III - Le puttane cantano e i soldati urlano
La maestosità del suo meta-lupo dal manto marrone e gli occhi gialli rendeva lo Stark maggiormente possente e valoroso, mentre camminava verso le porte di Grande Inverno. Alla sua sinistra aveva Vicchan, il grosso animale dal passo silenzioso e dalle proporzioni ben più grandi dei lupi normali, mentre al fianco destro stringeva la sua spada, Chihoko, dall'impugnatura nera, forgiata con acciaio di Valyria donata alla sua famiglia dopo l'ultima ribellione dei regni scoppiata ancor prima che lui nascesse, e terminatasi con dei matrimoni che non attenuarono le uccisioni e le falde più vecchie ormai indelebili sulle casate.
Il suo cavallo lo stava aspettando, davanti le porte la neve creava un sentiero di neve ai lati della strada fangosa, dove il suo cavallo già sellato e pronto per la battuta di caccia era tenuto fermo da uno dei suoi scudieri.
Lee Sung-il era un servitore della famiglia Stark, sin da giovanissimo. Era cresciuto tra le mura di quella casata, che si era presa cura di lui e della sua famiglia con veemenza e rispetto. Era un coetaneo di Yūri, e con il tempo divenuto anche suo fidato amico.
Il ragazzo era pallido, quasi si confondeva con la neve; occhi sottili venivano resi ancora più scuri e nascosti dalle folte sopracciglia nere, ed i capelli del medesimo colore gli ricadevano sulla fronte.
Silenziosamente, come era solito salutare il principe di Grande Inverno, chinò il capo e fece montare a cavallo Yūri, che lo salutò sorridendogli amichevolmente.
«Yūri!» una voce femminile e più che familiare fece volare il capo allo Stark con uno scatto veloce. Bello, il suo profilo, come ogni fiocco di neve.
La donna, tutta avvinghiata nelle sue vesti scure, e tra le sue pelli sfavillanti, affiancò il ragazzo sul destriero, sfiorandogli un ginocchio coperto da tutta la stoffa dei sui abiti.
«Minako, credo che Mila ti stia cercando.» Yūri si rivolse a lei gentilmente, la punta del naso lievemente arrossata.
«È proprio lei che mi ha mandato da te, vuole che tu non vada a caccia.» la donna sui trent'anni, slanciata e sicura di se, dai lunghi capelli castani, increspò le sopracciglia, timorosa.
«E come mai? L'inverno sta arrivando, bisogna fare provviste, e poi mi aiuterà a rilassarmi.» Yūri scosse il capo gentilmente, voltandosi verso Lee Sung, che stringeva ancora da un lato le briglie del suo cavallo.
«Con l'arrivo di queste nozze, e i Targaryen come nostri ospiti, ho bisogno di distrarmi in qualche modo. Lo sai come sono fatto Minako, non dico il vero, Lee?» lo Stark fece un cenno con il capo allo scudiero, che annuì continuando a tacere. Minako sospirò, portandosi le mani al petto.
«Vi conosco a perfezione, Yūri, ed è proprio per questo motivo che tua sorella, e me, rechiamo preoccupazione per questa tua improvvisa escursione.»
«Suvvia Minako, cosa potrebbe mai accadermi? Non è di certo la prima volta che trascorro qualche giorno nei boschi per cacciare. Verranno due dei miei cavalieri più fidati, e non corro rischi di nessun tipo di aggressione. I leoni non sopportano il freddo, e i draghi adesso stanno dalla nostra parte, a quanto pare. A difendermi da orsi o lupi ci penserà Vicchan, nel caso non ci riesca in tempo da solo. So cavare a me stesso, non recatevi preoccupazioni, sarò di ritorno tra cinque lune, sette al massimo.»
La bella donna, dal viso reso più magnetico da un piccolo neo sotto all'occhio sinistro, aggrottò la fronte con preoccupazione, stringendo più forte il ginocchio dello Stark. Era stata la sua balia e la sua confidente sin da quando il secondogenito della casata aveva cinque anni, e in tutto il regno del nord forse era l'unica a percepire il vero e profondo diverbio che Yūri opprimeva dentro.
«Sta attento con arco e freccia, e riscaldati davanti al fuoco, specialmente la notte. Nutriti di buona carne, e non magiare la neve gialla.» ironizzò alla fine, facendo sorridere il ragazzo.
«Seguirò tutti tuoi consigli, dì ai miei genitori e alle mie sorelle di star sereni, ci penseranno gli déi a proteggermi.» le porte di Grande Inverno vennero aperte, e Yūri iniziò a galoppare verso l'uscita, con il meta-lupo al fianco del cavallo, e due cavalieri qualche passo più avanti, a coprirgli i lati.
