XI - Ho visto scrofe partorire dozzine di maiali, perchè tu gridi così tanto?

"Il mal di testa quotidiano nell'aria opaca di questa prigione tombale è fastidioso, ma devo perseverare. Ho scritto più di cento pagine senza concludere nulla. [...]
Non pensò di poter andare avanti. Il cuore, la testa... tutto. Lolita, Lolita, Lolita, Lolita, Lolita, Lolita, Lolita, Lolita, Lolita. Ripeti finché la pagina è piena, tipografo."
-Vladimir Nabokov, Lolita.

La donna vestita di rosso si era rifugiata nei sotterranei del palazzo, dove ad attenderla da qualche minuto, impaziente, c'era JJ. Il ragazzo stava accanto al meta-lupo dello Stark con estrema fatica. La bestia era limitata da una grossa catena al collo robusto e peloso. Vicchan ringhiava e si dimenava con una forza spaventosa; c'erano voluti cinque uomini per legargli il muso con una spessa corda. Il garzone reclutato per l'incarico aveva perso tre dita, finite nello stomaco dell'animale.
Furioso e irrequieto, spaventosamente pericoloso, Vicchan strattonava le catene tenute sott'occhio da JJ, facendosi sanguinare il collo per la forza esercitata nei tentativi di liberazione. La coda tenuta dritta in segno di minaccia, le orecchie piegate all'indietro e i denti che straordinariamente venivano mostrati nonostante i numerosi giri di corda stretta. Il verso emesso dalla creatura era paragonabile a quello di un demone oscuro.
La sacerdotessa, con in mano la piccola ampolla contenete ciò che aveva rubato senza pudore dall'intimità di Viktor e Yūri, avanzò con passo astuto e sicuro verso il meta-lupo.
JJ indietreggiò per quanto intensi divennero i ringhi di Vicchan, incatenato alla parete di pietra che per poco non si sgretolò. L'animale si spinse in avanti, rimanendo bloccato dalle catene che lo costrinsero ad alzarsi sulle zampe posteriori. Era alto quasi il doppio della graziosa donna, che si fermò a guardarlo dal basso verso l'alto, tutta avvolta dalla propria veste calda.
Le zampe dell'animale, quando ritoccarono terra fecero un forte rumore per colpa degli artigli poderosi mostrati in segno di minaccia. Il pelo marrone si arruffò con una bellezza quasi ancestrale, mentre Yuko allungò una mano candida verso il suo capo.
Vicchan caricò con la testa non appena le dita gli sfiorarono la punta dei peli. Lei ritirò il braccio, ma con lentezza. Non aveva avuto paura al contrario del giovane Baratheon, unico suo testimone.

«Il nostro Signore della Luce è misericordioso. Per portare tra noi uno dei suoi figli necessita di particolari aiuti.» disse Yuko, sorridendo con gli occhi puntati sul meta-lupo. Non si scompose, rimase seria ed ostinata.
«Non credo che in questo modo possa funzionare. Te l'ho già detto dannazione, avremmo dovuto avere almeno una donna!» irruppe JJ, nervoso.
«Chiudi il becco mio signore, la perversione dei nostri due donatori può solo essere che un bene per il potere del Signore.» Yuko stappò la boccetta, sputando al suo interno.
«Vedi?» mostrò il recipiente davanti al silenzio confuso di JJ; «Ecco quella piccola parte di donna che ritenevi indispensabile.»

