Capitolo 6

"Mi sento da schifo" confido al mio amico e compagno di squadra Filippo. "In effetti sei bianco cadaverico" mi risponde lui toccandomi la mano con la fronte e aggiungendo che sono caldo. Siamo in ritiro estivo da tre giorni. Al momento, siamo seduti sulla panchina perché stiamo aspettando di poter entrare in campo per un' amichevole. Io però non mi sento per niente bene. È da quando siamo arrivati qui in montagna che mi sento un po' strano. All' intervallo, Filippo chiede al mister se può accompagnarmi a misurare la febbre. Il mister mi chiede cosa mi sento. Io rispondo che mi sento molto stanco e che mi sembra di avere dolori alle ossa. Anche lui conferma che sono caldo mettendomi una mano in fronte. Filippo mi accompagna in infermeria e mi fa compagnia mentre sono sul lettino con le gambe distese e mi misuro la febbre. In quel momento, mi chiama Arya al telefono con una videochiamata Whatsapp. "Ciao Amore! Stai poco bene? Come mai sei in infermeria?" mi domanda disperata e preoccupata. "Sí, non mi sento bene perché mi manchi un sacco" rispondo io cercando di farla stare tranquilla. "Hai capito il mio amico Lenny che romantico!" esclama lui ma intanto, suona il termometro digitale posto sotto la mia ascella. 37,8° è il verdetto. Il vice allenatore chiama Filippo per sapere e consiglia di portarmi in camera a dormire subito. Dico ad Arya di richiamare tra qualche minuto e vado a distendermi sul mio letto in camera. Filippo mi mette un fazzoletto bagnato di stoffa sulla fronte. Alla fine, la mia ragazza la richiamo io. "Ciao amore... sto di merda!" la saluto senza mezzi termini. "Cosa ti senti?" ma io inizio a lamentare dolori ovunque. "Mamma mia hai una cera orribile, cerca di riposare" e io concludo la telefonata con un fioco ma tenero "Mi manchi tanto tanto" per poi chiudere la telefonata appena in tempo perché mi addormento. Qualche ora dopo, Filippo torna in camera nostra per farsi una doccia e mi sveglia entrando dalla porta. "Come stai brudi?" mi domanda. Io chiedo come sia finita la partita e abbiamo vinto otto a uno. Mi chiede se vengo giù a cena, ma non ho assolutamente fame. È un peccato che io stia così, perché stasera i miei compagni hanno organizzato il torneo di ping pong. Io sono un campione in materia, veramente. Non lo dico per vantarmi, ma non mi batte nessuno in una partita. Inizia a colarmi il naso e riempio la stanza di fazzoletti. Le mie ossa tirano a livelli estremi. Dovrei parlare con la psicologa: ogni volta che Arya non c' è il mio corpo dà piccoli segni di debolezza. Non credo sia normale. Significa che il mio percorso non è terminato e che non sono ancora emotivamente indipendente. Lo staff medico mi ha lasciato un termometro da usare in camera. Decido di riprovarmi la febbre. Forse è meglio che dorma perché ho 38,3°. Il mister viene ad accertarsi delle mie condizioni. "Tutto bene Lennart?" e alla domanda io nego. Nego perché è ora che mi apra anche con lui. Se voglio collaborare per la squadra devo partire da me stesso. "Lo sai che il torneo di ping pong di quest' anno lo hanno chiamato Torneo Lennart e chi vince riceve la tua copia del tuo campioncino del fantacalcio?" mi comunica anche un po' con l' intento di farmi sorridere. Io riesco a ridere, ma il contrasto tra il bianco grigio della mia faccia e le guanciotte rosse a causa della termoregolazione corporea fanno capire che la febbre è bella che presente. Il mister mi mette una mano sulla fronte e mi invita a dormire. La mattina seguente mi sento leggermente meglio e provo ad andare a fare colazione. Quel che è certo è che non posso avere sintomi da lontananza: non è indice di una relazione sana ne con me stesso ne con nessun altro. Devo imparare a stare bene da solo per il mio bene. Per fortuna, la tachipirina somministrata ieri sera sembra aver dato un leggero effetto, ma ancora un po' di febbre è presente. Almeno oggi riesco a stare in piedi, ma ho i brividi di freddo. Filippo mi dà un abbraccio anche a rischio di contagiarsi e mi confida che il torneo di ieri sera lo ha vinto lui. Io devo assolutamente cercare di guarire anche se sono contrario all' imbottirsi di farmaci. Sono tentato di chiedere consiglio al medico se prendere un' altra tachipirina. Di sicuro non mi posso allenare perché non ho quasi mangiato in queste ore, sarebbe controproducente. Mi mancava solo di ammalarmi in ritiro: prima della depressione non mi ammalavo mai e nemmeno subivo infortuni o dolori di alcun tipo. Adesso il mio corpo è molto più vulnerabile e sensibile agli stimoli. La depressione è una malattia silenziosa e subdola che ti prende non solo la mente, ma anche il corpo. È una malattia che non ti molla più se diventi la sua preda: si diverte a fare giochetti e si sostituisce al cervello: regola l' appetito scombussolandolo, regala dolori assurdi, abbassa le difese immunitarie, si impossessa delle tue emozioni. Diciamo che il fantasmino nero è come un bambino che si annoia e vuole giocare con ciò che non deve pur di divertirsi.
Fortuna vuole che io sia stato meglio nei giorni successivi e ad allenarmi in maniera decente.
Il giorno seguente al mio ritorno, io e Arya ci facciamo scattare delle foto dal nostro vicino di casa per dare il lieto annuncio. Perché finalmente siamo in tre ed inizia ad essere più evidente. Pubblichiamo la foto che mostra anche l' ecografia 3D su Instagram collegando i nostri profili:

"Ciao a tutti ragazzi!
Per noi è un onore comunicarvi che tra noi due c' è un nuovo cuoricino che batte. Siamo lieti di annunciare che non vediamo l' ora di essere la famiglia che abbiamo sempre sognato. Ti aspettiamo con amore
Con affetto, @lennart_czy e @aryakehrer17"

Alla notizia, tutti ci inviano un sacco di messaggi di affetto e di auguri. Poi ci sediamo a tavola a discutere sul nome. "Come ben sai per me sarà femmina, tu che dici?" mi domanda. Ci penso un attimo. "No, secondo me sarà un bel maschietto! E lo chiameremo Lennarto Junior", ma Arya spalanca gli occhi perché spera di aver capito male. Il problema è che io sono serissimo. Davvero vorrei chiamare mio figlio Lennarto Junior. Sarebbe un bellissimo tributo all' Italia, il paese che mi ha fatto conoscere la mia musa. Arya però sembra bocciare la mia idea: "Ma tu non sei normale... ma con cosa sei stato incrociato tu al concepimento?" mi domanda ridendo e ribadendo che prega che sia femmina.
Dopo questo simpatico dibattito, io ho paura seriamente di non avere voce in capitolo per il nome di nostro figlio. Arya mi rassicura che non sarà così, ma sa di certo che se mi azzardo a proporre all' addetto dell' anagrafe quel nome, rischio seriamente che lei mi disconosca.
Una cosa però è certa: l' idea di aver annunciato la gravidanza mi fa rendere conto di quanto concreto sia il fatto che sto per diventare padre. E questo mi spinge a migliorare perché mi dà la forza per poter essere un bravo padre che trasmette un clima di serenità al nascituro...

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