17. Buona caccia
Melanie Martinez – Mad Hatter
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Tutti si lanciano all'inseguimento. Tranne uno: Elias.
Prende il cellulare. Digita qualcosa, poi scuote la testa, cambia idea e spegne di nuovo la schermata.
«Maledizione», borbotta. Si passa una mano tra i capelli e poi si unisce alla corsa, con un'agilità che io conosco fin troppo bene.
«Allora?», mormora una voce profonda alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
«Az, che cosa ci fai qui?»
«Non so se te ne sei accorta, ma nostra sorella è il topolino questa sera e tutti gli altri le stanno dando la caccia.»
«Come mi hai trovata?»
«Sei mia sorella, so come ragioni. Andiamo, non abbiamo tempo da perdere», mi dà una spinta facendomi uscire dal mio nascondiglio.
«Hai portato qualcosa?», gli chiedo.
«Nel mio zainetto ho della corda, del nastro adesivo e dei guanti. E tu?»
«Dammi un rotolo di nastro adesivo e i guanti», gli ordino. «Io ho il mio coltellino.»
«Bene, ai tuoi ordini», risponde con tono ironico.
«Io vado a destra e tu a sinistra, ma non allontaniamoci troppo l'uno dall'altro. Intesi? Ah, e cerca di coglierli alle spalle. Non toccare le ragazze.»
Ci separiamo, seguendo più o meno il passo degli altri. Mi auguro soltanto che Mal sia furba abbastanza da seminarli almeno per un po'. Non è esattamente la più atletica della famiglia.
L'aria fresca mi fa lacrimare gli occhi e il terreno irregolare minaccia di farmi perdere l'equilibrio.
Sono brava a correre. Mi piace e l'adrenalina mi dà la spinta giusta per spingermi oltre i limiti, facendomi precipitare in un vortice di follia. D'altronde, non ho mai creduto di essere normale. Passare troppo tempo tra gli squilibrati ti cambia: quando ti guardi allo specchio vedi un mostro, ma quando vedi il tuo riflesso negli occhi degli altri sembri quasi invincibile.
Mi nascondo dietro un albero, tendo la gamba e poco dopo vedo un ragazzo rotolare a terra con un grugnito che ben presto si trasforma in un verso di dolore. È a pancia in giù, io sono sopra di lui.
«Chi diavolo sei? Non sono io la preda, testa di cazzo! Stai sbagliando persona», si contorce come un animale agonizzante, ringhiando tra i denti. Cerca di strisciare via sui gomiti, la gamba gli fa male. Estraggo il coltellino e glielo punto contro la gola. «Mani dietro la schiena», ordino, la voce ovattata. Obbedisce senza discutere. Forse pensa che questo faccia parte del gioco o forse non mi ha riconosciuta.
Prendo il nastro adesivo e ne strappo un pezzo.
«Chi sei? Cosa vuoi? Ti hanno mandata loro? Mi vogliono fuori dal gioco? Bastava chiederlo, maledizione», continua a farneticare mentre si dimena sotto di me.
«Tu parli decisamente troppo», dico con un filo di voce, in seguito gli metto il nastro sulla bocca e poi lo avvolgo intorno ai suoi polsi, lasciandolo a terra.
«Ecco cosa si prova ad essere la preda» sussurro al suo orecchio, poi gli do un'ultima spinta e riprendo a correre.
Meno uno.
Mentre corro scanso per un pelo un altro corpo a terra. È inerme, e mi chiedo chi dei due l'abbia ridotto così: Azriel o Mallory?
Il ragazzo biascica qualcosa, ma le sue parole sono incomprensibili. Noto il nastro sulla sua bocca e capisco che è stato Az a conciarlo in questo modo.
Se fossi al posto di Mallory, andrei nelle zone più fitte e buie. Ma lei farebbe lo stesso ragionamento? Le ragazze, seppur parti attive in questo gioco, non credo che siano davvero così coraggiose.
