Capitolo 29

Sono a fare una passeggiata per il centro della città con la mia amata che sta spingendo la carrozzina gemellare. Gli altri nostri due figli? Beh Vicky è andata a casa di un' amichetta dell' asilo per giocare, mentre Nani è a casa del nostro vecchio mister per giocare insieme a Giacomo: la loro amicizia è fondamentale e cruciale per migliorare la comunicazione verbale di quest' ultimo. Molto probabilmente, Giacomo riesce a parlare solo se al suo fianco ha qualcuno di veramente fidato. Addirittura, a volte seguono delle specie di gioco-terapia, destinate ai bambini autistici, insieme perché ne ricavano entrambi dei benefici a livello del benessere emotivo.
Io e Arya ci sediamo in un bar specializzato in pietanze biologiche e naturali. Prendiamo due centrifugati di frutta e verdura. Noto che Arya ha un aspetto più stanco del solito e le chiedo se sta bene. Mi dice di sì ma la sua risposta non mi convince. Mentre aspettiamo ciò che abbiamo ordinato, prova ad allattare Mahalia, ma lamenta un dolore al seno insolito. Questo in realtà da qualche giorno, ma molte mamme, a volte, sperimentano una specie di sensazione di "morso" sul seno, quindi non ci sta dando particolarmente peso. Ma oggi mi sembra particolarmente strana. Beviamo gli estratti e la accompagno in bagno. "Arya tu non stai bene, direi che ti porto a casa così ti stendi a letto" le dico io tenendo la carrozzina aspettandola fuori dal bagno. Sento anche vomitare. Poi inizia a piangere. Entro con lei e mi chiede, con voce molto flebile, di essere portata al pronto soccorso: nelle feci molli c' era traccia di sangue e il vomito aveva una sostanza bianca. La porto subito in ospedale e viene ricoverata per accertamenti. Sono nella sua stessa stanza e la accarezzo sul viso. "Sei bellissima" le sussurro. Nel mentre, chiamo i genitori dell' amica di Vicky e il vecchio mister per spiegare la situazione e chiedere se possono dormire da loro per stanotte. Ma, purtroppo, i genitori dell' amica di Vicky non hanno posto e quindi chiedo al vecchio mister di passare a prenderla. Pensandoci bene, anche meglio perché così dormono insieme da bravi fratellini e sono sicuro che Nani non passi la notte in bianco.
Io, questa notte invece resto qui con i gemellini. Per fortuna, sono un padre premuroso: io ho sempre un paio di biberon come scorte di latte artificiale per le emergenze che impediscono a mia moglie di allattare. Questo è proprio il caso di tirarle fuori, nella speranza che sia solo un malessere temporale.
Mi siedo sul divano a fianco al suo letto, dopo aver sfamato i piccoli. Arya è già caduta in un vortice di sonno profondo. Io, invece, non sto chiudendo occhio: domani arrivano gli esiti delle analisi del sangue e sono in ansia. Non so perché, ma dubito che si tratti della gravidanza del nostro quinto figlio. Anche se so che lei si sente male spesso a inizio gravidanza, stavolta le premesse buone non sono. La mattina seguente, riesco a vederla svegliarsi. "Come ti senti?" le chiedo. Non risponde, ma capisco che non sta bene. Mi dice che se non ha sgridato i nostri figli a dovere, quando hanno creato il murales sul muro del nostro salotto, non era solo per la presenza del nonno, ma anche per via di alcuni dolori. Ora mi è chiaro il perché fosse talmente stanca da non uscire con me e mio padre. Non era solo perché aveva appena partorito. Mi scendono delle lacrime agli occhi per non essermi accorto di nulla e le chiedo scusa in tutte le lingue che conosco. Sono suo marito e la amo, cazzo! Come ho fatto a non riconoscere i segnali? Se poi è qualcosa di grave non me lo perdonerò mai. Dai Lennart, vorrai tornare a bruciarti con l' accendino?
Nel mentre, arriva il medico, la cui espressione è tutto tranne che serena. "Buongiorno Arya. Come si sente? Possiamo parlare in privato?" domanda lui. "Lennart stringimi la mano, ti prego" risponde lei piangendo. Io resto con lei. "Purtroppo abbiamo brutte notizie: i valori legati ai globuli e alle piastrine nel sangue sono parecchio alterati. Si sospetta una diagnosi di leucemia ma avremmo bisogno di prelevare del midollo osseo per esserne sicuri" e a quelle parole... mi viene un attacco di panico con vomito. Mi stringo a mia moglie e inizia a scoppiarmi la testa. "Leucemia" mi tuona nel cervello come una minaccia di ricevere un proiettile sulla tempia. Come posso restare vedovo con quattro figli? Senza mia moglie non esisto! Come si dice a dei bambini così piccoli che potrebbero rimanere senza la loro mamma? E ai gemellini che rischierebbero di scoprirlo? Ho una specie di esaurimento nervoso fulminante. Come posso gestire quattro figli, accompagnare mia moglie nel viaggio della chemio e vivere ogni giorno come fosse l' ultimo? Non lo so e non sono pronto a saperlo. L' unica cosa da fare è stringere mia moglie fino quasi a farla soffocare. Non posso perderla è la persona più preziosa che mi sia mai capitata

Ragazzi scusate, torno alla realtà. Non posso fare finta che Arya con me non ci sia più da sette anni. Si tratta di un dolore troppo grande.
Oggi sto guardando Kamala che ormai ha sei anni ed ha iniziato le elementari. È una bambina bellissima e determinata, proprio come la mia Arya. I suoi ricci biondi e gli occhioni nocciola le danno proprio un tocco angelico. Al momento, lei sta giocando con le costruzioni e sta creando una cittadina per le sue bambole. Mi viene da piangere. "Ti manca la mamma?" mi domanda. La risposta è si, ma non solo. Ora tutto ha finalmente un senso: quando lei è mancata con in grembo nostro figlio non era solo il cuore ad essere fragile. Era lei in una condizione fragile e mi ha nascosto tutto per evitare che io peggiorassi e sprofondassi in abissi ancora più profondi. Mi torna in mente la lettera che avevo trovato e la sua lista di desideri prima di morire. Dopo tutti questi anni, tutto ha un senso. Ho finalmente tutti i tasselli e scoppio in un pianto da record. "Kamala vieni qui" singhiozzo in lacrime. "Non piangere papi, ci sono io" risponde lei abbracciandomi con quelle splendide innocenza e ingenuità dei bambini. "Papi lo sai? Oggi la maestra mi ha detto di scrivere un breve testo su un nostro genitore e io pensavo di scriverlo su di te: sei la mia forza" e io, però, le suggerisco di scriverlo sulla sua mamma. La vera forza è lei. Mi sarà anche dura parlarne, ma è giusto che io racconti a mia figlia qualche capitolo in più della biografia di una leonessa: mia moglie Arya!
Ci mettiamo in camera ed iniziamo ad elaborare il tutto. Capisco che può essere una terapia anche per me e mi metto alla prova. Alcuni psicologi sostengono che un lutto sia superato quando parli di quella persona senza incepparti e piangere. Non voglio dirvi se ci sono riuscito o meno, lascio che lo immaginiate voi quello che è successo. Vi dico solo che la storia continua e la vita va avanti. In maniera non sempre regolare...

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