47. Una casa a Chicago
Il giorno dopo, feci un giro per le agenzie immobiliari a cercare una casa. Avevo deciso di andare a vivere con Albert. Diana non c'era più e lui aveva bisogno di me.
«Che tipo di casa sta cercando signorina?» mi chiese l'agente, un uomo tarchiato e di bassa statura, dopo che gli illustrai la mia situazione. Albert non lavorava e con il mio solo stipendio da infermiera non potevo permettermi una grande casa il cui affitto era alto.
«Beh cerco soprattutto un posto tranquillo» risposi «Diciamo che non sia troppo rumoroso e che abbia almeno due stanze. Una delle stanze può essere anche piccola...»
«Niente da fare signorina» affermò energico.
«Ma perché?» chiesi perplessa.
«Se ci fosse una casa il cui affitto è basso, me la prenderei io» sbraitò fumandomi la pipa in faccia.
«Si trattano così i clienti?» esclamai indignata.
«Non so che farmene dei clienti come lei che pretendono una casa per quattro soldi» ribatté e uscii. Mi aveva trattata come una pezzente quel maleducato quando aveva scoperto che avevo pochi soldi da spendere.
«Des, non hai ancora trovato una casa, vero?» mi chiese Albert quando lo raggiunsi fuori.
«Già, ma vedrai, ne troveremo una domani, non c'è problema. Chicago è tanto grande, non ti preoccupare. Ho detto che troverò una casa e la troverò, lascia fare a me» gli dissi ottimista.
Mentre camminavamo tra le strade di Chicago, scorsi la scritta "affittasi" sulla finestra di un appartamento al secondo piano di un palazzo.
«Affittano quella casa» indicai ad Albert «Si, il posto è tranquillo, potrebbe andare bene»
«Ma Des io...» mormorò Albert.
«Aspetta qui Albert, vado a vedere»
Entrai nel condominio e mi accolse un signore sulla cinquantina, slanciato e con i baffi.
«È un sacco di tempo che non ci abita più nessuno, così è piena di polvere...» mi disse, mentre salivamo le scale.
«Senta signore, se lei mi fa vedere la casa vuol dire che è intenzionato ad affittarmela vero?» chiesi.
«Si sempre che lei la voglia» rispose cordiale.
«Sicuro» annuii raggiante.
Il signor Frank infilò la chiave nella serratura e entrai nell'appartamento. Il soggiorno era spazioso e accogliente. Ti dava subito l'impressione di essere a casa. C'era il divano e un tavolino. In fondo, da una porta scorrevole si accedeva alla cucina.
«È bella e direi che fa proprio al caso mio. Non è male questa casa, davvero» esclamai.
«Guardi, questa è la camera da letto e c'è anche un'altra stanza laggiù» mi indicò il signor Frank.
«Bene, molto bene» esclamai.
«Allora le piace signorina?» mi chiese lieto.
«Si, ma per quello che riguarda la cifra come le ho già detto io non...» esitai.
«Stia tranquilla accetto. Sarà poco, ma è sempre meglio di niente» acconsentì comprensivo.
«La ringrazio, la ringrazio molto» gli dissi.
Non riuscivo a crederci. Avevo trovato casa ed era anche poco distante dall'ospedale.
Mi affacciai alla finestra e chiamai Albert che mi aspettava sulla strada «Albert, vieni su, vieni a vederla»
«Mi scusi, ma non è lei che vive in questa casa?» mi chiese perplesso il signor Frank.
«Certo, io vivrò qui ma insieme a lui» gli spiegai.
«Siete fratello e sorella?» mi domandò.
«No, siamo amici» gli dissi, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«Ma perché lei vive con quel ragazzo?» mi chiese dubbioso.
«Ecco vede signore, si tratta di un mio caro amico e io sto cercando di curarlo» gli spiegai.
«Io non affitto la mia casa a un malato» affermò freddo.
«No, non è un malato vero e proprio, soffre di amnesia. Gli è successo che improvvisamente ha dimenticato il suo nome e il suo passato, insomma non ricorda più niente»
«Vorrei avere anch'io un'amnesia» dichiarò ironico.