Avanzo ancora. Mi fermo per infilare i guanti in lattice, poi continuo a correre stringendo il coltellino in una mano. Un rivolo di sudore freddo scivola tra le mie scapole. I muscoli delle gambe sono infiammati e l'addome contratto.
Un rumore di passi calcolati mi circonda, quindi con un movimento fluido scivolo tra la vegetazione alta intorno agli arbusti. Qualcuno respira profondamente alle mie spalle. Mi giro puntandogli il coltello alla gola, ritrovandomi a mia volta con una lama sotto il mento. Sento il rombo del mio cuore nelle orecchie. Tutto il mio corpo mi suggerisce di attaccare e scappare, ma mi calmo non appena vedo chi ho davanti.
«Mal?», dico quasi gridando.
Lei abbassa lentamente la lama. «Rav? Che diamine ci fai tu qui?»
Alzo gli occhi al cielo. «Sono venuta a salvarti il culo, non è ovvio?»
Arriccia il naso. «Non sono una sprovveduta», rigira il coltellino tra le mani. Quello dove l'ha preso?
«Forse hai ragione, ma non mi fido ancora abbastanza dei tuoi attacchi di rabbia e non voglio che tu abbia un cadavere sulla coscienza.»
Mal sorride. «Sei la solita. Pensi sempre di essere la migliore, non è vero? Sai che io non farei mai del male agli altri come fai tu, non importa cosa usi come arma, se le parole o un coltello o chissà che altro, sai sempre dove colpire e non ti fai scrupoli.»
Dio, non di nuovo. Non qui.
Sono consapevole di quello che ho fatto, del modo in cui mi difendo ogni volta che mi sento in trappola o fin dove sarei in grado di spingermi per difendere i miei fratelli. Se solo sapesse cosa mi ha spinto a diventare così, se solo provasse un grammo della merda che ho mangiato io, forse capirebbe. Ma non può, perché me ne assicuro ogni giorno che lei non finisca nello stesso vuoto nel quale precipito io da anni senza raggiungere mai il fondo. La libera caduta di un angelo senza ali che va dritto verso l'inferno.
«Ma forse è così. Forse sei davvero la migliore», aggiunge, contorcendo la bocca in una smorfia. «Quindi aiutami a vincere e la ricompensa sarà mia.»
«La ricompensa?», chiedo, confusa. Grazie alla luce dello schermo del mio cellulare riesco a vedere la sua espressione corrucciata.
«Ci sono in ballo dei soldi. Tanti soldi, Raven. Non lo faccio mica per divertimento», gesticola nervosamente e io non posso fare a meno di notare quanto il suo aspetto sia impeccabile anche in un momento simile. Indossa dei leggings neri leggeri e una maglietta termica fucsia, un abbigliamento sportivo in linea con quello degli altri. Si è informata bene prima di partecipare a questa sfida.
«Rubare adesso ti fa schifo? Sei salita di livello?», le chiedo, arcuando un sopracciglio.
«Un po' come te, no? Altrimenti perché indossi dei guanti neri in lattice? Chissà cosa diavolo hai fatto», questa volta l'espressione corrucciata lascia spazio ad una più disgustata.
«Dopo facciamo i conti, stronza», le do una spallata e mi sposto in avanti. «Non allontanarti da me», le ordino.
Avanziamo di poco. Lei non risponde.
Mi giro per guardarla, ma non c'è più.
«Maledetta!», trattengo uno sbuffo e cerco di capire in che direzione sia corsa.
Guardo l'ora sul cellulare.
È mezzanotte.
Tra poco questo gioco finirà.
Continuo a correre. Dei versi soffocati attirano la mia attenzione. Avanzo zigzagando tra gli alberi e poi arresto bruscamente la mia corsa.
Vedo un corpo a terra che scalcia.
Una figura più slanciata e possente è sopra di lei.
Mi avvicino ancora di più.
I capelli biondi sparsi su un tappeto di foglie.
Due mani strette intorno al suo collo.
