20. Una domenica inaspettata
Una sera Kriss entrò nella mia stanza «Ho incontrato un ragazzo con gli occhiali che mi ha pregato di darti questa lettera.» arrossì e me la porse «Tieni.»
«Oh, era Patrick, grazie Kriss.» aprii la busta «Che cosa vorrà? Kriss, guarda anche tu.»
Non era una lettera normale, ma un codice.
«Ma certo, è l'alfabeto Morse!» esclamò.
«Quello con cui fanno i telegrammi?» le chiesi.
All'improvviso vedemmo dalla nostra finestra delle luci provenienti dai dormitori maschili.
«I segnali corrispondono alle lettere? Kriss aiutami, cosa dicono?»
Kriss prese l'alfabeto e provò a decifrare i segnali: tre punti e un trattino, V, due puntini, I, un punto, E, tratto punto, N, due puntini I...
«Abbiamo cioccolata, vieni subito per favore.»
«Certo, andrò subito da loro. Kriss, perché non vieni con me?» le proposi.
«Ma no Des, ma tu dove vai?» mi chiese incredula.
«Vado a trovare Peter e Patrick, ovvio.» le dissi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Lo sai che non si può.»
«Non mi vedrà nessuno.» la tranquillizzai.
«Non farlo!» urlò.
«Piano! Vuoi che mi scoprano?» presi la corda di Tom da sotto il letto, saltai fuori dal balcone e mi arrampicai sull'albero del cortile. «Sta tranquilla, Kriss, ciao. Ti porterò della cioccolata.»
Cominciai a fare la scimmia tra un ramo a un'altro come a Lakewood aggrappandomi alla fune. Patrick e Peter mi aspettavano sul loro terrazzino e quando mi videro appollaiata su un ramo fecero un sorriso a trentadue denti.
«Lasciatemi spazio, ragazzi!» presi lo slancio e caddi col sedere sul terrazzo.
«Ti sei fatta male?» mi domandò preoccupato Peter.
«No.» risposi dolorante. Mi ero disintegrata il sedere.
«La prossima volta metteremo un cuscino» disse Patrick soffocando una risata.
«Sarebbe meglio» confermai io massaggiandomi la schiena.
«Vieni entriamo. Se ti trovano qui sono guai.»
Peter mi accolse nella loro stanza e chiuse le tende che davano sul cortile.
Visto che erano fratelli, avevano concesso loro una stanza doppia. Diedi un'occhiata intorno. Era il doppio della mia. Mi accomodai sul divanetto e Patrick iniziò a preparare il tè e mi offrì dei cioccolatini. Mi chiesero come mi stavo trovando a scuola. Io risposi che andava tutto bene. In fondo eccetto Amanda, Steve e Terence la scuola non era poi così male. Dopo un po' mi annoiai a parlare solo di me. Volevo sapere qualcosa in più sui miei migliori amici.
«Ditemi una cosa. Chi è il ragazzo che occupa la stanza accanto alla vostra?» domandai iniziando a sorseggiare la tazza di te.
«Un tipaccio» rispose Patrick «Ti ricordi quell'individuo che in chiesa non ha fatto altro che disturbare tutti?»
«Terence?» domandai sbalordita.
«Si, proprio lui. Quel Terence Granchester.» sbuffò Peter.
«Si, l'altro giorno ha colpito Peter» mi fece sapere Patrick.
«Davvero? E perché?» guardai di sottecchi Peter che si era rabbuiato.
«Pensavo di tornare nella mia stanza, invece ho aperto la porta della sua» mi raccontò Peter con un'espressione furiosa «Lui stava uscendo, gli chiesi scusa precisando che mi ero sbagliato e lui mi ha dato un pugno avvertendomi di stare lontano dalla sua camera.»
«Se non ci fossi stato io a fermarlo giusto in tempo, Peter l'avrebbe picchiato di brutto.» aggiunse Patrick.
«Mi rifarò la prossima volta. È un ragazzo antipatico e anche presuntuoso.» continuò Peter.
«Ah, come ti capisco.» approvai.
«Perché dici così? Ha fatto qualcosa anche a te?» volle sapere Peter.
Mi rimangiai subito quello che avevo detto «No... io immagino.»
«Ah Peter, qualche sera fa, tra la posta riservata a noi ragazze c'era una lettera anche per te.» mi ricordai, cambiando discorso.
