15. "Memento Mori"

Melanie Martinez – Tag, you’re it
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Noi Parker disprezziamo le regole, ma per qualche strano motivo ne abbiamo create diverse.

Raramente le mettiamo in discussione e di solito ognuno di noi le segue senza esitazione, poiché il loro unico obiettivo è quello di tenerci al sicuro.

Forse, più che odiare le regole in generale, sarebbe più corretto dire che odiamo le regole che gli altri ci impongono.

Solitamente Peter è quello più disponibile a seguirle, perché odia mettersi nei guai. Ma le regole più importanti sono incise a carattere cubitali dentro di noi. Più volte ci hanno risparmiato diverse pugnalate alla schiena e fiumi inaspettati di sofferenza, fisica e psicologica.

Quelle stabilite da Mallory sono semplici e chiare, per difenderti dalle persone che non sanno nemmeno loro cosa vogliono da te:

•Mai rivelare troppo di te stessa;

•Non mostrarti mai bisognosa di affetto o disperata;

• Non accontentarti delle briciole;

•Non abbassare mai i tuoi standard soltanto perché qualcuno manifesta un po' di interesse nei tuoi confronti;

• Non sforzarti mai più di quanto si sforzino loro;

•Non permettere ad un ranocchio cafone e scostante di sentirsi un principe azzurro grazie al tuo amore;

•Se giocano sporco, allora trascinali nel fango e mostra a tutti quanto sei disposta a sporcarti.

Forse ho seguito talmente alla lettera i suoi consigli, che adesso sono diventata selettiva oltremisura e ho dei standard più alti di un grattacielo.
Le regole di Peter sono fortunatamente di meno:

•Non permettere agli altri di farti perdere il controllo. Tu comandi le tue emozioni e nessun altro;

•Tieni sempre dei probiotici a portata di mano: l'ansia può colpirti quando meno te l'aspetti e potresti diventare vittima di un attacco fulmineo di diarrea;

•Allenati a pensare positivo ogni giorno.

Peter è il nostro maestro zen, la nostra ancora, il nostro pacificatore con una crisi d'ansia al giorno. Non seguo sempre i suoi consigli, e su questo credo di avere l'appoggio di Azriel.

Il mio gemello ha soltanto due regole, ma fondamentali:

•Non essere mai un libro aperto. Non tutti hanno voglia di leggere e ancora meno sono capaci di comprendere ciò che mostri;

•Non rivelare il tuo dolore a chi si proclama tuo amico dall'oggi al domani.

E quindi, quali sono le mie regole?

Ne ho soltanto una: Prima di puntare un preda, assicurati di saper davvero cacciare.

Mi volto verso Matteo, che nel frattempo sembra impegnato a intingere una patatina nella maionese.

«Qual è quella regola che ti permette di sopravvivere a questo mondo?», gli chiedo all'improvviso.

I miei fratelli sollevano il capo e mi guardano con un'aria stranita, Matteo compreso.

«Tesoro, non credo di aver capito», risponde infilandosi un'altra patatina in bocca e leccandosi di seguito gli angoli della bocca.

«Perché questa domanda?», interviene Peter, altrettanto confuso.

Involontariamente il mio sguardo vaga su Elias. È seduto al solito posto, e come di consueto è circondato dai suoi amici e dalla sua ragazza.

È lui il motivo, vorrei dire a Peter.

Non so a che tipo di gioco stia giocando, ma la sua improvvisa gentilezza verso di me è nauseante. E io so che ha un piano. Per questa ragione la mia regola in questo caso è la più importante.

Perché nonostante l'espressione ingenua che assume in alcuni momenti, e nonostante la barriera che lascio volontariamente cadere davanti ai suoi piedi, permettendogli di inserirsi nella mia bolla, io sono ben consapevole che lui non aspetta altro che rovinarmi, farmi fuori, vedermi fare le valigie e strisciare ai suoi piedi o di ridurmi in un cumulo di cenere.

Ma, tra i due, chi prenderà fuoco per primo? Le fiamme mi eccitano, lui invece ne è terrorizzato.

