53. New York
Il giorno seguente mi svegliai all'alba. Indossai il mio cappotto migliore e ricontrollai di aver messo tutto in valigia. Non dovevo dimenticare di prendere i biglietti.
«Buongiorno Des.» Albert entrò in soggiorno.
«Albert, è presto. Torna a dormire.» gli dissi.
«Non potevo starmene a letto sapendo che tu stai per partire. Volevo salutarti Des.» mi spiegò.
Guardai l'orologio «Com'è tardi, devo scappare. Altrimenti perderò il treno. Ciao Albert»
«Des, posso accompagnarti alla stazione?» si offrii.
«No, non voglio che tu prenda un raffreddore.» gli dissi. Fuori nevicava e faceva molto freddo.
«Torna presto, ho bisogno di te. Non mi importa di ricordare il mio passato. Ora vivo un presente tranquillo e sereno.» mi disse alla porta.
«Oh Albert, ti porterò un regalo.» gli dissi commossa e corsi giù per la scale.
La stazione alle sei e mezza del mattino era deserta. Mi diressi al mio binario. All'improvviso un ragazzo corse verso di me «Des, aspetta!»
«Pat!» urlai.
«Ah, ce l'ho fatta!» esclamò ansimante. «Credevo di non raggiungerti in tempo.»
«Sei venuto a salutarmi? Mi dispiace che tu ti sia dovuto alzare così presto.» affermai.
«Non sopportavo l'idea che tu partissi senza il saluto di nessuno di noi.» replicò Patrick.
«Ti ringrazio. Che cosa hai oggi Pat? Mi sembri diverso. Sei preoccupato?»
«Oh no, non ho niente. Ricordati piuttosto di salutarmi Terence.»
«Si, certo» gli assicurai.
«Forse sarà meglio che tu salga sul treno. Fa molto freddo oggi.» mi disse.
«Ti sembrerà strano, ma per me è come se fosse primavera.» esclamai sorridente.
«Des...» mormorò dopo un po'.
«Pat, ecco io...»
«Che cosa vuoi dirmi?» mi incalzò.
«Niente, sento che c'è un'atmosfera particolare tra noi, che non avevo mai avvertito.» iniziai, ma non ebbi il tempo di proseguire che il capotreno fischiò «È arrivato il momento. Sarà meglio che salga. Ciao Pat.»
«Des, è un regalino per te, un'invenzione speciale.» Patrick mi diede una scatola.
«Che cos'è?»
«L'ho chiamato "il Carillon della felicità"» mi spiegò orgoglioso.
«È un bel nome. Sei davvero gentile Pat.» gli dissi, mentre il treno iniziava a partire.
«Quando ti senti triste apri il carillon, sentirai la sua musica e tornerai a sorridere. Ti auguro una vita molto felice Des.» mi disse con gli occhi lucidi.
«Pat, perché dici così? Sembra che non dobbiamo vederci più.» mormorai incerta.
«Ti penserò sempre, ciao Des.»
«Pat, che cosa c'è?»
«Ciao Des!» urlò Patrick, inseguendo il treno.
«A presto, ciao.»
Il treno correva veloce e Pat si fermò. «Sei stata una cara amica. Addio dolcissima Des.» sussurrò, ma io ero troppo lontana per sentirlo.
Sembrava quasi impossibile, eppure stavo andando da Terence. Terence mi stava aspettando.
«Fa piacere vedere una ragazza così giovane e così felice. Scommetto che va a trovare il suo fidanzato.» mi disse il signore che sedeva davanti a me in treno.
«Oh si. Vado a New York» gli risposi elettrizzata.
«È bello essere giovani. Lo si è un po' meno quando si è vecchi come me.»
«Lei va molto lontano da Chicago?» gli domandai.
«Mi fermo a Pittsbourgh. Vado a trovare mia moglie.»
Nel pomeriggio arrivai a New York. Il viaggio mi era sembrato interminabile. Speravo che Terence fosse già arrivato. In che modo avrei dovuto salutarlo?
«Ciao Terence, è molto tempo che non ci vediamo.» provai, ma non mi convinceva «No, non mi piace. Non vedevo l'ora di vederti Terence.» riprovai ma mi diedi uno schiaffo in faccia.
Mi ricomposi e mi diressi all'entrata della stazione. Era piena di gente e non vedevo Terence da nessuna parte. Ad un certo punto un ragazzo con il cappotto blu e i capelli castani attirò la mia attenzione. Era girato di spalle appoggiato ad una colonna e visto così sembrava proprio Terence. Sapevo già che espressione avrebbe fatto il suo viso quando mi avrebbe visto.
«Terence!» esclamai avvicinandomi a lui.