«Che cosa? Non capisco...» mormorai.
«Si, vorrei dimenticare tutto il mio passato, compreso il fatto che lei sia venuta qui da me a chiedere questa casa in affitto»
«Questo significa che non mi da più la casa?» gli chiesi affranta. Ero ormai convinta di avercela fatta.
«Proprio così signorina, io posso dare la casa a un fratello e una sorella, a una coppia sposata ma non a...»
«Che cosa ha capito? Albert e io non...» tentai di spiegargli.
«Se ne vada via subito, io voglio avere a che fare soltanto con gente per bene»
Raggiunsi Albert abbattuta. Ormai si stava facendo tardi e non potevo ritornare in ospedale lasciando Albert a dormire da solo per strada.
«Sei molto stanca, non è vero, Des?» mi chiese quando ci sedemmo su una piazzetta.
«No, tu devi essere stanco Albert. Sei uscito dall'ospedale da appena un giorno.» gli dissi preoccupata.
«Nono grazie a te Des sto perfettamente bene, a parte la memoria» mi rassicurò.
«Avrai una fame da lupo, non è vero?»
«Si, ma non importa. È molto meglio che essere in ospedale.» disse Albert «Ecco stavo pensando, di solito la gente quando si trova in una situazione come questa è terribilmente disperata»
«Io lo sono.»
«Beh io mi sento a mio agio, mi sento felice. Più ci penso più mi convinco che sono uno che dormiva spesso all'aperto, sotto le stelle» continuò sereno.
«È vero Albert, tu hai sempre vissuto vicino alla natura e inoltre hai viaggiato parecchio e molto spesso hai dormito all'aperto. Ascolta, sai cosa facciamo? Dormiremo qui stanotte» gli dissi sdraiandomi sulla piazza.
«Ma perché dovremo farlo?» chiese perplesso.
«Stavo pensando che dormendo sotto le stelle, è probabile che tu ricordi qualcosa del tuo passato» escogitai. Albert mi sorrise e si sdraiò accanto a me.
Stavamo guardando le stelle, quando sentimmo dei passi dietro di noi. «Ei biondino, che cosa stai facendo con una ragazza tanto carina?»
Mi alzai di scatto terrorizzata. Dietro di noi c'erano due delinquenti.
«Lasciatelo in pace. È appena uscito dall'ospedale, sta male» intervenni io.
«Beh tanto meglio, così sarà più facile. Coraggio dammi tutti i soldi che hai e tu levati di dosso» ordinò quello più alto.
«Mi dispiace per te, ma sono proprio al verde» reagì Albert. Prese il gomito di quello alto e gli sferrò un pugno sulla mascella. L'altro cercò di difenderlo, ma Albert gli assestò un pugno sullo stomaco e cadde a terra. Albert era forte. In quel momento ricordai. Una volta a Londra ha salvato Terence che stava per essere sopraffatto da tre ubriachi.
«Albert, una volta hai salvato Terence in questo modo» gli dissi, mentre i due tentavano a fatica di rialzarsi.
«Terence?» mormorò spaesato Albert.
«Si, si chiama Terence. Avanti cerca di ricordare» lo incoraggiai.
«Terence... » mormorò ancora più confuso.
Il tizio, approfittando della distrazione di Albert, gli diede un calcio e scappò via.
«No, vi prego, non andate via» li supplicai.
«Ne abbiamo presi abbastanza di pugni, andiamo via, presto» replicò.
«Vi pagherò se continuate a lottare con lui» urlai loro. Doveva sembrare una richiesta assurda.
«Ma sei impazzita? Via, andiamo» gridò l'altro e scomparvero nelle strade buie di Chicago.
Albert si era seduto sui gradini con la testa poggiata sulle ginocchia e mormorava il nome di Terence.
«Si Albert, quando eri allo zoo di Londra, Terence veniva spesso a trovarti» gli dissi per aiutarlo a ricordare.
