03 This Is How I Desappear


Ciau Bellissimi

devo dire di essere contenta che la storia vi stia piacendo in quanto i commenti che lasciate sono sempre positivi e non avete idea di quanto significhi questo per me.

Grazie davvero.

in foto abbiamo Raf aka Francisco Lachowski -ringraziamo i genitori per aver generato qualcosa di tanto perfetto-

e la canzone del capitolo è 'This is how i desappear' dei My Chemical Romance

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3

This Is How I Desappear

Dopo aver accompagnato Mikey dal dentista e dopo avergli dovuto offrire un gelato che a momenti era più grande della faccia del ragazzo, Gerard lasciò il fratello a casa di un suo amico per poi andare nell' unico posto in cui avrebbe potuto disegnare in pace.

C' era un posto appena fuori Belleville, un boschetto al cui limitare c' era un campo e in quel campo verso gli inizi di Marzo iniziavano a spuntare dei fiori particolari, Gerard non aveva mai saputo il loro nome o se ne avessero davvero uno, ma lui li chiamava 'Fiori dell' Angelo'. Avevano un colore a dir poco insolito: verso l' interno erano di un verde scuro e man mano che si andava sempre più verso l' esterno il verde andava a scurirsi in un colore simile a quello dell' ambra.

Aveva visto quel colore in un altro luogo solo due volte in vita sua, l' aveva trovato negli occhi del suo angelo un pomeriggio di dodic' anni fa e quello stesso giorno a scuola di suo fratello. Aveva scoperto quel luogo incontaminato a quattordici anni, qualche anno prima che la sua vita prendesse una piega disastrosa, e da allora si recava sempre lì per disegnare, pensare o semplicemente stare lì a guardare i Fiori dell' Angelo quando sbocciavano. Era il suo posto, nessuno ci metteva mai piede tranne lui e nessuno era a conoscenza della sua esistenza. Quel pomeriggio realizzò il primo disegno del suo angelo che non ritraesse il bambino che era stato dodici anni fa. Ora che l' aveva ritrovato ed aveva avuto modo di vedere come fosse diventato, le sue mani erano impazienti di disegnarlo.

Era ormai tarda sera quando rimise piede dentro casa sua ma sua madre non era ancora tornata dal lavoro, Mikey probabilmente si trovava in camera sua a leggere. Entrato in camera sua mise l' album da disegno che si era portato dietro insieme agli altri sulla sua scrivania. Fece per girare i tacchi e andarsi a buttare sul letto ma si rigirò per aprire l' album che aveva appena posato. Era nuovo, c' era solo una pagina occupata dal disegno del suo angelo che aveva fatto quel pomeriggio. Ora che l' aveva rivisto, non poteva disegnare il ragazzo che il suo angelo era diventato nello stesso album che conteneva pagine e pagine di ritratti del bambino che era stato dodici anni fa. No, quello era un nuovo inizio, aveva bisogno di un album a sé. Lo prese e se lo portò sul letto.

Più lo osservava più si rendeva conto di quanto bello fosse venuto. Gerard Way non era di certo una persona modesta, per lo meno non più. Era consapevole dei suoi difetti ma era altrettanto consapevole dei suoi pregi e se un disegno o un dipinto gli erano venuti particolarmente bene di sicuro non si vergognava di riconoscerlo o di dirsi da solo quanto bravo fosse stato.

Però allo stesso modo in cui osservandolo si rendeva conto di quanto fosse fatto bene, più lo guardava e più si accorgeva di quanto non rendesse affatto giustizia al suo angelo.

Il ragazzo dagli occhi di ambra era raffigurato in ginocchio seduto sui talloni. Le ginocchia leggermente divaricate, in dosso non aveva nulla e un paio di grandi ali piumate lo abbracciavano andandogli a coprire parte del petto e la parte superiore delle gambe e del bacino, il volto era rivolto verso la persona che guardava il disegno e sembrava fissarti dritto negli occhi, non era uno sguardo di sfida però, era dolce e la curva delle labbra che accennava ad un piccolo sorriso gli illuminava il viso. Tutt' intorno a lui c' erano piume. Per terra, alcune tra i capelli neri, sulle cosce e altre ancora in aria che stavano cadendo.

