Capitolo 14
Mi avvicinai alla verità, la cui parziale scoperta doveva
portarmi a un così spaventoso naufragio.
(Robert Louis Stevenson)
Kirsten's POV
"Non posso essere in Romania." Sento lo stomaco contrarsi mentre Vladimir ride sommessamente, nonostante la sua situazione dovrebbe renderlo disperato. Torno verso la grata e sferro il pugno più forte che posso dare per farlo tacere. "Zitto, sanguisuga. E' tutta colpa tua se ci troviamo in questa situazione di merda." ringhio, e forrei tanto avere il braccio più sottile e lungo per afferarre quel collo bianco e stringerlo fino a staccargli la testa. I capelli biondi sono macchiati di sangue, residuo dello scontro con Alexander. Per un attimo mi pento di avergli impedito di ucciderlo, ma so che Alex non se lo sarebbe mai perdonato. Vuole ancora bene a Vladimir, ne sono sicura, ma so cosa vuol dire dover sopportare il tradimento di una persona che si ama. "Dimmi dove sono gli altri."
"Prima devi farmi uscire." Alzo gli occhi al cielo, puntandoli verso Stefano, ma lui rimane sempre lì, nella sua posizione da manichino guardiano.
"Non so neanche dove sei."
"Esci dalla tua stanza e vai a sinistra. Ci sono delle scale. Scendi fino al piano terra, io sono nella terza porta a sinistra."
"Vuoi qualcosa nel tragitto? Non so, un caffé, un B positivo." lo prendo in giro, causando una sua reazione esasperata che fa sfrigolare le catene che porta ai polsi.
"Tu non sei la grande Cacciatrice cattiva?" lo sento dire, e mi verrebbe da rispondergli che ormai non lo sono più, che quel capitolo della mia vita era finito nel momento in cui lui aveva deciso che il suo posto nel Concilio valeva più della felicità di Alexander, ma Vladimir non me ne da il tempo. "Non hai molto tempo. I fantasmi sono marionette buone per le faccende sporche, è vero, ma quando sono sottoposti al controllo diventano simili a pupazzi di pezza. Puoi renderli facilmente inoffensivi." Annuisco, capendo che non ho molta scelta, per quando in questo momento vorrei solamente uccidere Vladimir dopo averlo evirato.
"Dammi mezz'ora." mormoro quindi, alzandomi.
"Scommetto trenta sterline che ce la fai in venti." dice, sorprendendomi. Quando guardo di nuovo giù lui mi sta osservando, il viso contratto in una smorfia di sfida. Mi viene in mente quell'episodio nello scantinato dei Creed, quando ho piantato un paletto nella schiena di Guido per renderlo inoffensivo.
"Andata." accetto, sgusciando di nuovo fuori da sotto al letto e puntando Stefano. E' vestito con la stessa maglietta verde che aveva a casa mia, intonata con i suoi occhi. Spero che abbia un guizzo di vita, che mi riconosca, invece l'unica cosa che fa è guardarmi con passività.
Va bene. Facciamolo. Non posso essere così arrugginita.
"Allora, Casper." lo chiamo, facendo un passo verso di lui. "Mettiamo le cose in chiaro: uscirò da questa stanza tra due minuti, scenderò le scale e raggiungerò il proprietario di questo posto e riprenderò gli amici del mio ex ragazzo." Inclino la testa, pensandoci meglio. "E anche il mio ex ragazzo, sempre che mio figlio non lo abbia già ucciso." Mi chiedo se dirlo mi sembrerà mai normale. Stefano non sembra percepire le mie parole, ma comprende il pericolo, perché lo vedo divaricare le gambe e mettersi in posizione di guardia.
"Non puoi passare. Ordini del padrone."
"Sono io la padrona del tuo padrone, testone." Non ci credo, gli amici di mio figlio mi mettono già i piedi in testa. "Dov'è Guido, Stefano?" provo a risvegliare in lui qualche ricordo, ma il suo sguardo rimane spento. "Dov'è tuo fratello?"
Non costringermi a farti del male, ti prego.
Lui non fa una pieda, anzi, alza le braccia verso di me."Tu non puoi passare."
"Ora citi Il Signore degli Anelli?" Non faccio in tempo a finire la frase che Stefano scompare dalla mia vista, lasciandomi spaesata. Un colpo alla schiena mi spezza il respiro, e cado prona sul pavimento, sputando un grumo di saliva. Quando mi volto l'ex vampiro è lì, apparso da chissà dove.