«No, non riesco a ricordare»
«Non fare così, non essere impaziente. Devi cercare di stare tranquillo» gli consigliai.
All'improvviso sentii il suono di un clacson e mi girai spaventata.
«Des!»
«Peter! Patrick!» li salutai felice di vederli.
«Dov'eravate? Vi abbiamo cercato dappertutto» mi domandò Pat.
«Siamo riusciti a trovarvi una casa, Des» annunciò euforico Peter.
«Veramente?» esclamai. Ormai avevo perso le speranze.
«Dammi quella valigia, venite» Peter caricó in spalla il bagaglio di Albert e salimmo in auto.
«Oh grazie Peter» lo ringraziai.
«Ecco siamo arrivati. Le finestre sono quelle lassù» indicò Pat, accostando l'auto.
Era l'appartamento del signor Frank che era andata a vedere poche ore prima.
«Cosa? Peter, non credo che noi...» mormorai delusa.
«Il padrone vi aveva detto di no, vero?» ammiccò lui.
«Vedi, noi siamo passati di qui subito dopo e...» mi spiegò Pat, ma in quel momento il signor Frank uscì dalla porta.
«Ha deciso di darci la casa?» gli domandai.
«Se avessi saputo subito che quel ragazzo ha perduto la memoria in Italia, non vi avrei mai cacciato via. Vede, mia figlia ha sposato un italiano e adesso vive in Italia. Dice che la guerra in Europa divampa sempre di più.» mi raccontò preoccupato.
«Allora sua figlia adesso...» mormorai.
«Già, spero che non le succeda niente. Ecco le chiavi.» il signor Frank mi consegnò il mazzo di chiavi.
«Tante grazie, le sono molto grata signore» lo ringraziai.
«Mi chiami Frank» mi rispose affabile.
✩✩✩
Il giorno dopo i gemelli mi aiutarono a traslocare dall'ospedale.
«Accidenti com'è pesante. Sono tutti questi i tuoi bagagli, Des?» si lamentò Peter mentre trasportava l'ultima valigia.
«Già, se avessi avuto qualcos'altro non sarebbe rientrato in macchina» risi io.
«Beh il resto l'avrebbe portato Pat, ma sulle spalle» scherzó lui.
In quel momento Rachel mi chiamò «Des, il dottor Leonard vuole parlare con te»
«Vado subito.» risposi e mi diressi nello studio del direttore.
«Ho saputo che lei non dormirà più in ospedale» affermò il dottor Leonard.
«Si, ho avuto il permesso dall'ufficio personale» risposi.
«E questo ha qualcosa a che fare con quel suo paziente?» indagò lui «Vede signorina, preoccuparsi di un paziente è una cosa, ma andare a vivere con lui è un'altra. Non potrei mai permetterlo. Pensi a quello che direbbero le altre infermiere dell'ospedale» dichiarò.
Se gli avrei la verità, non avrei potuto più aiutare Albert.
«Allora? Come stanno le cose esattamente?» incalzò.
«No, io non vado a vivere con lui» mentii.
Mi dispiaceva avere detto una bugia al dottor Leonard, ma la cosa più importante al momento era guarire Albert. Quando finii il turno, mi diressi a piedi nella mia nuova casa.
«Coraggio Des, vieni su. Non la riconoscerai più questa casa» mi urlò Patrick dalla finestra quando mi vide arrivare. Salii le scale impaziente ed entrai. Il soggiorno era stato tutto pulito e messo in ordine, i mobili erano stati spolverati ed Annie aveva aggiunto un vaso di fiori sopra il tavolo della cucina.
«Grazie ragazzi, siete stati bravissimi» riconobbi.
«Devo ammetterlo, Peter e Annie non si sono risparmiati» diede atto Patrick.
«Tante grazie Annie.»
«Per te questo e altro» mi disse Annie «Adesso lasciamo i ragazzi soli e andiamo di là a cucinare»
«Certo. Sentirete come cucino.» risposi.
«Cosa? Sarà Des a cucinare?» esclamò scettico Patrick.
