𝐏𝐫𝐨𝐥𝐨𝐠𝐨 - 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞
Il ritmo incalzante e misurato delle ribattute, le sferzate sulla terra rossa, il cielo aperto e limpido, gli spalti ancora vuoti, i fischi del coach, i passi dei raccattapalle, i rumorosi cenni di approvazione dei compagni del circolo: mi sono abituata a tutto questo. Mentre sistemo il collo della maglietta e tiro una boccata d'aria il mio allenatore si avvicina, e già noto con la coda dell'occhio che il movimento del suo braccio sta descrivendo una traiettoria molto pericolosa.
"Camilla! Un ottimo ace, devo ammetterlo. Ti sei guadagnata un'oretta di pausa, dopodiché riprenderemo con lo stesso ritmo"
Markus Krieg, mi segue da quando mi sono trasferita ad Amburgo. Ha sempre mantenuto un atteggiamento paterno nei miei confronti, dovuto con ogni probabilità al fatto di non aver avuto figli. E' un maestro nel tennis, non sono stata ancora in grado di batterlo in un match, ma con un po' di pratica ci riuscirò, il tempo è dalla mia parte.
"Grazie coach!" Mi dirigo verso la mia compagna di allenamento, Kristen, intenta ad allacciarsi per la seconda volta di seguito i lacci delle scarpe. "Kristen, che te n'è parso?"
Si gira verso di me e mi scruta con i suoi profondi occhi azzurri. "Molto bene, penso che tu stia migliorando. Ma non montarti la testa" si sistema i capelli e i polsini "c'è ancora molta strada da fare prima di arrivare al world tour". Mi sorride.
"Sei di supporto oggi!" Le sorrido anch'io, e mi risponde con una vaga imitazione del coach.
"Ti vedo, Kristen.."
"Ops! Mea culpa!" Il suo sguardo torna a posarsi prima su di me, poi sulla sua racchetta. "E' arrivato il mio turno. Goditi la pausa campionessa".
La osservai scendere gli spalti e avviarsi verso la sua postazione. Il tennis è davvero uno sport meraviglioso, come anche molti altri. Ti permette di legare molto con le altre persone, soprattutto in vista di tornei in doppio, ma ti da' anche la possibilità di concentrarti su te stessa, sulle tue capacità. Arriva prima o poi il momento in cui ti troverai da solo di fronte a quella rete e vedrai da lontano, quasi a rallentatore, il tuo avversario che da' il via all'incontro. Sia che si tratti di un'amichevole o di una tappa fondamentale per il tuo percorso, l'adrenalina che ti scorre in corpo è la medesima in entrambi i casi. Mentre riflettevo con aria sognante al mio grande slam, sentii il coach Krieg sedersi vicino a me.
"Ti vedo determinata."
Mi risvegliai dolcemente dal sonno "Più che mai coach"
"Non ne dubito. Da quando ti sei trasferita qui 5 anni fa sei migliorata notevolmente, credo che l'influsso di Amburgo ti faccia solo che bene"
"Fosse per me non farei altro, mi sveglio la mattina pensando al prossimo incontro. Ovviamente penso anche ad altre cose, come assistere al prossimo ATP world tour" Il world tour è una delle istituzioni più importanti nel mondo del tennis. Seguo sempre in tv tutti i tornei e mi immagino di trovarmi lì di persona, magari in prima fila, ad assistere alla partita. Per non parlare dei giocatori. Pensare che con solo qualche anno in più di me di esperienza sono riusciti a scalare le classifiche europee e mondiali, fino ad essere riconosciuti come i migliori nelle classifiche ATP.
"Hahahahah! Camilla, non importa quante volte te lo chieda, la risposta è sempre la stessa" Dopo poco il tono tornò serio. "Ho un favore da chiederti"
Ritornai anche io seria e quasi preoccupata gli feci cenno di proseguire.
"Devi promettermi però che farai attenzione. Ti senti sicura di poter reggere questa responsabilità?" Mi scrutò con impassibilità.
"S-si, lo prometto" Deglutii.
