I - Un lupo non può essere addomesticato
Ci sono saghe che mai nessuno nei sette regni osa raccontare, non perché non se ne ricordino le storie, ma proprio perché quest'ultime, piene di vergogna, dovrebbero essere dimenticate. La Cittadella, ricca di testi antichi e nuovi, conosce a memoria ogni evento storico del passato, custodito con gelosia dai Maestri.
Tutti conoscono la storia del principe Targaryen che si innamorò di uno Stark, e chiunque è al corrente di quanto dolore quell'amore proibito recò alle rispettive casate.
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A Grande Inverno la neve cadeva fitta, in continuazione, anche se con i primi giorni d'autunno il cielo scuro dava tregua al Nord, lasciando la temperatura estremamente bassa, solamente qualche centimetro di nevischio morbido imbiancava le strade. Dalle grandi cucine il secondogenito della famiglia Stark stava sgattaiolando fuori dal palazzo familiare, con un grosso boccone di cinghiale ancora in bocca. Aumentò il passo, emettendo dei rumori decisi contro il pavimento scuro, finché non vide troppo tardi la sorella maggiore andargli incontro. Inutilmente il ragazzo si nascose goffamente con le spalle contro una colonna, percependo immediatamente la presenza dell'altra davanti a se.
Mari Stark era la prima figlia dei sovrani di Grande Inverno; la ragazza, di venticinque anni, era sempre stata un carattere cauto e autonomo; non era una fanciulla aggraziata come la sorella più piccola, al contrario, portava da anni ormai i capelli cortissimi, di natura neri, però colorati a metà da un biondo cenere creato da lei stessa, con delle tinte ideate assieme ai maestri a cui lei domandava ancora lezioni. Gli occhi marroni freddamente guardarono il fratello, che diventò paonazzo dall'imbarazzo.
«Dovresti essere davanti le porte.» disse lei, con espressione neutra.
«Stavo giusto per andare...» spiegò imbarazzato.
«Potevi almeno mettere da parte anche a me una coscia di pollo.» Mari, con la sua espressione immutata, freddò il ragazzo con quella semplice frase, continuando a camminare nella direzione che si era prefissata, con l'abito lungo e di un colore rosso scuro che strofinava per terra.
Yūri deglutì l'ultimo pezzo di carne, e trasse un sospiro di sollievo sereno. Era sempre stato un gran ritardatario, e questo ai loro genitori non pesava poi così tanto, tranne per quell'importante giorno per cui il Nord si stava preparando da settimane. La puntualità era tutto in quel fatidico evento, ma l'ingordigia di Yūri lo spingeva a rubacchiare sempre qualcosa dalle cucine, per placare la sua infinita fame e riscaldarsi lo stomaco.
Yūri Stark era secondo nella dinastia della sua casata; Mari aveva rifiutato ogni legame matrimoniale proposto dalla famiglia, che non era andata contro le decisioni della figlia, lasciandole il libero arbitrio di poter scegliere da sola chi sposare. Era un'opportunità più unica che rara, che però non sarebbe toccata agli altri due fratelli. Yūri aveva diciannove anni, l'unico figlio maschio della famiglia Stark reggeva sulle sue spalle il futuro della propria famiglia. La carnagione del giovane era candida come la neve di casa sua, profondi occhi scuri si allargavano grandi tra i suoi lineamenti sottili e spigolosi, quasi come quelli di una ragazza. Le sopracciglia nere, sottili, gli proporzionavano il viso con bellezza singolare, ed i capelli scurissimi, tirati all'indietro, morbidi gli accarezzavano il capo. Il corpo snello e giovane era riscaldato dalle pesanti pellicce di volpe e visone, sulle spalle, e le vesti reali esclusivamente nere, quasi come quelle di un Corvo. Sul petto portava lo stemma della sua casata, in argento, la spilla della testa di lupo gli scintillava tra il freddo.
Quel giorno Yūri indossava uno dei suoi completi migliori, per l'importanza degli ospiti che avrebbero accolto.
