1. Lughnasadh

Ascolta: Sólstöður di Kaelan Mikla


«LUGHNASADH!» tuonò una voce di donna, che mi fece sobbalzare sul mio letto ponendo fine al mio lieto sonno durato a malapena 5 ore. Dicevano 'Lughnasad', di già? Siamo già al 1° Agosto, rimpiango l'Imbolic, con il freddo, la neve, il camino acceso... Ora il camino lo dobbiamo accendere, con questo caldo, per cucinarci il pane, se no che Lughnasadh è?

Lughnasadh, nonchè la festa della mietitura del grano, una delle feste che odio di più... Perchè vi chiederete? E' una festività estiva e come avrete notato io odio l'estate e il caldo. Giusto non mi sono presentata, sono una strega, il mio nome è Eden, Eden Kiss, non chiedetemi perchè neanche qui, Moonflower, i miei erano molto originali, si peccato che sono orfana dall'età di 4 anni, mi hanno accolto loro, congrega di streghe lunari, e bene lo sono anche io dalla nascita, o non si spiegherebbe il nome e il cognome così originale e floreale. Non ho la benchè minima idea di come siano morti i miei, so solo di aver perso una parte della memoria riguardante l'accaduto, si mi ricordo i loro nomi e a tratti anche i loro volti, grazie a strani incantesimi fatti dalla Saggia della congrega, quella che urlava stamattina, Zaela.

Faccio un lungo respiro, l'aria è già impregnata dell'odore del pane mezzo bruciato, mi butto giù dal letto con quella poca voglia che ho di tutte le mattine, Lavanda mi si struscia sulle gambe, fortunatamente la camicia da notte non è una vecchia sottoveste dei vecchi antenati se no a quest'ora sarebbe stata piena di peli neri; invece indosso una camicia da notte altezza ginocchio nera. La gatta inizia a grattare la porta, e io sono ancora qui con una matassa di capelli rossi, devo assolutamente districarli con un po' di olio di cocco, anche se andare al fiume a fare un bagno mi alletta, mentre finisco di sistemare una ciocca la mio porta si apre, anzi si spalanca con una foga da far balzare Lavanda ai miei piedi inperterrita. «Ancora in post sbornia?» gli occhi color giada di Price sprizzano di entusiasmo, lei adora l'estate, certo con quella pelle olivastra e i capelli biondo cenere la vive bene, io sono color cadavere e con i capelli rossi accesi, per non parlare degli occhi ambrati. «Potrei anche dirti di si, Price, ma ho una voglia di andare a fare il bagno al fiume, te che dici?» la voglia di stare in casa proprio non mi riempie di gioia, la guardo sperando in un sì, figurati se non mi convincerà prima a fare almeno un piccolo panino al latte... «Uhm, ci potrebbe stare, sì, ma prima perchè non vieni a fare un panino soffice soffice?» la guardo con gli occhi a fessura «Te lo scordi!» mi guarda con un broncio da cane bastonato mentre si avvicina con cattive intenzioni, infatti inizia a farmi il solletico, unico mio punto debole, da farmi fare un casino da far sbirciare in camera Alastor, uno dei rari ragazzi ad essere nella congrega, un tipo tutto strano, ha la stessa età di Price e mia anche se siamo di mesi diversi, ha dei capelli corvini e gli occhi come quelli di Price, che a volte chi non li conosce li scambia per fratelli.  «Daii, Eden i tuoi sono tanto buoni, sono i migliori...» cercando di togliermela di dosso faccio un ceno con la testa «solo uno, oppure ti affogo nel fiume...» do uno sguardo ad Alastor che sembrava interessato alla nostra "lite" «Tu invece che vuoi un'autografo per caso?!»  «E anche se volessi, Kissy, non da te...» fece un leggero ghigno posando lo sguardo su Price dalle forme da dea, fianchi larghi e seno prosperoso, la invidio a volte, non è magra ma neanche troppo sensuale a volte sembra quasi un legnetto... «Si lo avevo immaginato...» sussurrai mentre recuperavo i vestiti.