Sicuramente era un disegno ben fatto ma gli occhi non gli rendevano giustizia. Quelli del suo angelo erano molto più luminosi e limpidi e Gerard non era riuscito a ritrarre come si deve quella limpidezza e quella luminosità.

Gli tornò in mente una frase di una canzone di cui non ricordava il titolo 'and without you is how I desapppear' diceva. Era strano quando quelle parole si applicassero a quello che lui provava per il suo angelo. Se quel pomeriggio di tanti anni fa non avesse visto per la prima volta quell' angelo che ne sarebbe stato di lui? Avrebbe avuto la voglia di continuare a vivere? Si sarebbe reso conto che la vita era un qualcosa che valeva la pena di essere vissuta nonostante il dolore che essa recava? Probabilmente la sua essenza sarebbe scomparsa, si sarebbe dissolta insieme alla voglia di vivere. 'E senza di te è come io scompaio'.

Gli sarebbe tanto piaciuto averlo lì, in quel momento. In modo da poter osservare da vicino le gemme che erano gli occhi del ragazzo e sperare di poter catturare la luce in esse. Quanto gli sarebbe piaciuto averlo lì, in camera sua, per potergli parlare, per potergli dire come quel singolo sorriso lo abbia aiutato in tutti quegli anni di scuola orribili, come quel singolo sorriso abbia fatto in modo che non si arrendesse, che non perdesse ogni speranza perchè gli ricordava che lui aveva il suo angelo da ritrovare, quanto quel singolo sorriso gli abbia ricordato quanto valesse la pena vivere perché al mondo esistevano persone buone, esistevano gli angeli.

E quanto gli sarebbe piaciuto averlo lì, sul suo letto, per abbracciarlo ed inspirare per sentire che odore avesse la sua pelle, per assaggiare quelle labbra che lo tormentavano da anni, per scoprire che sapore avessero, per poter morderle, giocare con quel piercing che adornava l' angolo del labbro inferiore e che mandava il ragazzo dai capelli rossi ai pazzi. Perché, diciamolo, era la cosa più sexy del mondo.

Gerard interruppe quella corrente di pensieri che già sapeva dove sarebbero andati a finire.

Aveva bisogno di una sigaretta.

Decisamente.

Si alzò per aprire la finestra della sua camera e prese il pacchetto che teneva nel terzo cassetto del comodino che si trovava vicino al letto.

Accese il cilindro portatore di cancro e prese una boccata di fumo. Quel ragazzo si era infiltrato nella sua testa tanti anni fa e ora che l'aveva ritrovato

non c' era verso che riuscisse a non pensare a lui. Quell' angelo l' aveva salvato nel periodo più brutto della sua vita ed era riuscito a trascinarlo via

dal buco nero in cui si trovava senza neanche rendersene conto. Quando si era chiesto più volte se valesse davvero la pena vivere in quel mondo, il ricordo dell' unico

vero sorriso che avesse mai ricevuto da qualcuno estraneo alla sua famiglia, il ricordo di quel pomeriggio piovoso in cui un Gerard Way di sette anni si era chiesto se,

dopo tutto, gli angeli esistessero davvero, gli bastava come motivazione per andare avanti, perchè alla fine il mondo non poteva essere un posto così orribile se

esistevano persone buone come quel bambino, se esistevano gli angeli.

Il ricordo di quel periodo però gli fece venire voglia di bere una birra. Dio da quant' era che non assaggiava più una goccia d' alcool!

Gli mancava il sapore leggermente amaro della birra, il calore che l' alcool sprigionava e che ti riscaldava. Era davvero da tanto tempo che ormai non provava

più queste sensazioni. Non voleva ubriacarsi, assolutamente no, non sarebbe ricaduto in quella trappola ancora una volta. Voleva semplicemente godersi una birra

dopo tanto tempo. Sapeva che poteva farcela, sapeva di essere uscito dal circolo vizioso e sapeva di essere abbastanza forte da poter bere una birra, godersela e

non andare oltre.