Da giorni mi tormento chiedendomi cosa abbia spinto quella ragazza a togliersi la vita in quel modo. Di chi è stata la colpa? Mi sforzo di ricordare, fino a farmi venire il mal di testa, ma non trovo risposte. Chiudo gli occhi e rivedo il suo dolce sorriso mentre mi porgeva il muffin, la timidezza con cui sgattaiolava via, e quell'espressione trasognata...

Apro gli occhi di colpo, facendo una smorfia. Aveva lo sguardo di una persona innamorata. Cercava qualcuno, uomo o donna, non lo so. Forse non lo saprò mai. O forse sì. Aveva degli amici, giusto? Ma non posso semplicemente iniziare a fare domande sulla vita di una ragazza defunta. La gente parla troppo, e sono già finita al centro dell'attenzione più di una volta. Alcuni pensano che sia stata io a ucciderla e che presto qualcuno me la farà pagare.

Quando Elias incrocia il mio sguardo, mi rendo conto di fissarlo da troppo tempo. Solleva un sopracciglio, mantengo lo sguardo inchiodato a lui ancora per qualche secondo, poi con un'espressione neutra, mi volto di nuovo verso Matteo. «Allora?» insisto.

Matteo scrolla le spalle. «Le regole di questa scuola mi bastano, credo. Sono infinite. Ma le avete visto?»

«Quelle ti aiutano a sopravvivere qui, ma qual è la tua regola di vita?», lo incalza Azriel.

Matteo ci pensa su per un attimo, giocando nel frattempo con una patatina ormai molliccia. «Oh, ne ho una!» esclama d'un tratto.

«Ci fai la grazia di condividerla?» chiede Mallory, incrociando le dita sotto il mento e appoggiando i gomiti sul tavolo.

Matteo si schiarisce la voce. «Sempre, sempre, e dico sempre, usare il preservativo.»

 Tutti insieme ci abbandoniamo quasi in sincronia ad un sospiro esausto. «Qualcosa di più profondo, magari?» borbotta Peter.

«Che c'è, non sono abbastanza originale per te?» Matteo arriccia il naso e allontana il vassoio. Io e Azriel ci scambiamo un'occhiata complice.

«No, dico solo che quella è una regola universale,» ribatte Peter, rubandogli una patatina, che però sputa subito nel tovagliolo.

«Non so, non ho avuto grandi problemi nella vita. La cosa peggiore è stata trovare la merda di cane nelle mie scarpe nuove.»

Ed è in questo momento che ci rendiamo conto di quanto Matteo sia fortunato. «Vivo un po' come mi pare. Se finisco in psichiatria, pazienza. Se finisco in prigione, amen. Se devo diventare il nuovo Stephen Hawking, ben venga. Le regole? Chi se ne frega,» sbuffa, alzando gli occhi al cielo. Peter non gradisce la sua risposta. Lui, con la sua ansia, ha bisogno di avere tutto sotto controllo. Matteo, invece, va dove lo porta la corrente. E Peter, se potesse, guiderebbe lui stesso quella corrente.

Si chiude come un riccio, assume un'aria pensierosa mentre il silenzio lo circonda come un'aura; si chiede se sia lui quello fuori posto. È un copione che conosciamo fin troppo bene.

«Vuoi il mio biscotto?» gli chiedo, cercando di distrarlo.

Matteo si avvicina subito. «Certo! C'è sempre posto per il dolce nel mio stomaco», rimane a bocca aperta, in attesa che io gli dia il mio biscotto.

«Lo stavo offrendo a Peter.»

 Mio fratello fa una smorfia.
 «No, ficcaglielo pure in bocca se vuoi. Io non lo voglio.»

«Cosa mi vorresti ficcare in bocca, scusami?» chiede Matteo, sollevando un sopracciglio. Peter diventa rosso come un peperone, incapace di articolare una frase.

«Il mio pugno, se non la smetti di tormentarlo,» dico, annoiata. Matteo ride sotto i baffi. Con la coda dell'occhio intercetto la silhouette di Diana. Passa vicino al nostro tavolo, ha lo sguardo puntato su Elias. Il loro breve scambio di sguardi non sfugge nemmeno a Adeline. Lucy, invece, non osa sollevare gli occhi dal piatto. Sorrido maliziosa tra me e me.

Nessuno percepisce la tensione che aleggia tra di noi.