«In caso di errori, ho portato le medicine per digerire, Pat» lo rassicurai.
«Chissà cosa combina un'infermiera in cucina» disse Albert ridendo.
«Ti giuro Annie, che per me è più facile fare una fasciatura» le dissi mentre sbucciavo le patate.
«Non è difficile, guarda come faccio io» mi fece vedere lei.
«Intanto metto a bollire l'acqua» le dissi, prendendo la pentola.
«Des» disse Annie tornando all'improvviso più seria «Devo dirti una cosa un po' imbarazzante. Vedi, io credo che una cosa del genere Terence non dovrebbe saperla»
«Eh? Perché mai?» esclamai stupita.
«Beh se fossi Terence io non sarei molto contenta» mi spiegò mentre tagliava le verdure.
«Del fatto che io vivo con Albert?» le chiesi.
Annie annuì.
«Adesso che ci penso sia il padrone di casa che il dottor Leonard mi hanno fatto notare la stessa cosa» affermai.
«Sai, potrebbero nascere degli equivoci» mi disse Annie preoccupata.
«Ti ringrazio di avermi messo in guardia»
«Allora mi darai ascolto?» chiese speranzosa.
«No, penso che gli dirò ogni cosa, Annie» dichiarai convinta.
«Davvero Des?»
«Vedi, se c'è una cosa che può far nascere degli equivoci, allora è meglio dire subito la verità e poi io non direi mai una bugia a Terence» gli dissi. Non volevo perdere Terence un'altra volta.
«Si hai ragione, hai ragione tu Des, come sempre» mi disse Annie.
«Se ho preso la decisione di dirglielo, il merito è soltanto tuo»
Mi girai verso i fornelli. L'acqua stava bollendo ormai da un po', e stava strabordando dal coperchio. Mi ero distratta mentre parlavo con Annie di Terence.
«Peter! Patrick!» li chiamammo.
«Che è successo? Che avete combinato?» i gemelli arrivarono subito in nostro soccorso.
«Non sono proprio brava in cucina.» ammisi e scoppiammo tutti a ridere.
Nicole
Un mattino di inizio novembre, andai a casa di Terence prima di andare in teatro.
«Buongiorno Nicole.» mi salutò cordiale la signora delle pulizie del condominio.
«Buongiorno a lei, signora Roberts.»
«Voleva vedere Terence, non è vero?» intuì sorridendo «È ritornato molto tardi questa notte. Adesso sta ancora dormendo. Vado a svegliarlo.» mi raccontò.
«No, non si disturbi. Lo sveglio io.»
«Allora gli dia questa lettera.» la signora Roberts mi consegnò la busta.
«Certo.» salii le scale e sul lessi il mittente. Sul retro della busta c'era scritto "Destiny Andrew, Chicago." Era la ragazza che avevo conosciuto quella sera in hotel. Terence pensava sempre a lei e non potevo sopportare quella cosa.
Bussai alla porta del suo appartamento.
«Si, è aperto» mormorò assonnato ed entrai.
«Che ci fai qui, Nicole?» esclamó infastidito.
«Pensavo di andare alle prove con te» esordii elettrizzata.
«Ma per chi mi hai preso? Per un bambino che va sempre portato per mano?» ribatté irritato.
«Terence...» mormorai imbarazzata.
«Hai fatto male a venirmi a chiamare. Ci andrò da solo alle prove. Tu vai pure avanti» continuò freddo e si mise sotto le coperte.
«Ci vediamo in teatro» mi limitai a dire. Misi la lettera di Destiny nella mia borsa e uscii. Se quella ragazza non fosse entrata nella sua vita, non mi avrebbe trattato così. Era tutta colpa sua.
Destiny
Dopo aver finito il mio turno in ospedale, tornai a casa.
«Ciao, eccomi qua. Ti preparo subito qualcosa da mangiare, d'accordo?» dissi ad Albert, mentre mi toglievo la giacca.
«Guarda cosa ti ho preparato» replicò lui, indicando il tavolo da pranzo. La tavola era apparecchiata ed era imbandita.
