Chapter seven
«Pensavo prendessimo qualcosa dalla mensa» affermo, mentre seguo Harry nel parcheggio del campus.
«Già è assai che riesco a mangiarlo a pranzo quello schifo» una smorfia disgustata compare sul suo viso.
«Non è così male» ribatto, fermandomi al suo fianco, quando raggiungiamo un pick-up. «È tuo?» gli domando, indicandolo.
Lui annuisce, avvicinandosi allo sportello del lato passeggero e lo apre, facendomi segno di entrare.
«Grazie» sussurro, imbarazzata per questo gesto così carino.
Ammicca, incamminandosi verso il lato guida, e salta su, mettendo in moto subito dopo.
«Allora, dove andiamo?» chiedo curiosa.
«Da Joe's» risponde fiero, uscendo dal parcheggio.
«Non so chi sia» scrollo le spalle.
«Vivi qui e non conosci i panini di Joe's?» sposta più volte lo sguardo da me alla strada, visibilmente sorpreso.
«Tecnicamente vivo qui da pochi mesi» lo informo. «E no, nessuno mi ha mai fatto assaggiare i panini di questo Joe's.»
«Ah, non sei di qui?» focalizza il discorso su un altro argomento.
«No, vengo da Seattle» sposto una ciocca di capelli ricaduta sul viso a causa del vento che entra dai finestrini aperti.
«Interessante, non lo sapevo» commenta.
«E tu, da dove vieni?» ora quella curiosa sono io.
«Texas» mi sorride, facendo comparire una meravigliosa fossetta.
«Oh, abbiamo un cowboy qui» lo spintono giocosamente.
«Non capisco perché tutti vedano i ragazzi del Texas come dei cowboy che vanno in giro con tanto di cappello e stivali ai piedi» il suo tono è divertito ed esasperato allo stesso tempo. Immagino affronti spesso questo argomento.
«Perché, non è così?» mi fingo dispiaciuta.
«Tu vuoi che sia così?» intravedo una strana scintilla nei suoi occhi, che mi fa agitare sul posto.
«Io... beh... insomma...» farfuglio, presa alla sprovvista.
«Ehi, sto scherzando» posa una mano sul mio ginocchio e il mio sguardo cade proprio in quel punto. «Sei così carina quando arrossisci» aggiunge, peggiorando ancora di più la situazione.
Per fortuna arriviamo al drive-in di Joe's, mettendo fine a questo momento imbarazzante. Mi domando quali siano le vere intenzioni di Harry. Questa sorta di uscita ha un doppio fine o sono io la solita paranoica che si fa mille film mentali? Devo parlare con lui il prima possibile e capire come stanno realmente le cose. Deve sapere che non sono alla ricerca di una relazione se è ciò a cui lui mira.
«Cosa prendi?» accosta quando vede un addetto alle ordinazioni avvicinarsi alla nostra macchina.
«Non so, fai tu» mi affido a lui, visto che ci è già stato.
«Ciao ragazzi, sono David. Come posso esservi utile?» il ragazzo si presenta, digitando poi il nostro ordine sul tablet che ha tra le mani.
«Perfetto, sarà tutto pronto in pochi minuti» ci saluta, prima di passare al prossimo cliente.
«Non hai ordinato un po' troppo cibo?» chiedo a Harry, mentre aspettiamo. Non la finiva più di aggiungere cose ai due menù già ordinati, come se a mangiare fossero venti persone, e non due.
«L'allenamento è stato tosto, ho bisogno di rimettermi in forze» spiega con nonchalance.
Cala il silenzio nell'abitacolo e inizio a non sentirmi più a mio agio, così dico la prima cose che mi viene in mente. «Quindi sei anche tu al primo anno?»
«Sì, ma pensavo che l'avessi capito dato che frequentiamo molti corsi insieme» ridacchia.
«Sì, effettivamente» mi sento davvero imbranata in questo momento. «Mangeremo qui?» cambio argomento, sperando vada meglio.
«No, voglio portarti in un posto» posa nuovamente la sua mano sul mio ginocchio, tracciando dei cerchi immaginari con le dita.
E no, non è decisamente andata meglio!
«Ecco a voi il vostro ordine» David ritorna da noi con un'enorme busta e un sorriso a trentadue denti.
Lo ringraziamo, per poi immetterci sulla strada principale e raggiungere questo posto a me sconosciuto. Dopo una decina di minuti imbocchiamo la salita di una collina, andando sempre più su.
