002.
Davanti a me c'era finalmente mio padre. Tony Stark, l'uomo che avevo sognato di rivedere per dieci lunghi anni, mi osservava con uno sguardo carico di confusione e sorpresa.
Il suo sguardo mi scrutava da capo a piedi, come se cercasse di riconoscermi, di capire chi fossi davvero. Alla fine, rivolse lo sguardo verso Steve, che stava fermo accanto a me.
«Chi è la ragazza e perché è qui?» chiese Tony, con la voce che oscillava tra il sospetto e l'incredulità.
Steve, con la calma che lo caratterizzava, alzò leggermente una mano come a voler placare le domande. «Tutto a suo tempo, Tony. Ora è meglio se andiamo nella sala riunioni così possiamo parlare tutti insieme.»
Tony esitò un attimo, evidentemente desideroso di sapere di più, ma poi annuì lentamente. «Ok, va bene. Ci stanno già aspettando di là, ma prima voglio sapere almeno il suo nome.»
Sentii un nodo stringersi nella gola. Con voce tremante, risposi sottovoce, abbassando lo sguardo verso le scarpe. «Elara.»
Il silenzio che seguì le mie parole era quasi assordante. Quando alzai lo sguardo, incontrai quello di Tony. La sua espressione era indecifrabile, una miscela di incredulità e un'emozione che non riuscivo a interpretare.
Era come se il tempo si fosse fermato, e in quell'istante, mi chiesi se mi avesse davvero riconosciuta.
«Non può essere...» sussurrò Tony, con un filo di voce. Nonostante la sua bassa intensità, entrambi riuscimmo a sentirlo chiaramente.
Steve fece un passo avanti, posando una mano rassicurante sulla spalla di Tony. «È meglio se andiamo di là, Tony. C'è molto da spiegare.»
Tony si scosse leggermente, come se si fosse svegliato da un sogno. Annuì nuovamente, più deciso questa volta.
«Hai perfettamente ragione. Seguitemi.» Il suo tono era ancora incerto, ma cercava di mascherarlo con la sua solita determinazione.
Mentre Tony e Steve si dirigevano verso la sala riunioni, rimasi ferma sul posto, il cuore che mi batteva forte nel petto.
Ogni passo che avrei fatto mi avrebbe avvicinato alla verità, ma al tempo stesso, l'idea di affrontare tutti mi riempiva di un terrore paralizzante.
Steve si accorse che ero rimasta indietro e si voltò, tornando sui suoi passi. «Stai bene?» mi chiese con il suo tono gentile, il volto preoccupato.
«Non lo so,» risposi con sincerità, la voce quasi un sussurro. «E se non mi volessero più? Sono cambiata tanto...»
Steve mi guardò intensamente, i suoi occhi azzurri pieni di comprensione. «Elara, sono i tuoi genitori. Ti hanno cercato senza sosta dal giorno in cui sei scomparsa. Le loro vite sono state vuote senza di te. Non credo che ti respingeranno solo perché sei cresciuta.»
Sentii un leggero sollievo grazie alle sue parole, ma la mia mente era ancora affollata di dubbi. «Non è solo questo. Sono successe tante cose in questi dieci anni... cose che potrebbero essere difficili da accettare.»
Steve annuì, comprendendo la profondità della mia preoccupazione. «Allora ce ne parlerai quando saremo tutti riuniti. Non devi affrontare tutto questo da sola. Oltre a Tony e Pepper, c'è qualcun altro che non vedrà l'ora di rivederti. Non si darà pace finché non sarai tornata.»
Un piccolo sorriso sfiorò le mie labbra. Sapevo esattamente a chi si riferiva. Natasha. L'idea di rivederla mi riempì di un calore familiare.
Decisa, annuii e mi avviai insieme a Steve verso la sala riunioni. Quando entrammo, trovammo tutti gli Avengers al completo, o quasi, seduti attorno a un grande tavolo.
La stanza era illuminata da una luce soffusa, ma l'atmosfera era carica di tensione. Una giovane donna che non conoscevo si voltò verso Tony con una certa impazienza.
