42. Una partenza improvvisa
Il treno si allontanava sempre di più , e riuscivo a vedere soltanto i capelli castani di Terence mossi dal leggero vento di inizio estate.
Tornai in ospedale e iniziai a correre per il corridoio. La lezione era già iniziata. Aprii la porta dell'aula dov'è il professor Owens stava spiegando «Generalmente le ferite non gravi causate dai proiettili guariscono abbastanza presto. Naturalmente prima bisogna aver estratto chirurgicamente il proiettile.»
Mi sedetti al mio posto e tutte si girarono verso di me.
«Si può sapere chi le ha dato il permesso di entrare?» sbraitò il professor Owens.
«Mi dispiace, ho fatto tardi.» risposi imbarazzata.
«Chiunque si sia permesso di arrivare tardi alle mie lezioni, è sempre stato messo alla porta.» continuò severo il professor Owens.
«Cercherò di essere puntuale.»
«Non si può ragionare in questo modo. Bisogna imparare ad essere precisi e puntuali sempre! Basta il ritardo di un minuto e si perde una vita umana.» urlò indicando la porta.
«Va bene.» mi rassegnai e uscii dall'aula.
Il professor Owens aveva perfettamente ragione. Iniziai ad ascoltare la lezione fuori dalla porta «Durante un'operazione chirurgica, l'infermiera oltre ad assistere il chirurgo, deve controllare la pressione sanguigna, il polso...»
Se ci davano lezioni su come comportarci in sala operatoria evidentemente si stava avvicinando sempre di più il momento di andare negli ospedali da campo.
In quel momento la capo infermiera bussò alla porta dell'aula «Mi dispiace disturbarla professore ma è un caso urgente. C'è stato un incidente automobilistico.»
«Faccia prepare subito la sala operatoria» replicò il professor Owens.
«Vuole l'assistenza di qualche allieva infermiera, professore?» gli suggerì lei.
«Potrebbe essere una buona occasione per loro. D'accordo, me ne mandi due tra le migliori del corso» acconsentì il dottor Owens.
«Diana, Nathalie. Andate a prepararvi, assisterete il professore.» le chiamò la professoressa.
«Si, signora.» risposero in coro Diana e Nathalie.
Dopo che la lezione fu sospesa, mi recai in corsia. Ad un tratto Diana uscì dalla sala operatoria tenendo Nathalie svenuta fra le braccia.
«Nathalie, che cos'hai?» le chiesi preoccupata.
«Des, occupati di lei. Non si sente bene» mi disse Diana e sorressi Nathalie.
Portai Nathalie in sala infermiere e la feci distendere sul divano. Qualche minuto dopo riprese conoscenza. «Come ti senti?» le chiesi.
«Des, non raccontare mai a nessuno che sono svenuta in sala operatoria. È stato più forte di me» ammise imbarazzata.
«Quell'uomo è ferito gravemente?» le domandai.
«Ho sentito dire che forse non sopravviverà.»
Diana entrò con un'espressione stravolta dipinta sulla sua faccia. «L'operazione è finita dieci minuti fa. Des, arrivi ancora tardi alle lezioni. Quanto a te Nathalie, è stata una grossa delusione per me vederti svenire alla vista del sangue in sala operatoria»
«Sono mortificata» ammise lei sinceramente dispiaciuta.
«Sapete cosa penseranno ora? Che dalla scuola di Miss Mary Jane escono infermiere poco puntuali e molto deboli» continuò Diana.
«Come sta il paziente?» le chiesi.
«È fuori pericolo al momento, ma è ancora instabile»
In quel momento, Rachel entrò spalancando la porta.
«Perché sei così agitata Rachel?» le domandai.
«È terribile. Ho appena letto in bacheca che la direzione ha deciso di mandare in un ospedale militare in Europa anche una delle allieve infermiere.» annunciò.
Abbassai la testa. Sapevo che sarebbe arrivato quel momento.
«E si sa chi dovrà partire?» domandò terrorizzata Nathalie. «Per quanto tempo?»
«Non so nulla di più, mi spiace.» rispose Rachel.