Uno era Georgi Popovich, chiamato anche Il Cigno Nero. Il cavaliere della casa Stark, ventitré anni al massimo -per quanto ne sapeva Yūri- era un ragazzo alto e snello, dai capelli neri brizzolati, e l'abitudine bizzarra di tingere le palpebre di colore nero, che lo facevano sembrare reduce di una battaglia con i Bruti, il popolo libero. Era sempre succube dei propri problemi d'amore, strano e recentemente disturbato dopo la sua ultima battaglia in campo straniero, ma in fondo Yūri si fidava di lui, e sapeva che Georgi possedeva le qualità e la forza di un vero guerriero.
Il secondo uomo ad accompagnarlo in quella battuta di caccia era il silenzioso e cauto Emil Nekola. Coetaneo di Georgi, il soldato dai chiari capelli castani, e una lieve barba lunga tenuta curata e ben sfoltita, indossava con fierezza lo stemma degli Stark.
Yūri si sentiva sicuro di se, quieto nella compagnia di quegli uomini pronti a servirli. A poi con Vicchan al fianco avrebbe anche potuto partire da solo.
La decisone di quella spedizione non affatto necessaria era stata essenziale per lui. Non poteva più resistere dentro le mura della sua stessa casa, con Viktor Targaryen a gironzolare per il palazzo, e a guardarlo da lontano, con quello sguardo celeste. Lo chiamava senza parlare, Yūri si voltava immediatamente come un cane addomesticato, e rischiava di perdere il cuore guardando da lontano quella bellezza spropositata color argento.
Viktor si teneva ancora abbastanza lontano da Yūri dopo la loro discussione in solitudine. Sicuramente, aveva riflettuto lo Stark, quel principe si sta tenendo così distante per affinare meglio ciò che aveva in mente.
Yūri si era subito pentito dell'opportunità che aveva confessato a Viktor, e ancora di più, a mano a mano aveva fatto crescere il terrore del suo segreto venuto al corrente del Targaryen.
La notte faticava a prendere sonno. Viktor che gli passava accanto in compagnia della sorella più piccola, o che sedeva alla sala regnate accanto a suo padre, con quel giovane Tyrell dal suo stesso nome, facevano avvampare sempre di più in Yūri la paura, e l'ansia.
Aveva bisogno di fuggire da ogni cosa, di separarsi dalla sua casa per ricominciare i propri pensieri, per calmarmi e riordinarli. Niente sarebbe stato meglio di una buona battuta di caccia.
Peccato che Yūri non era un così affabile cacciatore. Sapeva benissimo manovrare una spada, e scoccare una freccia con determinata sicurezza, ma il suo problema era la vista. Nessun maestro era stato in grado di capire il suo disturbo, e tantomeno curarlo, fatto sta che Yūri continuava ormai da tempo a far fatica a vedere. Erano le visuali in lontananza che lo mettevano maggiormente in difficoltà, perché quando scorgeva qualcosa di lontano più di cinque passi, allora tutto si faceva offuscato, finché non riusciva a distinguere esclusivamente colori.
Quando sentiva il correre di una lepre nel bosco, veloce e non molto distante da se, Yūri non riusciva quasi mai a colpirla con la propria freccia, perché non riusciva a vederla affatto.
Con i cavalli avevano trottato per almeno un'ora abbondante. I tre avevano setacciato la zona, cercato un torrente d'acqua, ed infine avevano iniziato a montare il loro accampamento. La neve non scendeva più con delicatezza, così il manto soffice che ricopriva il terreno era baso e omogeneo, liscio e immacolato.
Yūri fece in tempo ad accarezzare con affetto la testa del proprio meta-lupo, che Vicchan drizzò le orecchie e prese a correre velocemente verso il bosco. Sarebbe stato via a cacciare per mezz'ora circa, di più se perlustrava distanze maggiormente considerevoli. Si sarebbe riempito lo stomaco con calda carne sanguinolenta, e prima che facesse notte, sarebbe ritornato da Yūri.
Georgi ed Emil si sedettero intorno al piccolo fuoco che avevano appena acceso, facendolo crescere sempre di più con del legname sottile. Yūri restò in piedi, difronte a loro, muovendosi sul posto per sgranchirsi la schiena.
«Vi ho raccontato di quella sacerdotessa rossa nell'esercito dei Baratheon?» se ne uscì Georgi, con il suo solito fare bizzarro.
«Avrai raccontato quella storia un centinaio di volte, cazzo.» sbottò Emil sorridendo con stanchezza, e scrollando il capo.
Yūri rise, avvicinandosi di più al fuoco.
«Yuko, la strega di fuoco di Takeshi Baratheon. Una donnina minuta, dai capelli ramati come il fuoco in procinto di spegnersi, corti e raccolti in un'acconciatura alta. I suoi enormi occhi sembravano riflettere le fiamme, e giuro che aveva le tette più grosse che io abbia mai visto.»