Un uomo pieno di brufoli e con i denti storti si girò «Ma che cosa vuole ragazzina?» sbraitò.
«Oh! Ma lei non è Terence» esclamai delusa.
«Mi scusi signore, l'ho scambiata per un'altra persona.»
In quel momento qualcuno mi afferrò il braccio e mi trascinò via.
«Si fermi subito! Mi lasci o chiamo la polizia! Non creda che non sappia difendermi.» urlai. Il ragazzo si girò «Sei sempre la stessa.»
«Terence...» mormorai.
«Des...»
Terence era vicino a me. Ero così emozionata.
«Sapessi quanto ho desiderato questo momento. Des, vorrei tanto abbracciarti, ma se lo facessi temo che non avrei più la forza di lasciarti andare.» mi disse senza staccare i suoi occhi dai miei. Rimanemmo così per qualche secondo, come per assicurarci che quello non fosse un sogno. «Desideravo tanto rivederti.» gli dissi quando uscimmo dalla stazione.
«Anch'io Des.» Terence mi portò la valigia e aprii la portiera di un'auto. «Ti faccio vedere il mio appartamento.»
«Com'è bella questa macchina. È tua?» gli chiesi, salendo dalla parte del passeggero.
«Si, e va anche bene. Non certo come quella di un nostro amico inventore.» scherzò.
«Parli di Patrick vero? Ti manda i suoi saluti.»
«Grazie. E il fratello, quel damerino, come sta? E le tue amiche?»
«Anche loro hanno un nome, Peter, Annie e Kriss.» replicai.
«Va bene signorina tutte lentiggini.» disse divertito Terence.
«Terence!» esclamai. «Perché sei arrivato tardi alla stazione? Mi sono spaventata quando ho visto quel ragazzo che ho scambiato per te.»
«Lo credo bene Des, era così brutto. Ma come ti sei potuta confondere? Non ti ricordavi più di me?»
«Ti giuro che di spalle sembravi proprio tu. Come avrei potuto immaginare che ti saresti presentato in quel modo?»
«Sono stato costretto Des altrimenti le ammiratrici mi avrebbero assalito» rispose, ma ad un tratto si rattristì. Fissava la strada davanti a sè, come se c'era qualcosa che lo preoccupava.
«Terence? A che pensi?» gli chiesi.
«Niente. Siamo quasi arrivati.»
Dopo un po', Terence parcheggiò e scendemmo dall'auto. Ero molto curiosa di vedere dove viveva.
Salimmo le scale e arrivammo davanti a una porta al secondo piano. Terence infilò le chiavi nella serratura ed entrammo. Era molto simile a quello dove vivevo con Albert, anche se era più piccolino.
«Non credevo che il tuo appartamento fosse tanto in ordine.» gli feci sapere.
«È la padrona di casa che pensa a pulire tutto. Viene 3 volte alla settimana.» mi disse.
«Le pulizie del mio appartamento le fa Albert.» replicai.
«Cosa? Albert si occupa della casa?» domandò stupito.
«Non dovevo dirlo!» esclamai, tappandomi la bocca.
«È troppo tardi ormai.» scherzò Terence.
«Ho provato a fare le faccende di casa, ma Albert è più bravo e più veloce di me.» gli raccontai «Sai non si ricorda neanche di te, però vorrebbe incontrarti.»
«Anch'io vorrei tanto rivederlo.»
Lasciai la valigia nella sua stanza e Terence iniziò a preparare il tè.
«Fra poco devo tornare in teatro per la prova generale.»
«In bocca al lupo Terence»
«Grazie, spero che vada tutto bene. Mi dispiace lasciarti, ma arriverà una persona che vuole rivederti.» mi disse dispiaciuto.
«Una persona?» domandai sorpresa. Terence non fece in tempo a rispondere, che i miei occhi caddero sul cartellone di Romeo e Giulietta appeso alla parete del soggiorno. Era lo stesso che mi aveva regalato la nonna di Kriss, solo che al posto di Nicole c'era Karen.
«In questa foto non sembri neanche tu.» gli dissi. «Comunque volevo dirti che stai molto bene, ma...»
«Ma cosa?»
«Pensavo che fosse Nicole Sanders a impersonare Giulietta, invece vedo che sarà Karen Kleis. Ne sarà felice. Sai l'ho conosciuta in Florida. Comunque ne sono contenta, perché devo confessarti che ero un po' gelosa di Nicole.» enunciai. Terence non disse niente e abbassò la testa. C'era qualcosa che lo turbava.
«Mi piacerebbe cambiare il nome di Karen Kleis e scriverci il mio. Mi piacerebbe recitare nella parte di Giulietta.» continuai.
«Cosi questa tragedia si trasformerebbe in una farsa.» disse Terence tornando più allegro.