Ultima in linea di successione veniva poi Mila, la figlia più piccola degli Stark, di diciassette anni. Mila era sempre stata la più eccentrica tra i fratelli; possedeva bellezza immane e grazia femminile, si atteggiava con movenze leggiadre e cercava l'amore; cercava un regno, un trono su cui sedere, ed un principe perfetto e bellissimo da cui avere dei figli. Aveva ambizioni del tutto diverse dal resto della famiglia, e per tale motivo aveva subito accettato di combinare il proprio matrimonio.
Gli importanti ospiti che sarebbero arrivati a Grande Inverno difatti avrebbero discusso sull'organizzazione delle nozze tra i rispettivi figli.
Gli Stark avrebbero dato in sposa la loro giovane e bellissima figlia, dai capelli di fuoco e gli occhi di ghiaccio, coprendo un'alleanza con una delle casate più potenti dei sette regni, garantendo così una pace quanto piu duratura possibile. Yūri avrebbe ereditato il trono di Grande Inverno, sposato o meno, e in quanto a Mari avrebbe deciso da sola cosa fare.
Il promesso sposso in questione per Mila era l'unico figlio erede al trono della casa Targaryen. I sette regni cantavano della sua bellezza disarmante, persino nella capitale i leoni dei Lannister avevano quasi invidiato l'ammaliante fascino del drago bianco.
Yūri, quando venne a sapere dei piani messi in conto, rimase alquanto perplesso alla notizia nelle nozze, e si preoccupò per la sorella minore, in quanto prossima principessa Targaryen. Mila era sempre stata alquanto spavalda e sicura di se, ma Yūri, più maturo e con l'esempio di Mari, recava un certo senso di protezione e timore nei confronti della bella ragazza dai corti capelli rossi, proprio come la loro madre.
Yūri ispirò dal naso, riprendendo a camminare per i corridoi esterni del castello, scendendo le scale finì per andare incontro al padre, che con Mila stava in piedi, difronte al grande portone d'entrata, ancora chiuso. Il figlio degli Stark trattenne un sospiro di sollievo nel constatare di non essere, come suo solito, in ritardo, prendono posto vicino al padre, e assumendo una posizione dritta e composta, come gli avevano sempre insegnato le serve delle sorelle. Subito dopo ritornò Mari, assieme alla madre, che immediatamente affiancarono il resto della famiglia.
I Targaryen erano arrivati in netto anticipo, spiazzando gli Stark, che avevano accelerato i preparativi del grande banchetto di benvenuto. Le guardie da sopra le torri avevano avvisato del loro arrivo alle porte, avvistando solamente una carrozza a traino di due cavalli bianchi.
Il timore generale inghiottì Grande Inverno con imbarazzo. Yūri si mosse sul posto, riscaldandosi le mani attraverso i guanti di pelle nera. Il mantello gli ricadeva lungo la schiena, e toccava quasi i polpacci, pesante quanto comodo per contrastare il freddo che gli stava facendo tremare le ossa.
Mila arricciò il naso all'insù con impazienza irritante, mantenendo il silenzio nella sua incontenibile attesa di incontrare il suo futuro sposo.
Le pesanti porte di legno del regno del Nord si spalancarono, lasciando entrare quella preziosa carrozza, dal quale uscì fuori Yakov Targaryen assieme a sua moglie, Lilia Tyrell, sua promessa, e il giovanissimo nipote della donna, Yuri Tyrell, divenuto orfano sin dalla tenera età, e affidato a lei.
Gli Stark rimasero alquanto sospesi nel rendersi conto che da quella carrozza il principe d'argento era assente, suscitando una paura delusa in Mila, che con espressione visibilmente provata ricorse ai saluti formali dei pochi ospiti.
«Benvenuti a Grande Inverno.» li salutò il re del Nord.