«Scommetto che si è anche spogliata e te le ha fatte toccare, quella tua nuova fiamma della strega.» il cavaliere dai capelli chiari prese ancora in giro il compagno, che corrugò le sopracciglia fine, accentuando l'oscurità dei suoi occhi intrisi di nero.
«Prendimi pure un giro Emil, ma quando sono partito a trattare con re Stark alla casata Baratheon, la Donna rossa era proprio lì, silenziosa, che osservava argutamente gli uomini del nord. Ha concluso il discorso iniziato da Takeshi con un inquinate frase del suo signore della luce.»
Georgi venne interrotto da Yūri;
«Perché la notte è oscura e piena di terrori.»
«Conosci il culto del Signore della luce?» domandò Georgi sorpreso.
«Minako è da sempre stata un insegnate minuziosa ed eccellente. Il figlio del re del nord deve conoscere quanta più storia possibile dei sette regni.» lo Stark scrollò le spalle e rilassò il viso congelato.
«Se non vi dispiace.» Yūri fece un cenno scherzoso con la testa ai due, che immediatamente recepirono il bisogno del ragazzo di allontanarsi da solo.
Dopo tutto quel tempo passato a congelarsi il culo sulla sella, Yūri aveva bisogno prima di tutto di camminare un po', e poi di svuotarsi la vescica, e magari anche lo stomaco.
I suoi passi sulla neve descrissero ancor di più la soffice superficie candida, che rimase segnata dalle sue impronte. Camminò per un bel po' di metri, guardandosi intorno alla ricerca di un albero adeguato. In fondo era anche un po' una scusa, per rimanere solo, senza quei due tra i piedi. Doveva portarseli dietro, il futuro lord del nord doveva essere protetto, anche in una semplicissima battuta di caccia.
Si mise dietro ad un albero, e sbottonò i pantaloni, tirando fuori il pene per urinare.
Sentì un brivido lungo la schiena, ed un presentimento di improvviso agguato. Non era spaventato, ma aguzzò l'udito, che in lontananza percepì quella specie di vento ormai familiare.
Il tempo di pensare a quell'improbabile arrivo, che Makkachin volò sopra la sua testa, soffiando con le enormi ali sugli alberi, da cui cadde la neve.
Yūri si rimise in sesto velocemente, coprendosi il viso con un braccio, gelando con tutto quel vento addosso.
Facendosi spazio tra gli alberi più deboli, e distanti tra di loro, il drago atterrò sulla neve, con un verso simile ad un lamento seccato, straordinariamente simile ad una sensazione umana.
Yūri restò impietrito, il cuore nel petto fermo, e gli occhi enormi che pur sfocati vedevano -e sapevano- perfettamente chi gli stava venendo incontro.
Viktor scese dal drago, che rimase a gelarsi gli artigli nella neve. I capelli candidi poggiasti sulla schiena e raccolti in una sola treccia centrale che si posava sul resto delle ciocche lisce e sciolte. Vestito di nero, con un mantello cremisi e lo stemma in argento del drago a tre teste sul petto.
Sorrise a Yūri, con una tenerezza snervante. Per Viktor era come se quel sopralluogo fosse stato cosa da poco.
«Cosa ci fai tu qui?» domandò nervosamente il minore, andandogli incontro. Il Targaryen strinse le mani nude, e le tenne alte fino al ventre, con un gesto simile a qualcosa di aggraziato e femminile.
«Volevo vederti.» rispose, sorridendogli.
Yūri fece per rispondergli, ma finì con il borbottare parole nervose senza senso, e sbuffare scuotendo il capo.
«Tornatene a Grande Inverno, mia sorella ti attende.» gli disse serio, camminandogli vicino.
Prima che Viktor potesse aprire nuovamente bocca, o anche chinarsi lievemente in avanti, i due soldati di Grande Inverno protettori di Yūri fecero fermare i propri cavalli a poca distanza dai due lord.
Rimasero alquanto stupiti alla vista del Targaryen.
«Avevamo sentito rumore, e siamo corsi mio lord.» disse Emil severamente, tirando le briglie del proprio cavallo.
Yūri non seppe cosa dire, sovrastato immediatamente dalle benevolenza educata del giovane d'argento.
«A Grande Inverno mi hanno avvertito della battuta di caccia del giovane Stark, per tanto ho pensato di unirmi a lui per conciliare anche il legame familiare che ci unirà a breve.»
I due soldati con la spada riposta guardarono Yūri, che fece loro un cenno con il capo.
«Nulla da temere, il principe Viktor dice il vero.» aggiunse.
Le guardie attesero ordini, silenziosi sui propri cavalli lievemente irrequieti.
«Potete anche andare, tornate all'accampamento, non credo correremo dei pericoli con lui.» Yūri si riferì al drago che intimoriva i presenti a quella breve conversazione. Congedò entrambi, che si allontanarono con fare indispettito.