Finita la sigaretta uscì dalla stanza e si diresse verso la cucina. Aperto il frigo però si rese conto che era privo di ogni bevanda che contenesse anche solo la minima

traccia di alcool. Ovviamente sua madre doveva aver messo le bevande alcoliche da qualche altra parte. Era inutile quanto ripetesse a sua madre ogni volta che

usciva il discorso che avesse superato quella fase e fosse guarito, la donna non lo ascoltava. O meglio, non si fidava.

Ma quello che la madre di Gerard non sapeva era che suo figlio era un ninja. E se un ninja decideva che voleva qualcosa, in questo caso una di birra, un ninja riusciva ad ottenere quella cazzo di birra.

Scese giù in cantina e non ci volle molto prima che trovasse l' oggetto della sua ricerca. Ma non si sorprese neanche più di tanto, era un ninja dopotutto.

Afferrò la bottiglia e salì la piccola rampa di scale per uscire dalla cantine e tornarsene in camera sua dove avrebbe potuto bere in grazia di Dio. Non che credesse davvero all' esistenza di un qualche Dio ma i modi di dire non sono altro che, appunto, modi di dire.

Si voltò per spegnere la luce della cantina ma quando si girò di nuovo per proseguire si trovò sua madre alle spalle. Bene, poteva dire ciao ciao al prospetto di bersi una birra in grazia di una divinità alla quale neanche credeva.

Sua madre gli rivolse un' occhiata e sospirò

"cosa stai facendo Gerard?"

Stavolta fu il turno del ragazzo dai capelli rossi di sospirare

"sono andato a prendermi una birra perché mi andava e ora sto andando in camera mia per berla in pace. Tu cosa stai facendo?"

"Gerard... lo sai che non puoi"

Il ragazzo stava iniziando ad innervosirsi "no è qui che ti sbagli. È passato un sacco di tempo, ora sto bene, sono guarito e se ho voglia di bermi una birra sono liberissimo di farlo." Quando la donna però non accennò minimamente a farlo passare aggiunse "spostati."

Sua madre gli rivolse uno sguardo preoccupato e scosse la testa "non posso Gerard. Dammi la bottiglia."

"no."

"Gerard dammi la bottiglia. Lo sai che non puoi assumere alcool. Tu sei... stai male Gerard."

A quelle parole il ragazzo avvertì il sangue iniziare a ribollirgli nelle vene mentre la rabbia iniziava a montare dentro di lui.

"ah si ? stai dicendo che sono malato? Beh ti sbagli ora sto bene. Prima stavo male, è vero, ma adesso non più. Sono guarito, sto bene perché non capisci? Una bottiglia di birra non mi farà tornare come prima!" il tono di voce di Gerard con quella frase si era alzato e di rimando lo fece anche quello di sua madre

"E come fai a saperlo?! Come faccio a sapere che assaggiando di nuovo l' alcool non ricominci a bere come prima, eh? Come faccio a sapere che hai superato la dipendenza? Gerard, tu eri un alcolizzato capisci? A soli diciassette anni per Dio! Come faccio a lasciarti anche solo toccare una bottiglia di birra? Come?!"

Quelle parole avevano colpito il ragazzo dai capelli rosso fuoco come un pugno in piena faccia. È vero, era stato un' alcolizzato. Ma stava anche attraversando un periodo di depressione, non si sarebbe mai ridotto in quello stato altrimenti, non avrebbe mai iniziato a bere così tanto da diventarne dipendente se non avesse avuto il disperato bisogno di attenuare almeno un po' il dolore che provava. Guardò la bottiglia di vetro che aveva in mano. Erano passati quasi sette mesi da quando i medici l' avevano diagnosticato perfettamente disintossicato, lui era più forte della dipendenza, una bottiglia non l' avrebbe fatto cadere di nuovo in quel buco nero.

