Febbraio seconda parte

Al suono di quella voce, le gambe mi tremarono.

-Lena, scendi giù da quella sedia!-

Scesi lentamente, mi voltai e lo vidi. Non era possibile. Con voce strozzata, quasi come un sussurro

-tu sei morto!-.
-si Lena, è così, ti spiegherò. Ora entra.-

Entrammo dentro casa, e lo vidi oltrepassare la porta della camera da letto.

Io ferma davanti ad essa, mi domandavo se fosse tutto frutto della mia immaginazione, o se invece in realtà mi fossi buttata e quindi ero morta. Nell'indecisione se aprire quella porta o no passarono cinque minuti. Poi l'aprì.

Era lì seduto sul letto. Mi guardava intensamente.

-dobbiamo parlare Lena, siediti.-

Mi accomodai affianco a lui, avrei voluto toccarlo, ma allo stesso tempo mi sentivo pietrificata.

-Mark, come è possibile?-
-shh, Lena, non chiedere, avevi bisogno di me sono qui per dirti alcune cose.-
Continuò - dov'è finita, quella bellissima ragazza di cui mi sono innamorato, amore mio, io sono morto ma non devi fare mai più un gesto del genere, me lo devi promettere.-

Aspettava una risposta, i suoi occhi fissi sui miei, feci un semplice gesto con la testa di assenso.

-amore, il tuo sorriso non lo devi perdere, e di quello che mi sono innamorato, ti ricordi la prima volta che ci incontrammo o dovrei dire dire scontrammo-.

Si, me la ricordavo e anche bene, c'era un solo parcheggio davanti al locale, una BMW aveva messo la retro per parcheggiarsi, ma io avevo una Smart e mi ero infilata velocissimamente. Avevo la tenuta da lavoro con una camicetta bianca è una gonna fino al ginocchio. Lui aveva abbassato il finestrino

- mi scusi signorina, ma stavo parcheggiando io.-
-ah davvero, non me n'ero accorta.-

con un sorriso stampato sulla faccia, ed ero scappata nel locale.

Dopo mezz'ora l'avevo visto entrare, e dare la mano al mio capo. Ero diventata rossa dalla vergogna. Avevo subito chiesto alla moglie del mio capo chi fosse quell'uomo che era appena entrato, e lei mi rispose che era un dirigente della catena di negozi. Mi senti sprofondare dalla vergogna, alla fine della chiacchierata lanciavano occhiate verso di me, finché il mio capo non mi aveva fatto un cenno di avvicinarmi.

Ok, sarei stata licenziata per non aver fatto parcheggiare un dirigente.

- Lena questo è il signor Mark, un dirigente della compagnia, gli farebbe piacere parlare con uno dei responsabili di questo posto, quindi chi meglio di te che sei con noi da tanti anni.-
-non potrebbe andare Albert anche lui come me e da tanti anni-

non finì di parlare che il mio capo

-Lena insisto, lascia il numero al signor Mark così ti farà sapere dove vi vedete-.

Gli lasciai il numero.

Quella sera arrivata al ristorante, mi resi conto che era un posto molto formale. Ed io mi ero presentata con un jeans e t-shirt.

Lo vidi al tavolo, si stava trattenendo dalle risate, ovviamente tutti avevano gli occhi fissi su di me, sul mio abbigliamento.

-signor Mark- appena mi avvicinai al tavolo - ma non se la toglie mai la tuta da damerino?- non riuscì più a trattenersi

-quindi signorina Lena, oltre a togliere i parcheggi ad eventuali clienti, si permette anche di insultare un suo superiore, interessante.

si avvicinò un cameriere.

- mi scusi potrebbe chiedere al direttore di venderci la bottiglia più costosa che avete.-

io lo guardavo stupita dalla richiesta fatta. Appena ebbe in mano la bottiglia mi prese per mano e mi disse
-andiamo.-

quella sera passai una delle più belle serate nella mia vita, su una collina a bere champagne a punzecchiarci tra mille risate.

A fine serata mi accompagnò davanti alla porta del mio appartamento, io deglutivo, sentivo che l'atmosfera si stava surriscaldando, è appena i nostri occhi si incontrarono, mi prese in braccio, ed io avvinghiai le gambe alla sua vita, e ci baciammo.
La sua lingua si infilò nella mia bocca così dolcemente, e poi sempre più intensamente. Io stretta tra lui e la mia porta, con il sapore di champagne nella nostra bocca. Le sue mani che mi stringevano i fianchi. La sua bocca che discendeva sul collo,per poi risalire sulla mia bocca. Le mie mani che accarezzavano il suo collo, i suoi capelli.

Sarebbe successo quella sera, se la mia vicina non ci avesse fermato, arrabbiata per quello che stava per succedere davanti alla mia porta di casa. Dopo la piccola intromissione della vicina ci eravamo salutati.

Appena entrata a casa mi aveva subito mandato un messaggio.

-con te ne succede di ogni. A domani amore.-

Così era andato il nostro incontro. Da quel momento eravamo sempre stati insieme.

-Lena, sorridi amore mio, la vita ha in serbo tante cose.- piangevo.
-ora mettiti nel letto, e non dormire mai più sul divano.- si distese sul letto anche lui. -ti amo, Mark.-
-anche io, amore-. E mentre i miei occhi si chiudevano lo senti dire -con me, per sempre.-

La mattina dopo mi svegliai, ma affianco a me non c'era nessuno.

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