Ripose il prezioso bottino su di un tavolo di legno attaccato alla parete, sotto una grande torcia che illuminava il freddo sotterraneo. Da esso prese una daga forgiata nell'acciaio di Valyria, una rarità da trovare in giro per i regni.
I suoi passi decisi e lenti in direzione del lupo emanarono un'energia oscura, che aumentò i battiti del cuore di Vicchan. Percepì un imminente pericolo estraneo alla naturale minaccia.
Yuko impugnò l'arma, passata in mezzo ad un piccolo fuoco ardente vicino a JJ. La lama incandescente prese un colore giallo e arancione, avvicinandosi pericolosamente la meta-lupo.
Vicchan riuscì quasi a spezzare le corde che gli impedivano di azzannare il braccio della donna; purtroppo i suoi sforzi non furono abbastanza contro le barbare e vigliacche armi di difesa degli uomini.
Yuko piantò il coltello al centro del cranio duro e spesso del quadrupede, che cadde in terra con un tonfo rumoroso. L'ansia emanata dalla presenza inselvatichita dell'animale morì assieme a lui.
Una pozza di sangue calda e scura sporcò le suole delle scarpe di Yuko. Con un gesto seccato ordinò a JJ di voltare la carcassa ancora calda di Vicchan, e girarla a pancia in su.
Chiunque altro, con una pelliccia simile a disposizione, ci avrebbe ricavato un mantello enorme, perfetto per combattere il gelo dell'inverno ormai alle porte.
La donna rossa invece usò l'arma del delitto, ancora un volta, per squarciare il ventre morbido di Vicchan.
Le interiora sgusciarono subito via dalla grossa apertura sanguinolenta, che con qualche manovra più forte lasciò spostare il lungo intestino da una pare. Le mani e l'abito di Yuko erano un disastro zuppo di sangue dall'odore disgustoso. JJ si portò il polso al naso per attenuare il conato di disgusto che quello spettacolo gli stava causando.

Yuko si inginocchiò alla volta del meta-lupo sventrato, affiancata da qualche porzione dei suoi organi interni abbandonati al pavimento. Passatagli l'ampolla dalle mani pulite di JJ, la svuotò nella parte bassa dello stomaco della carcassa, facendo attenzione a non lasciare dentro la boccetta nemmeno una goccia di quello che era un miscuglio tra due diversi liquidi seminali ed una piccola parte della sua saliva.
Con entrambe le mani afferrò con tenacia i due separati lembi di pelle senguinolenta, unendoli alla meglio peggio come per medicare una ferita di guerra.
JJ questa volta le passò la daga insanguinata resa nuovamente incandescente dal fuoco. Usò quel calore per richiudere approssimativamente la profonda e larga apertura, che si incollò tra la carne riscaldata e escrezioni scure.
Yuko recitò sottovoce un incantesimo di essenziale importanza per terminare quel rito.
Lo scopo era semplice, la donna rossa era una maestra nel manipolare la mente dei potenti per compiere i voleri del Dio della Luce; promettendo ricchezze, terre e conquiste alla casata Baratheon grazie alla nascita di un bambino, un figlio frutto del sacrificio e dei semi capace di personificare il ruolo del figlio del divino.
Gli Stark ed i Targaryen erano l'opportunità più ovvia e vicina che gli si era presentata sotto tiro, a maggior ragione con la notizia delle nozze tra il Drago e la Lupa.
Yuko non si sarebbe mai immaginata una simile sorpresa, una volta trovatasi davanti, sì il Targaryen, ma il figlio sbagliato di casa Stark. Andava bene lo stesso, anzi, era perfetto.

Prese la torcia dal muro sporcandola con il sangue del meta-lupo che le colava fino al gomito. Di lì diede fuoco a ciò che restava di Vicchan, esalando una specie di gemito nel terminare le parole in lingua antica sussurrate per il malefico.

Dall'altra parte del palazzo, nella stanza quieta e disfatta in cui Viktor e Yūri stavano ancora riposando stretti forte assieme, nudi e cosparsi da un forte odore di sesso, ogni cosa si era ancora fermata alle sensazioni che rimandavano all'orgasmo.
Una fitta dolorosissima al basso ventre fece svegliare di soprassalto Viktor, che si tirò a sedere, emettendo un lamento sordo. Gli occhi gli lacrimarono, quel velocissimo dolore pareva avergli aperto in due parti l'addome. Yūri si risvegliò con la stessa improvvisa rigidità, risaltando sul posto per lo spavento.
I capelli di Viktor si scompigliarono, lunghissimi sulla schiena e sul petto, arruffati per il sudore alle tempie. La temperatura di Viktor era salita improvvisamene, Yūri se ne rese conto posandogli il dorso della mano sulla fronte.
Le mani strette forte all'addome, a placare dei crampi lancinanti che gli fecero fuggire un urlo stridulo.