«Terence, ma come ti permetti, io...» andai verso di lui e cademmo a terra. In un millesimo di secondo ci trovammo uno sopra all'altro. Terence mi guardò con i suoi profondi occhi castani dalle insenature più chiare come per chiedermi con lo sguardo se i miei sentimenti per lui fossero cambiati da quel giorno alla cascata. Quel periodo che avevamo vissuto lontani ci aveva insegnato molte cose. Non saremo più stati l'uno senza l'altro. Terence mi baciò e ricambiai. Rimanemmo così a baciarci sul pavimento, fino a quando i baci divennero sempre più passionali e sensuali.
In quel momento qualcuno bussò.
«Oh mio dio.» mormorai e mi alzai di scatto. Mi ricomposi e Terence andò ad aprire. Eleanor Baker era sulla soglia dell'appartamento. Era impeccabile ed elegante come sempre.
«Ciao mamma.» la salutò Terence e lei gli diede un tenero bacio sulla guancia.
«Signora Baker, che piacere rivederla.» le dissi.
«Chiamami pure Eleanor. Sai, mio figlio è più felice quando ci sei tu.»
Terence
Finalmente Des era arrivata a New York. Quante volte avevo desiderato di incontrarla, parlarle, baciarla e non lasciarla mai più. Perché mi sentivo così bene quando lei mi era vicino? Era ancora allegra e piena di entusiasmo.
Dopo che lasciai Des e mia madre da sole, andai in teatro per le prove generali.
«Bene, per questa sera abbiamo finito.» dichiarò finalmente il direttore dopo ore «So che siete preparati, ma fate del vostro meglio domani.»
«Terence, che cosa ti è successo? Mi sei sembrato piuttosto distratto. La tua recitazione non era affatto convincente.» disse Karen.
«Non mi è successo proprio niente. Che cosa vorresti insinuare?» obiettai.
«Calmati Terence. Non arrabbiarti in questo modo. Volevo solo dire che mi sembri distratto, che pensi a qualcos'altro.» replicò Karen.
«Non è affatto vero!» esclamai irritato.
«Va bene ma non c'è bisogno di gridare tanto.»
«Terence, anch'io ho avuto la stessa sensazione di Karen. Non devi pensare a niente. Devi concentrarti soltanto sullo spettacolo e vedrai che tutto andrà bene, capito?» intervenne il signor Hathaway.
«Si, signore»
Karen aveva ragione. Non ero ancora riuscito a parlare a Des di Nicole. Prima o poi sarebbe venuta a saperlo ed era meglio se gliene avessi parlato io. Ma adesso non era il momento, lo avrei fatto dopo lo spettacolo. Non dovevo distrarmi. Dovevo concentrarmi il più possibile. Avrei mostrato a Des tutta la mia bravura. Erano ormai passate le undici quando rincasai. Des mi stava aspettando nel mio appartamento. Quando entrai nel condominio, in portineria c'era un biglietto per me.
Terence, oggi non sei venuto a trovare Nicole ed è molto agitata. Ti aspetta con ansia.
Accartocciai il foglietto irritato, ma poi mi ricomposi, mi rimisi il cappotto e andai in ospedale.
«Nicole si sta riprendendo giorno per giorno e questo perché vieni a trovarla costantemente. Grazie Terence, te ne sono molto grata. Ti scongiuro, non lasciarla. Ha bisogno di te.» mi disse la signora Sanders quando arrivai in ospedale. La madre di Nicole rimase fuori in corridoio e io entrai.
«Ciao Nicole, scusami se ho tardato.»
«Oh Terence pensavo che non saresti più venuto.» esclamò e mi avvicinai al suo letto.
«E così è arrivata, vero?» mi domandò guardando a terra.
«Si» mi limitai a dire.
«Me la ricordo sai? Deve essere allegra e con tanta voglia di vivere. È una ragazza molto fortunata. Può correre e soprattutto è amata da te.» continuò con la voce strozzata. Non dissi niente. Aveva ragione. Avevo fatto venire lì Des proprio perché volevo che restasse con me per sempre.
Ciao a tutti🤩✨,
Patrick va in stazione a salutare Des e le regala un carillon costruito da lui dicendole che quella musica la farà felice ogni volta che l'ascolterá.
Arrivata a New York, Des ritrova Terence, il quale però è combattuto tra il senso di colpa per Nicole e l'affetto che nutre per lei. Des si è accorta che c'è qualcosa che preoccupa Terence, ma è tanta la gioia di ritrovarsi con lui, che non gli rivolge altre domande. Non vuole rovinare questi brevi momenti di felicità💘.
Finalmente Des e Terence sono insieme da quando hanno lasciato Londra, ma cosa succederà nei prossimi capitoli?
a presto,
Carla💗
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