P R O L O G O

Mi risvegliai sdraiata sotto l'ombra di un grande albero in un parco, circondata da un gruppo di persone che mi fissavano con espressioni di preoccupazione e curiosità.

Il sole filtrava attraverso le foglie, proiettando giochi di luce e ombra sul mio viso. Ero confusa, disorientata, e avevo una vaga sensazione di dolore.

Ero appena stata esiliata da un pianeta che avevo considerato una seconda casa e da un uomo che era come un padre per me. Ora, mi trovavo qui, in un angolo di Terra che non riconoscevo, e sembrava che nulla potesse andare come previsto.

Il parco era un luogo sconosciuto. Non ricordavo molto dei miei anni trascorsi su Midgard—volevo dire sulla Terra—e ora, più che mai, avevo bisogno di un rifugio, di un posto dove passare almeno la notte.

La mia mente era un turbinio di pensieri confusi e ricordi vaghi, mentre cercavo di orientarmi in una realtà che sembrava sfuggirmi di mano.

Mi sforzai di rialzarmi, sentendo un dolore acuto nei muscoli e un senso di disorientamento. Mi sedetti con la schiena appoggiata al tronco dell'albero, cercando di mettere a fuoco i dettagli intorno a me. I volti degli sconosciuti erano sfocati e le loro voci erano solo un mormorio distante.

Poi, notai un ragazzo biondo, di circa trent'anni, con occhiali scuri e un cappello da baseball, che mi osservava con un'intensità che sembrava eccessiva.

«State bene?» chiese il ragazzo, avvicinandosi con passo deciso. «Siete piombata dal cielo come un meteorite.»

«Sì, penso di stare bene,» risposi, cercando di riprendere il controllo della situazione. «Scusate, ma... ci siamo mai incontrati?»

Il ragazzo si fermò a pochi passi da me e mi studiò attentamente. «Non credo che ci siamo mai visti. Come ti chiami?»

«Elara,» dissi, un po' sorpresa dalla sua domanda. «Perché lo chiedi?»

«Sei nata qui sulla Terra, giusto?» continuò lui, con un tono che sembrava carico di significato.

«Ehm, sì, perché?» chiesi, sentendo crescere la mia inquietudine. Le sue domande sembravano toccare argomenti che avrei preferito evitare.

«Ricordi il nome dei tuoi genitori?» insistette, con una determinazione che mi fece dubitare delle sue intenzioni.

«Sì, solo vagamente. Ehm, Tony e Pepp—» Non ebbi il tempo di finire la frase che il ragazzo mormorò il nome che stavo per dire.

«Pepper.»

Mi paralizzai. Le parole risuonavano nella mia testa come un'eco lontana. «Sì, li conosce per caso?» chiesi, cercando di capire chi fosse e come potesse sapere così tanto.

Il ragazzo mi guardò con uno sguardo penetrante. «Mi permetti di aiutarti a rialzarti? Penso che ci sia qualcuno che ti stia aspettando da dieci anni.»

Senza aspettare una risposta, mi tendette una mano e, mentre mi aiutava a sollevarmi, un flashback mi colpì improvvisamente.

Il suo volto, ora riconoscibile, era quello di Steve Rogers, il miglior amico di mio padre. Era stato per me una seconda figura paterna, un amico, un confidente e un fratello. Ricordai i momenti passati insieme, i suoi racconti, i suoi consigli. Era una presenza costante e rassicurante.

«Steve?» chiesi incredula, mentre ci allontanavamo dall'albero. «Sei davvero tu?»

Steve annuì con un sorriso che mescolava sollievo e nostalgia. «Sì, Elara, sono io. Non ti avevo riconosciuto subito, ma quando hai menzionato i nomi dei tuoi genitori, tutto è diventato chiaro. Abbiamo perso le tracce di te e non sapevamo se saresti mai tornata.»

«Non posso credere che tu sia qui,» dissi, ancora incredula. «Pensavo che nessuno si ricordasse più di me.»

«No, non ti abbiamo dimenticata,» rispose Steve, con un tono che cercava di trasmettere comfort. «Abbiamo cercato in tutti i modi di trovarti. La tua sparizione è stata un grande mistero, ma il destino ha voluto che fossi trovata. Quando sei caduta dal cielo, sembrava un segno. Una parte di me, di tutti noi, sperava sempre che saresti tornata.»

«È incredibile come le cose possano andare,» dissi, riflettendo. «Mi sembra di vivere in una sorta di sogno.»

«Non è un sogno, è la realtà,» disse Steve con un sorriso. «E ora è il momento di affrontare la realtà. Abbiamo molto di cui parlare, ma prima di tutto, dobbiamo trovarti un posto sicuro.»

Mentre ci avvicinavamo all'uscita del parco, il pensiero di ritrovare la mia famiglia e di scoprire cosa mi riservava il futuro mi riempì di una nuova determinazione.

Nonostante tutto il caos e il dolore che avevo vissuto, il pensiero di una nuova opportunità di ricominciare mi dava una forza nuova. Forse, finalmente, stavo per ritrovare quel senso di appartenenza che avevo perduto.

Steve mi guidò verso la sua moto, e mentre ci avvicinavamo, sentivo che un capitolo della mia vita stava per concludersi, e un nuovo capitolo stava per iniziare.

Con ogni passo che facevo, mi sentivo più vicina a ritrovare ciò che avevo perso e a scoprire cosa mi riservava il destino.

A/n
ALLORAAAAA....
Questo come avrete notato è il primo capitolo o meglio il prologo di questa fanfiction su Loki spero che vi piaccia
Kiss kiss mie fatine asgardiane🧚🏻‍♀️✨

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