«Cos'hai?!» gli domandò Yūri spavento, mettendosi in ginocchio difronte a lui, accarezzandogli il viso velocemente e portandogli i capelli chiari dietro le orecchie.
Viktor aggrottò le sopracciglia, piegando la bocca in una smorfia di orribile sofferenza. Dai suoi occhi scese qualche lacrima che non poté nemmeno controllare.
«Lo stomaco...» bisbigliò piano per non aumentare maggiormente il dolore.
«Vado a chiamare un maestro.» Yūri scese dal letto frettolosamente, cercando i propri vestiti.
«No!» Viktor urlò per fermarlo, ma il suo tono si fece più intenso per colpa di una fitta acuta appena sopra l'inguine.
«Ti sta accadendo qualcosa, hai bisogno di aiuto.» Stark ritornò tra le sue braccia, stringendogli le spalle nude e sudate.
«No, non uscire di qui per nessun motivo. Potrebbero scoprirci, siamo esposti troppo al pericolo.»
«Di cosa stai parlando?! Ti rendi conto di cosa ti sta succedendo?!» quella di Yūri somigliò più ad una supplica, la ricerca di qualche risposta alla sua enorme paura. Viktor stava improvvisamente male e non si sapeva spiegare il perché. Si sentì in colpa per l'ipotesi di avergli fatto qualcosa, magari, la notte prima. Si sentì in colpa nell'ascoltarlo e rimanere chiusi in stanza, e peggio ancora si tormentò nel dargli ragione ed avere timore di essere scoperti in qualcosa di troppo intimo ed insolito.
Chi fosse andato a prestargli aiuto si sarebbe domandato perché Yūri si trovava da Viktor a quell'ora della mattina, perché ci fossero vestiti e uno scenario palesemente fugace e passionale in quella stanza. E se la servitù o chiunque altro non avesse fatto caso a quei particolari, e per il volere loro -potenti sovrani- avessero tenuto la bocca chiusa? Ecco, in quel momento di puro panico Yūri non si fece troppe domande.
Ascoltò la maturità sicura di Viktor, che da una parte si sbagliava, mentre dall'altra aveva come unica soluzione quel nascondersi nella loro sola presenza, di Yūri e Viktor.

Yūri gli tolse le lenzuola di dosso per dare un'occhiata a quella parte che causava così tanto male a Targaryen. Notò solamente un lievissimo rigonfiamento, ma qualcosa che mai avrebbe potuto destare sospetti o gravi diagnosi.
Viktor si piegò su se stesso, scosso da una maggiore ondata di dolore, sempre più intenso. Strillò, ma subito Yūri gli coprì la bocca con una mano, stringendogli forte le costole per dargli conforto.

«Shh» gli disse fissandolo negli occhi, entrambi confusi e terrorizzati. Non potevano spiegarsi come potesse mai accadere una cosa simile, improvvisamente.
«Non alzare troppo la voce, ti prego, non attiriamo attenzioni.» gli disse Yūri disperato, a voce bassa. Viktor annuì con nervosismo, dandogli ragione con gli occhi sgranati.
Il più grande strinse fortissimo le lenzuola, congiungendo le ginocchia e spingendo i piedi ai lati del corpo. Soffocò un urlo tra i denti stretti, mordendosi l'interno della guancia. Quando quella sofferenza altissima andò scemando piano piano, Viktor strizzò gli occhi e alzò il mento, ispirando dalle narici.
Yūri lo analizzò per la seconda volta, velocemente, su ogni parte del corpo. Gli prese i polsi tesi contro il materasso, con amorevole vicinanza.
Quando lo sguardo ricadde sul fulcro delle sofferenze di Viktor, Stark si accorse di quel gonfiore apparente fisiologico, facendo più attenzione si accorse che un grumo (somigliava a qualcosa di simile) si stagliava in un bozzo compatto delle dimensioni di una mela. Pareva una materia leggerissima, che si spostava sotto pelle. La prima e unica cosa che Yūri pensò fu ad un animale, un parassita sotto pelle. Non c'erano altre spiegazioni.
Senza pensarci due volte corse ad estrarre dalla cinta dei propri vestiti sparsi per terra una daga dal manico d'avorio che suo padre gli aveva fatto scegliere a Dorne. Yūri la riscaldò con difficoltà sugli ultimi residui di fuoco del camino ancora scoppiettante, che debolmente si era tenuto vivo per riscaldarli durante la notte.