«Pensate se dovesse capitare ad una di noi
Io non voglio andarci. Ci si può rifiutare?» chiese Rachel.
«Anch'io ho tanta paura.» convenne Nathalie.
«Non vi sembra di esagerare?» intervenne Diana.
«Come fai a non essere preoccupata Diana? Potresti essere tu quell'infermiera.» replicò Rachel.
«Certo, ma non è stato ancora deciso niente, per cui è inutile pensarci. Sarà meglio per voi che restiate calme.» concluse e uscì.
«È rimasta fredda come se tutto questo non la riguardasse.» disse Nathaniel dopo che Diana se ne fu andata.
«Secondo me ti sbagli Nathalie. Io penso che in fondo abbia paura anche lei.» disse Rachel
«Ormai lo sappiamo com'è fatta Diana. Cerca sempre di nascondere i suoi sentimenti.»
Quella notte non chiusi occhio. Ripensai al mio incontro fugace con Terence e al fatto che avrebbero mandato una di noi in Europa. Avrei già voluto sapere chi di noi sarebbe dovuta andare. Diana dormiva tranquillamente. Sembrava che non fosse per nulla preoccupata. Se avessero scelto me, sarei stata costretta a partire. Non avrei potuto rifiutare e sarebbe passato molto tempo prima che avrei rivisto Terence o magari non l'avrei potuto rivedere mai più.
La mattina dopo mi svegliai più tardi del suo loro. Per forza, la notte precedente mi ero addormentata tardissimo. Ero di nuovo in ritardo. Diana era già uscita e corsi verso l'aula, fino a quando una voce a me familiare urlò «Signorina sbadatella!»
Frenai sui talloni e mi girai «Miss Mary Jane!»
La direttrice era davanti a me «Noto con dispiacere che non è cambiata affatto. Lei continua a scambiare il corridoio dell'ospedale per il viale di un parco.»
«Mi dispiace.» mormorai «Direttrice, come mai si trova qui? Quando è arrivata?»
«Solo questa mattina.» rispose «Vorrei sapere se il direttore dell'ospedale vi ha messo al corrente della situazione.»
«Quale situazione? Non capisco di cosa parla.»
«Va bene ho capito. Mi segua e fra poco saprà tutto.»
«Ma non posso, ho lezione.» obiettai.
«Non si preoccupi. Sarò io a giustificarla con il professor Owens.»
Seguii la direttrice fino alla sala infermiere dove Diana, Rachel, Sarah e Nathalie ci aspettavano sedute sul divano. Se Miss Mary Jane era arrivata così all'improvviso immaginai che fosse per la questione della crocerossina da mandare in Europa. Allora l'avrebbero scelta fra noi cinque. Una di noi sarebbe dovuta partire.
«Oh Miss Mary Jane!» esclamarono e si alzarono dal divano.
«Buongiorno ragazze, come state?» le salutò lei.
«Vedrete, ora ci dirà chi hanno scelto come crocerossina.» bisbigliò Sarah impanicata.
«Non è possibile, io pensavo che l'America non sarebbe mai entrata in guerra.» replicò Rachel.
«Se avessi saputo tutto questo non sarei mai diventata infermiera.»
«Non voglio andare in un ospedale militare. Ho paura, so che non resisterei.» piagnucolò Nathalie.
«Ma perché devono mandare una di noi? In fondo siamo solo delle allieve, non siamo ancora diplomate.»
«Penso ai miei genitori poverini, sarebbero disperati.»
Diana era l'unica rimasta in silenzio.
«Avvicinatevi ragazze, devo parlarvi.» disse seria Miss Mary Jane «Mi fa piacere rincontrarvi. È la prima volta che ci vediamo da quando siete state assegnate qui. Vi porto i saluti di tutte le vostre colleghe dell'ospedale Saint Joseph.» fece un respiro profondo e annunciò «Come direttrice della scuola Mary Jane, sono venuta qui a Chicago espressamente per comunicarvi che una di voi dovrà partire per raggiungere l'Europa come crocerossina.»
Lo sapevo. Non ne ero sorpresa, ma ero ugualmente agitata.
