Prologo

Ciau a tutti

Due paroline prima di iniziare questa mia nuova storia.

Per coloro che non mi conoscessero già, sono Aliz.

Come ho già scritto nella trama, questa storia può essere letta sia come fanfiction frerard sia come una semplice storia boyxboy che chiunque può leggere anche senza bisogno che sia nel fandom (o bandom) dei My Chemical Romance o che già sappia chi siano Frank e Gerard e gli altri membri del gruppo che compaiono nella storia.

I titoli dei vari capitoli, come noterete in seguito, hanno ognuno il titolo di una canzone che vi metterò poi di sopra, questo perchè la musica è una parte importantissima della mia vita e le canzoni che daranno il titolo ai capitoli avranno sicuramente avuto un impatto sulla stesura del capitolo stesso e/o saranno inerenti al contenuto di questo. Vi consiglio davvero di sentirle mentre leggete il capitolo o quando volete.

Per tutti i Killjoys invece non credo ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni. Come sicuramente saprete non sono molte le fanfiction frerard in italiano quindi ce n' era davvero di una in più.

Ora vi lascio al prologo

buona lettura, spero davvero che vi piaccia perchè tengo molto a questa fanfiction.

sopra avete "welcome to the black parade" -sinceramente un modo più depresso per iniziare questa storia non potevo trovarlo-

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Prologo

Era una gran brutta giornata per il bambino che si trovava dall' altra parte della finestra.

Dalla parte sbagliata della finestra.

Era confinato nel suo appartamento mentre fuori, come gli aveva detto sua mamma alla sua insistente richiesta di uscire, c' era un 'tempo da lupi'.

Peccato che al piccolo Frank Iero i lupi piacessero parecchio e non gli sarebbe dispiaciuto affatto uscire a giocare sotto la pioggia con la possibilità, magari, di incontrare qualche lupo.

Quando però l' aveva detto alla sua mamma, questa l' aveva rimproverato dicendogli di non fare i capricci e il nuovo fidanzato della mamma si era messo a ridere guardandolo in modo strano.

" non ci sono lupi in una città come Belleville, ragazzino" aveva detto sempre con quello sguardo e quella brutta risata.

Forse Drake pensava che lui fosse stupido. Ma in quel momento Frank si era detto che non gli importava affatto se Drake lo credeva stupido, infondo il bambino, nonostante i suoi cinque anni, era perfettamente consapevole del fatto che il nuovo fidanzato della mamma fosse molto più stupido di lui.

E dopo essere giunto a quella conclusione, Frank doveva dire di essere piuttosto soddisfatto. Di quella soddisfazione tipica dei bambini della sua età, in cui ti senti fiero di te stesso per aver detto o fatto qualcosa che i tuoi coetanei non sarebbero riusciti a fare o dire, facendoti avvicinare un po' di più al 'mondo dei grandi' tanto bramato.

Perché il piccolo Frank Iero, come molti bambini di cinque anni della sua età, non vedeva l' ora di diventare grande. Di poter uscire fuori anche quando pioveva e c' era un 'tempo da lupi ', di poter assistere a quei famosissimi 'discorsi da grandi' ai quali non poteva mai partecipare e di poter finalmente essere in grado di proteggere i suoi compagni di classe dai ragazzi più grandi.

Poco ne sapeva il piccolo Frank Iero del fatto che il mondo dei grandi non fosse così come se lo immaginava lui, e con questa inconsapevolezza ed innocenza era andato a guardare fuori della finestra.

Ora aveva il viso spiaccicato contro il vetro e guardava le gocce di pioggia infrangersi contro il suolo del cortile che il suo e gli altri tre palazzi - uno di fronte al suo e gli altri due ai lati, formando un quadrato- avevano in comune. In quel momento si dispiacque per le povere gocce che, dopo aver affrontato il viaggio in caduta libera dall' alto delle nuvole fino alla nostra Terra, andavano a finire per schiantarsi contro il terreno e tutto ciò che incontravano per poi evaporare quando rispuntava il Sole.

Così quel bambino così dolce da dispiacersi per la triste sorte delle gocce di pioggia, andò in cucina evitando gli sguardi strani di Drake e prese un bicchiere. Poi tornò di corsa nella sua cameretta, aprì la finestra e posò il bicchiere sul davanzale.

Se non avesse potuto salvare tutte le gocce di pioggia - si disse- almeno avrebbe potuto cercare di salvarne alcune. Avrebbe fatto in modo di proteggere ogni goccia che sarebbe andata a finire dentro il bicchiere di vetro e non avrebbe permesso neanche al Sole di farle evaporare.