«Vuoi uccidermi per caso?» mi fingo nervosa.
«Sei sempre così diffidente, Becca?» mi stuzzica.
Becca?
«Siamo passati a Becca ora?» chiedo confusa.
«Non ti piace?» si acciglia.
«Si... no... voglio dire, perché siamo qui Harry?» è arrivato il momento di mettere le cose in chiaro.
«Per mangiare?» mi pone a sua volta una domanda.
«Non intendevo questo» sospiro, provando a mettere da parte la mia timidezza. Non mi sono mai piaciute queste situazioni, penso che siano scomode da entrambi i lati. «Io ti piaccio?» sputo tutto d'un fiato, sfacciata come mai prima d'ora.
«Wow, non mi aspettavo questa domanda» si gratta la nuca, agitato. «Siamo arrivati, ti rispondo tra qualche secondo» spegne l'auto, precipitandosi fuori con la nostra cena. Lo seguo, non sicura sul da farsi. Raggiuge il retro del suo pick-up, abbassando lo sportello per poter salire sul cassone che funge da bagagliaio. Mi passa la busta e si sposta in un angolo per tirare fuori delle coperte ripiegate in modo ordinato. Ne stende una su tutta la superficie, così da poter stare più comodi, mentre l'altra la lascia piegata.
«Salta su» si volta a guardarmi, una volta finito di sistemare tutto. Si riappropria della busta contenente i nostri panini, e chissà cos'altro, porgendomi poi una mano per aiutarmi a salire.
La afferro e non la distacca dalla mia fino a quando non prendiamo posto. Cacciamo fuori tutto il cibo ordinato, sistemando sulla coperta sotto di noi, e proprio come immaginavo, è davvero troppo.
Mi guardo in torno, restando stupita dalla bellezza di questo posto. Siamo sul punto più alto della collina, godendo della vista di tuta la città illuminata. È un vero spettacolo, e un senso di pace pervade tutto il mio corpo. Penso che diventerà uno dei miei luogo preferiti, perfetto per quando si vuole staccare la spina da tutto e tutti. Ricordo di aver pensato la stessa cosa anche quando Travis mi portò nella sua baita di famiglia. Quante cose sono cambiate da allora.
«Allora, ritornando al discorso di prima» mi richiama Harry, prima di infilarsi qualche patatina in bocca. «Sarò sincero con te, Rebecca» si volta verso di me, incatenando i suoi occhi azzurri ai miei. «Tu mi piaci, ma sono consapevole che il tuo cuore appartenga a un altro» e io resto senza parole.
«Come fai a saperlo?» mi domando se sia davvero così evidente.
«Parliamo di Travis giusto?» qualcosa mi dice che lui sappia già la risposta.
«Sì» annuisco debolmente.
«Come immaginavo» sospira, passandosi una mano tra i capelli. «Come faccio a saperlo?» ripete la mia domanda. «Tralasciando lo show che ha fatto in classe, l'ho capito questo pomeriggio. Ho notato le occhiate che vi siete scambiati durante l'allenamento e solo un cieco non sarebbe in grado di vedere ciò che c'è tra di voi» un sorriso tirato si forma sulle sue labbra. «Oggi nello spogliatoio un ragazzo ha fatto un commento poco carino su di te e Travis è intervenuto prima che potesse farlo tuo fratello. Non so cosa sia successo tra di voi, ma posso assicurarti che quel ragazzo ci tiene davvero tanto a te» una lacrima riga la mia guancia e la raccolgo con la speranza che lui non l'abbia vista.
«Noi siamo stati insieme, ma lui mi ha fatto davvero molto male» decido di aprirmi con lui. «Non voglio prenderti in giro Harry, ma al momento non voglio frequentare nessuno» lui è stato sincero con me, glielo devo.
«Qual è la prima cosa che ti ha colpito di lui?» la sua domanda mi coglie alla sprovvista e impiego qualche secondo per rispondere.
«I suoi occhi» ricordo ancora la prima volta che si sono scontrati con i miei. «Riesce a farmi tremare il cuore ogni volta che mi guarda» confesso, sommersa nei miei pensieri.
«Anche tu tieni molto a lui» la sua voce mi riporta alla realtà.
«Questo non è importante, non più» bisbiglio, provando a trattenere le lacrime che minacciano di uscire. E non perché non voglio farmi vedere piangere da Harry, ma sono semplicemente arrivata alla consapevolezza che non ne valga più la pena. Non per lui almeno.