«Già altri ospedali hanno inviato le loro infermiere in aiuto dei colleghi europei e tutti stanno lavorando molto duramente.» continuò Miss Mary Jane «Cinque fra le migliori ragazze del Santa Johanna saranno mandate in Italia, mentre soltanto una della scuola Mary Jane, cioè una di voi, partirà per la Francia.»
«Chi sarà?» domandò ansiosa Nathalie.
«Non lo so, perché non sarò io a deciderlo. Dovrete farlo voi. Dovrà essere una volontaria.»
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Nathalie, Rachel e Sarah stavano tremando.
Se fossi partita, non avrei più potuto vedere i miei più cari amici: Peter, Patrick, Annie, Kriss, Tom, Jimmy e tutti gli altri. Ma ormai quello era il mio lavoro. Avevo scelto di essere un'infermiera e non potevo tirarmi indietro. Laggiù avevano bisogno anche di me. Scacciai dalla mente il pensiero di Terence. Non dovevo pensare a lui in quel momento. Dovevo andare. Mi sarei offerta volontaria.
Feci un passo in avanti «Miss Mary Jane...»
«Voglio andare io direttrice. Ho deciso di partire per la Francia.» mi interruppe Diana decisa.
«Signorina Hamilton, sono molto fiera che lei abbia preso questa decisione. E voi ragazze tornate pure al vostro lavoro. Voglio restare sola con Diana.» affermò Miss Mary Jane giudiziosa.
«Si direttrice.» annuirono Nathalie, Sarah e Rachel e sollevate uscirono dalla stanza.
Rimasi immobile. Diana era stata molto più decisa di me. Io avevo esitato.
«È ancora qui? Si può sapere cosa aspetta?» mi domandò la direttrice.
«Niente.»
«E allora esca subito, se ne vada. Deve smetterla di essere così lenta. A ogni ordine deve scattare.» replicò Miss Mary Jane e uscii.
«Menomale, Diana ci ha salvate. Se lei non si fosse offerta come volontaria, chissà chi avrebbero scelto.» stava dicendo Sarah in corridoio.
«Siamo state fortunate. Se avessero scelto me, i miei genitori di sarebbero disperati. Sono figlia unica.» affermò Nathalie.
«Diana è una ragazza forte. Ha preso la decisione con molta freddezza. Avete visto com'era calma? Non ha pensato che potrebbe anche essere uccisa?»
Io non avevo i genitori, ma Diana si. Perché avevo esitato? Perché non avevo parlato a voce alta?
Qualche minuto dopo, Diana ci raggiunse in sala infermiere.
«Ciao Diana, cosa ti ha detto la direttrice?» volle sapere Rachel.
«Niente.»
«Hai tutta la nostra ammirazione. Mi ha molto sorpreso la tua decisione. Se non siamo partite lo dobbiamo solo grazie a te.» continuò.
«Non dovete ringraziarmi ragazze. Voi non mi dovete proprio niente. La mia decisione di andare volontariamente non ha nessun rapporto con voi.» disse Diana impassibile.
«E quando dovresti partire?»
«Dopodomani penso.»
«Dopodomani? Così presto?»
«La guerra continua ad andare avanti. Le battaglie diventano sempre più cruenti e sempre più numerosi i soldati che rimangono feriti. Si aspettano nuove infermiere perché purtroppo molte di esse sono rimaste uccise.» replicò imperturbabile.
«Diana, so che domani sera devi fare il turno di notte. Posso farlo io se vuoi.»intervenni io.
«E perché?»
«Beh in fondo hai soltanto un giorno prima della tua partenza e credo che tu abbia molte cose da fare. Accetti?»
«No, ti ringrazio. Penso di farcela ugualmente da sola.»
Se fosse capitato a me di partire per la Francia, avrei cercato di salutare tutte le persone a cui volevo bene. Sarei andata a trovare Miss Pony e Kimberly, Tom, Jimmy e il signor Cartwright, Annie e tutti gli altri. Ma erano troppi, non ce l'avrei fatta a incontrarli tutti. E poi avrei voluto vedere Terence, ma non per pochi minuti come era successo l'ultima volta. Avrei voluto stare con lui più a lungo. Io desideravo vedere un sacco di amici, mentre Diana avrebbe pensato ai suoi genitori. La sera prima della sua partenza, andai a parlarle.