Guardò sua madre. Aveva gli occhi lucidi di lacrime e in quel momento Gerard pensò a quanto dovesse essere stata male vedendo suo figlio nello stato in cui era stato lui. Lui era più forte della dipendenza ma sua madre non gli credeva, non avrebbe sopportato anche solo la possibilità che quello che era successo potesse riaccadere.

Ancora una volta spostò lo sguardo dalla bottiglia a sua madre con gli occhi lucidi.

Lui era più forte della dipendenza, ma non era ancora il momento di dimostrarlo, non quando sua madre era così spaventata dalla possibilità di una sua ricaduta almeno.

Diede la bottiglia a sua madre e senza aggiungere altro se ne tornò in camera sua. Spalancò la finestra e una volta buttatosi sul letto si accese l' ennesima sigaretta. Mentre buttava fuori l' ultima nuvoletta di fumo grigio e gettava la cicca nel posacenere lanciò un' occhiata all' album da disegno che precedentemente aveva posato sulla scrivania. Era ancora aperto sul disegno del suo angelo.

Mentre continuava a pensare al ragazzo che aveva finalmente ritrovato avvertì le palpebre farglisi sempre più pesanti, fin quando con un ultimo sguardo al disegno del suo angelo sulla scrivania si addormentò.

***********

"Dios mio Bonito più bello di così non puoi farti, quindi levati da davanti lo specchio che non sei l' unico ad aver bisogno di farsi bello."

Frank alzò gli occhi al cielo. Saranno stati a malapena cinque minuti scarsi che stava davanti allo specchio per darsi una leggera sistemata al volo prima di uscire ma ovviamente Raf doveva fare il melodrammatico far sembrare che fossero passati secoli.

"si ora mi levo, contento?"

"non sarò contento fin quando mi assicurerò che questi jeans mi stanno bene"

Detto ciò, con i jeans in mano, il ragazzo iniziò ad infilarseli davanti allo specchio.

"Raf, dai non possono entrarti, sono di un anno e mezzo fa"

"mi stai dicendo che mi sono ingrassato, Bonito?"

Frank alzò di nuovo gli occhi al cielo e non rispose. Quando il suo migliore amico fu riuscito ad infilarsi i jeans per miracolo il ragazzo dagli occhi di ambra non potè fare a meno che fischiare.

"cacchio che bel culo che ti fanno!" il latino si girò e fece l' occhiolino al suo amico

"non è che me lo fanno, ce l' ho sempre avuto" e davvero non era che Frank potesse negare anche solo una delle parole dette da Raphael, il ragazzo aveva il viso di un angelo e il corpo di un dio greco. E il suo lato B non faceva eccezione.

"si ora però smettila di guardarmi il culo e andiamo. Non mi va di sentire mia madre di prima mattina."

Così si diressero verso la cucina dei Fuentes. Come ogni mattina Frank, dopo essersi fatto una doccia e vestito, era andato a fare colazione nell' appartamento vicino al suo, da quella che ormai era diventata la sua famiglia. I genitori di Raphael si erano presi cura di lui fin da quando lui e loro figlio avevano iniziato a giocare insieme da bambini e in particolare Maria, la mamma di Raf, l' aveva cresciuto come fosse sua madre, e lo era davvero. In tutti i sensi che contano.

La cucina dei Fuentes, come tutto l' appartamento e come il loro palazzo in generale, non era niente di speciale. Era grande abbastanza da far entrare l' angolo cottura, il frigorifero e un tavolo rettangolare dove la famiglia poteva mangiare. Non appena entrarono vennero accolti dalla vista di Maria ai fornelli, intenta a fare i suoi deliziosi pancakes.

"Buongiorno ragazzi. Sedetevi che la colazione e quasi pronta." Gli disse la donna con un leggero accento spagnolo e il suo solito sorriso.

"Giorno Mama" gli risposero i due. Ormai Frank era talmente di casa che aveva smesso di chiamare Maria per nome e aveva iniziato a chiamarla 'mama' come la donna gli aveva detto di fare.

"dov' è papà?" chiese il suo migliore amico alla madre mentre dava loro i pancackes.