Tutti gli studenti sembrano immersi nelle loro conversazioni. Alcuni si accalcano davanti alla vetrina dei dolci esposti, aspettando il loro turno. Altri ancora parlottano, allungandosi in avanti e coprendo la bocca per impedire a chi sa leggere il labiale di farsi gli affari loro.

Alcuni guardano a tratti il cellulare e ridono, altri si godono il pranzo in silenzio.

Noto Asher. È seduto da solo vicino alla finestra. Mastica con fare scocciato, ogni tanto prende il cellulare in mano e poi lo rimette giù.

Sembra nervoso, quasi assente.

«Scruti sempre tutti in questo modo?», chiede Matteo, distogliendomi dai miei pensieri.

«In che modo?», chiedo incuriosita.

«Come se dovessi conoscere a menadito questo posto e le persone che ti circondano.»

«Osservando gli altri impari tante cose a volte», faccio spallucce.

Lui si acciglia. «Sì, certo, Sherlock.»

«Io ho finito», dichiaro alzandomi in piedi.

«Dove vai?», domanda Azriel, sbarrando gli occhi con fare sospetto.

«Nella mia stanza», gli dico, seguendo con lo sguardo Diana, che si dirige a passo svelto verso l'uscita.

Non ha nemmeno finito di mangiare. Anzi, per tutto il tempo non ha fatto altro che battere il piede sotto il tavolo e guardarsi intorno con aria spaesata.

I capelli lisci sfiorano la sua camicetta ben stirata, le scarpe sono lucide come se le avesse pulite da poco.
Elias si passa una mano sul viso con fare esasperato.
Esco dalla mensa e percorro il corridoio a passo deciso ma silenzioso. Non voglio che lei mi senta.
I sussurri sommessi degli studenti al mio passaggio mi fanno innervosire. Qualcosa si desta dentro di me e ribolle sotto la mia pelle.

Il loro eco delicato e le loro risatine soffocate si infrangono tra le pietre antiche di questo posto.
Sollevo con decisione il mento e tengo la testa alta.

I miei occhi si concentrano sulla fila di porte di legno scuro che si susseguono nel corridoio. Diana cammina quasi rasente al muro, cerca di passare inosservata.

Dove sta andando?

Passo davanti al bagno delle ragazze e un brivido mi danza sulla pelle all'improvviso. È impressionante il modo in cui tutti gli altri hanno ripreso la propria vita e di come quella ragazza sia già finita nel dimenticatoio.

Si è suicidata.

Lo ha dimostrato il biglietto che hanno trovato nella tasca del suo blazer.
Mando giù il tumulto di emozioni, cercando di soffocarle negli abissi della mia anima.

Diana esce fuori, scende rapidamente le scale e attraversa il cortile, sedendosi con la schiena appoggiata al tronco di un albero. Apre la cerniera del suo zaino, afferra un libro e una mela che avrà preso in mensa e rimane lì, apparentemente immersa nei suoi pensieri.

Ma certo, cosa avrei dovuto aspettarmi da lei?

Con un sospiro affranto faccio marcia indietro e prendo un'altra direzione, andando verso il dormitorio delle ragazze.

Una mano grande e calda mi afferra bruscamente la spalla. I miei riflessi sono talmente pronti, che la mia mano va direttamente sul coltellino nella tasca dei pantaloni.
Mi giro, incontrando lo sguardo confuso di Azriel.

«Tu», mi punta il dito contro il petto. «Cosa sta escogitando la tua mente?»

«Di cosa stai parlando?», domando cercando di rilassare i muscoli.

«Sei rigida. Ti guardi troppo intorno. Ti senti in gabbia e io voglio sapere il perché.»

Il suo, in realtà, è un ordine.
Mi avvicino di un altro passo, mi sollevo sulle punte e gli sussurro all'orecchio: «Io non credo che quella ragazza si sia suicidata.»

«Non è compito tuo scoprirlo», asserisce.

«Non sto cercando di farlo, infatti. È solo che...», lancio un'occhiata intorno a noi. «Sembra che a nessuno importi.»

«Sii più specifica.»

