02. Sono allergico ai gatti

Olivia Rodrigo – Bad idea right?
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Non odio avere dei fratelli, ma odio dovermi svegliare in anticipo per poter usufruire del bagno in santa pace, senza dover per forza sentire i lamenti continui e disperati di Peter o i pugni furiosi contro la porta di Mallory. 

Nel corso degli anni ho imparato a farmi la doccia in massimo otto minuti, a vestirmi in due e a truccarmi in meno di cinque. Non male per una ragazza come me. Amo truccarmi e adoro fare shopping, ma se dovessi scegliere tra rendere felice me e rendere felice Mallory, sceglierei senza dubbio la seconda. Ecco perché le concedo parte dei miei soldi e anche del mio tempo.

Mallory di solito impiega mezz’ora tra doccia a trucco. I capelli devono essere sempre profumati e la piega perfetta. I vestiti puliti e senza imperfezioni. Il trucco impeccabile.

Peter trascorre dai quindici ai venti minuti sotto la doccia, perché ama esibirsi davanti al suo pubblico immaginario, cantando a squarciagola le canzoni di Shakira; e infine impiega altri venti minuti per prendersi cura dei suoi riccioli e della sua faccia, usando di nascosto i prodotti della sua gemella.

Azriel, invece, entra in bagno, fa ciò che deve fare e in massimo cinque minuti è già fuori. Nessuno lo sente. Nessuno lo vede. Nessuno osa lamentarsi con lui.

Azriel sostiene che il mattino sia un momento delicato per tutti, quindi ha ben pensato di buttare giù una serie di regole, che ha in seguito appiccicato sulla porta del bagno:

"Se vuoi sopravvivere, devi rispettare le seguenti regole:

            1) Niente chiacchiere prima delle otto;

            2) Raccogli gli indumenti e mettili nella cesta dei panni sporchi (non ci vuole niente, cazzo! Non voglio inciampare nelle mutande di Peter.)

            3) Peter ricordati di non schizzare l'acqua sullo specchio quando ti lavi la faccia;

            4) Quando usi il dentifricio, ricordati di rimettere il tappo;

            5) Quando un prodotto finisce, devi buttarlo. B U T T A R L O. Capisci?

            6) Devi usare la carta igienica per pulirti il culo non per avvolgerla intorno al tuo corpo. Quindi, Peter, smettila di usarne così tanta. Solo Dio sa cosa combini là dentro;

            7) Se devi truccarti, ricordati di lasciare il lavandino pulito. Niente glitter e mascara in giro, niente dischetti di cotone sporchi sulla lavatrice o per terra. Il cestino è a mezzo metro di distanza, lo vedi, no?

            8) Andate a rifarvi i letti e aprite le dannate finestre per fare entrare un po' di aria pulita. Questa casa non è il Chernobyl e non ho intenzione di andare in giro con una maschera antigas;

            9) Io cucino. Mallory apparecchia. Raven sparecchia. Peter lava i piatti;

            10) Cercate di essere degli esseri umani decenti e ricordatevi che non vogliamo scarafaggi tra i piedi, quindi siete pregati di mantenere la casa in ordine. "

           
Ci stiamo provando, davvero. Ma Azriel pretende troppo a volte.

Questa mattina mi sono svegliata tardi e ho già bussato tre volte alla porta del bagno, ma Peter è troppo impegnato a cantare Whenever, Wherever per fare caso a me.

Batto la fronte contro la porta e poi abbasso gli occhi verso lo schermo del cellulare. Sono le sette e mezza. Ho letteralmente meno di mezz’ora di tempo per prepararmi e fare colazione. 

«Peter, esci subito!», continuo a bussare come una forsennata. La musica si spegne e poi sento un fruscio dall’altra parte.

Dopo qualche minuto, Peter spunta davanti a me con un asciugamano intorno ai fianchi, il petto velato da perline d’acqua, i capelli gocciolanti che gli sfiorano le spalle e lo spazzolino in bocca. «Cosa c’è?», bofonchia arricciando il naso, infastidito.

Lo afferro per il braccio e lo fulmino con lo sguardo. «Fuori, immediatamente!», grido.

«Ma devo ancora mettermi la crema in faccia e asciugarmi i capelli!», protesta, il dentifricio gli cola sul mento e lui si pulisce con il dorso della mano, facendo un verso di disgusto.

«La tua faccia è perfetta così», rispondo, poi prendo l’asciugacapelli e glielo metto tra le braccia e sfilandogli lo spazzolino dalla bocca. Cerco di non andare su tutte le furie e trattengo un’imprecazione tra i denti.

Mi chiudo la porta alle spalle e poi guardo il pavimento.

«Il box della doccia andrebbe cambiato, comunque! Credo di aver allagato il bagno», osa dire.

