ꨄ C͟a͟p̲i͟t͟o͟l͟o͟ u͟n͟d͟i͟c͟i͟ ꨄ
Ramificazioni come in legno essiccato protendevano le dita del lampadario a soffitto; si intrecciavano come rovi spinati ed eleganti.
Terminavano in piccoli globi caldi e luminosi - lampadine - simili a lucciole. La stanza era un affusolato rettangolo di bianco asettico, pigrizia e post-it appiccicati al frigorifero lucido.
Il pavimento color latte brillava di cera appena irrorata. Cantava ondeggianti proiezioni ottiche della luce soffusa. Costellazioni di spore scivolavano in sala da pranzo. Silenziose e friabili.
Trafiggevano la finestra socchiusa sopra la mensola sbeccata di marmellata in barattoli polverosi. Il tavolo di frassino come alabastro sinuoso sbucava nel pallore.
Seduti, l'uno di fronte all'altro, due ragazzi dal fisico snello e occhi ferini di gioco e saggezza. Keith intrecciava le dita - affusolate, piene di calli radicati nell'anima, dure - in un mazzo di carte da Poker scolorite.
In realtà, l'intenzione non era quella di giocare a Poker. I due inventavano sempre nuove regole per strane avventure di carta, solo man mano che andavano avanti.
Contrariamente all'aspetto ruvido delle sue mani, i movimenti di Keith erano pratici e veloci. Un'eleganza quasi da musicista in essi, mentre separava le lamine di clorofilla sottile, prima di rimescolarle.
Perché, sì, - Keith era bello. Di quella bellezza diabolica. Da spezzare le ossa quando sfiorava la mente. Attorcigliava la bocca in un rivolo contorto, come fosse sangue.
Negli occhi il verde colore dell'invidia, bollito in un infuso più scuro e torbido, quasi spire di serpente intrecciate. I lisci capelli di rame e zenzero precedevano il suo animo; irruenti.
Baciavano la fronte distesa. Le guance piene di lentiggini, che cadevano come cascate di stelle tra cicatrici sugli avambracci - nelle pieghe delle maniche rimboccate e sulle spalle.
Ma Brooks - lui era la bellezza. Afrodite rinata in sembianze maschili. Era carta, anche inchiostro. Luce che scricchiola nelle ombre, con occhi ammantati di gelo e sospetto. Calore, nel freddo. Punto nero nel bianco; bianco nel nero.
Emise un suono schiacciato nella profondità della gola. La sua bocca - d'un color pesca, dolce, piena come un broncio - fu piegata dalla pressione leggera dei denti candidi, causa frustrazione. Infantile e puro come zampillo d'acqua distillata.
«Conoscendoti,» la sua voce rotolò nell'aria, increspando il silenzio come un ciottolo scivola in uno stagno. «questa è una provocazione.» Il due di picche del due di cuori. Ciglia di latte versato tremarono, schiudendosi nell'occhiata tra le loro fila.
Keith rise; si morse le labbra. Brooks era tutto sottili riccioli da bambola simili a ragnatele ricoperte di rugiada ghiacciata, bianchi come folgore.
La pelle traslucida tradiva ogni rossore di rabbia o imbarazzo nello stesso modo i cui una tela vuota denuncia i suoi colori. Eppure, era difficile impregnarlo di quelle emozioni.
Brooks era questo - chiaro, candido, puro e bianco. Come un cigno che plana sul mare. Eccetto i suoi occhi. Di quanto più simili al vuoto.
Quelli erano neri come una notte senza stelle, come pietre d'ossidiana più grezza. Intarsi di carta bruciata in quel viso di zigomi pronunciati.
L'ombra delle lunghe ciglia impigliate d'innocenza. La soffice guancia, giù per la mascella stretta. L'incavo del collo diafano sfumava nel colletto della camicia bianca - abbondante attorno ai muscoli affusolati e snelli degli avambracci pallidi.
«Lo è?», rimbeccò Keith - sornione. Apprezzò nel silenzio come le chiarissime sopracciglia di Brooks si sollevarono. Il moto stizzoso del suo atteggiamento indispettito.