«Posso aiutati a dimenticare» propone titubante. «Ma solo se lo vuoi» aggiunge. «Vediamo come va, iniziamo con l'essere solo amici» le ultime due parole mi procurano una leggera tachicardia.
«L'ho già sentita questa» una risata amara abbandona le mie labbra.
«Io non sono come lui Becca, lascia che te lo dimostri» prende le mie mani tra le sue, stringendole leggermente. I suoi occhi mi chiedono di dargli una possibilità, di fidarmi ancora una volta di qualcuno.
«La mia amicizia è tutto ciò che posso offrirti» è inutile illuderlo, è meglio che sappia la verità sin dall'inizio.
«Ne sarei onorato» mi stringe in un forte abbraccio, accettando la mia proposta. «Ora mangiamo, ti va?»
Annuisco, afferrando il panino che mi passa.
«Avevi ragione, è squisito» ammetto, dopo il primo morso.
Continuiamo a mangiare, chiacchierando del più e del meno. Harry mi ha raccontato che avrebbe voluto studiare in un altro college, ma è riuscito a ottenere una borsa di studio solo qui a Sanata Monica, precisando che se non fosse stato per il basket forse non sarebbe entrato neppure all'UCLA. Mi ha raccontato come è nata la passione per questo sport e che non ha ancora ben chiaro ciò che vorrà fare in futuro. È circa un anno che è uscito da una relazione tossica e, proprio come me, da allora non ha mai voluto concedere il suo cuore a nessun altro, anche se sente che ormai sia arrivato il momento di voltare pagina e andare avanti. Mi ha promesso che mi aiuterà a fare la stessa cosa, senza essere troppo invadente e rispettando i miei tempi. Non so questo cosa significhi, ma voglio provarci. Voglio provare a stare bene di nuovo bene, liberandomi di tutti questi sentimenti negativi che a stento mi lasciano respirare. Gli ho parlato del dottore Niall e mi ha detto che è stato un passo molto coraggioso da fare e che sicuramente ci vorrà tempo, ma è sicuro che presto mi butterò alle spalle questo brutto capitolo della mia vita e io non vedo l'ora che ciò avvenga. Dopo cena ci stendiamo a guardare le stelle per un tempo indefinito.
«Penso sia arrivato il momento di andare» mi dice, dopo aver controllato l'orario sul suo cellulare. «È l'una passata» mi informa.
«Cosa?» sgrano gli occhi. «Siamo stati fuori tutte queste ore?» stento a crederci.
«Il tempo vola quando si sta bene» ammicca, iniziando a sistemare. Gli do una mano e una volta finito entriamo in macchina, ritornando al campus.
«Dove alloggi?» gli chiedo durante il tragitto.
«In una confraternita» risponde, picchiettando le dita sul volante. Alza la voce della radio quando passano la sua canzone preferita e cantiamo fino a quando non arriviamo a destinazione.
«È stata una bella serata, grazie» mi affretto a dire, quando ferma l'auto poco distante dall'ingresso del mio dormitorio.
«Tanto bella da rifarla?» azzarda, regalandomi un sorriso malizioso.
«Ci penserò» lo stuzzico.
«Bene, allora buonanotte Rebecca» mi saluta, con un tono fin troppo dolce per i miei gusti.
«Buonanotte Harry» gli sorrido imbarazzata.
«Non me lo merito un bacio?» mi blocca, prima che possa uscire dal suo pick-up. «Ovviamente sulla guancia» aggiunge, notando la mia reazione.
Sono praticamente diventata un tronco di legno.
«Non fare il furbo» lo ammonisco, prima di avvicinarmi. Lascio un leggero bacio sulla sua guancia e scappo via prima che possa dire altro.
Raggiungo la porta principale del dormitorio e perdo qualche secondo a cercare, nella mia borsa, il tesserino che mi consente di aprirla. Dopo qualche imprecazione riesco a trovarlo e lo avvicino al lettore, ma sobbalzo, facendolo cadere ai miei piedi, quando sento la voce di qualcuno alle mie spalle.
«Ti sei divertita?» bastano tre semplici parole a scombussolare ogni cosa dentro di me. Tre semplici parole dette da una persona in particolare: lui.
#Spazio autrice 🌹🖤
Lascio a voi i commenti!
-Juls.
Profilo Instagram della storia: juls.stories
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