La farina si levava alta nella sala da pranzo che quasi sembrava fosse entrata la nebbia mattutina in casa, «Myah hai messo le erbe curative anche questa volta?» chiesi alla ragazza che stava infornando una teglia con sopra dei panini grandi quanto un topo di campagna con dei puntini verdi tra l'impasto «Si, così prevenite ogni malattia del periodo invernale!» a volte odio il suo essere così solare, ma lei è sicuramente quella più simpatica tra le Saggie, per lo più è la guaritrice della congrega. Recupero tutti gli ingredienti e mi metto a impastare la prima parte della mia pagnotta, deve lievitare per almeno 1 o 3 ore anche perchè per metà i lieviti magici fanno effetto in un attimo, così ho il tempo per andare al fiume per sciacquarmi dai residui di farina e impasto appiccicoso che mi si formerà in faccia e sulle mani. In tutta fretta corro verso la mia stanza per recuperare il mio asciugamano preferito tessuto in canapa, l'afa dell'estate mista al fuoco che scoppiettava nel camino mi stava facendo sudare, desiderando sempre di più la voglia di spogliarmi e immergermi nell'acqua del fiume; quel fiume che percorreva gli argini del bosco e che separava ancora una vasta zona, composta da un paio di ettari di conifere prima di arrivare sui bordi del ciglio della strada e così dall'area dove iniziava la città. Corsi all'interno di quella nuvola bianca, agguantando il polso di Price togliendola dalla sua concentrazione sul suo non fare nulla davanti a due pagnotte ormai cotte, «...questo è un rapimento in piena regola...!» le se strozzò un leggero urlo dalla gola mentre varcavamo la soglia della porta, il sole caldo della giornata ci prese in piena faccia da farci socchiudere gli occhi per sua forte luminosità, lasciai la presa dal polso di Price continuando a correre verso il gorgogliare dell'acqua che stava a qualche metro di distanza, «Avevi detto, che saresti venuta con me al fiume, no?» mi girai, rallentando il mio passo, guardando la ragazza che mi seguiva con un ritmo lento rispetto al mio, «Sì, esatto, ma tu mi hai rapito, neanche il tempo di...» non finì la frase che la avvolsi in un abbraccio trascinandola sempre di più verso il rumore, che si faceva sempre più forte, dell'acqua «Se ti riferisci all'asciugamano, quello poi lo possiamo condividere, siamo pur sempre streghe!» lasciai la ragazza tenendola solo per le spalle con un braccio, il fiume ci stava ormai difronte, lentamente lasciai scivolare il braccio sulla schiena di Price facendo sfrusciare leggermente il tessuto del suo vestito. Iniziai a slacciarmi il corpetto estivo del mio vestito che posai su una roccia accanto alle radici di un acero secolare, accanto a esso le scarpe se si potevano chiamare così e il resto della stoffa che avevo addosso lasciandomi, finalmente e completamente, nuda. Sospirai non appena toccai con la punta del piede l'acqua, non del tutto ghiacciata, ma fresca da far rinascere chiunque in quella giornata afosa e irrespirabile d'estate, lentamente arrivai a immergermi fino alle cosce, girandomi a osservare se la mia cara amica mi stesse raggiungendo, lei di spalle con ancora la stoffa del vestito addosso, un leggero gesto per sfilarsela e le sue natiche olivastre splendevano tra i raggi del sole che penetravano tra i rami dell'albero sovrastante, «Dì la verità, non vedevi l'ora di vedermi nuda...!» ridacchio schioccando la lingua e raggiungendomi facendo una leggera corsetta facendo rimbalzare il seno, «Oh sì certo, ero tutta eccitata all'idea di vedere le tue tette...» risi sarcastica «...eppure lo sai che mi piacciono i ragazzi!» ridemmo insieme, per poi prenderla dai fianchi e lanciarla verso la zona del fiume più alta, io la raggiungevo trasportata dalla leggera corrente, l'acqua mi sfiorava i capezzoli e mi dava una sensazione di lieve eccitazione al basso stomaco, venni strappata in avanti dalle mani, ormai, fredde di Price, immergendomi completamente, iniziammo a schizzarci scherzose l'acqua addosso. Era normale fare il bagno nude per quelli della congrega era una sotto specie di rito di purificazione anche se abbracciare la mia migliore amica nuda non era una cosa che mi facesse così piacere, se era per quello non avevo abbracciato neanche un maschio, ma visti forse anche troppi anche se il mio "troppi" erano i pochi che c'erano all'interno della congrega; i bagni al chiaro di luna erano sacri e li si dovevano fare con la congrega al completo, non starò lì a raccontare l'imbarazzo della mia prima serata.

Con i capelli leggermente umidi alle punte, attaccati alla pelle, riuscivo a sentire il vento soffiare su quelli ribelli rimasi asciutti verso le radici, un'aria tiepida mi sfiorava le guance, da lontano si sentivano i suoni di macchine e clacson trasportati dal soffio. L'acqua, ormai, tiepida mi cullava con il ritmo della corrente che portava verso il lago della città sovrappopolata, quella città che non avevo mai visitato e che mi affascinava scoprire, avevo un posto a pochi minuti dalla sponda del fiume per vederla meglio, lasciai Price da sola, di stava asciugando con il mio asciugamano, il solo e unico; presi la mia stradina graffiandomi le cosce passando tra dei rovi, le fronde degli alberi bassi mi solleticavano, i fianchi, le braccia, il seno e il viso, arrivata verso una cascata con massi a fare da trampolino verso il vuoto mi accovacciai, con lo sguardo rivolto verso la città, il sole illuminava dei palazzi facendoli luccicare per il riflesso; poco tempo arrivata sentii dei fruscii alle mie spalle pensando fosse Price che mi volesse chiedere chissà che cosa «Price ti mancavo così tanto...?» lascia sfuggire dalle mie labbra, mi alzai girandomi verso il soggetto, era un ragazzo, vestito con una felpa nera il cappuccio tirato su a nascondergli mezzo volto, un paio di jeans neri e delle scarpe con una striscia bianca sul lato, lo osservavo con occhi sgranati, ancora totalmente spogliata da qualsiasi cosa potesse coprirmi, neppure i capelli che stavano svolazzando leggermente all'indietro per la brezza, l'espressione del ragazzo era un mix tra confuso e sbalordito, in quel lasso di tempo, io, Eden Kiss Moonflower ero impietrita davanti a un cittadino, e non azzardavo neanche a chiedermi cosa avrei potuto fare, i miei occhi luccicavano, li sentivo umidi e il sole aumentava la doratura del mio ambra come il colore del grano, in quella giornata della festa della mietitura, in quel Lughnasadh.

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