Mise da parte le altre carte, un mucchietto in un angolo appartato del tavolo. Intrecciò le mani. «Ho sentito che hai perso il tuo pass.»
Brooks inspirò, la schiena ben salda contro la sedia. Le sue spalle erano inconsapevolmente tese, sempre. «Se è per questo, non ho bisogno che me lo dici», redarguì.
Piantando i gomiti sul tavolo, sventolò la mano con nonchalance. «Sono un coglione. Ho perso il biglietto. Non facciamone un dramma. Non lo uso da anni. Mi conoscono qui. E Rufus conosce il mio odore.»
«Rufus un tempo era il guardiano dell'Hotel, ora è solo la vecchia statua di sale rinsecchito di un cane». Keith si finse immune alla maniera in cui Brooks scoprì i denti, quasi lo avesse offeso sul personale.
«Potrebbe prendere fischi per fiaschi. Per esempio,» strascicò nelle parole successive. «Potrebbe confondere per te qualcuno che abbia qualcosa di tuo, con il tuo odore sopra. Ti consiglio di stare attento a non lasciare prove, quando vai in giro a farti algide biondine con occhi da brividi, la puzza sotto il naso e vestiti che costano più della mia vita».
Un gorgoglio gutturale, - ringhiante, - rimbombò tra le pareti di cartongesso. Brooks congiunse le mani sotto la fronte. Sapore di sangue tra i denti lattei. Respiri di calda furia bruciavano nei suoi polmoni come tizzoni ardenti. I canini strattonarono le gengive intorpidite.
Deglutì prima di parlare.
«Lei era qui?», chiese - temendo e desiderando la risposta, come lo stupore arriva intrecciato alla paura nella tempesta di fulmini. Keith lo guardava con placido interesse, che mal celava il suo fastidio.
La saettante e calda scintilla negli occhi come carboni ardenti di Brooks non lo scuoteva mai. Apparentemente. Né la forza prorompente di macchina da guerra che sguazzava sotto la superficie della sua anima.
Non era insolito. Brooks emanava superiorità, e dominio, in situazioni del genere. Sentiva la gola arida.
«Se il mio fiuto non m'inganna», replicò Keith con un'ossimorica calma, - «E sappiamo entrambi che non mi inganna mai.» -. La bocca si contorse a malincuore, le sopracciglia si inarcarono. «Quello tra le grinfie della ragazzina era il tuo giubbotto. Non l'ho recuperato - tra parentesi».
Arricciò il naso lentigginoso. Era chiaro il suo disappunto. Dopotutto, non era riuscito a strappare un pezzo di stoffa dalle mani curiosamente martoriate quanto curate di una bionda. «Ma ho preso questo».
Infilò due dita nella tasca posteriore dei jeans, impennandosi sulla sedia di camoscio bianco. Poi, con un ghigno, spinse impunemente il biglietto da visita dell'Hotel ALBA sul tavolo come poco prima aveva fatto con il due di picche e il due di cuori.
Era ironica, la maniera in cui quelle tre carte a faccia in su riassumessero in linea retta orizzontale tormenti e problematiche di Brooks.
Due di picche; non voleva accettare qualcosa o era stato rifiutato - e se rifiuto non era ricevere un guanto in faccia, Brooks non sapeva cosa fosse.
Due di cuori; problemi di cuore. Sia in ambito d'amore che di crudeltà. Per di più c'era ancora l'incertezza sulla sua eredità genetica maledetta.
Il biglietto dell'ALBA. La sua casa e la sua vita - o meglio, la ragione per cui era ancora in vita. Insieme a Keith. Il luogo che lo aveva salvato e reso schiavo in egual misura.
«Chi è la stronzetta?», chiese Keith bruscamente. Il tono doveva essere casualmente disinteressato. Il busto proteso sul tavolo che li separava lo tradiva.
I suoi occhi mai erano stati più simili a muschio velenoso. Iridi come squarci di vetro nella finestra cromata di una chiesa.