Yakov annuì con freddezza rispettosa, stringendo la mano del regnate Stark. Nessuno nominò il figlio assente dei due, Yūri però represse un senso di curiosità nel rendersi conto di quello che probabilmente era un errore, o magari una presa in giro, o per chissà quale altra motivazione il principe non si era presentato a loro.
Forse non gli piace ghiacciarsi i piedi, pensò Yūri, tradendo i propri pensieri con un sorrisetto sottile. Quando anche lui strinse la mano prima a Yakov, poi a Lilia, ed infine al sedicenne biondo con il suo stesso nome, fece un passo indietro e si rilassò compostamente come prima. I suoi occhi vennero attratti verso l'alto, una sensazione strana, un presentimento, lo portarono a tenere i due occhi scuri e brillanti fissi sul cielo grigio. Aguzzò meglio l'udito, e assieme al vento che soffiava dalla barriera ghiacciata, sentì uno stridore acuto, come un verso animalesco, che si avvicinava sempre di più.
Un'enorme ombra nel cielo spaventò tutti. Yūri si coprì il viso con un braccio, per poter vedere meglio, ed inquadrare le larghe ali sempre più vicine a loro, e il verso più concreto e acuto dell'animale che creò una folata di vento.
Un'enorme drago dalle squame marroni si posò sulla parete delle alte mura di Grande Inverno, emettendo versi minacciosi, che scaturirono lo spavento generale della popolazione. La bestia attenta e maestosa poggiò una delle sue enormi ali in terra, e rimase ferma, docile quasi fosse un equino.
Yūri lo notò immediatamente, quasi lo riempì di stupore più della visione del drago stesso.
Un ragazzo alto scese dal proprio animale, con una grazia gentile. Indossava un cappotto grigio, appositamente commissionato per quella visita al Nord, e quindi adattato alle basse temperature per riscaldare quel nobile. I lunghissimi capelli albini erano raccolti in una coda alta, e l'acconciatura era adornata ai lati del capo con delle trecce composte, tenute ferme da anelli dorati.
Il giovane Tagraryen si avvicinò con passo elegante alla propria famiglia, facendo così vedere meglio a Yūri il suo viso. I racconti non mentivano per nulla, anzi, quel ragazzo possedeva una tale bellezza candida e ammaliatrice da tramortire l'attenzione di chiunque.
Il viso femmineo e giovane, roseo quanto chiaro in maniera perfetta. Le labbra a cuore, il naso sottile, gli occhi magnetici e brillanti di sfumature vermiglie e azzurre. Persino le sue sopracciglia erano grigie, chiare che quasi non si notavano. Non fu il fisico slanciato a colpire maggiormente Yūri, tanto più quella cascata morbida di capelli che come quelli di una giovane vergine dea ondeggiavano ad ogni passo del ragazzo.
Yakov fece avanzare il figlio verso gli Stark, presentandolo;
«Mio figlio, Viktor Targaryen, primo del suo nome, padre dei draghi, il non-bruciato, legittimo erede al torno di spade.»
Viktor chinò il capo con grazia, accennando un sorriso docile. Si avvicinò a Mila, rimasta pietrificata, con il cuore che nel petto le stava quasi rompendo la gabbia toracica. Il Targaryen le prese una mano, gelida e morbida, baciandola con le labbra rosee.
«Maestà, lei è Mila Stark, mia figlia, e vostra promessa sposa.» disse il padre dei tre ragazzi, con un filo di voce per lo stupore della presenza del drago.
«Vedo che per me sarà un onore poter prendere in moglie una tale giovane, così bella e posata poi.» sdrammatizzò Viktor, facendo arrossire ancora di più l'adolescente.
«Ma adesso, seguiteci, ve ne prego. Riscaldiamoci e beviamo insieme.» la madre di Yūri sorrise, ed invitò gli ospiti, assieme alla propria famiglia, a seguirla all'interno del palazzo, alla grande sala dei ricevimenti. Viktor si tenne qualche passo indietro a Mila, e ai propri genitori; lo fece per poter accorciare la distanza tra il suo sguardo e quello di Yūri.