«Si, eccola qui. È proprio per Peter. È ancora chiusa.» mi spiegò solenne Patrick prendendo in mano la busta.
«Peter, perché non l'hai ancora aperta?» mi intromisi io.
«Un motivo c'è. Vuole leggerla da solo, non vuole curiosi...» lo prese in giro il gemello.
«Non mi va e basta» rispose lui.
«Beh se non vuoi leggerla...» continuò Patrick divertito «...posso buttarla via.»
«Fa' come vuoi.» assentì Peter fingendosi disinteressato.
«Ma è una lettera così importante? Di chi è?» chiesi io curiosa.
«"Al mio carissimo Peter" da Annie Brighton» disse Patrick imitando lo schiocco del bacio.
«Adesso basta!» gridò Peter infastidito.
«Annie?» domandai sbalordita.
«Si Des, devi sapere che gli manda una lettera alla settimana» continuò Patrick.
Annie scriveva ogni settimana a Peter. Non ci potevo credere.
«Ho sentito dire che anche Annie vuole venire a studiare in questa scuola.» mi informò Patrick.
«Annie vuole venire qui?» ripetei incredula.
All'improvviso qualcuno bussò alla porta «Aprite! Aprite!»
Sussultai. Era la voce della direttrice.
«Dannazione!» imprecò Peter.
«Nasconditi, Des» mi ordinò Patrick e io mi nascosi nel bagno.
La preside entrò e si rivolse ai gemelli «Peter e Patrick Cornwell, perché la vostra camera ha ancora la luce accesa a quest'ora?»
«Ah, niente, discutevamo sulla differenza di fuso orario tra l'Inghilterra e gli Stati Uniti» mentii Patrick.
«Una, due, tre tazze!» sbraitó Miss Collins guardando il tavolino.
«Io prendo sempre doppio il tè» mentii di nuovo Patrick.
Soffocai una risata, aprii la finestra e mi rifugiai sull'albero. Un minuto dopo due professoresse perlustrarono il bagno. Meno male. Tornai da Kriss.
«Ah sei tornata finalmente, Des.» disse Kriss sollevata «Ora devo andare che devo finire di preparare le cose per domenica.»
«Domenica?» ripetei perplessa.
«L'ultima domenica di ogni mese si può uscire dalla scuola e andare in città.» mi spiegò raggiante.
«Evviva! Potrò fare quello che voglio finalmente.»
Ricordavo con tanta nostalgia quando avevo tutti i giorni liberi.
✩✩✩
Il giorno della tanto attesa domenica di fine marzo arrivò.
«Ah, che meraviglia mi sembra di rinascere.» esclamò Patrick quando varcò i cancelli della scuola.
«Signori Cornwell, da questa parte.» li chiamò il cocchiere.
«Ah, la carrozza. Meno male, non avevo voglia di camminare.» esclamò sollevato Peter.
«Venite, gli altri vi stanno aspettando.» continuò il cocchiere.
«Gli altri? Ma che sta dicendo?» rispose sbalordito Patrick.
«Forse ci sarà Des. Lei sarà stata la prima ad uscire.» convenne Peter e salì in carrozza.
«Cosa? Steve? Amanda?» esclamarono i gemelli quando videro i fratelli Tempest che li aspettavano.
«Perché avete tardato ragazzi? Non sapete che la nonna Catherine ci sta aspettando?» li rimproverò Amanda.
«E Des non c'è?» chiese Peter.
«Andiamo, ci siamo tutti.» ordinò Steve al cocchiere, ignorando le parole di Peter.
«Ehi un momento, Des non c'è!» insisté Peter, ma la carrozza si stava già dirigendo verso l'hotel Savoy.
«Ha fatto un piacevole viaggio, nonna?» domandò Amanda alla signora Andrew nella camera d'albergo.
«Si, molto piacevole. Vi ho portato dei regali.» disse, poi rivolta ai gemelli che se ne stavano impalati chiese loro «Che cosa avete?»
«Come mai Des non è qui insieme a noi? Adesso bisogna considerarla una della famiglia.» iniziò Peter determinato.
«Noi le vogliamo bene come a una vera sorella. Adesso fa parte degli Andrew.» aggiunse Patrick.
«Certo, ma solo di nome.» si intromise Amanda.
«Non impicciarti, Amanda. Io sto parlando con la nonna e non con te, chiaro?» le urlò Peter.