«Davvero? Una battuta di caccia insieme?» sbottò lo Stark, gesticolando piano verso Viktor.
«Mi andava di vederti, l'ho già detto.»
«E di questo desiderio le nostre famiglie ne sono al corrente?»
«Naturalmente, perché mai dovrebbero essere in disaccordo per una semplice escursione nel bosco? Ma adesso, che ne dici di rispondermi senza fare domande?» Viktor abbozzò la sua espressione provocatoria, sfiorando Yūri con una spalla.
«Ho rimuginato parecchio su ciò che ti ho detto, l'ultima volta, e sono arrivato alla conclusione di allontanarci definitivamente.» il ragazzo dai tratti corvini e sottili deglutì, l'amarezza in bocca e l'ostilità in voce.
Viktor aggrottò le sopracciglia quasi spiritosamente, scuotendo il capo;
«Te ne sei già pentito? Io non ho neanche iniziato.» rise, con gli enormi occhi celesti.
«Non voglio correre alcun tipo di rischio, e soprattutto non voglio fare una cosa del genere a mia sorella.»
«Rischio?» Viktor si avvicinò con impertinenza, cinguettando quella replica che si perse tra la neve. Con passo felino e degno di una lady sinuosa, il ragazzo raggiunse una distanza troppa pericolosa per Yūri.
Il più piccolo se lo vide proprio davanti agli occhi che dovettero storcersi verso il centro per guardare quelli di Viktor. L'albino gli sfiorò la punta del naso all'insù gelata con la sua, paralizzando Yūri che anche se in quel momento avrebbe voluto scappare lontanissimo come Vicchan, si trovò vittima dell'incantesimo del calore di Viktor, ormai inevitabile su di lui.
Il Targaryen posò le sue morbide labbra a cuore contro quelle lievemente screpolate di Yūri. Le premette fino a che lo Stark non aprì lievemente la bocca rapita da quel bacio, così la lingua umida di Viktor gli si nascose dentro, iniziando ad annodarsi con la sua. Si creò così tanta umidità in quelle bocche che Yūri temette di poter scatenare una tempesta tra loro due.
Viktor gli accarezzò una guancia morbida e giovane, così delicatamente da stordirlo.
Gli lasciò un ultimo buffetto docile sul rossore del labbro superiore, e poi liberò Yūri dal suo sapore, guardarono negli occhi con un sorriso lieve.
«Per "rischio" intendevi questo?» domandò Viktor.
Lo Stark ebbe un tremito vertiginoso tutto sulla schiena, che quasi gli appannò la vista peggio del dovuto. Respirò una sottile nuvola di gelo dalla bocca semiaperta, e continuò ad osservare il ragazzo.
«Hai appena dato inizio alla fine della pace.» si limitò a risponde il più piccolo. Mosse qualche passo sul posto, e poi con fatica voltò le spalle e si allontanò di poco da Viktor, che gli andò dietro euforico.
Yūri si passò la lingua sul palato nel disperato tentativo di sentire ancora la saliva di Viktor, guardando nervosamente in terra, per distrarsi dalla sua presenza.
Il Targaryen si lasciò scappare una risata, camminandogli appresso.
«La pace non c'è mai stata e non ci sarà mai. Cosa possono fare due semplici uomini come noi per peggiorare le cose?» aggiunse il maggiore gesticolando.
Di colpo Yūri si inginocchiò in terra, con la scusa di aver avvistato qualche radice da mangiare, con la speranza di disfarsi di Viktor.
Il Targaryen corse davanti a lui, imitando la sua posizione con i ginocchi sul gelo della neve.
«Yūri, voglio sapere tutto di te.» gli disse in un sussurro quasi suadente e sincero, prendendogli il mento con una mano, stringendo con l'altra il palmo di Yūri poggiato in terra.
Tra la vicinanza costretta dei volti da quelle dita docili sul suo viso, e il calore che gli bruciava la mano anche attraverso il guanto per colpa del Targaryen che lo stringeva, Yūri temette un secondo bacio.
Sgranò gli occhi e sfuggì da quella morsa genuina con uni scatto improvviso.
Ingenuamente e senza demordere, Viktor si issò dolcemente in piedi, rimanendo distante da lui.
«In che modo vorresti sapere?» gli chiese Yūri, nervoso.
«Nella nostra solitudine tra la neve, in questi brevi giorni di autonomia. Sei d'accordo?» i capelli lunghi di Viktor furono spinti indietro da un leggero soffio di vento gelido.
Yūri deglutì per mandare giù i suoi stridenti pensieri e rimpianti non ancora accaduti. Fece un passo in avanti, rimanendo comunque troppo lontano da Viktor per toccarlo. Con lo sguardo che risolse ogni cosa, lo Stark annuì con amarezza bisognosa, stringendo i pugni.
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