«Se la smettessi di usare il soffione come se fosse un microfono, forse scopriresti che il problema in realtà sei tu», strillo, ma non ricevo più alcuna risposta. Probabilmente non ha neanche sentito ciò che ho detto, perché il piccolo stronzo è già andato via. Sa quando è il momento di levare le tende.




Mi sono fatta la doccia, eppure ho già la fronte madida di sudore e le punte dei capelli sono crespe e gonfie. Ho messo alla svelta il correttore per nascondere le macchie violacee sotto gli occhi e un po’ di lucidalabbra rosa. 

I miei fratelli sono già in cucina.

Peter sta guardando un paio di video divertenti su tiktok; Mallory mangia e guarda una puntata di The originals, la sua serie preferita, e Azriel fissa il vuoto mentre ingoia l’ultimo boccone di pane e marmellata.

L’ombra oscura che lo avvolge, il suo aspetto tenebroso e il suo sguardo omicida sono in netto contrasto con la sua colazione; no, non si ciba di anime in pena e non beve caffè amaro e nemmeno il cianuro. Ama la marmellata alle fragole e la spremuta d’arancia. Odia i pancakes, ma ama i french toast. Detesta il latte, ma ama il tè ai frutti di bosco. Odia le uova a occhio di bue, ma ama l’omelette.

A differenza dei miei fratelli, qualsiasi cosa mi mettano davanti, io la mangio senza fare storie. Un vago ricordo affiora nella mia mente. Rivedo mia madre ai fornelli, mentre cerca di accontentare tutti. Rivedo me stessa mentre do i pancake più belli a Peter e a Mallory e loro mi danno quelli più bruciacchiati. Poi vedo Azriel che scuote il capo e prende i pancakes più brutti dal mio piatto e mi passa la sua omelette. In questa casa, ancora oggi, non si butta niente.

Nostro padre ci ha insegnato l’arte del risparmio.

Da piccoli non potevamo scegliere che indumenti indossare, perché nostra madre sceglieva per noi. Dovevamo indossare vestiti dello stesso colore per tutta la settimana, in modo che potesse fare un’unica lavatrice, senza separare i capi e fare tre lavatrici diverse.

Inutile dire che ancora oggi cerchiamo di seguire questa regola; non navighiamo nel lusso e facciamo il possibile per sopravvivere.

Azriel mi dà una piccola gomitata, indicando con un cenno del mento il piatto davanti a me. Si assicura che nessuno salti i pasti in questa casa.

Da piccolo era leggermente in sovrappeso. A scuola veniva preso in giro per il suo peso. Lo chiamavano “Polpetta” e non in modo affettuoso. Gli strizzavano le guance e si divertivano a premere le dita sulla sua pancia.

“Le mie dita vengono risucchiate dal tuo grasso”, gli dicevano durante le ore di educazione fisica.

Con il tempo ha imparato a rinunciare ai dolci, al cibo fritto e poiché nostra madre di educazione alimentare ne sapeva meno di zero, finiva per non mangiare proprio. Ricordo quando si contorceva a letto in preda ai crampi, ma non osava mai lamentarsi con i nostri genitori.

Peter ridacchia e poi sposta lo sguardo su di me. Dal modo in cui mi sta guardando capisco che una domanda molto stupida sta per uscire fuori dalla sua bocca.

«Ma se adottassimo un gatto?», suggerisce, facendo vacillare lo sguardo, come se fosse alla ricerca disperata di un consenso da parte di uno di noi.

Azriel assottiglia lo sguardo. «Io sono allergico ai gatti», afferma. Non lo è in maniera eccessiva, ma gli viene il prurito e inizia a starnutire. «E avevo detto niente chiacchiere prima delle otto», aggiunge con un'occhiata tagliente.

«Be', fattela passare, questa inutile allergia», replica Peter, infilandosi in bocca una cucchiaiata di latte e cornflakes. 

«Non funziona così. Pensavo fossi quello intelligente della famiglia», ribatte Azriel totalmente inespressivo. 

«Lo sono. Ti sto chiedendo di soffrire in silenzio per me», Peter sorride con tenerezza. 

«Lo desideri soltanto quando guardi quei video su tiktok. Ti ricordi quando quel gattino randagio ti stava alle calcagna mentre stavamo tornando a casa e tu ti sei messo letteralmente a correre per seminarlo, facendoti venti minuti in più di camminata, perché non lo volevi tra i piedi?», interviene Mallory senza staccare lo sguardo dallo schermo del cellulare. 

«Ma è successo una vita fa!», protesta Peter con fare indignato. 

«È successo la settimana scorsa», lo corregge sua sorella, guardandolo in tralice. 

«Ovvero una vita fa», insiste lui. 

Trangugio rapidamente il mio caffelatte e poi infilo un pacchetto di crackers e la borraccia dentro la borsa. 