«Ora basta, Peter ho i miei motivi per cui ho preso questa decisione.» intervenne la signora Andrew.
«E potrei sapere quali sono questi motivi?» domandò impavido Peter.
La nonna non fece in tempo a rispondere, che qualcuno bussò alla porta.
«Avanti.» rispose la signora Andrew.
Annie Brighton accompagnata dalla madre entrò nella stanza.
«Ma è Annie...» sussurrò Peter.
«Io sono molto felice di rivedervi.» li salutò Annie.
«Si accomodi signora Brighton.» la accolse nonna Catherine.
✩✩✩
«A stasera, professoressa White.» la salutai spensierata e felice mentre scendevo le scale verso il cancello.
«Non capisco dove stia andando.» replicò.
«Ma sta scherzando? Oggi è la nostra domenica di libertà. E anche se sono qui da poco ho imparato tutte le vostre regole.» risposi soddisfatta.
«Signorina Andrew, mi dispiace ma non può uscire dalla scuola. Se conosce le regole dovrebbe sapere che non può andare in città senza il permesso dei suoi genitori o dei suoi parenti.» dichiarò.
«Nessuno ha dato il permesso?» domandai delusa.
«No, signorina e ora torni nella sua stanza e si prepari per le lezioni di domani.»
Dovevo rinunciare a tutti i miei progetti. Non avevo nessuna voglia di studiare, così andai nella collina che mi ricordava tanto quella di Pony. Mi arrampicai sul maestoso albero che si ergeva al centro. Da lassù il paesaggio era ancora più mozzafiato. Se fossi stata veramente sulla collina di Pony e se ci fosse stata anche Annie io sarei stata molto felice. All'improvviso mi accorsi che non ero sola sulla collina. Un ragazzo era disteso sul prato a fumare. Quando mi avvicinai, lui si giró. Era Terence, il ragazzo che mi aveva salvata da Steve e dai suoi, sempre lui.
«Che hai? Sembri terribilmente agitata» mi disse con un'espressione divertita dipinta sulla faccia.
«Terence, non sai che non si deve fumare...» tossii «nei boschi?»
«Ti posso offrire una sigaretta?» mi chiese tranquillo.
«Non accetto niente da te.» replicai.
«Lo sai, quando ti arrabbi le tue lentiggini si vedono molto più nettamente» disse e si mise a ridere della sua stessa battuta.
«Quante volte hai ripetuto la parola lentiggini? Ti consiglio di non farlo più.» protestai.
«A quanto pare ti sono proprio antipatiche le lentiggini, non è vero signorina Tarzan?»
«Tarzan? Che diavolo vuoi dire?» domandai perplessa.
«Immagina una fune bianca che si arrotola ad un ramo di un albero e una ragazza che la usa come un liana per andare dalle stanze delle ragazze a quelle dei ragazzi.» mi spiegò.
Sbiancai. Allora Terence mi aveva visto quando ero andata di nascosto dai gemelli. Ah certo, la sua stanza era accanto alla loro.
«"Ragazza con le lentiggini" o "Tarzan" non so più come chiamarti. Che ne diresti di "Tarzan con le lentiggini"?
«E che cosa sarebbe?» esclamai sconcertata.
«Il tuo nuovo nome.» disse compiaciuto.
«Ti ricordo che il mio nome è Destiny Andrew e devi usare questo, se no è proprio inutile che mi parli» ribattei seccata.
«Okay, "Tarzan tutte lentiggini". Non ti devi arrabbiare, te l'ho detto, altrimenti le tue lentiggini si vedono ancora di più. Ma spiegami perché sei venuta qui oggi?»
«E tu perché sei venuto?»
«Perché mi piace tanto stare a scuola da solo quando gli altri sono tutti fuori.»
Che faccia tosta quel tipo, di certo all'altezza delle storie che giravano su di lui.
«Ascoltami bene, questa collina e questo albero sono molto importanti per me quindi ti proibisco di venire qui.» dissi marcando la parola "proibisco". Hai capito bene questa volta?» scesi dalla collina.
«Hai un bel caratterino eh.»
Così in tutta la scuola eravamo rimasti solo io e quell'antipatico di Terence. Che meraviglia! Immaginai come si stavano divertendo Kriss, Peter e Patrick in città. Dopo una ventina di minuti qualcuno bussò alla porta della mia camera.