«Sono tutti indifferenti. Come se fossero abituati. Come se tutti si sentissero importanti, ma in realtà nessuno lo fosse davvero. O almeno, non abbastanza da essere ricordato. Questo posto è strano», un brivido gelido scivola lungo la mia schiena come un cubetto di ghiaccio. Azriel si schiarisce la gola e si assicura che nessuno badi a noi, poi appoggia le mani sulle mie spalle e mi guarda dritto negli occhi.

«Solo perché una persona si ama non significa che sia amata anche dagli altri, Raven. Se io mi sento importante, non vuol dire che lo sia davvero per tutti gli altri. Sembrano tutti uniti, ma l'unica cosa a legarli è il filo sottile fatto di ipocrisia e egocentrismo.»

Vorrei ribattere. La frase mi pizzica la punta della lingua, eppure tengo la bocca ben chiusa.

«Qua non ci sopportano perché ciò che unisce noi, loro non lo avranno mai. E questo tipo d'amore a volte è una minaccia per gli altri.»

«Cosa stai cercando di dirmi, Az?», gli chiedo, il cuore batte furiosamente nel mio petto.

«Devi tenere gli occhi aperti sempre. Ho un brutto presentimento.»
Gli accarezzo dolcemente il braccio per tranquillizzarlo. Azriel ha questo dono, è una sua qualità innata, capisce sempre quando sta per succederci qualcosa di brutto.

Ma qui non sono più nascosta nei vicoli di Chicago e nessuno mi sta puntando un coltello alla gola.
Per quanto sembri contradditorio, qui siamo al sicuro.

«Ci sentiamo dopo. Stai con Mal e Peter. Io sto bene», gli faccio l'occhiolino e proseguo verso la mia stanza.

Entro e lascio la porta aperta.

Mi avvicino alla scrivania e mi siedo sulla sedia. Prendo il blocco da disegno e una matita. Picchietto la punta sulla pagina bianca, pronta a tracciare la prima linea, quando sento un suono strano, come se qualcuno stesse raschiando il muro. Riporto lo sguardo sul foglio, impugno la matita con forza e inizio a disegnare. Ma, di colpo, la porta della mia stanza si chiude con un fragore che mi fa sobbalzare.

Mi alzo in fretta, il cuore a mille. Chiudo il blocchetto e lo ripongo nel cassetto. Avanzo verso la porta a passo furtivo.

«Diana, sei tu?», chiedo, cercando di mantenere la calma. Non ho paura, ma sono nervosa. Riapro la porta con uno scatto deciso e mi affaccio nel corridoio. Non c'è nessuno, nemmeno il custode. Forse è stato lui a chiudere la porta? Dov'è, adesso? Sarà andato in bagno o magari a prendersi un caffè?

Chiudo a chiave la porta e cammino con il fiato in gola. I muscoli sono tesi, lo sguardo vigile. Raggiungo l'atrio e osservo ciò che mi circonda, cercando qualche faccia conosciuta, ma non trovo nessuno.
«Ehi!»
Mi giro di scatto, allontanandomi.

Elias mi guarda stranito. «Che succede?», domanda e io mi ricompongo. Non posso permettere a questo idiota di vedermi agitata.

«Ero sovrappensiero», spiego.

Mi osserva con curiosità. «Stasera ricordati di rispettare l'orario e di andare a letto», dice con tono serio.

«Chi diavolo pensi di essere, mio padre?», chiedo con una risata di scherno.

«Fa' come ti dico», ordina.

«Il giorno in cui farò davvero ciò che tu dici, probabilmente un asteroide ti cadrà dritto sulla testa.»

Mi fissa. Allora io decido di rincarare la dose. «È incredibile, ogni volta che ti parlo ti faccio sbloccare una nuova espressione facciale.»

Adesso sembra una pentola a pressione.

«Se potessi farti sparire da questo mondo almeno per due secondi, lo farei», ribatte.

«Oh, smettila di raccontarti bugie. Impazziresti senza di me», ridacchio.

«Impazzirei appresso a te», stringe i denti.

«Questo spiega tante cose», gli sfioro il petto con l'indice. «Ecco perché non riesci a starmi lontano», lo punzecchio.

«Perché?»

«Perché preferisci farmi la guerra che vivere in pace con chiunque altro. Tu sei pazzo, Elias.»

Gli fremono le labbra, poi si aprono in un ghigno feroce. «Continui a ricordarmi perché non ti sopporto. Grazie, volpina.»