«Andiamo, alle otto dobbiamo già essere nell’ufficio della signora Hoffman. Ci devono dare le divise e i tesserini». 

Azriel borbotta qualcosa tra sé e sé, Peter invece si alza senza fare storie e infila il cellulare nella tasca dei cargo verde oliva. 

Mallory lo imita, elargendo un enorme sorriso. Una strana energia positiva avvolge il suo corpo dalla testa ai piedi.

«Abbiamo lasciato un casino in cucina», borbotta Azriel alle mie spalle, ma lo ignoriamo.

«Ho chiamato un uber poco fa, mentre ero in bagno», dico e apro l’applicazione per tracciare il suo arrivo, ma noto con stupore che è già qui. «Su, andiamo.» 

«Secondo me le nonnine mi adoreranno. Hanno tutte un debole per me. Insomma, guardatemi, sembro un angelo», Peter elogia se stesso e osserva il suo riflesso nel finestrino dell’auto. Mallory gli dà una gomitata e poi apre lo sportello. «Avanti, Narciso, sali», gli dà una spinta, Peter inveisce a denti stretti. Azriel prende posto davanti e io accanto a Peter. 

Quando arriviamo davanti all’edificio, osservo l’enorme scritta dell’associazione “Regala un sorriso anche tu”, e Azriel si staglia davanti a noi con il suo metro e novanta di odio, contemplando in silenzio le due guardie all’entrata.

«Andrà malissimo», mormora e infila le mani nelle tasche dei jeans neri.

Di solito è Peter ad essere drammatico, ma a volte Azriel  si comporta come se stesse marciando verso il patibolo. 

Con un sorrisetto nervoso mi avvicino a lui. «Ci penso io, okay? Non stressarti.»

«Non mi stresso, Raven. Non ci tengo a farmi venire i capelli bianchi e neanche le rughe. Sto semplicemente dicendo come stanno le cose», gesticola nervosamente indicando l’entrata davanti a noi.

Io e Peter ci lanciamo uno sguardo complice. Mallory invece ridacchia.

Saliamo i gradini e attraversiamo l’enorme corridoio bianco, finché non raggiungiamo il bancone dietro al quale si nasconde la signora dall’aria perennemente spaventata. Appena solleva lo sguardo verso di noi, raddrizza le spalle e si rimette composta. Si stampa in faccia un sorriso da statuina e digita velocemente qualcosa sulla tastiera.

«Siete miracolosamente puntuali», esclama con voce squillante. Riesco ad intravedere il primo accenno di una smorfia sul viso di Azriel. Lui detesta le persone che parlano a voce troppo alta o esageratamente allegra. Da piccolo aveva la voce acuta e rideva per qualsiasi cosa. Mia madre amava zittirlo, a volte anche a suon di schiaffi in faccia, e da allora Azriel ha smesso di ridere e di intavolare una conversazione dalla durata superiore ai cinque minuti.

«Miracolosamente?», chiede Mallory, incrociando le braccia al petto.

«Be', sapete com’è», dice la donna, muovendo la mano davanti al viso con fare annoiato. «I giovani non sono mai puntuali. Questa nuova generazione è la rovina della nostra società.»

«Siamo più puntuali di un orologio svizzero», interviene Peter con tono pacato. «Le nostre divise?»

Azriel si gira verso di lui a rallentatore e lo guarda torvo, quasi come se volesse fargli ingoiare la lingua. 

«Certo! Vi prego di attendere un minuto», indica la fila di sedie blu vicino al muro. Guardo il suo tesserino, si chiama Gwen. Dev'essere uno scherzo! Istintivamente guardo Peter, che sembra immerso completamente nei suoi pensieri. Gwen lo guarda con un sorrisetto malizioso. Spalanco gli occhi, turbata. 

Prendo Peter a braccetto e lo costringo a seguirmi. Appoggio le mani sulle sue spalle e lo faccio sedere. Rimango in piedi davanti a lui, le mani sui fianchi. So che Gwen continuerà a guardarlo di nascosto e non posso permetterlo. Peter non è così, Santo cielo!

«Abbiamo notato tutti che Gwen se lo sta mangiando con gli occhi», dice Mallory seccata.

Azriel si acciglia, ma annuisce.

Peter, invece, continua a canticchiare una canzone di Rihanna a bassa voce. Quando si ritrova i nostri sguardi addosso, smette subito. «Cosa ho fatto? Ho qualche brufolo in faccia? Non è possibile, sto usando l’acido salicilico.»

«Il mio?», domanda Mallory, corrugando la fronte. Peter la ignora.

«Quella lì», indico la donna con un cenno del capo. «Non guardarla mai più in faccia. Ci siamo capiti?»

«Ho fatto sesso con la professoressa di letteratura», dice ridacchiando e io spalanco gli occhi ancora di più. «Mi piacciono le milf, ma lei non è il mio tipo.»