Felice di aver in qualche modo aiutato qualcuno, il piccolo Frank andò dalla sua mamma e, con un luccichio negli occhi e un tono tutto eccitato, le raccontò del suo progetto di salvataggio delle gocce.

E quella donna, di fronte alla purezza di cuore e alla dolcezza del suo bambino, rimase spiazzata perché, appartenendo ormai al 'mondo dei grandi' sapeva anche quanto fosse insolito su questa Terra imbattersi in un essere umano del genere, a prescindere dall' età.

Molte persone davanti ad un cuore del genere probabilmente avrebbero abbracciato il ragazzino e l' avrebbero baciato sulla fronte.

Quella donna non lo fece. Disse al piccolo Frank che era un' idea stupida, che tanto le gocce essendo fatte di acqua sarebbero evaporate.

"si, di solito lo fanno è vero. Ma io non lo farò succedere."

"tsk, non è così che funziona Frank. Smettila con queste cavolate"

Ma oltre che un' anima pura il piccolo Frank era anche molto testardo e tutti noi sappiamo quanto sia difficile far cambiare idea ad un bambino di cinque anni, specialmente se testardo di natura.

"ma non sono cavolate. Io posso salvarle."

La madre di Frank scoppiò in una risata aspra. Il tipo di risata che il bambino sentiva molto spesso fare a sua madre e che non gli piaceva per niente.

"tu, salvare qualcuno? Cresci Frank. A questo mondo niente e nessuno può essere salvato. Quando lo capirai mi ringrazierai e smetterai di essere così maledettamente dolce con tutto e tutti. Perché, ascoltami bene, chi è così debole lì fuori, in quel mondo, non sopravvive."

"ma se ci aiutiamo tutti a vicenda, forse..."

"no! Perché non capisci? Perché devi sempre cercare di aiutare tutti? Ti diverti a sbatterci in faccia tutta questa... questa purezza che credi di avere?"

Frank Iero era confuso. Non stava capendo la maggior parte delle parole che la sua mamma gli stava urlando contro. E soprattutto non capiva come mai fosse così arrabbiata. Forse non capiva perché faceva parte del 'mondo dei grandi'. Forse doveva provare a spiegarsi meglio. Ora sua madre stava scuotendo la testa e diceva tra sé parole che somigliavano tanto a " sei esattamente come tuo padre" e Frank non capiva cosa c' entrasse suo padre in questo momento. Lui non se lo ricordava neanche come fosse fatto suo padre. Forse la mamma diceva così perché gli somigliava, forse aveva i suoi stessi occhi o qualcosa del genere.

"mamma che fai, stai male?" chiese il bambino mentre guardava la sua mamma che prendeva una manciata di pasticche. Forse discutere con lui gli aveva fatto venire il mal di testa e ora aveva bisogno di un' aspirina. Forse il mal di testa era talmente forte che aveva bisogno di così tante aspirine. Frank si sentì un po' in colpa. Infondo era colpa sua se ora la mamma stava male.

"mamma se hai mal di testa ne parliamo un' altra volta. Te lo faccio vedere dopo come salvo le gocce va bene?"

Ma la donna non aveva affatto il mal di testa e quelle che aveva preso decisamente non erano aspirine. La maggior parte delle persone non avrebbero di certo urlato contro ad un bambino di cinque anni per essere 'troppo puro' o 'troppo gentile'. Molti si sarebbero rallegrati di aver dato alla luce una creatura così rara su questo Mondo. Ma la mamma di Frank Iero non faceva parte di questa categoria. Linda Pricolo era spaventata da quel bambino. Era terrorizzata dalla sua purezza e inesauribile gentilezza. Si chiedeva costantemente come un bambino del genere fosse potuto nascere da una donna come lei e più di ogni altra cosa Linda era invidiosa di Frank, del suo stesso figlio. Era invidiosa di come fosse in grado di rimanere così puro in un mondo tanto sporco.

Ma ora era solo un bambino- si disse- crescendo avrebbe capito quanto crudele fosse il Mondo, e se non l' avesse fatto, ci avrebbe pensato lei in prima persona a farglielo sperimentare. Perchè Linda era invidiosa della purezza di Frank e, in quel momento, si promise che, una volta capito come andava il mondo, suo figlio non sarebbe più stata la persona pura che era ora.

Infondo - si disse Linda- lo faceva solo per il bene di suo figlio. Le persone così deboli non sopravvivono. Questo lo sapeva bene. Come sapeva bene che l' Inferno non esisteva per il semplice fatto che lo stavano già vivendo.

Frank continuava ad aspettare una risposta da parte di sua madre ma, vedendo che non arrivava, si convinse che stava troppo male per parlare e decise di tornare alla finestra della sua cameretta per prendere il bicchiere ormai pieno e metterlo al sicuro sulla scrivania.