Fede sdraiare Viktor sul letto, con estrema cautela. Timoroso lo accompagnò accarezzandogli le spalle. Viktor strillò; poggiare la schiena dritta in quel modo gli provocava una sofferenza indicibile.
Yūri separò le gambe di Viktor con un ginocchio, per stare sopra di lui con maggiore stabilità e sicurezza. Si fece osservare dal terrore di Viktor, rigido sotto di lui. La lama in mano, la paura sotto pelle.
«Ti fidi di me?» Yūri simulò un sorriso, con amore.
Viktor esitò, stringendogli forte una mano che Stark aveva poggiato su una delle sue gambe.
«Si.» un filo di voce gli solleticò la gola. Viktor si tappò la bocca con il bordo delle lenzuola appallottolate con morbidezza, stringendole inutilmente tra i denti.
Si dimenò disperatamente sotto la tortura della lama, che con la propria punta aprì una ferita sottile e poco profonda. Il sangue subito sgorgò dalla pelle chiara, sporcando le coperte e i lati del bacino di Viktor.
Quel corpo estraneo in veloce e frenetico movimento approfittò di quel varco, come se lo stesse aspettando.

Yūri rimase paralizzato. Incredulo e sotto shock, l'arma gli cadde dalle mani. Invece di un parassita, un grosso insetto portatore di batteri, si fece largo una nube nera. Un'ombra.
Questa ricadde tra le gambe di Viktor, lasciando una scia di fumo grigio che si dissolse via via uscendo dall'incisione.
Esposta alla luce, allo spazio aperto, quella cosa si ingrandì, mostrandosi più compatta e pastosa.
Viktor si sorresse sui gomiti, sospirando con le labbra semichiuse. Gli occhi puntati sull'entità tra le sue gambe: il terrore gli fece passare persino il dolore alla ferita aperta.
Yūri si caricò di coraggio, deciso a togliere di dosso a Viktor quello che era senza alcun dubbio frutto di qualche rituale. Afferrò tra le mani quella cosa cresciuta a vista d'occhio, grande quanto il piccolo carillon di Viktor.
Sui palmi delle sue mani acquistò pesantezza, ed una concreta forma.
Le sembianze di un neonato dapprima erano indistinte, ma nel giro di qualche minuto quel piccolissimo fagotto si compose in una creaturina fragile.
Gli ultimi e leggeri filamenti di fumo scuro ricaddero sulle lenzuola dissolvendosi nell'aria. Yūri aveva tra le mani un minuscolo neonato dai folti e sottili capelli neri.
Viktor si mise seduto, le mani gli tremavano senza potersi fermare, ma il suo unico obbiettivo era quello di provare a sfiorare quella creatura., che respirò anche, vagì piano e strinse i minuscoli pugni.
Yūri lo tenne sospeso, porgendolo a Viktor. Lui fissava il più grande con tremendo spavento, chiedendo aiuto in qualsiasi modo possibile. Non poteva essere vero, quello era solo uno strano sogno.
Viktor prese il neonato tra le braccia, davvero piccolissimo, lo strinse al suo petto nudo.
Il bambino mormorò, cercando i calore della pelle del Targaryen. Il sangue dalla ferita sgualcita gli colò ancora sul corpo, Yūri abbassò le mani e si abbandonò seduto sul letto.
Non si scambiarono nemmeno una parola, si fissarono soltanto negli occhi.

La sacerdotessa rossa accarezzò un orecchio di Vicchan, unica parte superstite dal corpo carbonizzato dell'animale. Rise nel guardare JJ, che trasse un sospiro di sollievo.
«La volontà del Signore della Luce è stata fatta.»

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