«Sei fidanzato», gli ricordo. Mi prendo la testa tra le mani e faccio un respiro profondo.

«Infatti, ho occhi soltanto per la mia ragazza, Raven. Per chi mi hai preso?», sbuffa, ma lancia un’occhiata furtiva a Gwen. Rabbrividisce. «Mi fa paura, forse dovrei dirlo a Lucy.» 

Lucy è la sua ragazza, stanno insieme da circa quattro mesi, ma lei è diversa da noi, diversa da lui soprattutto. Non mi è mai piaciuta, ma non è una cosa che lui deve necessariamente sapere. Inoltre, è la migliore amica di Elias Bailey e di Ryan Campbell, di conseguenza quest’anno frequenterà anche lei la Hawthorne Academy. Elias è già al secondo anno. Si può fare richiesta soltanto entro il ventitreesimo anno di età.

Sei ancora in tempo, ripete una piccola vocina nella mia testa.

“Devi imparare l’arte della manifestazione, Raven”, mi direbbe Peter. “Potresti avere tutto ciò che desideri”.

«Cristo, esci fuori dalla mia testa», mormoro, massaggiandomi le tempie. A mio fratello, l’anima più innocente della famiglia, piacciono le milf. Dev’essere una specie di scherzo.

«Credo che nostra madre ci abbia lasciato in eredità i suoi problemi mentali», commenta Mallory guardando Peter con una smorfia di disgusto. «Anche tu stai puntando a fare il mantenuto, Peter?», gli chiede con il chiaro intento di provocarlo.

So che Lucy vuole diventare magistrato. In quella scuola non entra chiunque e chi ci entra a volte rimane intrappolato in una ragnatela fatta di corruzione e follia. Nonostante la sua fama, girano anche tante voci e anche diverse leggende. Dicono addirittura che quella scuola sia infestata da un fantasma: una giovane donna assassinata nella Grande Biblioteca.

Gwen si schiarisce la voce. «Ecco a voi!», posa sul banco una pila di divise imbustate e attraverso il cellophane trasparente intravedo il colore della divisa: è blu con striature gialle.

Azriel emette uno strano lamento dietro di me, ma non dice niente. So già che non la indosserà, o al massimo indosserà soltanto la maglietta o i pantaloni. 

Quasi come se Gwen mi avesse letto nel pensiero, dice: «Sono le salopette. Spero siano giuste le misure. E se così non fosse», guarda intensamente Peter, «dovrete farvele andare bene. Anche se dovesse starvi stretta in alcuni punti», abbassa lo sguardo e mio fratello incrocia le mani davanti alla lampo dei jeans.

«Osa guardare un’altra volta mio fratello in questo modo, e giuro che il cazzo sarà l’ultima cosa che vorrai nella vita», sibila Mallory, poi afferra le divise e le distribuisce a ciascuno di noi. Ce ne andiamo senza neanche salutare. 

Azriel ha un foglio tra le mani. Scorgo con la coda dell’occhio la lista dei nomi, gli indirizzi e l’orario.

«Io tra mezz’ora dovrò essere sulla quinta strada, numero cinquantanove», mormora Azriel. Guarda la divisa e fa una smorfia. «Bene, mettiamoci al lavoro», esclama e si dirige verso il cestino della spazzatura più vicino. Getta all’interno la divisa.

«Az?», dico confusa. 

«Con questa merda addosso sembrerò Super Mario, quindi non se ne parla. Buona fortuna e a dopo», attraversa la strada con il rosso e, ancora una volta, il suo istinto suicida prevale su quello di sopravvivenza. Forse dovremmo iniziare a preoccuparci seriamente per lui.

Mallory emette un colpo di tosse per attirare la mia attenzione. «Raven, hai visto quale famiglia ti è stata assegnata?», chiede e le strappo il foglio dalle mani. 

Bailey. La nonna di Elias. 

«Questo dev’essere un maledetto scherzo!», grido e stringo così forte la divisa che le nocche iniziano a sbiancare.

«Io e Mallory siamo insieme», mi fa sapere Peter. «Buona fortuna, Raven! Non dare di matto. Noi contiamo su di te.»

Loro contano su di me. E se le cose dovessero andare male, loro andrebbero giù insieme a me. Non posso permettere che accada. 

Andrà tutto bene. 

Lui non sarà di certo lì ad attendermi. Forse si è perfino dimenticato della mia esistenza.



Andrà bene? Andrà male? Ci sarà Elias? Ehehe, lo scoprirete nel prossimo capitolo 💅🏻💕 spero vi piaccia. Questi quattro sono dei combinaguai.

Ad Azriel probabilmente gli verrà l'orticaria quando si ritroverà ad essere circondato da ragazzi viziati e ricchi ☠️ se vi va, lasciatemi una stellina ⭐✨

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