Proprio mentre la richiudeva, però, si rese conto che c'era un bambino proprio come lui che lo guardava da una finestra del palazzo di fronte. Forse anche quel bambino si sentiva intrappolato dalla parte sbagliata della finestra.

Gli rivolse un gran sorriso mostrando anche una o due finestrelle lasciate dalla caduta dei dentini da latte e lo salutò.

L' altro bambino fece una faccia buffa. Era come se fosse sorpreso che l' avesse salutato, pensò Frank. Non gli sembrava ci fosse nulla di male a salutare le persone, a lui piaceva molto quando qualcuno lo salutava o gli sorrideva.

Dopo un po' però il bambino della finestra di fronte alla sua, fece un piccolo sorriso e agitò la mano.

Soddisfatto Frank si allontanò dalla finestra intento a cercare un posto più sicuro della scrivania per proteggere le sue gocce.

Era una pomeriggio come tanti altri per Gerard Way. Come al solito si era dovuto far pregare da sua madre per andare a scuola e come al solito quel gruppo di bambini l' aveva preso in giro finchè non gli erano venute le lacrime agli occhi. La mamma quella mattina gli aveva promesso che sarebbe andato tutto bene ma, come al solito, sua mamma si era sbagliata. Come al solito a ricreazione la maestra gli si era avvicinata per vedere i suoi disegni e, come al solito, gli aveva fatto un sacco di complimenti.Diceva sempre che per i suoi sette anni era molto 'talentuoso'.
Gli piaceva quella parola, 'talentuoso', lo faceva sentire importante e quando la ripeteva e i suoi compagni di classe lo guardavano senza capire, Gerard si sentiva superiore. Lui sapeva qualcosa che gli altri non sapevano e non riuscivano neanche a capire.Ma appena la maestra se ne era andata era arrivato quel solito gruppetto a dargli fastidio. Prima iniziavano col dire quanto i suoi disegni fossero brutti e poi gli prendevano la merenda.

"tanto se non la mangi è meglio, almeno non rischi di esplodere"

aveva detto uno, e poi avevano iniziato anche gli altri. 'cicciabomba' lo chiamavano, gli dicevano sempre che la sua merenda era meglio se la mangiavano loro perché se no lui sarebbe diventato ancora più ciccione.
"dovresti dirci grazie" dicevano.
Ma la verità era che Gerard aveva fame e adorava le cose che gli preparava la sua mamma. Quel giorno aveva un panino con la marmellata fatta in casa, una delle sue cose preferite, ma dal momento in cui sua madre gli aveva dato il sacchetto Gerard sapeva che non avrebbe potuto mangiarlo.
Alla fine non gli dava tanto fastidio il fatto che loro mangiassero il suo panino. Quello che gli faceva sempre male era quello che veniva dopo. Perché non appena avevano finito quei bambini prendevano a toccargli la pancia con il dito ed iniziavano a cantare. E una volta che iniziavano non c' era verso che smettessero."Gerard è ciccione, Gerard è ciccione, Gerard è ciccione" cantavano e presto tutta la classe li seguiva.'ciccione', che brutta e strana parola. Se ci pensava voleva solo dire che aveva la 'ciccia'. E a sua nonna la sua 'ciccia' piaceva: "in questo modo ho più di te da amare" gli diceva sempre, e allora Gerard si sentiva subito meglio e si diceva che forse non importava se i suoi compagni gli dicevano che era ciccione. Ma poi arrivato a scuola si rendeva conto che importava eccome. Nessuno voleva giocare con lui e una volta una ragazza gli aveva pure detto che era brutto. Ci era rimasto malissimo ed era scoppiato a piangere. Certo, la maestra aveva subito cercato di chiarire la cosa e aveva anche fatto un discorso alla classe ma tanto non cambiava niente. I suoi compagni pensavano lo stesso che lui era brutto e ciccione. Gerard stava bene solo a casa. Lì c' era suo fratello Mikey e i suoi genitori e sua nonna. Lì gli volevano tutti bene e non importava loro se era ciccione e non lo prendevano in giro, anzi. Suo fratello andava sempre da lui e chiedergli consigli e in quei momenti si sentiva davvero voluto, si sentiva importante. Come se Mikey senza il suo aiuto non potesse fare quella cosa e quindi doveva andare proprio da lui per riuscirci.Quel pomeriggio, dopo scuola, pioveva ma a Gerard Way non importava.Tanto non sarebbe uscito con i suoi amici a giocare al parco,semplicemente perché nessuno voleva essere suo amico.C' era stata, una volta, una bambina che gli aveva chiesto di diventare amici ma, dopo essere stata presa in giro dalla classe per questo, era corsa a dirgli che ci aveva ripensato e che non potevano più essere amici.Una volta in camera sua andò alla finestra. Poco tempo fa aveva scoperto che se guardavi in alto mentre la pioggia cadeva sembrava cheti piovesse in faccia, come sotto lo spruzzo della doccia. Rimase lì per un po' e si disse che era davvero un peccato che la pioggia dalle nuvole si andasse a schiantare contro l' asfalto facendo quel rumore tipico della pioggia. Era un peccato come a nessuno importasse della fine di quelle gocce, un po' come a quasi nessuno importava di lui ma almeno Gerard aveva la sua famiglia.Il suo primo giorno delle elementari pioveva come stava facendo quel pomeriggio e un suo compagno aveva chiesto perché piovesse. Sua nonna gli aveva sempre detto che quando pioveva era perché gli angeli in cielo erano tristi e piangevano, così lui aveva detto la stessa cosa.Però il suo compagno appena sentito quello che Gerard aveva detto era scoppiato a ridere"ma che dici? Lo sanno tutti che gli angeli non esistono. Sei proprio stupido"