Il giovane lupo trasalì quando si rese conto che quella sua occhiata incantata venne ricambiata dalla provocazione gentile di Viktor. Serrò le labbra e tornò a guardare difronte a se, accelerando il passo, così da affiancare Mari.
Gli stava succedendo ancora, improvvisamente i suoi abiti gli sembrarono troppo caldi, avrebbe voluto liberarsi il collo dalle pellicce morbide, così da poter respirare meglio, e calmare il proprio timore ansioso.
Non poteva cascarci ancora, non con quell'uomo.
Yūri era diverso dai vecchi uomini Stark che avevano protetto il Nord, meritato riconoscimenti, e portato avanti la propria progenie con bellissime donne nobili.
Sin dalla minore età il ragazzo non aveva mai provato nessun tipo di attrazione nei confronti delle compagnie femminili. Molte coetanee gli giravano intorno quando la famiglia organizzava quei grandi banchetti che divertivano tutti. Yūri aveva spesso provato ad aguzzare lo sguardo su di una donna, ne scorgeva i seni abbondanti delle poche prostitute che giravano a corte, sempre succinte da abiti sottili, con le lunghe gambe aperte sul corpo di alcuni uomini.
Le guardava sperando di provare desiderio sessuale, che sentiva fremere dentro, ormai sedicenne, ma che non riusciva a sfogare in nessun pensiero o compagnia. Poi un giorno capì tutto, e ne ebbe un'enorme paura.
Al compiere dei suoi diciotto anni il padre, per festeggiare la sua maturità, lo aveva portato in viaggio nella lontana, calda e bellissima Dorne.
Lì, gli aveva detto, vivevano le donne più attraenti e passionali dei sette regni. Yūri non era molto entusiasta di quel particolare, naturalmente non stava nella pelle all'idea di fare un viaggio così lontano, dove non faceva costantemente freddo, ed il mare era limpido così da potersici tuffare.
Ma Yūri conosceva anche quella particolarità a Dorne in cui uomini e donne condividevano il letto con gente del loro stesso sesso, rendendo persino pubblica la loro relazione. Questo lo attraeva, perché se Yūri non provava interesse per le fanciulle, di certo avrebbe dovuto pur innamorarsi di qualcuno che non necessariamente avrebbe dovuto essere una donna. Aveva guardato di sfuggita l'allenamento dei cavalieri a Grande Inverno, si era soffermato sulla forza di quegli uomini, e sull'agilità mascolina dei loro fisici. Mai avrebbe potuto immaginare che quel viaggio a Dorme avrebbe dato risposta a tutti i suoi interrogativi.
Di consuetudine il sovrano di Grande Inverno, assieme al figlio maschio, si erano recati al cospetto dei governati della città dorata che con felice accoglienza avevano dato ospitalità ai due viaggiatori che per di più stavano festeggiando la maturità del ragazzo.
E in quel palazzo, Yūri aveva fatto l'irresistibile conoscenza di Phichit Martell. Il principe della sua casata ricca e prosperosa accolse immediatamente il lupo, incaricato dai genitori di mostrargli tutti gli svaghi e i piaceri della loro città.
Yūri entrò nel suo primo bordello con il cuore in gola per l'insicurezza, e l'impeto di scappare via. Non voleva far sesso con una donna, che l'amasse o meno, non voleva giacere per la prima volta con una compagnia femminile, e di quello ne era certo. Non ne era attratto, non voleva entrare in lei, toccarle i seni o baciarle le labbra. Non sentiva nessun impulso sessuale in certi pensieri.
Phichit lo scortò nella stanza più grande del bordello, disse che era la sua preferita, quella in cui si recava spesso durante la settimana. Fece sedere Yūri ai piedi del grande letto a baldacchino tutto rimboccato da lenzuola di seta profumate, e decori d'oro sulla spalliera. Lo Stark si guardò intorno con aria timida, distraendosi sui più diretti disegni di atti sessuali che dipingevano le pareti; ammucchiate di diversi individui, rapporti tra due donne, posizioni tra uomini e donne, e poi, quello che lo colpì più di tutti, un dipinto di due uomini che facevano sesso.