Questo però Vlad non lo ha detto.
"E va bene, Accogli." Mi rialzo, pulendomi la bocca con il palmo della mano. "Vuoi giocare?" Afferro il pomo in legno del letto a baldacchino, tirando un paio di calci ben assestati finché non sento il materiale cedere e staccarsi, lasciandomi in mano un pezzo di legno appuntito. Perfetto. Stefano non fa una piega, ma non mi perdo d'animo. "E allora giochiamo." Mi fiondo verso di lui, lanciando l'arma come se fosse un giavellotto. Lui scompare e riappare di nuovo vicino alla finestra, afferrando la corda in velluto con cui si regolano le tende e dandole un forte strattone, fino a strapparla.
"Non puoi passare." Il suo tono inespressivo mi fa rabbrividire. Riprendo il paletto da terra e cerco di fomulare un buon piano, ma sono in alto mare: non ho idea di come si uccida un fantasma.
"Vlad!" grido, sperando che mi senta. "Qualche suggerimento?" C'è un attimo di silenzio, poi la voce del biondo trapassa la grata e arriva alle mie orecchie.
"I fantasmi possono trasportarsi." dice, e proprio in quel momento Stefano scompare ancora. Sento un moto d'aria verso destra e mi inclino dall'altra parte, mancando per un soffio la corda che voleva afferrarmi il collo. Allungo la gamba per assestargli un calcio, ma il mio piede fende l'aria.
"Me ne son accorta!" Un nuovo colpo, questa volta da dietro. La corda mi passa attorno al collo, smorzandomi il respiro, ma non abbastanza da farmi veramente male. Gli tiro una forte testata e sento il naso di Stefano rompersi contro al mio cranio. Lui cade all'indietro e gli strappo la corda di mano, scivolando verso al letto da dove la voce di Vlad arriva concitata.
"Non mirare a dove sta, ma a dove credi che apparirà." Cosa? Mi scosto i capelli dal viso, guardandomi intorno alla ricerca di Stefano. Nella stanza è calato il silenzio. Rimango perfettamente immobile, solo il suono del mio respiro smorzato. Improvvisamente il rumore di uno scricchiolio alla mia sinistra fende l'aria.
Trovato.
Lancio il paletto con precisione disarmante, e lo vedo conficcarsi proprio nell'occhio di Stefano, apparso lì e colto alla sprovvista per allontanarsi in tempo. Rimango a fissarlo con il fiatone mentre mi guarda con l'unico occhio visibile, verde come non mai, e in quel momento riprendo la corda che gli avevo preso e con un balzo gli sono dietro. Con un colpo sulla nuca lo mando al tappeto, e lo lego al letto senza perdere molto tempo, estraendogli il paletto dalla testa. Con mio grande disappunto vedo che sta già guarendo, ma ci vorrà un po' prima di fargli riprendere i sensi.
Guido mi ucciderà. penso, ma non ho tempo per preoccuparmi della sua reazione.
"Donovan? Sei viva?" La voce di Vladimir mi fa alzare gli occhi al cielo.
"Tu che dici?"
Fortunatamente Alex ha limitato il numero di fantasmi di cui si è circondato. Non ne ho incontrati altri per il castello. Probabilmente il mio dolce bambino mi ritiene arrugginita per avermi lasciato solo con un misero fantasma, umano per di più. Potrei sentirmi offesa.
Terza stanza a sinistra.
La casa di Vladimir è immensa, in perfetto stile sedicesimo secolo: armature inanimate fanno la guardia a corridoi infiniti, costellati ora da arazzi, ora da ritratti con targhe in una lingua che non conosco. Ci sono teche con vecchi oggetti lasciati lì per essere ammirati e più stanze di quante se ne possono visitare in una vita.
Tutto questo e neanche uno straccio di cartello per le indicazioni.
Ho rischiato di perdermi per tre o quattro volte, ma alla fine trovo le scale che mi ha indicato Vladimir e le percorro velocemente, rischiando di scivolare sui gradini di marmo bianco.
Terza a sinistra. A sinistra. A sinistra.
Avverto dei lamenti provenire da dietro una porta nera nel corridoio alla mia destra, e parole che hanno l'aria di essere imprecazioni in lingua straniera.
Eccola.