Brooks spostò le mani lontano dalla fronte. Spinse all'indietro i corti riccioli di nevischio. «Non la conosco-» fece per dire, «davvero», aggiunse. Ricevette un'occhiataccia da Keith. «So solo che è la figlia del sindaco. L'ho vista in giro qualche volta».
Keith fece per aprire bocca, le guance stranamente imporporate dalla rabbia. «Da lontano, da lontano», Brooks si affrettò a spiegarsi. «Solo per caso. Lei non sa chi io sia. Ma potrei aver fatto una cazzata».
Se Keith non fosse stato addestrato a celare le sue emozioni, sarebbe sembrato sull'orlo di un esaurimento nervoso - con un occhio che si contraeva ritmicamente.
Brooks era bravo a leggere le persone, però. La maniera in cui Keith batteva troppo velocemente le palpebre era indicativa. «Cioè, ti sei preso una cotta per una riccona quando te la sei vista passare davanti con i suoi vestiti Versace.» sbuffò, infatti.
«Il suo profumo Chanel n 5 ti ha annebbiato il cervello e hai deciso di farle il piccolo favore di ammazzare la sua assassina?».
Brooks piegò pacatamente le labbra in un sorriso. Sapeva d'amarezza sulla lingua. Avrebbe voluto che le cose fossero andate davvero così. Per quanto si fidasse di Keith, non poteva dirgli tutto. No. «Coco Noir» replicò.
La mano di Keith ebbe uno spasmo. Per il nervosismo aveva ricominciato a mescolare le carte. Ciuffi rossi gli coprivano gli occhi. «Che?», biascicò, con una smorfia a bocca aperta e gli occhi spiritati.
«Non Chanel n 5; Coco Noir» precisò Brooks. Premette le caviglie sul bordo del tavolo, allungandosi sulla sedia. Le carte caddero in un mucchio sparpagliato, scintillando alla luce del lampadario nel loro rosso sbiadito. «è più qualcosa di venezuelano con rose di maggio e gelsomino. A volte c'è della vaniglia che devo ancora inquadrare ma-».
«Per me può anche odorare di carciofo e merda», eccepì Keith. I suoi occhi verde scuro lo stavano trafiggendo come insegne al neon. Le scritte che lampeggiavano ad alternanza erano fanculo e siamo fottuti.
Con l'aggiunta di una serie di imprecazioni. «Metti fine alla tua cotta, non vedere mai più quell'umana. La storia dell'orso ha fatto abbastanza scalpore da farmi sapere che si trattava di te. Gli anziani non ci metteranno molto a capire che è uno di noi».
«Cazzo, Brooks. La fottuta figlia del sindaco. Fatti la regina d'Inghilterra la prossima volta. Finisce qui».
«Questo era l'intento e il motivo per cui non esco da questa stanza da una settimana praticamente, se non per i pagamenti.», ribatté Brooks, grattando con il dito la macchia del cuore rosso scolorito sul due di cuori. Venne quasi via del tutto. Quel mazzo doveva avere ottant'anni. «E comunque la regina d'Inghilterra è mo-».
«Zitto,» Keith gli spalmò una mano davanti alla faccia. «Non sono ancora pronto per quella conversazione. Lo sai che il mio pro-pro-pro-pro qualcosa era inglese».
Brooks rise. Schiaffeggiò via le dita dell'amico da davanti alla sua faccia nello stesso modo in cui stava cercando di schiaffeggiare via la menzogna. Nei suoi occhi come carboni ardenti, la tristezza corrotta tra le sue ciglia d'alabastro.
Keith era le due facce di una medaglia. Drama Queen e assassino, in perfetto stile paghi uno, prendi due. Brooks compativa la donna che se lo sarebbe preso. Fortunatamente per le povere ragazze, Keith non sembrava avere intenzione di impelagarsi in una relazione.
Angolo d'autrice.
Aggiornato. Viva i capitoli più brevi. Ho rispettato la mia promessa. In questo capitolo conosciamo i due migliori amici per eccellenza. Keith e Brooks. Ma attenzione attenzione. Brooks ha un segreto e nulla è come sembra.
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