono certa che ci aiuterebbe a far trasferire Destiny lontano da Chicago.»
«È uno dei tuoi soliti trucchi per mettere nei guai Destiny.» appurai.
«Che ti succede Steve? Finora sei sempre stato d'accordo con me.» mi attaccò Amanda.
«Lo sono ancora. Dimmi di che cosa si tratta.» replicai.
«Ancora non lo so, ma mi verrà sicuramente in mente qualcosa. Lo sai Steve, la nonna è rimasta veramente scossa dalla partenza di Patrick. Gli scrive tuti i giorni per cercare di convincerlo a tornare. Ho saputo anche che il signor Andrew è molto ammalato e la nonna è preoccupata anche per lui. E se dovesse morire diventerebbe il capo della famiglia Andrew e Destiny, sarebbe costretta inevitabilmente a lasciare Chicago. Aspetto con impazienza quel giorno.» mi spiegò Amanda.
«Quindi pregherai per la morte del signor Andrew.» appurai.
«Io odio Destiny e tu lo sai.» replicò risoluta «Non voglio che continui a lavorare e vivere felicemente. Farò tutto ciò che mi è possibile per far sì che vada lontano da Chicago e senza un dollaro in tasca.»
«Si capisco.» compresi.
«Abbiamo parlato anche troppo. Daisy sta aspettando. Vieni, Steve?»
«Si.» risposi controvoglia.
Amanda
Da qualche giorno Steve si comportava in modo strano. L'avevo visto mentre dava i fiori a Destiny e non mi appoggiava più come una volta. Volevo che facesse assolutamente amicizia con Daisy, così avrebbe potuto dimenticare Destiny. In salotto Daisy stava leggendo una rivista sul divano e non c'era nessuna traccia di mio fratello.
«Daisy, pensavo che fosti in compagnia di Steve.» le dissi.
«Mi ha detto di avere un terribile mal di testa.» mi spiegò lei.
«Ma guarda un po'» sbuffai e mi precipitai in camera sua.
Non c'era. Lo sapevo, il mal di testa era solo una scusa. All'improvviso, un fazzoletto sopra il comodino attirò la mia attenzione. Mi avvicinai e lo guardai meglio. C'erano ricamate le lettere D.A. Quello era troppo, non potevo sopportarlo. Aveva persino un fazzoletto di Destiny. Non pensavo che fosse così innamorato.
Andai da mia madre e le raccontai ogni cosa.
«Eh? Steve si è innamorato di Destiny?» esclamò indignata chiudendo la rivista che stava leggendo «Non ci credo.»
«Devi credermi mamma. Io l'ho visto mentre le regalava un mazzo di fiori. Credo sia una cosa seria. Lei gli ha regalato anche un suo fazzoletto.» le dissi, dandoglielo.
«Ma è inaudito.» continuò.
«Si, mamma. L'ho trovato nella sua stanza.» ribadii.
«Che vergogna.»
«Temo che presto ci annuncerà che ha intenzione di sposarla.»
«Che cosa dici? Questo non glielo permetterò mai.» esclamò scandalizzata.
«Sono d'accordo con te. Neanch'io voglio una cosa del genere, ma se Destiny continua a stare a Chicago come potrà dimenticarla? In questo momento Steve non è in grado di prendere decisioni. È nostro dovere aiutarlo.» perseverai.
«Amanda, dì all'autista di preparare subito l'automobile.» decretò.
«Si, subito mamma.» obbedii compiaciuta. Finalmente Destiny avrebbe avuto la lezione che meritava.
Mia madre andò all'ospedale Santa Johanna. «Ah signora Tempest, a che cosa debbo il piacere della vostra visita?» la salutò calorosamente il dottor Leonard.
«Sono venuta per parlare dell'infermiera Destiny Andrew.» annunciò seria.
«Dell'infermiera Destiny?»
«Esatto, voglio che sia licenziata.»
«Che cosa dice? E per quale motivo dovrei farlo?» esclamò il direttore preso alla sprovvista.
«Mi dispiace dottore, ma questo non glielo posso dire.»
«Cerchi di comprendere, signora. Non posso licenziare una persona così, senza una ragione.»
«Dottor Leonard, le consiglio di fare ciò che le ho detto se non vuole perdere il posto.» ribadì austera.
«Come?» esclamò sconvolto.
«Se rifiuta di licenziare quella ragazza, dirò a mio marito di sospendere le sovvenzioni e non credo che il suo ospedale sia in grado di andare avanti senza gli aiuti finanziari dei Tempest.»
«Lei deve odiare molto Destiny» realizzò il direttore.
«È una ragazza meschina e falsa.»
«D'accordo.» obbedì il dottor Leonard abbassando la testa.
Ciao a tutti🤩✨,
Des ritorna a Chicago dopo 6 mesi. Inaspettatamente Steve le chiede di uscire, ma lei rifiuta. Amanda, per evitare che il fratello crei uno scandalo, convince la madre a manipolare il dottor Leonard, che è costretto a malincuore a licenziare Des.
Secondo me Steve era da sempre un po' innamorato di lei, solo che era soggiogato e succube dalla sorella e dalla madre. Si è pentito per come ha trattato Des tutti questi anni, solo che non sa usare i metodi e le parole giuste perche non gli è mai stato insegnato. La cattiva educazione ricevuta e l'ambiente in cui è cresciuto sono essere un ostacolo insormontabile ad un vero cambiamento.
Des intanto, ammette di amare ancora Terence e di non averlo dimenticato.
Fatemi sapere cosa ne pensate, la vostra opinione conta sempre moltissimo per me. A presto, un abbraccio grande🍁🧡
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