22. Un incontro inatteso
Era notte fonda quando sentii aprire la porta e qualcuno entró nella mia stanza cadendo a terra.
«Oddio» esclamai spaventata alzandomi dal letto.
Guardai la figura accasciata a terra e la riconobbi subito. Era Terence.
«Dio santo, Terence, cosa diavolo ti è successo? Perché sei venuto nella mia stanza?» gli chiesi preoccupata.
«Non sono venuto di proposito. La persona che mi ha accompagnato, ha sbagliato» mormorò dolorante.
«Ma quello è sangue, sei ferito. Dimmi come ti è successo.» accesi la luce e vidi che perdeva sangue dalla gamba.
«Un tizio mi ha offeso e io ho reagito» mi raccontò stravolto.
«E così ti ha ridotto in queste condizioni?» realizzai.
«Purtroppo non era solo, c'erano alcuni amici che si erano uniti a lui. Se non fosse stato per un passante, io sarei morto.» continuò.
Oh, Gesù. Il suo alito puzzava di alcool.
«Hai bevuto molto, vero?» constatai.
«Perché? Si sente?» scherzò Terence alitandomi addosso.
«Smettila!» urlai.
«Stai zitta! Non devono sentirci.»
«Ma ti hanno ferito con un coltello.» realizzai, guardando la ferita.
«Già.»
«Bisogna fermare il sangue.» gli dissi.
Presi un asciugamano e glielo strinsi attorno al polpaccio.
«Con questo fazzoletto il sangue, non uscirà più.» gli assicurai.
«Non stringere troppo, "Tarzan".» protestò.
«Devi stare zitto, altrimenti riprenderà a sanguinare.» lo ammonii.
«Ahi! Questa sarebbe la tua vendetta per averti chiamato Tarzan!» si lamentò.
«Il mio nome è "Tarzan con le lentiggini", l'hai forse dimenticato?» lo provocai.
«Ma certo Tarzan tutte lentiggini, adesso mi viene in mente!» si illuminò.
Perché non riuscivo mai a stare zitta?
«Andrò via non appena mi sentirò un po' meglio. Avresti dei grossi guai se mi trovassero qui.» mi disse, quando finii di fasciarlo.
«Non parlare, stai male e sei tutto sudato.»
Gli stava salendo la febbre e avevo un urgente bisogno di qualcosa per disinfettare la ferita.
Le cure di primo soccorso non sembravano sufficienti e, oltretutto non avevo nessun tipo di farmaco in camera. L'infermeria era chiusa a quell'ora e non potevo certo chiedere aiuto alla professoressa White.
Presi due cuscini e glieli misi dietro la schiena.
«Con questi starai meglio. Io esco a cercare una farmacia.» lo informai mentre mi infilavo il cappotto.
«Che dici? Tu non puoi uscire di notte e lo sai.» esclamò preoccupato.
«È rischioso trascurare una ferita del genere. Potrebbe peggiorare. E poi sei fortunato, non sono il tipo che sviene alla vista di un po' di sangue.» gli dissi mentre indossavo gli stivaletti.
«Des, sta' attenta» mormorò. Era la prima volta che mi chiamava così.
«Non andare!» cercò di trattenermi lui, ma io avevo già aperto la finestra.
«A presto.» lo salutai.
Arrivai alla collina. A quell'ora si vedeva Londra completamente illuminata. Le luci della città viste da lì erano da mozzare il fiato. Sembravano luccicanti stelle, nate dalla terra come se fossero rose. Scavalcai le mura e incominciai a vagare per le vie di Londra. Le stradine erano illuminate, ma non c'erano farmacie aperte nel vicinato. In piena notte erano aperti solo i locali che vendevano alcolici. Sperai che Terence non andasse in quei postacci a bere. La sua ferita era abbastanza profonda e necessitava al più presto cure mediche. Ero ormai presa dal più totale sconforto, quando sentii una voce in lontananza che chiamava il mio nome. La voce insisteva e il panico mi assalii.
«Des! Ehi Des aspetta!»
«Come sai il mio nome?» urlai terrorizzata. Io non conoscevo nessuno a Londra.
Un'ombra girò la stradina e la luce dei lampioni schiarì il suo viso «Ciao Des, mi riconosci? Non ti ricordi di me?»
«Non ci posso credere... Albert!» esclamai sollevata.
Non aveva più la barba e i baffi, ma il suo sorriso e la sua voce erano gli stessi.
«Caro Albert, come stai?»
«È passato tanto tempo.»
«Sono molto contenta di rivederti.» avevo sempre sperato di poterlo rincontrare un giorno, ma non mi ero aspettata di incontrarlo qui a Londra.
«Sei cresciuta e sei più carina» mi disse.