"ah si! Mi sono dimenticata di dirvelo, oggi torna Miguel. Papà è andato a prenderlo all' aeroporto."

Frank sorrise alla notizia e così fece il suo amico. Miguel era il secondo dei fratelli Fuentes e frequentava il terzo anni di college a Los Angeles. Lui e Raphael erano particolarmente legati e ogni volta che il fratello aveva qualche giorno libero dagli studi e dal lavoro tornava a Belleville per vedere la sua famiglia.

C' era stato un periodo nella vita di Frank in cui aveva avuto una per Miguel ma, seriamente, chiunque avesse visto anche solo una volta quel ragazzo non avrebbe biasimato. Se Raf era bello come un dio greco per i suoi diciassette anni e non dava sfoggio di esserne veramente consapevole, Miguel con i suoi ventun' anni era di una bellezza spettacolare e lo sapeva benissimo. Mentre il viso di Raphael presentava ancora qualche tratto morbido dovuto alla sua giovinezza, il volto di suo fratello aveva i lineamenti di un uomo, affilati e decisi e si portava appresso, con quegli occhi che notavano anche le più piccole cose, quell' aria sensuale di irraggiungibilità. La cotta gli era passata quando aveva capito che per Miguel lui era come un fratellino e alla fine anche per lui era sempre stato il fratello maggiore che non aveva mai avuto. Il tipo di fratello maggiore a cui si aspira di somigliare e se c'era una cosa che Frank ricordava benissimo era di come quando lui e Raf erano piccoli non facessero altro che dire ' quando diventeremo grandi saremmo come Miguel'

" viene anche Sol, Mama?" chiese Frank e la donna annuì con un sorriso.

Soledad era la più grande dei figli di Maria e Ricardo. A venticinque anni ormai aveva la sua vita, la sua casa e lavorava come giornalista. Lui e Sol erano sempre stati incredibilmente vicini e se Miguel era la persona a cui da bambini lui e Raf aspiravano a diventare, Sol era la sorellona da cui correvano in cerca di consigli e ogni qualvolta combinavano un guaio.

"si nin*o, ha detto che porterà anche il suo ragazzo" [N/A: quando c'è l' asterisco vicino alla 'n' è perché ci sarebbe la tilde (per chi non lo sapesse è un segno tipico della lingua spagnola) quindi 'nin*o' si pronuncia 'nigno'. Purtroppo non so come metterla qui sul PC quindi devo mettere per forza l' asterisco.]

" ma non mi dire! Finalmente Sol ci rende partecipi della sua vita amorosa" rispose Raf con un sorriso. In effetti era la prima volta che Soledad decideva di far conoscere alla sua famiglia il suo attuale fidanzato, doveva essere una cosa seria.

Una volta che ebbero finito la colazione Maria li buttò fuori di casa con uno "Sbrigatevi che se no fate tardi!"

Era ricreazione e Frank e Raf stavano percorrendo i corridoi affollati tanto odiati dal ragazzo dagli occhi di ambra quando all' improvviso il latino si fermò di botto e afferrò Frank per il braccio.

Il ragazzo si girò verso il suo amico "che c'è Raf?"

"non che c'è, chi c'è" gli rispose quello indicando due ragazzi che stavano parlando vicino agli armadietti. Solo dopo un attimo Frank si rese conto che si trattava di Cbcr e Mikey Way. Alzò gli occhi al cielo quando vide quell' espressione sul viso del suo amico. La conosceva troppo bene, il latino aveva in mente qualcosa.

"senti Bonito-"

"No"

"ma-"

"no. Qualsiasi cosa sia la risposta è no. Ti conosco troppo bene e qualunque cosa ti sia messo in testa di fare non è una buona idea, lo so."

"daaai ti prego. È un piano perfetto"

Frank scosse la testa e continuò a camminare per il corridoio. Non fece neanche due passi che una mano lo afferrò e si ritrovò faccia a faccia con il suo amico che gli faceva gli occhioni dolci. Stava per aprire la bocca e pronunciare un altro 'no' ma poi gli occhi dorati del suo migliore amico iniziarono a farsi lucidi di lacrime e gli iniziò a tremare il labbro inferiore. Era incredibile quanto il paraculo fosse bravo a fare gli occhi dolci ed era anche incredibile come Frank fosse incapace di resistervi.