"Bene" Tirò fuori dalla tasca una busta sigillata e una cartella con diversi documenti al suo interno. I suoi occhi emanavano davvero una certa serietà. "Se dovessi mai smarrirli, la sventura cadrà su di te, lasciandoti senza scampo. L'antica profezia rivela che se questi documenti non verranno consegnati entro questa sera, la ragazza che fallirà nell'impresa non riceverà palle nuove al prossimo incontro individuale. Camilla Schmidt, sei pronta a ricevere questo incarico?"
Con tono altrettanto solenne risposi alla profezia, dopo aver tirato un sospiro di sollievo.
"Io, Camilla Schmidt, accetto con tutti gli onori e gli oneri di render fede alla profezia or ora pronunciata, consegnando quanto prima gli importantissimi documenti, da portare in salvo"
"Ma cosa state dicendo voi due laggiù?!" Kristen stava a braccia conserte con sguardo perplesso: osservava il coach Krieg inginocchiato mentre mi consegnava l'oggetto della predizione. Tutti quanti trattenemmo a stento una risata.
"Invidiosa di non aver ricevuto l'incarico?" Chiese lui con tono ironico.
"Invidiosa di essermi persa l'opportunità di saltare parte degli allenamenti? Di sicuro!"
Sorrido e mi dirigo verso gli spogliatoi per darmi una rinfrescata prima di uscire a recapitare il materiale. Carico il borsone sulla spalla e dopo essermi cambiata la maglietta decido di rimanere in pantaloncini e scarpe sportive, sapendo che avrei dovuto fare probabilmente un pezzo di strada al caldo. Saluto con un cenno della mano e una volta fuori prendo una boccata d'aria.
"Amburgo.. Quali mirabolanti avventure mi porterai oggi?" Mi domando, realizzando di non sapere dove dirigermi. Noto un foglietto incastrato tra gli altri che sporge, scritto a mano. Sopra riporta le informazioni mancanti:
Consegnare al signor Christian Andersen, stadio Am Rothenbaum.
Quando mi riebbi, rilessi nuovamente il testo del biglietto, incredula.
"L'AM ROTHENBAUM?!"
E' lo stadio più importante di Amburgo, dove vengono disputati i tornei più importanti in Germania. La struttura è una delle più imponenti ed è super attrezzata. L'ingresso per gli allenamenti viene limitato ai membri del loro circolo, oppure grazie a membership. L'ho sempre ammirato dall'esterno, mentre ora potrò visitarlo dall'interno!
Le mie gambe iniziano a muoversi in autonomia. La strada la conoscevo già.
Mi ritrovo all'ingresso dello stadio, dentro lo spazio è sconfinato, quasi deserto vista l'ora. Controllo l'orologio: 12:43. "Spero di non disturbare". Mi avvicino al banco informazioni, dove una gentile signora mi dice di seguire il percorso verso il campo principale.
"Segua la linea, troverà lì il signor Andersen"
Ringrazio e seguo la strada indicata. Dopo qualche passo vengo illuminata dalla luce naturale che pervade tutto lo stadio dall'alto. Mi lascio abbagliare dalla calda fonte luminosa, osservando l'intricata struttura del soffitto, dalla quale si possono appena intravedere le grandi tende automatiche che vengono alzate per riparare il terreno dalla pioggia. Mentre rifletto tra me e me mi scontro con una persona che stava percorrendo la strada in direzione opposta.
"Scusami, sta attenta" mi dice con tono sarcastico. Mi poggia appena la mano sulla spalla nel punto di collisione, per alleviare il danno dell'impatto. Non sono in grado di capire chi sia perché prosegue senza girarsi, noto semplicemente che si tratta di un ragazzo completamente vestito di bianco, dai pantaloncini, alla maglietta, alle scarpe, al cappello che nasconde interamente il volto.
Rimango istintivamente ferma come fulminata, ma una calda voce maschile mi riporta alla realtà.