«Des, anche tu sei venuta per ringraziarmi?» mi disse, quando mi vide nell'ufficio d'ingresso del pronto soccorso.
«No, voglio solo parlarti. È importante e piuttosto personale.»
«D'accordo, però se non ti dispiace vorrei andare in giardino.» la seguii nel parco dell'ospedale. A quell'ora non c'era nessuno e nonostante fosse sera, non faceva freddo.
«Avanti, che cosa devi dirmi?»
«Anch'io voglio andare in Francia. Partirò al tuo posto Diana.» annunciai decisa.
«Cosa? Ma ti rendi conto di quello che dici?» esclamò sorpresa.
«Certo e me ne rendo conto perfettamente. Hai ancora i genitori non è vero?»
«Si, e ho anche due fratelli più grande, due sorelle e un fratellino più piccoli di me.» rispose.
«Così tanti? Ma allora è assolutamente necessario che io parta al tuo posto. Sarebbe più giusto che restassi tu.» le dissi.
«Des, ormai ho deciso di andare e non permetterò a nessuno di intromettersi nelle mie decisioni. Vorrei sapere perché mi hai fatto una richiesta del genere.» replicò.
«Perché tu hai i genitori e i tuoi fratelli si dispererebbero sapendoti in pericolo, mentre per me sarebbe ben diverso. Io non ho una famiglia. Non l'ho mai avuta.»
«Ho fatto bene a prendere questa decisione. Non penso sia necessario comunicarlo alla mia famiglia. Non credo gliene importi molto. Non hanno mai dimostrato molto attaccamento nei miei confronti. Non devi preoccuparti. A nessuno della mia famiglia farà dispiacere se io vado a lavorare in un ospedale da campo. Mio padre è spesso ubriaco e litiga con mia madre. Quanto ai miei fratelli non sono certo migliori, pensano solo a se stessi. Sono molto egoisti. E tu vieni a dirmi che loro si preoccuperebbero per la mia vita? Ma non farmi ridere, Des. È meglio smetterla. Lo sai che non sopporto tali sentimentalismi.»
«Ma Diana io...»
«Ormai dovresti conoscermi. Io odio chi si intromette nelle mie faccende e tu osi chiedermi di andare al mio posto? Ma chi ti credi di essere?»
«Io volevo soltanto evitare che ti succedesse qualcosa di grave.» mormorai.
«Ma che cosa stai dicendo? Vorresti salvarmi? Che cosa pensi? Che abbia paura di morire, non è vero? Ho deciso e sono preparata a qualsiasi cosa. Aspettavo questo momento da molto tempo ormai e non sarai certo tu a farmi cambiare idea. E se ho deciso di partire non è per eroismo, ma soltanto perché è mio dovere.» concluse e tornò dentro correndo.
Povera Diana. Avevo sbagliato ancora con lei. Non avrei dovuto parlarle di cose così personali come la sua famiglia. Il suo carattere e il suo modo di pensare era molto diverso dal mio. Lei aveva i genitori, io no, ma Miss Pony, Kimberly e gli altri bambini mi avevano dato il calore e l'affetto di una vera famiglia. Se avessimo avuto la possibilità di parlare, saremmo senz'altro diventate amiche. Peccato che il giorno dopo sarebbe dovuta partire. Avremmo dovuto dirci addio e forse non ci saremmo viste mai più.
La mattina dopo, Diana salì in carrozza. «Grazie per il suo aiuto capo infermiera.» la salutò.
«Buona fortuna Diana.»
«Des, grazie per la tua collaborazione.» mi strinse la mano.
«Beh Diana, mi dispiace per quello che è successo ieri sera. Non volevo ferirti. Mi perdoni?» le chiesi.
«Non devi preoccuparti per me, Des. Andrà tutto bene. Sono certa che non mi succederà niente di grave.» era più calma della sera precedente «Mi dispiace non essere riuscita a volerti bene come meriti. Non ho avuto molta simpatia per la tua allegria, ma sono certa che diventerai una bravissima infermiera.»