«Tony, perché ci hai riuniti tutti qui?» chiese, il suo tono seccato.
Tony indicò Steve con un cenno del capo. «In realtà è stato Capitan Ghiacciolo qui, ma lasciamo stare. C'è qualcun altro che deve parlare...»
Tutti gli sguardi si spostarono verso la porta, dove io e Steve stavamo entrando. Sentii gli occhi di tutti fissarmi, ma i miei cercavano solo uno sguardo.
Finalmente lo trovai, e il mio cuore si sciolse. Era Natasha, seduta all'estremità del tavolo, i suoi occhi verdi che mi scrutavano con incredulità.
Quando mi vide, un sorriso si allargò sul mio volto. Lei era sempre stata come una seconda madre per me, e mi era mancata terribilmente.
Natasha inizialmente mi guardava confusa, ma dopo un attimo il suo sguardo cambiò. Sorrise anche lei, come se mi avesse finalmente riconosciuta.
«È chi penso che sia, Tony?» chiese Natasha, alternando lo sguardo tra me, mio padre e Steve, l'incredulità che si mescolava alla speranza.
Tony sospirò profondamente. «Non lo so, Romanoff. Ma è qui per spiegarci tutto. Elara, a te la parola.»
Mi fermai un attimo per raccogliere il coraggio. I miei occhi cercarono quelli di Steve, e lui mi annuì dolcemente, incoraggiandomi a parlare.
Respirai profondamente e guardai tutti i presenti, sentendo la responsabilità di dover raccontare la mia storia.
«Sono Elara Stark.» dichiarai con voce ferma, affrontando lo sguardo di tutti.
Un mormorio di shock percorse la stanza. Natasha scosse la testa, incredula. «Non può essere. Elara è scomparsa dieci anni fa. Nessuno l'ha mai trovata.»
«È vero,» iniziai a spiegare, «sono stata rapita da un popolo di alieni, gli Asgardiani. Sono stata portata sul loro pianeta e Odino, il sovrano, si è preso cura di me come se fossi sua figlia. Mi ha tenuta chiusa in una stanza, senza mai permettermi di uscire. L'unica compagnia che avevo era suo figlio, Thor.»
La tensione nella stanza aumentò, ma continuai a parlare, cercando di non vacillare. «Col tempo, il popolo di Asgard iniziò a dubitare della mia vera identità. Non credevano che fossi davvero figlia di Odino, come lui aveva fatto credere. Così, qualche settimana fa, mentre passeggiavo con Thor nei corridoi del palazzo, fui prelevata da alcune guardie e portata in un laboratorio. Lì mi iniettarono dei poteri che mi trasformarono nella Dea degli Elementi.»
Le parole sembravano pesare nell'aria, ma proseguii con il racconto. «Questa mattina, Odino mi ha esiliato dal regno. Aveva capito che ero diventata troppo potente e temeva che potessi usurpare il trono, essendone ormai degna. Così mi sono ritrovata a Central Park, dove Steve mi ha trovata. E ora sono qui.»
Un silenzio surreale seguì le mie parole. Tutti mi guardavano, assorbendo la storia incredibile che avevo appena raccontato. Mio padre, con gli occhi lucidi, ruppe infine il silenzio.
«Bentornata a casa, scimmietta,» disse Tony, con un sorriso nostalgico.
Quel vecchio soprannome mi colpì al cuore. Un'ondata di emozioni mi travolse, e un sorriso si allargò sul mio volto.
Ricordai il momento in cui mi aveva dato quel nomignolo, e come mi ero sentita speciale. Ma prima che potessi dire altro, sentii delle braccia forti avvolgermi in un abbraccio caloroso.
Mi voltai per vedere Natasha, con la sua inconfondibile chioma rossa, che mi stringeva forte.
«Bentornata a casa, tesoro,» mi sussurrò all'orecchio, e sentii che finalmente, nonostante tutto, ero davvero tornata a casa.
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A/no
Sorry se pubblico solo ora ma sono stata impegnata tutto il giorno e non ho avuto tempo spero che vi piaccia<3
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