«Mi dispiace Terence, ma non ci sono.» risposi seccata. Non volevo parlare con lui.
«Signorina Andrew, esca per favore.»
Oh Madonna, era la voce della professoressa White.
«Si prepari, presto. C'è una carrozza nel cortile che la aspetta.» mi informò.
«Davvero? Sono pronta. Chi può essere venuto a prendermi?» le chiesi curiosa.
«Qualcuno che viene dall'America, è...» fece per rispondere, ma la interruppi.
«Non mi dica il suo nome, voglio avere il piacere di indovinarlo da sola. Ormai non ci speravo più.»
Chi poteva essere? Miss Pony, George o Tom?
«Si diverta signorina.» mi augurò la professoressa White. La ringraziai e corsi fuori.
«Ciao Des.» un uomo mi stava aspettando davanti ad una carrozza. Anche se erano passati anni dall'ultima volta che ci eravamo visti, lo riconobbi subito.
«Signor Brighton!» esclamai.
«Prego Des, sali.»
«Annie, è qui con lei?» gli chiesi impaziente.
«Non l'ho portata Des, è in albergo.» rispose.
«Allora andiamoci, mi starà aspettando.» affermai. Avrei potuto rivedere Annie finalmente. Il signor Brighton mi guardò con tanta tenerezza.
«Adesso Des, dimmi cove vuoi andare.»
«All'albergo dove si trova Annie.» gli risposi subito.
«Vedi Des, Annie è nello stesso albergo scelto dalla famiglia Andrew.» mi spiegò a malincuore.
«C'è anche la signora Andrew?» gli domandai.
«Si.»
«Non ha molta simpatia per me.» ammisi. Prima della caccia alla volpa, le cose fra me e la nonna Catherine erano migliorate, ma dopo la morte di Anthony ci eravamo rivolte la parola di rado.
«Ascolta, mia moglie fa di tutto per nascondere che Annie non è nostra figlia ed è un'orfana della casa di Pony.» iniziò il signor Brighton.
«Lo so, signor Brighton, capisco perfettamente.»
«Grazie, te ne sono molto grato.» mi sorrise.
«Ora dimmi dove vuoi andare. Ti ci porterò.»
«Vorrei andare in un luogo senza palazzi.»
Dopo un mese in cui dovevo sempre parlare a bassa voce, volevo sfogarmi.
«All'aperto? Cocchiere, portaci nel Berkshire per favore.» disse il Signor Brighton.
Quando scendemmo dalla carrozza, il papà di Annie mi disse «Eccoci, siamo all'ippodromo, all'aria aperta.»
Non ero mai stata in un ippodromo. Entrammo e ci sedemmo nelle gradinate.
«Sai che c'è un cavallo che viene dall'America?» mi fece sapere, leggendo la rivista.
«Come si chiama?» gli chiesi curiosa.
«Adesso te lo dico.» il signor Brighton sfogliò il giornale, finché disse «Si chiama Ponyflash e correrà nella prossima corsa. È un vanto della scuderia Johnson.»
«La scuderia Johnson, del papà di Tom!» esclamai.
«Lo conosci?»
«Il proprietario del cavallo è il padre di un bambino che era nella casa di Pony.» gli spiegai.
«Che strana coincidenza.»
«È quello laggiù vero?» indicai un cavallo aitante, dal manto morello. Tom aveva sempre amato i cavalli, ero certa che l'avesse curato personalmente.
«Coraggio pony flash, sei il migliore!» urlai.
«Mi dispiace mia cara, ma quel cavallo si chiama Royal King ed è il favorito per la prossima corsa.» disse qualcuno dietro di noi.
Mi voltai. Era Terence.
«Allora qual è Ponyflash?» domandai delusa.
«È il numero 4.» rispose il signor Brighton.
«Che cosa? Quello lì?» esclamai avvilita.
Ero tozzo e aveva il manto chiaro a piccole macchie scure.
«E ti somiglia anche un po'. È coperto di lentiggini dalla testa alla coda.» continuò Terence.
«Molto spiritoso, comunque questo non gli impedirà di essere il più veloce e di vincere la corsa.» ribattei.
«Ne sei sicura? Allora scommettiamo. Se quella specie di cavallo si piazzerà almeno al 3 posto io non ti chiamerò più signorina tutte lentiggini e ti do la mia parola che ti chiamerò sempre signorina Destiny Andrew.»