"Lascialo perdere, usa sempre quel tono.. Sei una delle ragazze di Krieg? Vieni, ti stavo aspettando" Dice, e mi invita ad accomodarmi su una delle sedute di un'ampia scrivania a bordo campo, sotto la sedia dell'arbitro. "Vediamo, tu devi essere.. Camilla? Si? Io sono Christian Andersen. Bene, voglio rinnovare nuovamente le mie congratulazioni per essere stati selezionati per questa iniziativa"
Lo guardo perplessa. L'uomo che mi aveva parlato è parecchio alto, ha un viso asciutto, ma per nulla sgradevole, si porta molto bene i suoi anni. Ha un aspetto molto elegante, deduco che di tennis se ne intende ad un livello diverso rispetto al mio: indossa una sottile giacca di lino con cravatta, i pantaloni eleganti a sigaretta slanciano la sua figura, già di per sé longilinea, mentre il portamento sicuro lo pianta con solidità al centro della conversazione. Ha un fascino tutto suo.
"Mi perdoni signor Andersen" Faccio una pausa. "Di quale iniziativa sta parlando?"
Il signor Andersen, che fino a poco prima indossava un sorriso di circostanza, mostra finalmente un'espressione più umana di curiosità.
"Markus non vi ha ancora detto nulla? Guarda un po', non è cambiato per niente.." Richiude immediatamente i documenti che aveva prima lasciato aperti sul tavolo.
"Di cosa si tratta?" Chiedo di getto.
"Chi sono io per rovinarvi la sorpresa? Ecco qui, serve una mia firma qui, e qui. Perfetto, questa invece è la lista con tutti i vostri nominativi.." Mentre leggeva accuratamente ma con velocità il testo, mi permisi di dare un'occhiata dietro di me, senza sporgermi troppo. Il campo era bellissimo: la terra rossa era appena stata rastrellata e gli ultimi addetti stavano facendo gli ultimi accertamenti sulla rete; una signorina dagli spalti saluta con la mano il signor Andersen, che risponde allo stesso modo. E' molto distinta.
"Ecco fatto. Allora Camilla, ti chiedo un'ultima cortesia per oggi. Mi serve l'originale, quindi fai una copia di tutto e riportamela, ci vediamo all'ingresso. Fai, se credi, un giro qui intorno, non capita tutti i giorni di entrare all'Am Rothenbaum, per ora ho un'altra faccenda da sbrigare" Mi stringe la mano e torna a sedersi, intento a firmare delle carte e a leggerne altre. Decido di seguire il suo consiglio e prima di fare le fotocopie faccio una deviazione dall'itinerario precedente.
Entro in un corridoio interamente in vetro, dove è possibile osservare anche gli altri impianti, come il campo da calcio et similia. Vengo rapita da tutto, dagli effetti di luce e dai riflessi sul pavimento levigato in cemento. L'architettura è solida ma non ingombrante, immediatamente ritorno a vagare tra i miei pensieri, immaginando di poter visitare ogni giorno questo posto.
'Quanto potrei imparare in un ambiente così motivante?' Penso.
"Attenta a dove cammini" Mi risveglio nuovamente e mi accorgo in quel momento di star per inciampare in un borsone appoggiato in mezzo alla stanza. La voce mi è familiare. "Devo dedurre che sia una tua abitudine non guardare davanti a te". Riconosco il ragazzo di prima, appoggiato con le spalle al muro, che sorseggia un caffè. Capisco di trovarmi in una spaziosa stanza per i break.
"E' pur vero che di tutti i posti per mettere un borsone.." Indico con lo sguardo uno dei divanetti vuoti.
"Mmh" Sorseggiò. "Non hai tutti i torti". Finito il caffè compresse il bicchierino e lo lanciò al canestro nel cestino più lontano, centrandolo. "Ti sei fatta male?"
Passo istintivamente la mano sulla spalla. "No, non sono così debole"
"Prendi un caffè? Per scusarmi. Devi essere nuova, il Rothenbaum fa sempre questo effetto la prima volta". Annuisco e ci sediamo entrambi alle poltroncine in velluto rosso di fronte alle macchinette. Una volta pronto, me lo passa. Tiene basso il cappello mentre avvicina il bicchierino.