«Lo spero. Ti auguro di tornare sana e salva.»
«Addio Des, auguri anche a te e tanta fortuna.»
«Diana, credo sia ora di andare.» disse la capo infermiera.
«Speriamo di vederci presto ragazze, addio.» salutò Rachel, Nathalie e Sarah e la carrozza partì. La guardai andare via per l'ultima volta.
Nonostante tutto, io rispettavo i suoi sentimenti. La nostra sarebbe potuta essere una bella amicizia.
✩✩✩
Erano passati alcuni giorni dalla partenza di Diana e ancora non ero riuscita ad abituarmi all'idea che fosse diventata una crocerossina e che doveva lavorare in un ospedale da campo. Quando era seduta alla sua scrivania avevo desiderato spesso di restare sola, ma ora era diverso. Anche se non volevo ammetterlo, sentivo la sua mancanza.
«Buongiorno a tutti.» entrai nella camerata degli adulti.
«Che è successo all'infermiera Iceberg?» mi domandò un paziente «È qualche giorno che non la vedo.»
«Non è carino chiamare Diana in questo modo.» replicai.
«Però questo soprannome le si addice molto perché è fredda proprio come il ghiaccio.» ribatté e tutti scoppiarono a ridere.
«Diana è partita come volontaria per un ospedale militare in Francia.» dichiarai seria.
«Ci dispiace essere stati scortesi, ma non ne sapevamo nulla.» risposero sinceramente dispiaciuto «Dobbiamo pregare perché torni sana e salva.»
Diana non aveva messo al corrente i suoi genitori perché pensava non si sarebbero preoccupati per lei. Ero certa che le volessero bene, come le volevano bene anche i suoi pazienti che avevano pregato per lei. Sapevo che non mi sarei dovuta impicciare nelle sue faccende personali, ma avevo deciso che quando avrei avuto il mio giorno di libertà sarei andata ad avvertire la sua famiglia. Anche se eravamo state compagne di stanza per molti mesi, non sapevo il suo indirizzo, pertanto andai a chiederlo alla segretaria dell'ospedale.
«Diana... Diana Hamilton.» cercò nei registri «Ecco il suo indirizzo. È qui a Chicago.»
«Grazie, lei è molto gentile.» risposi.
La famiglia di Diana abitata un po' lontano dall'ospedale, ma ce l'avrei fatta a tornare entro il mio turno del pomeriggio. Mi diressi in centro a cercare una carrozza per andare fino al quartiere dove vivevano i suoi genitori, quando qualcuno suonò il clacson. Mi girai di scatto.
«Ei ciao Des!» mi salutò Patrick dalla sua auto.
«Patrick!»
«Oggi è il tuo giorno libero, vero?» mi chiese.
«Si.»
«Perché non me l'hai detto prima? Potevamo organizzare una giornata divertente.»
«Devi scusarmi Pat, ma oggi ho deciso di andare a trovare la famiglia di Diana.» gli risposi.
«Vai a casa di Diana? Beh posso accompagnarti io se non ti dispiace.»
«Non vorrei disturbarti.»
«Su dai, non essere sciocca, non mi disturba affatto, anzi mi fa piacere.» si offrì.
«Stai dicendo sul serio?»
«Certo, sono a tua disposizione per tutto il giorno.»
«Grazie.»
«Lo sai che mi piace stare con te Des.»
Salii in macchina e raccontai di Diana a Pat.
«Ah ho capito. Diana è partita come crocerossina. È davvero una ragazza in gamba.»
«Si, è vero. Ma lo sai che se n'è andata senza dire niente ai suoi genitori?»
«E vuoi metterli tu al corrente?» mi chiese.
«E non dovrei farlo?»
«Al tuo posto farei la stessa cosa.»
«Grazie, adesso mi sento meglio.» dissi sollevata. «Pat guarda la macchina sta andando a fuoco!» esclamai allarmata.
«Si ogni tanto lo fa.» rispose tranquillo.
«Ho paura Pat.»
«Non preoccuparti Des. Si è soltanto surriscaldato il motore, sta tranquilla. Adesso ci fermiamo subito.» Pat accostò. Usò la pompa d'acqua e il fumo si esaurì.