"perfavore..."

Sospirò. "E va bene! Dimmi che cazzo hai intenzione di fare."

E con quelle parole scomparvero le lacrime e il tremore del labbro "Si! Sei il migliore Bonito"

Frank lo guardò male " E tu sei uno stronzetto"

"lo so, lo so.

Allora il piano è questo: visto che l' unico amico stretto di Cbcr sembra essere Mikey Way mi è venuta un' idea geniale. Seguiremo Mikey, troveremo un pretesto per diventare suoi amici e così avrò la scusa perfetta per parlare con Cbcr perché saremmo nello stesso giro di amicizie. Sono un genio."

"no tu sei solo immensamente deficiente. Potresti perfettamente andare a parlarci come hai sempre fatto con tutte le persone che ti interessavano, ma no! Giochiamo alle spie e coinvolgiamo Frank in tutto questo, dai. Tanto non è che lui ha qualcosa di meglio da fare che starti appresso."

"infatti non hai proprio niente di meglio da fare, quindi ora muovi il tuo culo sexy perché Cbcr già è sparito e Mikey è andato da quella parte" disse l' amico indicando la fine del corridoio.

Frank non potè fare a meno di sospirare e seguire il suo migliore amico in quella follia.

Ormai erano dieci minuti buoni che seguivano Mikey Way e il ragazzo non sembrava essersene minimamente accorto. Era andato in bagno, a posare delle carte nel suo armadietto, passato a salutare alcuni suoi amici e si era perfino fatto una chiacchierata con il bidello. In tutto ciò non c' era stata una sola occasione che Raphael avesse ritenuto buona per andare a parlare con lui e di conseguenza 'entrare nello stesso giro di amicizie' di Cbcr.

Dopo essersi fatto la sua chiacchierata con il bidello il ragazzo continuò a camminare per i corridoi, che mano mano si facevano sempre meno affollati, probabilmente verso il cortile. Si trovavano a qualche metro di distanza da Mikey quando il ragazzo girò l' angolo. Decisero di aspettare qualche secondo prima di seguirlo quando all' improvviso sentirono delle voci e un gemito di dolore. Subito Raf fece per andare a vedere ma Frank lo prese per la maglietta e gli fece segno di avvicinarsi all' angolo e vedere cosa stesse succedendo senza farsi vedere. La scena che si trovarono davanti li sorprese entrambi.

Mikey era circondato e messo all' angolo da un gruppo di cinque ragazzi dell' ultimo anno. Lo stavano spintonando e minacciavano di andare anche oltre se non avesse rispettato il patto. Di quale patto si trattasse Frank non ne aveva la minima idea. Era difficile che nella loro scuola si verificassero atti di bullismo fisico, per questo erano così sorpresi. E poi di che cazzo di patto stavano parlando?

All' improvviso il pugno del ragazzo più grosso dei cinque andò a collidere con il viso di Mikey e a quel punto decisero di intervenire.

"hey! Che cazzo state facendo?"

Alla voce di Frank tutti si girarono verso i due. Dalle loro facce si capiva che avevano temuto si trattasse di un professore ma non appena si resero conto di essersi sbagliati ogni traccia di paura lasciò i loro volti.

Grande errore davvero, pensò Frank. Raphael poteva essere il ragazzo più tranquillo e pacifista della terra ma se lo facevi arrabbiare di brutto erano cazzi tuoi, e se c' era qualcosa che faceva ribollire il sangue del ragazzo latino-americano, erano le ingiustizie e le prepotenze. Non si scherza con un ragazzo che fa Muay Thai da quando non era nient' altro che un tappetto.

"andatevene non sono affari vostri" rispose uno dei cinque.

A quel punto Raf fece un passo avanti "io invece penso proprio che siano affari nostri. Lasciatelo stare."