"Grazie. Zuccherato?" Affermo dopo il primo assaggio. Lo prendo sempre amaro.
"Naturalmente, chi lo prende a zero deve essere sicuramente figlio di qualche essere demoniaco" Mi squadra in modo simpatico.
"Sono la figlia del diavolo allora" Dico quasi sottovoce. Un sorriso da parte sua mi fa intendere di averlo sentito. "Brutto allenamento prima?" Chiedo alzando un po' il tono. Lui mi guarda di sottecchi, facendo attendere la risposta.
"Fosse quello il problema.. Andersen è solo molto.. insistente" Dice girando il suo secondo shottino.
"Non mi stancherei mai di giocare. Appena finisco di fare quelle fotocopie devo subito tornare al mio circolo e finire il mio" Sorseggio e faccio per controllare l'orologio. "Cosa?! Sono le 13:10?! Devo assolutamente sbrigarmi, sapresti dirmi la strada più veloce per la segreteria?" Con sguardo divertito mi indica il cartello appeso al muro con le indicazioni per la 'stanza delle fotocopiatrici'.
"Se inizi a correre adesso in una ventina di minuti dovresti riuscire ad evitare la fila" Dice ridendo sottovoce. Alle sue parole prendo tutti i documenti e mi fiondo verso la mia meta. Grazie alla mia innata dimestichezza con le stampanti, riesco in quindici minuti a ritornare alla segreteria, correndo e con il fiatone.
"Signor Andersen!" Lo vedo che chiacchiera con la signora della reception. Appena si gira verso di me il suo sguardo si riempie di apprensione.
"Signorina Camilla, come mai così di corsa?" Prende l'originale dei documenti e mi offre una cartellina per inserirci le copie. "Sei stata velocissima ti ringrazio. Ora, intuisco che Markus ti dia del filo da torcere, ma farlo aspettare è la cosa che meno lo manda in bestia, è un tipo paziente, avrà tenuto in conto di dove ti saresti trovata" Mi sorride e mi dà una leggera pacca sulla spalla.
"Sono io che ringrazio lei signore, spero di poter visitare presto questa struttura meravigliosa, anche se da spettatrice"
Il suo sguardo si ammorbidisce. "Hahahaha! Certamente, sarà un piacere lavorare con te. Ora però non mettiamo alla prova la benevolenza del coach, d'accordo?"
Annuisco allegramente e saluto prima di avviarmi verso la gigantesca porta d'ingresso a vetri. Ripercorro tutta la strada a ritroso, ripensando alle enigmatiche parole di Andersen: 'sarà un piacere lavorare con te'. Per essere uno scherzo il coach l'ha pensata davvero bene. Ritorno finalmente al mio circolo, dove le altre ragazze avevano finito il loro ciclo di allenamenti. Kristen mi si avvicina quasi correndo e mi abbraccia.
"Lo sapevi prima di me e non mi hai nemmeno fatto un segno?!" Tira fuori uno sguardo da 'ti faccio sentire in colpa qualsiasi cosa tu abbia fatto, con l'unica eccezione che ero io a non sapere cosa stesse succedendo.
"Sapevo.. cosa?" Rimango attonita. Le altre mie compagne saltavano per la gioia, mentre l'insegnante con santa pazienza cercava di frenarle. Mi vede.
"Com'è stata questa visita al Rothenbaum?" Si girano tutte verso di me, travolgendomi.
"Sei stata al Rothenbaum?? Com'è?? Hai conosciuto qualche bel ragazzo? C'erano già i tennisti? E il loro allenatore? Anche lui ha un certo charme, devi ammetterlo! Io li seguo sempre quando c'è qualche fuori onda, sono così come in tv?" Vengo assalita da mille domande, ma dopo poco mi inizio ad infastidire a causa dell'ansia di essere l'ultima a sapere le cose.
"Coach Krieg!" Affermo con tono sicuro. "Mi spieghi tutto" Sorride e mi riferisce quanto detto agli altri, tirando fuori dalla tasca una lettera piegata in quattro. Si schiarisce la voce.
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