«Anche tu sei più bello.» commentai.
«Ti ringrazio, ma io sono sempre stato bello.» scherzò lui.
«Non credevo che tu fossi così giovane, la barba e i baffi ti invecchiavano, lo sai?» gli dissi sincera.
«Se vuoi posso dirti la mia età. Ho soltanto 22 anni e mi è dispiaciuto moltissimo tagliarmi la barba e i baffi, ma sono stato costretto a farlo.»
«E perché?» gli domandai curiosa.
«Conosci la mia passione per gli animali. Pur di vivere accanto a loro, ho rinunciato al mio aspetto selvaggio e ho chiesto di poter lavorare allo zoo.» mi raccontò.
«Adesso lavori come guardiano allo zoo?»
«Esatto. Lo zoo si chiama Blu river. Non è molto grande, ma è ben attrezzato. Puoi venire a trovarmi qualche volta.» continuò sorridente.
«La prossima domenica ci fanno uscire e verrò a trovarti.» gli riferii.
«Guarda che ci conto, ma perché ti trovi qui a Londra?» mi domandò.
«Ti ricordi gli Andrew? Mi hanno mandata a studiare in una scuola inglese e questa sera sono uscita per andare a comprare una medicina... già la medicina!»
«Cosa?»
«Si, ho bisogno di una medicina per un mio... amico. È stato ferito a una gamba.» gli raccontai.
Pensò un attimo perplesso, poi mi disse come colto da un'illuminazione «Hai detto un ferita ad una gamba? Ed è molto profonda?»
Annuii «Si devo trovare qualcosa per medicarlo e tornare subito da lui.»
«Seguimi. So dov'è una farmacia aperta a quest'ora, vieni.» dichiarò.
Dopo avermi guidato alla farmacia, Albert mi accompagnò fino alle mura della scuola.
«Grazie per tutto, Albert. Non so proprio come avrei fatto senza di te. Mi piacerebbe rimanere a parlare ancora, ma...» lo ringraziai.
«Devi portare la medicina al tuo amico» concluse lui.
Mi aiutò a scavalcare le mura della scuola e mi salutò «Ricordati di venirmi a trovare allo zoo.»
«Certo, te lo prometto.» gli assicurai.
I lunghi capelli biondi Albert scomparvero nelle viuzze inondate dal bagliore della luna e io ritornai nella mia stanza. Le finestre erano aperte e non c'era nessuna traccia di Terence.
Non ci potevo credere. Se n'era andato. Io avevo rischiato di essere espulsa per aiutarlo e lui, che faceva? Se ne andava senza neanche salutarmi?
Ero arrabbiata, arrabbiatissima. Per venire di corsa da lui, non mi ero fermata a parlare con il mio amico Albert, che non vedevo da moltissimo tempo. Lo maledii in tutte le lingue possibili e immaginabili. Battei i piedi a terra e lanciai le medicine.
«Vai al diavolo, Terence!» urlai.
Qualcuno bussò alla porta della mia stanza. Dannazione! Mi misi sotto le coperte con indosso ancora il cappotto e gli stivali e la professoressa White entrò.
«Signorina Andrew? Tutto bene?» mi domandò.
Mugolai un "lasciami stare" e la professoressa chiuse la porta.
Avevo rischiato grosso. Mi cambiai e tornai a dormire. La rabbia verso Terence lentamente cominciò a scemare. Se Terence non fosse venuto nella mia stanza, io non avrei mai rincontrato Albert. E Terence doveva stare decisamente meglio se era riuscito ad tornare in camera sua. Con quei pensieri che mi assillavano la mente finalmente mi addormentai.
Era passata più di una settimana dalla notte in cui Terence era rimasto ferito. Non l'avevo più visto in giro ed ero preoccupata. Un pomeriggio incontrai Patrick in cortile e gli chiesi «Hai visto in giro Terence Granchester ultimamente? È da un po' che non si fa vedere e pensavo che...»
«Qualche giorno fa faceva fatica a camminare. Adesso zoppica un po', ma si è ristabilito» mi tranquillizzò Patrick e feci un sospiro di sollievo.
Dopo aver salutato Pat, mi diressi alla collina dove mi distesi supina sull'erba con le braccia incrociate sotto la nuca. Quella era la prima volta che vedevo la collina ricoperta da tanto verde. Gli alberi cominciavano a germogliare ed erano nate le prime margherite. Quella lieve brezza primaverile soffiava sicuramente anche là, nella mia amata collina di Pony. Pensai che le lettere che io e Annie avevamo scritto qualche settimana prima fossero già arrivate.
"Visto che Terence si è ripreso, potrebbe degnarsi di venire a ringraziarmi" mormorai, e all'improvviso lo vidi in piedi dietro di me.