«Ah meno male!» esclamai. Mi venne in mente quello che gli avrei dovuto dire prima di quel piccolo incidente «Ti volevo chiedere di Kriss.»
«Ah ho ricevuto una sua lettera l'altro giorno» mi disse. Ora che Kriss viveva da sua nonna Martha, non ci vedevamo molto spesso.
«Come sta?»
«Sta bene e ti manda i suoi più cari saluti.»
«Hai visto com'è bello qui?» gli dissi cambiando discorso. Eravamo arrivati poco fuori Chicago. C'era tanto verde e la natura era rigogliosa.
«Pensa che in Europa posti come questo vengono usati per combattere.» Pat si rattristó «In questo periodo ci sono soldato americani che si arruolano per andare a combattere in Europa.»
«Chissà dove sarà Diana adesso.» mormorai.
«Pensi che Diana sarebbe partita se avesse avuto un fidanzato?» mi chiese serio Pat.
«Penso proprio di sì Pat. Lei crede molto nel suo lavoro. Gli ha dedicato tutta se stessa con una dedizione assoluta.»
Risalimmo in auto e arrivammo nel quartiere dove abitavano gli Hamilton. Scesi dalla macchina e chiesi informazioni a un signore. «Ah Diana Hamilton, la figlia di Hamilton. La loro casa è laggiù, in fondo alla strada.» mi spiegò.
«Andiamo Pat.» gli dissi. La casa che mi aveva indicato il signore era piuttosto fatiscente e degradata. Bussai, ma nessuno rispose, perciò entrai. Una signora alquanto grassottella stava bevendo una bottiglia di vino attorno a un bancone.
«Mi scusi, lei è la mamma di Diana?» chiesi.
«Perché? Voi chi siete?» replicò sgarbata.
«Io sono un'amica di sua figlia signora. Mi chiamo Destiny.» mi presentai.
«Anch'io sono un amico di Diana, mi chiamo Patrick.» mi sostenne Pat.
«E cosa siete venuti a fare qui? È Diana che vi manda?»
«No.»
«Se mi domandate dove sia Diana la risposta è questa. Io non lo so. Da quando se n'è andata per fare l'infermiera non ne ho saputo più niente.» continuò brusca.
«Come? È stata Diana ad andarsene di casa?» esclamai meravigliata.
«Già. In questa famiglia ognuno fa quello che vuole. Non hanno un briciolo di riconoscenza per me che ho lavorato tanto.» replicò la madre.
«Non si preoccupi. Diana sta diventando una brava infermiera e vi aiuterà.» la rassicurai.
«Se n'è andata via senza preoccuparsi di lasciare la sua famiglia. Preferisce aiutare gli altri e ora lei dice che penserà a noi? Tutto questo è veramente comico.»
«È qui il signor Hamilton?» il postino bussò alla porta.
«Si.»
«C'è un pacco per lui.»
«Ah si? Nessuno ci manda mai niente. Ma di chi può essere?» domandò sorpresa la signora Hamilton e aprì il pacco «È di Diana»
«Cosa?»
La mamma di Diana iniziò a leggere la lettera a voce alta «Cara mamma, sto bene e studio molto. Presto sarò una brava infermiera. Sto partendo per l'Europa dove farò un corso speciale. Nel pacco c'è una spilla per papà, una spilla per te e tante caramelle. Inoltre ci l'andò un piccolo salvadanaio dove troverete tutto quello che sono riuscita a risparmiare. Con affetto, Diana.»
«Ah sono soltanto pochi spiccioli.» esclamò quando tirò fuori il salvadanaio «E con questo vuole rimediare al torto che ci ha fatto andandomene via? Che stupida ragazza!»
«Non deve dire così. Diana è molto brava.» obiettai.
«Davvero? E come può dimostrarlo?»
«Lo dimostra il fatto che non ha scritto nella sua lettera che è andata volontaria in Europa. È diventata una crocerossina. Lavorare in un ospedale militare è molto pericoloso, lo sa?»
«Se è vero che sta facendo la crocerossina perché non me l'ha scritto? Io sono sua madre, perché mi ignora?»