Il buio non avvolge soltanto le nostre figure, ma anche il mio cuore.
Afferro tra le mani la prima cosa che trovo a terra, in questo caso un ramo corto ma spesso e duro, e lo colpisco nella schiena, facendo sì che il corpo del ragazzo crolli accanto a lei.
Mallory tossisce, si mette a carponi e inizia a gattonare, allontanandosi da noi.
«Puttana», sibila dolorante il ragazzo.
È quel ragazzo.
Questo gioco è tutta opera sua.
«La vuoi fuori dai giochi…», bisbiglio in maniera sinistra, facendo poi un passo indietro. «Be', game over», lo colpisco nuovamente, questa volta sulla nuca. Il suo corpo si affloscia completamente sul terreno umido. Non emette più alcun suono.
Mi avvicino per controllare il suo battito.
«L'hai ucciso? O mio dio, che cazzo hai fatto?», strilla Mal in preda alla disperazione. Si prende la testa tra le mani e inizia a fare avanti e indietro.
«L'ho soltanto steso», rispondo apatica. «E se oserai allontanarti un'altra volta da me, la prossima volta stenderò te», ringhio fuori di me.
«Mi stava per-»
«Taci», la fulmino con lo sguardo.
«Gli altri continueranno a cercarmi», mi informa con un filo di voce.
«Torniamo al falò», l'afferro per il polso, dandole uno strattone.
«Mi aspetteranno lì», si lamenta.
«Non sono così intelligenti da tornare indietro. Pensano che tu stia correndo disperatamente in questa dannata foresta», contraggo la mascella e mi giro verso di lei, afferrandole il mento con fare rude. «La verità è che io sono consapevole del mostro che potrei diventare, ma tu non ti rendi conto di quanto sei patetica quando ti sforzi di rendermi l’esistenza un fottuto incubo. La tua banalità ti spinge irrimediabilmente verso il baratro. Metti da parte quelle maledette insicurezze e fai davvero qualcosa per te stessa.»
«Rav-», prova a replicare, ma le sfugge un lamento soffocato.
«Avevo alte aspettative, Mallory. Ma a volte sei irresponsabile da fare schifo e no, prima che tu lo pensi, non sei migliore di me. Sei incasinata come me, come tutti noi a dire il vero, perché siamo cresciuti nella stessa famiglia disfunzionale, quindi non fingerti migliore, perché non lo sei. Se c’è qualcuno che merita di sentirsi così, quello è il tuo gemello, Peter. Prendi esempio da lui.»
Si zittisce all’improvviso. Si lascia trascinare, adesso completamente sottomessa a me. Ogni tanto si massaggia la gola e una furia omicida si riaccende di nuovo dentro di me, come se qualcuno premesse il pulsante. Non ho la minima idea di dove sia quel dannato falò, ma continuiamo a camminare.
Conosco mia sorella, so che in questo momento i sensi di colpa la stanno consumando. Ma restare in silenzio è la scelta migliore per entrambe.
«Ma guarda, guarda. Chi è il cacciatore fortunato?», cantilena Elias alle nostre spalle.
Mallory si sposta dietro di me, lasciandomi il comando.
Elias rilassa di colpo le spalle e diventa serio in volto quando i suoi occhi incontrano i miei. «Dimmi che è uno scherzo», mormora.
«Levati dalle palle, Bailey», sollevo il mio coltellino all'altezza del suo cuore. «So che sei uno dei partecipanti, quindi se osi sfiorare mia sorella, io ti uccido.»
«Se non ti conoscessi abbastanza bene penserei che-», si interrompe quando la mia lama raggiunge la sua gola.
«Se gli altri ti beccano, sei finita. Questo lo sai?», riprende a dire senza distogliere lo sguardo dal mio. Mi fissa dall’alto, ma non mi incute neanche un briciolo di paura.
«Gli altri sono già fuori gioco da un po'. Ma buona caccia», gli strizzo l'occhio, lui aggrotta la fronte.