Ora Gerard sapeva che era stato davvero stupido. Gli angeli non esistevano e lui ne aveva le prove perché se fossero esistiti davvero si sarebbero arrabbiati con i suoi compagni che lo prendevano sempre in giro e lo avrebbero consolato ogni volta che piangeva per colpa delle bruttissime parole che gli altri bambini gli rivolgevano.Continuò a guardare fuori dalla finestra quando si accorse che c' era un altro bambino che stava facendo la stessa cosa. Era un po' più piccolo di lui, forse aveva l' età di Mikey. Non si era accorto che lo stava guardando e continuava a fissare la pioggia con il viso e le mani spiaccicate al vetro della porta finestra. Poi all' improvviso scappò via.

Chissà che gli è preso

si chiese Gerard. Poco dopo però il bambino tornò e aveva in mano un bicchiere. Aprì la finestra e sul davanzale ci mise il bicchiere in modo da farci entrare l' acqua. Gerard non poteva crederci. Che quel bambino avesse avuto il suo stesso pensiero sulla pioggia? Appena ebbe riempito il bicchiere il bambino lo portò dentro e scappò di nuovo chissà dove. In quel momento Gerard ebbe la certezza di non essere stato l' unico a pensare alla sorte della pioggia. Quel bambino aveva pensato la stessa cosa. La differenza, però, stava nel fatto che lui aveva provato a fare qualcosa, a differenza sua aveva provato a cambiare la situazione. Il bambino paffutello stava ancora fissando l' altra finestra sbalordito quando il 'bambino del bicchiere' tornò e fece per andare a chiudere la finestra. Proprio mentre stava per sigillarla con la maniglia si accorse di Gerard. Prima che potesse rendersene conto il bambino lo stava salutando e, cosa ancora più strana, gli stava rivolgendo un sorriso. Uno di quei sorrisi che ti fanno assottigliare gli occhi e fanno vedere tutti i denti- si era accorto che aveva qualche finestrella lasciata dai denti caduti-, uno di quei sorrisi veri che ti illuminano il viso. Gerard non seppe come rispondere al sorriso più bello che aveva mai visto in vita sua. Cosa doveva fare? I bambini della sua età non lo salutavano mai, tanto meno gli sorridevano in quel modo, come se fossero davvero felici di vederlo. Doveva avere davvero una faccia divertente perché il bambino si mise a ridacchiare per poi sorridergli di nuovo. E quella volta Gerard fece a sua volta un timido sorriso e lo risalutò. Soddisfatto allora il bambino dal bellissimo sorriso chiuse la finestra e se ne tornò in quella che Gerard assumeva fosse la sua camera.Rimase per un altro po' di tempo alla finestra a ripensare a quanto fosse stato bello quel sorriso. A come quel perfetto sconosciuto con alcuni denti mancanti fosse riuscito ad avere quell' effetto su di lui. Gerard si sentiva una strana cosa allo stomaco, uno strano calore e pochi secondi dopo si accorse che stava sorridendo. Era felice. Quel bambino era riuscito a renderlo felice. All' improvviso sentì suo fratello che lo chiamava dalla cucina e,mentre piano piano si allontanava dalla finestra, Gerard si chiese se quel suo compagno di classe, il primo giorno di scuola, non si fosse sbagliato.

Forse gli angeli esistevano davvero.



(Piccolo Frankie )

                  ( Piccolo Gerard )
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

che ve ne pare?

votate se vi è piaciuto e commentate per farmi sapere

alla prossima

Peace, Love & Empathy

-Aliz

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top