"Coach Krieg!" Affermo con tono sicuro. "Mi spieghi tutto" Sorride e mi riferisce quanto detto agli altri, tirando fuori dalla tasca una lettera piegata in quattro. Si schiarisce la voce.
"Noi, i membri della federazione internazionale tennis, ci congratuliamo per il riconoscimento acquisito. Grazie alla forma fisica e all'abilità e alla tecnica del vostro corpo di squadra siete stati selezionati all'interno della vostra regione come miglior squadra seniores dalla nostra istituzione.
Pertanto siete ufficialmente invitati a partecipare all'iniziativa che prevede un trasferimento della squadra all'Am Rothenbaum di Amburgo, struttura presso la quale i giocatori selezionati seguiranno per un mese gli allenamenti con i nostri ospiti d'onore: i tennisti della nazionale tedesca, presenti anche in classifica ATP.
Tutti i giocatori simuleranno la preparazione atletica di tennisti professionisti e qualificati ad alti livelli, così da immergersi nell'ambiente professionistico, auspicando un giorno, che diventi per loro, quotidiano.
La seguente lettera e i documenti allegati dovranno essere consegnati entro il giorno 12 aprile alla sede dell'Am Rothenbaum, al manager di squadra nazionale Christian Andersen.
Rinnoviamo le nostre congratulazioni,
Cordiali saluti"
"M-manager di squadra nazionale?!" Kristen dovette sostenermi per evitare che scivolassi dalle sue braccia.
"Proprio così. Stamattina in gran segreto ho mandato Camilla a consegnare i documenti di cui si parla nella lettera. No che non ho sbagliato, Camilla è la prima della classe. Assolutamente no Annika, la prossima volta manderò nuovamente il primo o la prima della classifica interna. Non se ne parla, non mi comprerete con i pretzel!" Il coach dovette tentarle tutte pur di evitare di sorbirsi le ire delle altre.
"Complimenti Camilla" Un conosciuto e muscoloso braccio maschile si insinuò dietro il mio collo.
"Karl! Finalmente ti rivedo, dove eri finito?" Karl è uno dei pochi ragazzi presenti al nostro circolo. No, il nostro allenatore non ha preferenze, ma ritiene che l'importante sia la tecnica e non la forza, ed è stato un caso che qui ad Amburgo le più precise siano le ragazze.
"Sono arrivato per primo e ho chiesto a Krieg una mano con alcune ribattute. Dopodiché mi sono defilato e ho fatto una passeggiata. Comunque, l'ho saputo prima di te" Dopo avermi pizzicato la guancia mi sorride beffardamente.
"Hai proprio un viso perfetto per essere riempito di schiaffi" Gli rispondo io con una linguaccia. Devo molto a Karl, è stato lui a farmi conoscere questo circolo, e lo conosco da quando mi sono trasferita qui: provengo da una cittadina più periferica e dopo qualche settimana mi sono abituata a tenere allenata la memoria per l'infinito numero di strade e stradine secondarie. Karl c'è sempre stato, e lo ritengo un buon amico.
"Kristen.." La saluta con un inchino e fa per andare verso gli spogliatoi. "Io vi saluto, ho delle commissioni da svolgere, ah, a proposito" Dice squadrandomi da capo a coda "Sei venuta senza borsone?"
In quell'esatto momento smetto di sorridere e un'espressione di panico puro fa capolino sul mio volto "Il mio borsone!" Lo cerco frenetica sugli spalti con lo sguardo, ma non lo trovo.
"Devi averlo lasciato sicuramente al Rothenbaum, o forse.." sogghigna Kristen "..l'hai lasciato di proposito?" tira fuori un sorrisone ammiccante.
"Lo spero, non sono passata altrove.. Kristen!!" Le tiro una gomitata, ma il coach mi riporta sulla Terra.
"Camilla, non mi sono certo dimenticata di te, devi finire gli allenamenti. Fatti prestare una racchetta"
Sospiro, eliminando ogni traccia di preoccupazione, pensando che una volta terminati gli impegni sarei subito tornata lì. Leggermente affranta per la mia pessima concentrazione, torno sul campo e termino la sessione. Kristen rimane per tutta la durata dell'allenamento, e la ringrazio.
"Stasera, mi devi raccontare tutto" Mi intima con un gesto inequivocabile della mano. "Ho detto, tutto." Occhiolino.
"Non preoccuparti, senti.. mi accompagneresti allo stadio? Devo recuperare il borsone"
"E' per questo che ti ho detto stasera, devo scappare a casa, accompagno mia madre dal dottore.. grr, mannaggia a te! Sai che non me l'avresti dovuto chiedere! Ora non farò altro che pensarci tutto il giorno.." Sconsolata, mi abbraccia e ci salutiamo. Abbandono il campo e dopo essermi fatta una veloce doccia nello spogliatoio, con i capelli legati in fretta e furia faccio per uscire dall'ingresso principale, quando noto dietro un albero un completo familiare.
'Aspetta un attimo.." Faccio mente locale mentre con gli occhi cerco di aggirare l'ostacolo naturale. 'Cappellino bianco, maglietta bianca, pantaloncini bianchi.. che sia?' Dopo aver dissipato l'80% dei miei dubbi mi avvicino. "Hey..? Sei il ragazzo del Rothenbaum..?" Proprio mentre sto per raggiungerlo, mi afferra per un braccio e mi trascina dietro l'albero. "Hey! Che cos-..!" Prima di poter finire la frase mi fa cenno di fare silenzio, con un dito sulle labbra.