Le sue dita si stringono attorno al mio avambraccio. «Che diavolo hai combinato?»
«Perché non lo scopri da solo?», abbasso la sciarpa per rivelare un sorriso malizioso. «Sei un cattivo ragazzo, dunque?», gli chiedo.
Lui accenna appena un sorriso. «Non più di te. E per la cronaca, stavo cercando di tenere al sicuro tua sorella.»
La sua confessione non mi sorprende, dopotutto è stato l'unico ad essersi mostrato apertamente contrario a questa sfida.
«Da adesso in poi ci pensiamo noi», dichiaro.
«Noi?».
Sorrido. «Noi.»
Gli do le spalle, incontrando lo sguardo incerto di Mallory. Non sa che Azriel è qui da qualche parte.
La luce della luna rischiara il nostro percorso, ma i rami si allungano verso di noi come artigli spaventosi che cercano di afferrarci e trascinarci nelle profondità oscure di questo posto. Elias non si allontana da noi; ha perfino la faccia tosta di affiancarmi.
«Il falò», Mal punta l'indice verso di esso.
Come previsto, ci siamo solo noi tre.
«Se ti trovano qui, dichiareranno la mia sconfitta», avverte Mal guardando Elias.
Lui ci riflette su per un paio di secondi e poi scrolla le spalle. «Giusto. Cosa dovrei fare allora?»
«Nascondetevi da qualche parte.»
Non mi dà neanche il tempo di ribattere, che mi trascina in una zona dove la vegetazione si infittisce abbastanza per tenerci nascosti.
«Non mi hai dato ascolto», si inginocchia accanto a me.
«Non ti darò mai ascolto, lo sai», replico con un sorrisetto impertinente.
«Perché ami metterti sempre nei guai?», domanda, abbassando ancora di più la voce.
«A volte non ho altra scelta.»
«Non è vero e tu lo sai.»
«Elias… Ho scoperto per caso che mia sorella sarebbe stata la vittima di questa sfida. Cosa avrei dovuto fare? Restarmene con le mani in mano? Se mi conosci davvero come dici , allora sai già la risposta.»
«Dico soltanto che c'è sempre una scelta, ma tu riesci sempre ad aggrapparti a quella peggiore. È incredibile.»
«Salvare mia sorella, se permetti, è la scelta migliore per quanto mi riguarda», ribatto, il nervosismo accresce dentro di me. «Ma tu questo non puoi capirlo, perché sei figlio unico. Sei un privilegiato, un arrogante e un egocentrico del cazzo.»
«Vacci piano con i complimenti, volpina. Non sono abituato a così tanta gentilezza da parte tua e il mio cazzo nemmeno, quindi potremmo reagire in modi inappropriati entrambi», mi regala quel suo sorriso insopportabilmente affascinante, e poi soggiunge, diventando di nuovo serio: «E comunque, io sono qui», mi osserva le labbra «Non permetterei a nessuno che-»
«Ma per favore, tu sei irrilevante», commento sprezzante. «Mi è bastato vedere il modo in cui Adeline ti manovra in camera da letto. Sei debole e cedi in fretta.»
«Stronza», ringhia, afferrandomi il mento. «A quante persone hai fatto del male?»
«Perché vuoi sempre toccarmi la faccia?», arriccio il naso. «Non mi piace essere toccata da te.»
«Perché tendi a distogliere lo sguardo quando ti guardo e io voglio che i tuoi occhi siano su di me», un muscolo guizza sulla sua mascella definita. «Ti basta come risposta?»
Un'ondata di calore mi avvolge dalla testa ai piedi.
«E ti piace eccome essere toccata da me», pronuncia convinto. Solleva l’altra mano e con l’indice mi accarezza dolcemente la guancia, facendomi rabbrividire. «Ti spaventa più il mio tocco che girovagare come una matta a mezzanotte per la foresta», gli sfugge una risatina divertita.