Corro in avanti, stringendo al fianco una lancia che ho preso in prestito da una delle armature trovate lungo il cammino. Mi sono messa in tasca anche qualche forchetta d'argento di un vecchio servizio. Ho dovuto rompere una teca, ma sono sicura che Vlad non se la prenderà. Non che mi importi, ovviamente.
Una volta davanti alla porta scusa inizio a muovere la maniglia, sperando che si apra ma, come pensato, l'unica cosa che ottengo un moto di delusione, unita alla stanchezza per lo scontro di prima e per la corsa.
"Vladimir." lo chiamo, e quando non ottengo risposta inizio a temere di aver sbagliato stanza. "Dracul, non riesco ad aprire." Ancora silenzio, e sono tentata di lasciarlo al suo destino e visitare il castello da sola, quando una voce flebile interrompe la mia retromarcia.
"C'è della magia... sulla porta." mi informa, ma il modo in cui lo dice mi fa presagire che non stia molto bene.
"Come faccio ad entrare?" Non posso affrontare Tania, o Elisa. Non posso trafiggere loro gli occhi con un paletto come ho fatto con Stefano. Era stato già difficile farlo a lui.
"C'è... una botola... davanti alla porta." Guardo a terra, scostanto il tappeto rosso e scavando con le unghie una vecchia piastrella in marmo. Questa si scosta dal suo posto con non poca fatica, ma alla fine libera un passaggio abbastanza grande da lasciarmi passare. Guardo il buio sotto di me, ingoiando a vuoto. E se mi stesse prendendo in giro? Se fosse tutta una trappola?
Perché avrebbe dovuto farlo? Eri già nelle mani dell'Incantatore.
"Donovan..." mi chiama, e ha una voce stanca. Mi fa quasi pena. "Sei ancora lì?" Sospiro, dandogli conferma e poi calandomi nella botola. Non ho più il telefono con cui farmi luce, quindi allungo le mani sopra di me una volta chiusa la botola, cercando un altro appiglio mobile. Il soffitto è basso e il buio in quel piccolo cunicolo a misura d'uomo mi soffoca, ma alla fine riesco a sbucare in una grande stanza, decorata similmente alla mia, ma con la differenza che al posto del letto a baldacchino c'è una specie di fouton, e su di esso, steso e incatenato, vedo Vladimir. Rimetto il pavimento a posto e mi precipito verso di lui, chinandomi per guardarlo meglio. Ha le labbra aride e nerastre, simbolo della sete che lo sta divorando. Iniziano a vedersi le prime vene bluacee della disseccazione e i polsi sono un ammasso di carne bruciata e sangue, coperti da manette dorate.
Catene magice.
Mentre cerco di capire come fare a sradicarle dal muro lui apre un occhio azzurro, cogliendomi di sorpresa. "Sei venuta davvero." dice, sorpreso. Lo guardo solo per un secondo, sentendo l'antico risentimento ribollirmi nello stomaco. Afferro un catenaccio ed inizio a tirare, ovviamente senza successo. Sono le stesse catene con cui la Lega imprigiona vampiri e licantropi. Che speranza ho io? "Devi tagliarmi le mani." Sbarro gli occhi, senza credere alle mie orecchie. Vladimir Dracul mi ha appena chiesto di...mutilarlo?
"Non c'è gusto se me lo dici tu, però." mi lamento, senza trovare altra soluzione se non il buttarla sul ridere. Lui però rimane serio, allungando una mano verso di me ed afferrandomi la maglietta.
"Mi ricresceranno." spiega, e lì capisco che sta dicendo sul serio. "Sarà solo un attimo." Gli guardo i polsi partoriati, poi mi rispecchio nella punta della lancia che ho poggiato ai miei piedi. Nel corso della mia vita ho già fatto certe cose, ma quella era la vecchia Kirsten.
Non esiste una vecchia Kirsten. La voce nella mia testa non smette di sibilare, ma non capisco da dove provenga. Sembra Chire, ma ha qualcosa di diverso. E' più... inquietante. Esisti solo tu, quello che sei stata e quello che sei adesso. Sei sempre la stessa persona. E' un vampiro, guarirà. Non potete permettervi di perdere tempo.
Non posso amputare le mani ad un uomo. Neanche a Vladimir!
Pensa a tuo figlio. Pensa a Flinn.