"Non urlare. Ti spiego dopo" Leggermente infastidita dai modi bruschi con cui mi ha silenziata, mi accorgo di due cose fondamentali: la prima, siamo estremamente vicini. Per limitare lo spazio visivo mi stringe verso di lui, facendomi appoggiare la testa sul torso, mentre le gambe sono intrecciate in modo tale che se uno solo di noi due si fosse mosso avrebbe fatto scivolare entrambi. Sento il cuore battergli nel petto. E' regolare. Alzo leggermente lo sguardo, per guardarlo in volto: dei sottili riccioli biondo scuro scivolano sotto il cappello, rivelando una coda a metà altezza, il naso sottile e arcuato copre gran parte del viso, mentre la mandibola rivela un taglio appuntito, ma a tratti femminile. Gli occhi sottili e di un intenso nero nascondono qualsiasi espressione. 'Dove l'ho già visto..?' Penso, ma prima di potermi crogiolare nei miei pensieri, sposta lo sguardo verso di me, tingendo il mio volto di un rosso intenso. Lo stavo osservando.
"Puoi respirare adesso" Quasi a suo comando prendo una boccata d'aria accorgendomi solo ora di aver trattenuto il respiro per qualche istante. Seconda cosa: ha il mio borsone.
"Sono terribilmente sbadata, scusami per il borsone" Lo guardo con gentilezza.
"Non c'è problema. E' stato divertente vederti correre per i corridoi. Non mi sono sentito di farti rifare tutta la strada" Con un sorriso appena accennato mi passa la spallina. "Sei di questo circolo?" Chiede lanciando un'occhiata all'edificio dietro di me.
"Si, ho appena finito gli allenamenti. Tu hai risolto con il signor.. Andersen?" Chiedo facendo ritornare alla mente lo shock della sua identità finalmente rivelata.
"In un certo senso, si." Noto che il suo sguardo si sposta verso qualcosa alle mie spalle, e lentamente mi giro anche io, per constatare che due persone, un uomo e una donna, sembrano osservarci dall'altro lato della strada.
"E' una mia impressione o..?"
"Aspetta. Non girarti" Sposta sensibilmente lo sguardo verso il basso, come se stesse guardando me, ma tenendo d'occhio i due soggetti. Con la stessa velocità con la quale un lampo fa la sua comparsa tra le nuvole in un temporale, così il suo volto si illumina, e subito mi mette una mano sulla spalla. "Andiamo"
Non capisco cosa stia succedendo, ma mi ritrovo a camminare con un perfetto sconosciuto verso il centro di Amburgo, sulla strada sulla qualesi affaccia il mio circolo: la Dammtorstraße. A ritmo sostenuto e con passo veloce mi tiene vicina a sé, tenendo coperti sia il mio che il suo volto, abbassando con discrezione la visiera del cappello e dando, di tanto in tanto un'occhiata dietro di lui.
"Ci stanno seguendo?" Chiedo con voce vibrante.
"Si. Sii naturale, non devono sospettare di un rapimento" Strabuzzo gli occhi e assottiglio la voce.
"Un rapicosa?" Lo sento sorridere, il che non mi tranquillizza per nulla "Dove stiamo andando? Chi sono queste persone? E soprattutto, perché li stiamo seminando?"
"Troppe domande, risponderò solo ad una per adesso" Risponde, senza guardarmi, ma aumentando il passo dopo la prima curva. Rifletto mentre il mio cervello elabora troppe cose contemporaneamente.
"Come ti chiami?" Sospira, quasi come se dovesse togliersi un grosso peso di dosso.
"Wilhelm, chiamami Will"
'Will?' Un altro tassello scomposto si aggiunge all'intricato puzzle delle domande irrisolte. Giro appena la testa, evitando per un pelo un tale che ci passava di fianco. I due soggetti sono molto più vicini di prima, sembra che la donna stia sussurrando qualcosa al suo compagno e in poco tempo si dividono, rendendo impossibile per me seguirli contemporaneamente con lo sguardo. "W-will?"
"Mmh..?"
"Non li vedo più.." Con un cenno di disapprovazione mi stringe ancora di più.
"Siamo quasi arrivati, riesci ad aumentare il passo?" Annuisco. Finalmente recupero l'uomo, che si trova ora dall'altro lato della strada rispetto a noi e senza guardare da ambo i lati, attraversa, diminuendo di molto la distanza tra di noi.
"Will!" gli tiro una gomitata, ma in quel momento mentre Wilhelm fa una repentina svolta a sinistra, verso l'ingresso di un locale, una macchina si ferma bruscamente prima del nostro inseguitore, suonando con il clacson, per attirare la sua attenzione. Lo abbiamo seminato.
Mai udii suono più dolce della campanellina all'ingresso di quella che sembrava una caffetteria. Eravamo fuori pericolo.
"Will, che ci fai qui?" Una ragazza al bancone gli fa cenno di avvicinarsi.
"Monica.. ti racconterò tutto con calma, mi stanno dietro, non ho molto tempo" Mentre annuisce, la ragazza guarda verso di me, chiedendogli con lo sguardo chi fossi. "Anche di lei, per favore, il solito tavolo, grazie" Con tono grave prende una chiave argentata da sotto la cassa, facendoci strada verso una porta in legno rosso. Dopo averla aperta sospira profondamente. "Grazie, Monica"
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