Mi schiarisco la gola, cercando di cambiare argomento. «Per rispondere alla tua domanda», gli sorrido mentre il suo pollice disegna cerchi sul mio mento. Faccio fatica a concentrarmi, ma trovo la forza di dire: «Dovresti tornare indietro e contarli, uno ad uno. Il vostro capogruppo è rimasto steso da qualche parte a terra», confesso.
Lui abbassa lo sguardo e strizza gli occhi per mettere a fuoco l’oggetto che stringo tra le mani. «Hai usato quello?», chiede guardando il ramo.
Annuisco.
Con un gesto brusco me lo strappa dalla mano, si alza e va verso il falò, lanciandolo tra le fiamme.
Mallory lo guarda con aria confusa, poi lui ritorna da me.
«Perché l'hai fatto?», domando, senza capire.
Apre la bocca per rispondere, ma non esce neanche mezza parola.
Ci guardiamo. La distanza si accorcia lentamente, poi sussurra sulle mie labbra: «Forse perché, in fondo, sono anch'io un po’ folle come te.»
È così vicino che il suo respiro si mescola al mio. La sua frase si insinua sotto la mia pelle e viaggia al centro del mio petto. Come una luce ad intermittenza si accende e brucia. Dio, brucia così tanto che mi va a fuoco la cassa toracica.
Mi sento in trappola, come un corvo tra le mani di un umano, ma come una volpe astuta so quando arretrare per mettermi in salvo.
«Volpina?»
«Cosa?», gli chiedo.
«Torna nella tua stanza. Terrò d'occhio io Mallory.»
«Non mi fido di te.»
«Di solito non m'importa, ma questa voglio che tu lo faccia.»
«Se le succede qualcosa, farò trovare la tua testa sulla scrivania di tua madre», minaccio.
«Sempre così macabra…», ride a bassa voce. «Sembra che il diavolo ti abbia creata apposta per me», mi sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Mi torturi in modi che non puoi neanche immaginare, e rendi la ricerca del paradiso straziante e deliziosa allo stesso tempo. Non ti rendi conto che il tuo inferno è una voragine nella quale trascini chiunque ti si avvicini? Fai bruciare tutti, Parker. Tutti.»
«Allora chiediti perché ti piace bruciare così tanto nel mio inferno, Bailey», con i polpastrelli gli sfioro lo zigomo sinistro. Lui schiude le labbra, sembra in attesa di qualcosa. Cosa vuole da me? Tutto il suo corpo si irrigidisce al mio tocco. «Io non ho nessuno in questo posto pronto a pararmi il culo, Elias», lascio cadere la mano dal suo viso. «E a volte anche i diavoli hanno bisogno di compagnia all’inferno.»
Mi alzo in piedi, lui allaccia le dita intorno al mio polso come se non potesse fare a meno di toccarmi, di trattenermi ancora un po’. «Di che tipo di compagnia hai bisogno?», chiede.
«Un certo tipo di compagnia che tu non potresti darmi, né ora né tra un milione di anni», la voce tagliente e fredda come una lama di ghiaccio.
«Bugiarda», lascia il mio polso e io ne approfitto per scappare via.
Spero soltanto che non tradisca la mia fiducia.
Mando un messaggio a mio fratello, condividendo la mia posizione esatta.
Quando raggiungo il cancello malridotto all'inizio del sentiero, scorgo la figura slanciata di Azriel avanzare verso di me.
«Allora? Com'è andata?», gli chiedo.
«Ho finito la corda», si limita a dire.
Gli sorrido con aria soddisfatta, lo prendo a braccetto e ci incamminiamo verso la scuola.
«Bene.»
Come due spettri che vagano nella notte, attraversiamo il cortile con le mani un po' sporche, ma senza rimpianti.
Essere crudeli con chi è crudele non ti rende un mostro.
Io forse lo sono.
Forse sono marcia come loro, solo in modo diverso.
Forse mi hanno gettata in questo posto non perché fosse un mio sogno, ma perché è qui che appartengono quelli come me.
O forse sarò semplicemente il mostro buono della mia storia.