«Oh Albert, l'hai preparata tu la cena, bravo» constatai.
«Mi stavo annoiando così ho pensato di passare un po' di tempo ai fornelli» mi raccontò.
«Tu sai cucinare bene, hai vissuto solo per tanto tempo. Ti è venuto in mente qualcosa del tuo passato mentre preparavi il pranzo?» gli chiesi, mentre iniziavo a mangiare le polpette.
Lui non disse niente, ma io capii lo stesso.
«Non fa niente, non ha importanza Albert. Sarà per un'altra volta. Tu continua a cucinare e sono sicura che ricorderai qualcosa» continuai ottimista.
«Sento che la nebbia stia svanendo dalla mia mente a poco a poco» confessò.
«Se fossi rimasto all'ospedale sarebbe stato peggio» gli feci notare «Senti, è arrivata una lettera per caso?» gli chiesi, cercando di nascondere la mia impazienza.
«Nono Des, non è arrivato niente» mi rispose.
«Va bene» dissi sconsolata.
Avevo scritto a Terence da ormai due settimane. Non era da lui non rispondermi alle lettere. Temevo che non avesse preso bene la storia di Albert.
«La lettera che stai aspettando te la deve mandare un certo Terence, vero?» mi domandò.
«Cosa?» esclamai, e per poco non sputai l'acqua «Albert, non mi dire che ti sei ricordato di Terence!»
«No, l'ho imparato anch'io. Ripeti spesso quel nome quando parli ad alta voce» mi disse sorridente.
«Dici sul serio?» esclamai imbarazzata e lui si mise a ridere. Ero contenta di vedere Albert così di buon umore.
Terence
«Guardate, questa è la nostra locandina» ci disse il signor Hathaway in teatro.
«Ma è bellissimo» esclamammo. Il cartellone illustrava me e Nicole abbracciati e sopra era stato scritto in caratteri cubitali "Romeo e Giulietta". In alto, erano annotati i nomi del regista e degli attori principali.
«Tra un mese ci sarà la prima. Dobbiamo lavorare seriamente. Voglio che questo spettacolo sia un grande successo» ci ricordò il signor Hathaway.
«Ce la metteremo tutta, Terence» mi disse Nicole voltandosi verso di me.
«Le prove riprenderanno fra un'ora. Siete liberi» annunciò il signor Hathaway e io approfittai per salire sul tetto del teatro. Dovevo mandare a Des un biglietto omaggio per la prima e anche quello del treno, ma di sola andata, così sarebbe resterà qui con me.
Ero sul tetto a suonare l'armonica quando Nicole mi raggiunse.
«Terence, io pensavo che dal momento in cui dobbiamo recitare insieme, forse noi dovremmo parlare di più, discutere più a lungo di tante cose e ecco...» iniziò esitante.
«E sei venuta fin quassù per dirmi soltanto questo?» chiesi sospettoso.
«No, veramente io...» disse incerta.
«Il motivo è un altro, vero?»
«Sai ho pensato tante volte di stracciarla e di buttarla via» affermò guardando a terra.
«Stracciare cosa?» domandai ancora più confuso.
Nicole tirò fuori dalla borsa una lettera «Avrei dovuta dartela già da qualche giorno» ammise e me la porse.
«Ma questa è una lettera di Des!» esclamai.
«Perdonami Terence» mi disse Nicole correndo via. Stava piangendo. Lessi subito la lettera. Erano settimane che non ricevevo una lettera di Des e adesso capivo il motivo.
Destiny
Una settimana dopo, quando finii il turno, trovai Albert ad aspettarmi fuori dall'ingresso dell'ospedale.
«Albert, ma perché sei venuto qui?» gli chiesi.
«Ciao Des» mi salutò sorridente.
«Fingi di non conoscermi» gli dissi senza guardarlo negli occhi. Se ci avesse visti il dottor Leonard, avrebbe capito che vivevamo insieme e non potevo rischiare di essere scoperta.
«D'accordo cammina, io ti seguirò Des.» affermò.