Non so cosa fare. Il dubbio mi lacera, ma il mio corpo decide per me. E' come se mi vedessi da lontano: ci sono io che dico a Vladimir di mordere il cuscino per non urlare, io che divido il lenzuolo in due per fasciare subito la ferita ed impedire una forte fuoriuscita di sangue, io che tengo ferme le braccia del vampiro sotto di me. Io che prendo la lancia e la brandisco come una scure. "Questa la sentirai." mi sento dire, e Vladimir chiude gli occhi, voltandosi. Pochi secondi dopo, un urlo soffocato riempie la stanza.
Alexander's POV
"No." Faccio un passo indietro. Voglio allontanarmi da quella scena. Non posso aver fatto quelle cose. Non io. Non a Kirsten. Perché avrei dovuto? "Sono stato soggiogato di nuovo." dico, più a me stesso che ad Alexander che, riapparso accanto a me, mi guarda con un'espressione di muto odio. "Magari è un altro come Philippe Donovan. E' tutto un malinteso."
"Malinteso." dice lui, per poi tornare a guardare se stesso da bambino. Sta piangendo e strillando mentre il me alternativo lo afferra e lo scuote, come se fosse un giocattolo rotto. "Tra pochi minuti i tuoi amici entreranno da quella porta e cercheranno di farti ragionare. Zio Derek mi prenderà in braccio. Tu non li ascolterai, e loro saranno costretti a sopprimerti davanti a me. Lui mi coprirà gli occhi ma non servirà a nulla." Sento il rumore della porta che viene buttata giù, e la voce di Richard che caccia un urlo spaventato.
"Che cazzo hai combinato, Alexander?"
"Io sentirò comunque il rumore." continua Alex, coprendosi le orecchie con le mani. La sua voce ha assunto una sfumatura impaurita. "Sentirò l'odore del tuo sangue."
"Non costringerci a farlo, per favore." Caleb è disperato, fa un passo verso di me ed io rimango immobile, la bocca ancora sporca di sangue.
"Sentirò le tue parole."
"Pensa a tuo figlio." A quel punto mi vedo guardare Derek, mi vedo aprire la bocca ancora sporca del sangue di lei e dire qualcosa: "Quello non è mio figlio."
"Quello non è mio figlio." Alex cita a memoria le parole, in contemporanea con il me alternativo. Ha gli occhi lucidi, i pugni stretti da cui iniziano a fuoriuscire piccole gocce di sangue. "E' un mostro."
"E' un mostro." Ma cosa sto dicendo? Quello non sono io. Non posso essere io. "Ed è colpa sua se Kirsten è morta."
"Alexander." dico, provando ad avvicinarmi a lui, ma mio figlio alza una mano in aria, bloccandomi e regalandomi un sorriso alquanto sadico.
"Oh, aspetta. Non vuoi sentire la parte migliore?" Nel suo tono venato di disprezzo c'è anche sfida, ma io non voglio sentire, non voglio più vedere, ma lui non mi lascia scelta. Il mio me alternativo si piega e prende Kirsten morta tra le braccia, sollevandola come se fosse Biancaneve appena presa dalla teca.
"Quel coso mi ha rovinato la vita. Non dovrebbe esistere. E' un abominio contro il nostro mondo, contro tutti i mondi." Poggio Kirsten sul tavolo. Continua a sanguinare e il piccolo Alex tende le mani verso di lei, piangendo. Joshua viene avanti, sovrapponendosi tra me e il bambino con Derek.
"Alexander, non farlo. Troveremo un altro modo." Un altro modo per cosa? Cosa sta succedendo? L'Incantatore ridacchia, proprio come l'altro me in quel preciso istante. Chissà quante volte ha rivisto questa scena per sapere ogni battuta a memoria.
"Il bambino deve morire." dico, lapidario, e Josh mi guarda con il dolore degli occhi.
"Non sono questi gli ordini." Mi avvicino a lui con sfida, ed è strano vedere la mia versione più stronza e crudele trasportata a pochi metri da me.
"Io non prendo ordini da nessun..." E' un attimo. Non capisco perché mi sia fermato fino a quando la mia testa non si poggia sulla spalla di Joshua, che mi stringe con un braccio. Nasconde lo sguardo nella mia spalla, mormorando poche parole.
"Scusami, Alex." singhiozza, poi estrae qualcosa dal mio corpo. Un paletto di legno. No.
Josh mi ha... ucciso.