Ma i mostri buoni non si nascondono sotto il letto. Loro si stendono sul materasso e passano l’intera notte a chiedersi: ho spaventato le persone giuste, oggi?
I mostri buoni fanno cose cattive per proteggere le persone deboli.
Questa è la storia che mi racconto per non sentire la mia anima svanire del tutto. Nonostante la mia vita, nonostante le mie pessime scelte, nonostante i guai, io sono ancora qui.
E mentre mi approssimo alla scala, una domanda mi attraversa la mente: cosa vede Elias quando mi guarda? Un mostro da cui guardarsi le spalle o una folle da rinchiudere?
Una folle da proteggere?
O forse, nei miei occhi, rivede un po' sé stesso?
«Cosa pensi che succederà domani? Il nostro nome sarà sulla bocca di tutti?», chiede Azriel mentre salgo sulla scala.
«In questo posto succedono cose strane, Az. Non importano la ricchezza e i valori qui devi essere soltanto astuto. Questo posto è un covo di figli di papà annoiati che potrebbero diventare dei potenziali serial killer.»
Az ridacchia. «Elias ti ha vista?»
Entro in bagno e aspetto che lui mi raggiunga. «A quanto pare sì», faccio spallucce.
«Ti ha sempre guardata in modo strano, quel ragazzo. Non mi piace», scuote il capo, palesando il suo lato da fratello protettivo.
«Come mi guarda?», gli chiedo in un sussurro.
«Come se volesse avere il controllo su di te», mi scocca un’occhiata confusa. «E invece si lascia controllare.»
«No, io riesco a controllarlo», lo correggo con fare offeso.
Ma poi mi ricordo ciò che ha detto. Io faccio bruciare tutti. Ma allora lui perché brucia insieme a me? Riesco davvero a controllarlo o mi lascia fare? Sta giocando con me?
«Shh», mi porto l’indice sulle labbra e apro piano la porta del bagno. Il corridoio è vuoto. Uscire da questo posto è stato facile, ma rientrare è molto più difficile. Il custode potrebbe spuntare davanti a noi in qualsiasi momento.
Ma credo sia nell’alta ala della scuola.
«Vai per prima. Stai attenta», bisbiglia Azriel, dopodiché esco e cammino rapidamente ma il più silenzioso possibile verso la mia stanza.
Mi chiudo piano la porta alle spalle e poi inizio a svestirmi.
Il cellulare vibra nella tasca dei pantaloni. Lo afferro immediatamente e leggo il nome di Elias sullo schermo.
“Hai infranto le regole, signorina Parker. Lo sai che gli studenti ricevono una punizione per questo?”
Alzo gli occhi al cielo.
“Ah, si? Che tipo di punizione?”
“Dirmi per esempio cosa vorresti per il tuo compleanno”
Il mio compleanno? Cavolo, mi è proprio sfuggito di mente.
“Essere una persona diversa per un giorno”, rispondo sinceramente.
“Sei tutta stramba, volpina. Hai mille sfaccettature eppure desideri essere una persona diversa. Cosa c’è , tra le tue personalità squilibrate non ti soddisfa neanche una?”
Mi sfugge uno sbuffo rumoroso.
“Non c’entra la mia personalità. Io vorrei essere diversa in tutti i sensi.”
“Non sei la Raven che conosco”.
“Forse perché non mi conosci.”
Getto il cellulare sul letto e mi preparo per andare a farmi la doccia, ma un ultimo messaggio cattura la mia attenzione.
“Potresti essere pure cento persone diverse, io riconoscerei la vera Raven ovunque. Ricordatelo ;) “
Che presuntuoso!
Mi dirigo in bagno e osservo il mio riflesso allo specchio.
Smetto subito di sorridere.
Elias non deve avere questo potere su di me.
Mai.
Avrei dovuto pubblicarlo domani, ma sorpresa, ho aggiornato prima! :) spero vi sia piaciuto, ci vediamo nel prossimo aggiornamento 💕💕
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