«Parola d'onore?»
«Certamente. Però se vinco io, mi lascerai fumare tutte le volte che voglio. C'è anche il pericolo che quel cavallo non arrivi mai al traguardo.» concluse divertito.
«D'accordo, scommetto.» accettai.
«Molto bene, a dopo.»
«Des, chi era quel ragazzo? Perché non me l'hai presentato?» mi domandò il signor Brighton quando Terence tornò al proprio posto.
«Perché lui non merita di essere presentato.» replicai.
«Bene Des, sono partiti.» La corsa era iniziata.
«Forza Pony flash!» lo invitai.
«Peccato, sembra che Pony flash sia un po' attardato.» replicò il signor Brighton. Il mio cavallo era ultimo.
«Coraggio! Corri, fallo per me!» urlai.
«Avanti, Pony puoi farcela.» si unì il signor Brighton.
«È sempre all'ultimo posto» affermai abbattuta «un attimo sta rimontando.»
Il traguardo era vicino e stava per arrivare terzo.
«Maledizione!» urlai. Era arrivato quarto.
«Ho perso la scommessa.» dissi a Terence.
«Beh da quello che ho visto da qui è arrivato terzo.» replicò.
«Ma...» non feci in tempo a dire niente, perché Terence se n'era andato.
«Che sfortuna. Per pochi metri non si piazzava al terzo posto.» mi raggiunse il signor Brighton. Non mi ero sbagliata quindi. Era davvero arrivato quarto.
Uscimmo dallo stadio e andammo sulla riva del Tamigi. Ormai il sole stava tramontando.
«Grazie, signor Brighton.»
«Perché?»
«Per avermi portata qui, così ho avuto modo di urlare.» gli risposi.
«Ho urlato anch'io.»
«Quando urlo tutto ciò che ho di triste nell'animo se ne va via insieme alla voce e allora io mi sento molto meglio. Adesso sono di nuovo felice.» gli dissi.
«Sai Des, a volte mi capita di pensare che se invece di adottare solo Annie avessimo adottato anche te, io sarei molto felice.» iniziò.
«Signor Brighton...» mormorai commossa.
«Si, certo. Annie è una ragazza buona, gentile e sensibile.» continuò, fissando un punto al di là del Tamigi.
«Ed è sotto tutti gli aspetti migliore di me, signor Brighton.» affermai decisa.
«È proprio la sua eccessiva sensibilità a renderla vulnerabile ed è per questo che ti chiedo di proteggerla.»
«E che cosa potrei fare?» gli domandai.
«Ecco, io e mia moglie abbiamo deciso di far studiare Annie qui a Londra.» annunciò.
«Nel mio collegio?» ripetei.
Il signor Brighton annuì «Mia moglie è andata dalla famiglia Andrew affinché lei sia accolta benevolmente nella scuola, mentre io ho pensato di rivolgermi a te.»
«E perché mai?»
«Perché tu Des, le sei veramente amica. Le vuoi bene come a una sorella e ti preoccupi sempre per lei, non è così?» mi spiegò, guardandomi negli occhi.
«Non posso farlo, Annie si offenderebbe se lo sapesse.» gli confessai.
«Proprio per questo vorrei che tu ti prendessi cura di Annie senza che lei se ne accorgesse. Ti dispiace?»
Feci cenno di sì con la testa. Avrei fatto qualsiasi cosa per Annie. «Lo farò, ma adesso invidio tanto Annie, perché lei ha trovato un padre meraviglioso.»
Ciao a tutti🤩✨,
Kriss consegna a Des un messaggio in codice da parte di Patrick il quale la invita ad una cioccolata notturna nella propria stanza. Des viene così a sapere che a Peter, Terence non piace proprio per niente, anzi hanno già fatto a pugni, e che Annie gli scrive ogni settimana. Questa notizia la sorprende molto e inaspettatamente prova un senso di distacco nei confronti di Annie.
L'ultima domenica del mese, Des riceve l'invito inaspettato del signor Brighton, il padre adottivo di Annie. All'ippodromo incontra anche Terence che si dimostra più accondiscente del solito. Il signor Brighton chiede a Des di proteggere Annie, lei accetta anche se la invidia per aver trovato un papà così gentile e amoroso🥰.
spero che vi sia piaciuto,
Carla💗
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