«Quando vuoi», smuovo una mano davanti al viso con fare teatrale. Lui scuote la testa, mi dà le spalle e se ne va.

Sarà stato lui? Ama prendersi gioco di me e so che farebbe qualsiasi cosa per mettermi paura. Dopotutto, è un gioco e lui sta imparando a muoversi con cautela.

«Indovina, indovina», esclama Mallory avvicinandosi con un'espressione eccitata.

«Non voglio saperlo», dichiaro.

Mi circonda le spalle con un braccio. «Ho scoperto che stasera un gruppo di studenti si incontrerà nel bosco. A quanto pare amano le scappatelle notturne. Quindi c'è qualcuno che non rispetta quelle stupide regole», ridacchia. Elias mi ha detto di rispettare l'orario. Quello stronzo fa parte del gruppo e vuole tenermi lontana.

«Chi te l'ha detto?», le chiedo.

Sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e bisbiglia: «Matteo. Il suo compagno di stanza ci va, a quanto pare.»

«E Matteo?»

«Non credo. Non vorrebbe essere rispedito a casa così presto.»

«Ci andrò. Voglio scoprire cosa nascondono», le dico.

«Ci andremo», mi corregge, scompigliandomi i capelli.

«No. Voi non verrete con me.»

Mallory fa una smorfia. «Non capisco perché vuoi sempre toglierci il divertimento.»

«Perché se ci beccano, siamo fuori. Non voglio ricordartelo ogni volta, quindi cerca di mettertelo in testa, Mal.»

«Sembra che a te non freghi nulla di stare qui. È per questo che scegli sempre di infrangere le regole?»

«Sì, esatto», rispondo di getto.

«Non capisco perché le nostre conversazioni debbano sempre sfociare nell'indifferenza o debbano aprire le porte ad una nuova discussione», si lamenta. «Ti innervosisci per tutto. Decidi sempre per tutti. A volte sei insopportabile, esattamente come papà», e se ne va a passo rapido, lasciandomi immersa in un'ondata di rabbia e tristezza.

Continuano a paragonarmi a nostro padre e lo fanno soltanto quando sono arrabbiati. E se decidessi di andare via, diventerei automaticamente come nostra madre.

Sbuffo una risata sarcastica.

«Fottiti», mormoro.

Guardo l'ora e sospiro. Ritorno nella mia stanza per prendere lo zaino, ma qualcuno ha fatto scivolare sotto la porta un biglietto piegato in due. Chiudo la porta alle mie spalle, mi abbasso per guardare sotto i letti, poi controllo che non ci sia nessuno in bagno e nell'armadio.

Apro il biglietto e leggo due parole scritte in rosso:

"Memento Mori".

Avvicino il biglietto al viso per osservare meglio la calligrafia. Accendo la lampadina e analizzo l'inchiostro. Non è stato scritto a penna. È sangue.
La calligrafia è incerta, tremolante. Le lettere sono di carattere diverso. Non è ordinato.

È indirizzato a me? O forse qualcuno cerca di fare uno scherzo a Diana?

Osservo il suo letto perfettamente in ordine, la sua scrivania e l'agenda che ha lasciato aperta. Non dovrei farlo, lo so, eppure mi avvicino per dare un'occhiata veloce, accorgendomi che una pagina è stata strappata.

«Che stai facendo?», chiede lei, cogliendomi di sorpresa.

«Niente», accartoccio il biglietto e forzo un sorriso, nascondendo le mani dietro la schiena.

«Stavi rovistando tra le mie cose?», domanda, scettica.

«No, stavo solo dando un'occhiata in giro. Per assicurarmi che sia tutto a posto, sai?», spiego.

Corruga la fronte e mi scruta per qualche secondo, poi dice: «Oh, okay. Spero sia tutto a posto, allora.»

«Certo», afferro il mio zaino e me lo metto in spalla.

Mi rivolge un sorriso timido e io la saluto con un cenno del mento, lasciandola poi da sola.

 
Ecco a voi il nuovo capitolo 🥰 spero abbia suscitato in voi almeno un po' di curiosità 👀 lasciatemi una stellina o un commento se aspettate con ansia il prossimo capitolo! Un abbraccio e alla prossima 💕💕🥰
 





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