«È arrivata quella lettera che tu aspettavi con ansia e io ho pensato di dartela subito» mi disse Albert, mentre camminava qualche metro dietro di me.
«La lettera di Terence?» domandai sorpresa.
«Se vuoi leggila al parco, ti aspetto a casa» Albert mi fece l'occhiolino e mi diede la lettera.
«Grazie, ci vediamo più tardi»
Mi sedetti su una panchina e iniziai.
Des,
che razza di ragazza sei? Perché vivi con Albert? Io non discuto nemmeno i motivi, ma è una cosa assolutamente imperdonabile.
Stavo scherzando Des. Se si fosse trattato di un altro, avrei avuto qualcosa da ridire, ma Albert è un vero amico.
«Mi hai fatto prendere un colpo.» esclamai sconvolta. Mi rilassai e continuai a leggere.
Non deve essere semplice per te avere cura di Albert che ha perso la memoria. Se fosse possibile verrei da te di corsa per aiutarti, ma ho una grossa parte in questo spettacolo e non posso assolutamente muovermi. Lo sai che sei invitata per la prima, vero?
Ero sollevata che non si fosse arrabbiato. Dovevo subito raccontarlo ad Albert. Stavo cercando di immaginare Terence nei panni di Romeo, quando vidi la carrozza dell'ospedale parcheggiata davanti al nostro condominio. Mi avvicinai e il dottor Leonard aprì la portiera.
«Signorina Andrew, ho scoperto che lei mi ha mentito.» annunciò serio.
«Oh si è vero dottor Leonard, ma dovrebbe vedere Albert, sta migliorando di giorno in giorno» risposi, cercando di nascondere la disperazione.
«Mi fa piacere, ma d'ora in poi dovrà occuparsi esclusivamente di lui» dichiarò.
«Che cosa vuol dire?» chiesi perplessa.
«Signorina, come direttore dell'ospedale non posso assolutamente ignorare il tipo di vita che sta conducendo» proseguì austero.
«Albert sta male e io cerco soltanto di aiutarlo» affermai determinata.
«Sono costretto a licenziarla, soltanto se tornerà a dormire in ospedale potrò rivedere questa mia decisione» ribadì.
«Licenziata? No, la supplico» lo pregai.
«Andiamo pure, prego» il dottor Leonard si rivolse al cocchiere e la carrozza si allontanò nella notte. Non potevo tornare a dormire in ospedale. Avrei dato ad Albert un dispiacere troppo grande.
«Ciao Albert, sono tornata» annunciai, entrando in soggiorno.
«Ciao Des, la cena è pronta» mi fece sapere lui, mentre portava le ultime cose in tavola.
«Ho una gran fame» ammisi.
«Molto bene, così apprezzerai di più questa pietanza che ho preparato» dichiarò soddisfatto.
«Des che cosa voleva il dottor Leonard?» mi domandò.
«Che cosa? Dunque l'hai visto?» esclamai sorpresa.
«Spero che non ti abbia sgridato» mi disse preoccupato.
«No, si raccomanda solo che io sia puntuale» mentii, mi avvicinai al tavolo e vedendo il merluzzo con le patate esclamai «Sembra buono dal profumo!»
Albert stava cercando di ricordare. Non potevo lasciarlo proprio adesso che stava acquistando sicurezza e fiducia in se stesso.
Ciao a tutti🤩,
dopo la convalescenza di Albert in ospedale, Des decide di andare a convivere con lui per aiutarlo a recuperare la memoria. Purtroppo il direttore non accetta di avere nel personale una ragazza che convive con un uomo e la licenzia. La ragazza, per non provocargli un trauma, visto che la sua mente sta dando deboli segni di risveglio, decide di non dirglielo.
Annie consiglia a Des di non dire a Terence che vive con Albert, ma lei preferisce non mentire al ragazzo di cui è innamorata e gli scrive una lettera.
Nicole si é invaghita di Terence. Gelosa di Des, a Chicago l'aveva cacciata dall'albergo e ora, ruba perfino la lettera che lei ha spedito a Terence🫠.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
Carla💗
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