Il me alternativo lo guarda scioccato, prima di prendere fuoco con un urlo che mi strazia. Mi copro le orecchie e cado a terra, scuotendo la testa.
"Portami via da qui!" grido, e quando Alex non mi ascolta lo dico ancora, e ancora. "Voglio andare via!"
"Cosa c'è, Alexander? Spaventato dal tuo te futuro?" Carico il pugno e lo colpisco in viso, senza riuscire a controllarmi. Solo quando lo vedo a terra, mentre di riaggiusta il naso, capisco quello che ho fatto. Allungo le mani verso di lui, scusandomi, ma quello le scosta con un gesto veloce. "Il Concilio aveva scoperto la mia esistenza e vi aveva ordinato di consegnarmi." mi spiega, rialzandosi e barcollando sulle gambe malferme. "Mamma non voleva. Si è messa in mezzo e tu l'hai uccisa."
"Io non ucciderei mai Kirsten!" La scena intorno a noi si disgrega ancora, ed entrambi ci ritroviamo di nuovo nel Tunnel. Le immagini scorrono ad una velocità impressionante, dandomi l'impressione di essere immerso in una ciotola di colori.
"Sai cosa successe dopo la tua morte?" urla lui, per sovrastare il forte veneto presente in quel luogo. A i pugni lungo i fianchi, e l'occhio rosso risplende di un baluginio pericoloso. "I tuoi compagni cercarono di nascondermi per un po', ma alla fine il Concilio mi trovò. Li uccisero tutti, solo per prendermi." I miei amici. No. NO. Il futuro non può essere così orribile, non dopo tutto quello che ho passato per averlo. "Ho passato la vita chiuso in una prigione nei sotterranei di Roma." Alex ha gli occhi pieni di lacrime, e riconosco tutta quella rabbia che gli sforma il viso. "A sentirmi dire che ero un mostro! Ad essere costretto a lunghe sessioni di allenamenti per sviluppare questo stupido potere." Alza le braccia ed indica lo spazio intorno a lui. "Non ricordavo quasi nulla di te, sai? Vladimir era l'unico che scendeva a trovarmi in quel posto. Mi portava cibo e qualche gioco, poi libri. Mi ci sono voluti anni prima di andare più indietro, prima di riuscire a staccarmi da quella fottuta scena di massacro."
"Alex..."
"Ho detto di non chiamarmi così! Hai perso il diritto di farlo quando hai piantato un coltello da cucina nel collo di mia madre e lo hai premuto fino a quando non si è disseccata."
"Non è vero." sussurro, coprendomi il viso. "Smettila con queste stronzate."
"Hai distrutto la mia vita, pezzo di merda." Si avvicina a grandi passi verso di me, afferrandomi per il colletto. Il viso è rigato di lacrime, e per la prima volta noto che solo quelle che fuoriescono da un occhio sono lacrime di sangue. Quelle provenienti dall'occhio scuro sono bianche, pulite, da umano. "Quando sono scappato da quel posto sono andato a piedi fino a Parigi, ai Tribuni della Magia. Ho mangiato per settimane solo volpi e cani randagi, tanta era la voglia di vendicarmi di te, schifoso bastardo. Da quello che avevo letto sapevo dell'esistenza di una grande biblioteca nelle Catacombe di Parigi, dove streghe e maghi conservano i loro incantesimi, una conoscenza di secoli."
"Come fai ad avere la magia? Non sei figlio di uno stregone."
"La parte demoniaca dentro di me mi permette di dominare la magia. Mi da la forza vitale che mi serve per i miei incantesimi." Le sue urla vengono bloccate da un colpo di tosse, ed uno schizzo di sangue mi sporca la faccia. Quindi è così: la parte demoniaca contenuta in me e i residui rimasti in Kirsten gli hanno permesso di muoversi nella magia. "Purtroppo non è illimitata." dice, sputando a terra l'ennesimo grumo di sangue. Non si preoccupa neanche di pulirsi le labbra scarlatte. Il suo sangue puzza di marcio, come quello di ogni vampiro, ma con un leggero sentore di zolfo. "Ma a questo ci pensano i tuoi amici." Sbarro gli occhi a quelle parole, mentre la stanza si ferma ancora una volta.
"Cosa stai dicendo?" Faccio un passo indietro per stabilizzarmi, guardandomi velocemente intorno. Ci sono tende rosse e tappeti ovunque. Dietro di me un camino acceso illumina la stanza di un bagliore sanguigno. Alex alza una mano e schiocca le dita, ed Elisa e Tania appaiono ai suoi lati, guardandomi con inquietante fissità. Quella scena mi fa venire da vomitare.