La sua figura alta e snella si stagliava nell'azzurro terso del cielo. Riuscivo a scorgere il contorno della collina e il netto contrasto con l'orizzonte e l'infinito.
«Ei principessa, stai per caso aspettando il bacio del principe azzurro?» mi domandò.
«Vedo che stai meglio. Ero preoccupata»
«Non ti devi preoccupare per uno come me, signorina Tarzan tutte lentiggini.» ribatté.
«Smettila di chiamarmi così. Lo sai che quella notte ho girato tutta la città per trovare una farmacia?» gli dissi irritata.
«Non te l'ho mica chiesto io» replicò.
«Ti ricordo che l'ho fatto per te.» marcai la sillaba te.
«Non sforzarti di essere gentile con me» i suoi occhi diventarono stranamente freddi e aspri.
«Non illuderti, io non ho alcuna intenzione di essere gentile con chi non se lo merita.» puntualizzai.
Non lo sopportavo più. Come faceva ad essere così cinico e sfacciato? Mi diressi verso la mia camera e lui rimase immobile e imperscrutabile in piedi a guardare dalla collina perso nei suoi pensieri come se nascondesse dentro di lui muto disprezzo. Quella sera promisi a me stessa di non pensare più a lui e di ignorarlo.
L'ultima domenica del mese era finalmente arrivata e non vedevo l'ora di andare a trovare Albert. Annie e Kriss erano rimaste un po' deluse e amareggiate quando le informai che non avrei trascorso la domenica con loro, ma avevo promesso ad Albert che sarei passata e avrei mantenuto la mia parola. Il "Blu river" mi fece da subito un'ottima impressione. La biodiversità era immensa, c'erano moltissime specie di animali tutelati, soprattutto quelle a rischio d'estinzione. La segretaria all'ingresso mi indicò la casetta di Albert e, dopo aver attraversato quasi metà parco arrivai. Bussai alla porta e la voce calorosa e cordiale di Albert mi invitò a entrare. Non riuscii a rispondere perché vidi Terence che teneva in mano un bicchiere di birra.
«Ciao Destiny.» mi salutò Terence.
«Voi due vi conoscete?» si intromise Albert.
«Frequentiamo la stessa scuola» rispose Terence per me e io gli fui veramente grata perché non sapevo affatto cosa dire.
Albert fece una gran sorriso «Ho qui con me i due allievi più ribelli della "Saint Paul school"»
«Ribelli?» domandai scettica.
«Certo. Tu Des, sei molto vivace e non perdi occasione per infrangere le regole di quell'istituto, mentre lui si batte nel cuore della notte con perfetti sconosciuti.» mi spiegò.
«Quindi sei stato tu a salvare Terence quella notte» realizzai.
«Si, proprio così. Se Albert non fosse passato in quel momento mi avrebbero ucciso. Però...» disse malizioso Terence «...ecco mi hai fatto anche un altro grande favore. Quello di lasciarmi nell'ala riservata alle ragazze.»
«E così sei venuto da me» conclusi.
«Come potevo immaginare che lì ci fossero le ragazze? E come potevo sapere che la medicina che ho comprato fosse per te?» rispose Albert divertito.
«Albert, tu devi essere molto forte.» gli dissi.
«Beh, vedi a volte anch'io faccio a pugni.»
«Allora, anche tu sei un tipo ribelle, Albert» constatò Terence.
«Proprio così, e credo che lo sarò per tutta la vita.» replicò Albert.
«Anch'io.» Terence scoppió a ridere e Albert si unì a lui.
La luce che entrava dalla finestrella in alto faceva splendere i capelli di Terence e il suo sorriso era sincero. Era dannatamente bello. Io avevo giurato di non pensare più a lui, ma non ci riuscivo. Pensavo a lui sempre più intensamente. Lo rivedevo in tutti i suoi atteggiamenti, quando era triste, quando era allegro, quando era violento. Non potevo fare a meno di sentirmi turbata.
Ciao ragazzi😊,
dopo che Annie torna a sorridere e torna ad essere la sua più cara amica, Des in piena notte riceve l'inattesa visita di Terence, ferito per aver avuto una rissa in città. La ragazza si accorge che sta perdendo molto sangue e decide di andare in città violando le regole della scuola in cerca di una farmacia.
Qui trova Albert, che ora lavora in uno zoo. Durante il suo giorno di libertà, Des lo va a trovare e incontra anche Terence che è venuto a ringraziare Albert per averlo aiutato la notte del ferimento. La ragazza resta senza fiato nel vedere un Terence così diverso, così sereno e tranquillo.
Commentate e stellinate🌟,
la vostra opinione é sempre importante per me.
un abbraccio,
Carla💗
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