Un ragazzo del gruppo fece una risata di scherno "giochi a fare l' eroe principessa?"

"ho detto lasciatelo stare" la voce di Raphael era gelida e provocatoria e colse nel segno perché il ragazzo che teneva ancora Mikey per la maglietta lo lasciò andare e si avvicinò al latino.

"chi cazzo ti credi di essere per venire qui con il tuo amichetto e impartire ordini?! Checca."

E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Nessuno poteva dare della checca a Raphael Fuentes e passarla liscia e ancor di più nessuno poteva dargli della checca dopo aver preso a pugni un innocente e uscirne intero.

Il destro di Raf arrivò così in fretta sulla faccia del ragazzo, che neanche ebbe il tempo di accorgersi di cosa stesse succedendo prima di trovarsi con il naso sanguinante. Dopo un attimo di shock due dei cinque si avventarono su Raphael, rimediando però solo una gomitata in faccia e un calcio nelle palle mentre l' altro attaccò Frank.

Il ragazzo dagli occhi d' ambra si fece un attimo prendere dal panico, lui non aveva idea di come procedere in una rissa, poi però si ricordò le parole del suo migliore amico e diede un calcio nelle parti basse dell' altro ragazzo.

Se non sai come difenderti, mira alle palle.

Parole sante.

Mentre vedeva il suo aggressore cadere in ginocchio in preda al dolore Frank notò l' ultimo dei cinque che se la stava dando a gambe. Prima che potesse andare lontano però il Mikey cercò di fermare il ragazzo.

Dopo accadde tutto troppo in fretta: per liberarsi la strada il ragazzo diede uno spintone a Mikey che lo fece cadere all' indietro e sbattere la testa contro lo spigolo di una colonna. L' aggressore neanche se ne accorse e prima che Frank potesse vederlo girare l' angolo Mikey già si trovava privo di sensi sul pavimento del corridoio.

"allora, il vostro amico ha una leggera concussione" disse l' infermiera della scuola mentre tornava a sedersi alla sua scrivania dopo aver visitato Mikey "ma tranquilli niente che qualche giorno di assoluto riposo non possa sistemare" aggiunse vedendo le facce preoccupate di Frank e Raphael.

Dopo averle prese di santa ragione da Raphael il resto degli aggressori di Mikey si era dato alla fuga e Frank e Raphael si erano precipitati a portare in infermeria il ragazzo ancora incosciente.

"ora dobbiamo solo aspettare che si svegli. Intanto ho fatto chiamare dalla segreteria qualcuno che possa venirlo a prendere. Dovrebbero essere qui a momenti." Aggiunse la donna e i due risposero con un cenno della testa.

Non era che ci fosse davvero qualcosa da dire infondo. Frank era ancora shockato dal fatto che un episodio di bullismo talmente violento fosse accaduto proprio in quella scuola e poteva ancora percepire Raf emanare rabbia a ondate.

Poi c' era la questione del patto che Mikey avrebbe fatto con quei ragazzi, doveva essere qualcosa di grosso se erano arrivati a fare quello che avevano fatto pur di fare in modo che lo rispettasse. Come aveva già detto era molto raro che alla Belleville High si verificassero episodio di bullismo del genere.

Passò qualche minuto e l' infermiera li invitò a sedersi sul piccolo divano che si trovava nella stanza, mentre lei andava a prendersi un caffè in attesa dei genitori di Mikey.

Frank e Raphael erano seduti accoccolati sul divano, la testa di Frank appoggiata sul petto del ragazzo latino mentre le sue dita passavano tra i cappelli del ragazzo dagli occhi di ambra. Poi la porta dell' infermeria si aprì all' improvviso rivelando l' ultima persona che Frank Iero si sarebbe aspettato di trovare in quel momento. I loro occhi si incontrarono in un attimo, l' ambra delle pupille di Frank che entrava in contatto con quelle color nocciola dell' altro:

Era lui, il ragazzo dai capelli rosso fuoco.

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Peace, Love & Empathy

-Aliz

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