"Non importa. Finalmente ho il mio ultimo pezzo. Con Richard posso portare a termine il mio incantesimo." Elisa scompare di nuovo, riapparendo poco dopo con qualcosa ai piedi. Mi ci vuole un attimo per capire che l'ammasso di sangue sotto di lei è...
"Rick!" Lui sembra privo di sensi, ma quando sente il suo nome alza la testa verso di me, facendomi un mezzo sorriso.
"Sto bene, Alex. Non preoccuparti." Corro verso di lui e mi ci inginocchio accanto, incurante di quello che il trio potrebbe farmi. Elisa alza una mano per lanciarmi un incantesimo, ma Alexander la blocca con un gesto della mano e qualche parola in una lingua che adesso riconosco: e' rumeno, la lingua madre di Vladimir. Ha detto che lui è stato l'unico suo confidente per anni? Perché farlo? Sicuramente per utilizzarlo per qualche suo scopo, così come ha fatto con me. Non ho tempo di preoccuparmene, ora. Alzo la testa di Rick e gli porto indietro i capelli, liberandogli lo sguardo. Gli occhi verdi sono secchi e disidratati. "Da qui sei davvero sexy, amico." mormora, con la bocca impastata. "Non avrei dovuto farmi piegare, ma Tania ci sa ancora fare, con la tortura."
"Mi dispiace." dico, per poi guardo verso l'Incantatore, trapassandolo con lo sguardo.
"Lo stai uccidendo." Lui scuote la testa, scostandosi il ciuffo rosso dal viso.
"Ho solo dovuto calcare la mano per farlo collaborare." minimizza "Ma adesso non mi serve più. Se avessi voluto ucciderlo, lo avrei attaccato al muro e avrei assorbito la sua energia così come farò con gli altri. Invece te lo lascio, così avrai qualcuno con cui condividere i tuoi ultimi patetici minuti di vita." Se ne va così, scomparendo in uno sbuffo di fumo insieme alle due streghe. Avvicino Rick accanto al fuoco e lo faccio mettere su una delle sedie in velluto. Purtroppo non ho nulla per pulirlo dal suo sangue, e lo sento blaterare qualcosa sui suoi poveri capelli, in una sorta di delirio.
"In confronto a questo tipo, Kirsten è l'incrocio zuccheroso tra Cenerentola e una torta alle meringhe."
"Questa frase non ha senso." dico, controllandolo per cercare tracce di ferite aperte. Assetato in questo modo la sua capacità rigenerativa è compromessa, ma il sangue che ha addosso è secco, quindi non dovei preoccuparmi. "L'Incantatore è Alexander, Rick." lo avviso, ma lui non fa una piega alla notizia. Forse è troppo intontito dalla tortura recente. Non lo biasimo.
"Il tuo marmocchio?" chiede solamente, e quando annuisco si massaggia la testa con le tempie. "Ora capisco molte cose."
"Tipo?"
"Da dove ha preso la sua capacità vendicativa. Tutto la mamma." Smetto di controllarlo, accasciandomi al suolo e portandomi la testa tra le mani.
"Viene dal futuro. Mi ha fatto vedere delle cose. Cose orribili." Sospiro, sentendomi improvvisamente sfibrato. Non mangio da molte ore e il viaggio nel tempo mi ha tolto le ultime energie rimaste. Mi massaggio il viso, e quando torno a guardare Rick vedo che si è addormentato. Il suo organismo ha bisogno di riposo per riprendersi. Per far cadere un vampiro addormentato bisogna tenerlo digiuno per anni, oppure ridurlo allo stremo delle forze. Chissà cosa gli ha fatto. Richard non è un tipo collaborativo: quando lo trovai, in Francia, un paio di soldati napoleonici lo stavano picchiando a sangue perché quell'idiota aveva dato loro dei chiens de merd, dei cani di merda. Perlustro la stanza, ma non so dove sono, e quando provo ad aprire la porta la scopro bloccata. Non riesco a mettermi in contatto con gli altri, non riesco a sentire Kirsten. In preda allo sconforto mi lascio cadere al centro detta stanza, sdraiandomi e guardando un soffitto decorato con l'immagine di un dragone rosso. "Questa volta è proprio finita."
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