«L'ha fatto soltanto perché non voleva che lei si preoccupasse troppo.» affermai.
«Sua figlia è eccezionale. Malgrado la sua vita è in pericolo, ha pensato di mandarvi tutti i suoi risparmi.» aggiunse Patrick.
«No, ho una figlia completamente pazza se ha scelto quel mestiere. È voluta andare in Europa...» bevve un altro bicchiere di vino «ci resti allora.»
«L'infermiera svolge un lavoro importante.» iniziai «Curare i soldati feriti è una cosa piena di ammirazione. Inoltre bisogna amare il prossimo e avere un notevole spirito di sacrificio per fare questo lavoro e posso dire che Diana è la persona più adatta per farlo. Anch'io ho creduto che Diana odiasse la sua famiglia, ma ora ho capito che non è vero e sono la prova tutti questi regali che vi ha mandato. Dal profondo del suo cuore vi vuole bene.»
«Andate via!» sbraitò la signora Hamilton e io e Patrick uscimmo. Prima di chiudere la porta, mi voltai. La madre di Diana stava piangendo e teneva stretta la spilla che le aveva regalato la figlia. Ero veramente contenta di essere andata lì perché avevo capito meglio Diana. Speravo tanto che la sua famiglia trovasse l'amore e l'armonia.
«Eccoci Des.» mi disse Patrick dopo aver accostato di fronte all'ospedale.
«Grazie di avermi accompagnato Pat.» lo ringraziai.
«Grazie a te Des. Ho imparato qualcosa oggi.»
«Anch'io. Ci vediamo presto.»
«Certo, ciao.»
Indossai l'uniforme e mi preparai per andare in corsia. All'improvviso sentii una confusione arrivare dal corridoio e mi fiondai fuori.
«Rachel, che succede?» le chiesi preoccupata.
«Des, è stato ricoverato una spia.» mi riferì.
«No Rachel, non ne sono ancora sicura, però dicono che è un criminale.» mormorò Sarah.
«Tutto questo mi sembra abbastanza strano. Perché hanno ricoverato nel nostro ospedale uno straniero venuto dall'Europa?» disse Nathalie.
«Viene dall'Europa?» esclamai.
In quel momento passarono dei dottori trasportando una barella.
«Spostatevi ragazze, fate passare, è urgente» ordinarono. Guardai il ferito. Era molto pallido, sembrava morto. Trattenni il respiro. Gli stessi occhi, la stessa bocca. Albert, l'unica persona che mi aveva sempre aiutata nei momenti difficili, era esanime a pochi metri davanti a me.
«No, non può essere Albert.» mormorai. Non riuscivo a credere ai miei occhi. Io pensavo fosse in Africa. Come mai era in Europa? Nella mia mente turbinavano molte domande, alle quali però nessuno dava risposta.
Ciao ragazzi✨🤩,
Des non fa in tempo ad essere felice per aver rivisto Terence, che la direttrice della scuola Mary Jane è arrivata a Chicago per comunicare che una delle ragazze dovrà andare in Francia per lavorare come crocerossina negli ospedali da campo. Diana si offre volontaria e anticipa sul tempo Des che era pronta a rinunciare a tutti i suoi amici per la sua missione. Des vorrebbe andare al suo posto ma Diana rifiuta seccamente e parte decisa. Le confessa di aver una famiglia difficile alle spalle e questo l'ha resa molto fredda e indifferente ai rapporti umani. Non considera Des una sua amica, ma la rispetta per l'impegno e la serietà che mette nel suo lavoro. Des pensa che se avessero avuto più tempo a disposizione sarebbero diventate amiche.
Dopo la partenza di Diana, Des è incuriosita dalla famiglia della collega e va a trovarli insieme a Patrick. Gli Hamilton sono divisi dalla povertà e dall'alcool. Des cerca di riconciliarli e la madre sembra comprenderne lo spirito.
Appena torna in ospedale, un uomo viene ricoverato urgentemente. Arriva dall'Europa. Des rimane molto sorpresa perché riconosce in lui il suo caro amico Albert.
A presto,
Carla💗
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