Il rumore della porta che si richiuse lo fece scattare con il capo difronte a se; Phichit presentò a Yūri due giovani appena ventenni; alla sua destra una bellissima ragazza mezza nuda con i lunghissimi capelli neri che le ricadevano dietro la schiena, e a destra un ragazzo a petto nudo, muscoloso e giovane, con degli enormi occhi verdi. Yūri aggrottò la fronte con fare confuso, scrollando il capo verso Phichit per chiedergli spiegazioni.
«Puoi scegliere ciò che vuoi Yūri.» sorrise il giovane Martell, prendendo per mano i due. Li accompagnò al letto, dove si posarono ai lati di Yūri.
«Soddisfa il tuo piacere con ciò che più di aggrada, non avere timore, sei un ospite qui da noi.»
Il tono di voce di Phichit gli trasmise quiete, Yūri si sentì rasserenato in quella solitudine segreta dove come protagonisti c'erano due estranei, e un principe. Nessuno avrebbe parlato di ciò che sarebbe successo lì dentro, ne era certo.
Yūri accarezzò gentilmente la spalla della prostituta, e con un cenno del capo la invitò ad uscire dalla stanza.
«Vorrei che restasse solamente il ragazzo.» ammise con tono timido. Phichit sorrise radiosamente, prendono nuovamente per mano la meretrice.
«Ottima scelta, è anche il mio preferito.» ammicò a Yūri e poi lo lasciò da solo, con quel bellissimo ragazzo che gli concesse il proprio corpo esperto, accontentando ogni ingenua esperienza dello Stark, e prendendo la sua verginità.
Alla fine, dopo quasi due settimane di stabilimento a Dorne, Phichit aveva fatto provare a Yūri tutti i loro migliori ragazzi, unendosi lui stesso, l'ultima notte di soggiorno del ragazzo, ad un'orgia di sola compagnia maschile.
Il padre di Yūri fu convinto dal figlio, e dalla complicità del diciassettenne Martell, che il suo successore avesse goduto dell'esclusiva presenza di donne bellissime. Il segreto di Yūri rimase in quella città, in cui non fece più ritorno. Quando tornò a Grande Inverno i suoi istinti sessuali avevano finalmente un'immagine, che però non riuscì mai a soddisfare come aveva fatto in quelle due settimane.
Yūri non toccava un uomo -o anche una donna- da un anno. Reprimeva i propri istinti per la troppa paura di essere scoperto dalla famiglia, di sfaldare il propio futuro e ricoprire di vergogna la propria casata. Si sacrificava per l'amor del suo nome, che spesso avrebbe preferito non portate più.
Fino a che punto un giovane può portare sulle spalle il peso della propria consapevolezza?
Per più di 365 giorni Yūri aveva represso ogni tipo di desiderio, finché quello sguardo intrigante da parte di Viktor Targaryen non lo aveva tramortito completamente.
Non poteva essere come Yūri lo immaginava, insomma, era semplicemente sotto pressione per ciò che gli navigava per la testa, ormai ogni bell'uomo che aveva l'occasione di guardare, per lui era un anello in più da togliere alla propria catena, che era diventata talmente corta da impedirgli persino di muoversi. Quel sorriso da parte di Viktor, e quella vicinanza cercata, di sicuro erano stati fraintesi completamente da Yūri, ancora abbastanza sotto shock dalla visione del drago tornato a volare nel cielo grigio del Nord.
Seduti intorno al lungo tavolo sul palco della sala del ricevimento c'era la famiglia Stark al completo, assieme ai Targaryen. I due sovrani sedevano vicini al centro della tavolata, e il resto della gente riunita a festa in quella ricorrenza a banchettare davanti alla loro visuale.
Viktor sedeva accanto a Mila, con un comportamento gentile assecondato dalla propria bellezza sottile, dalla quale la giovane Stark non riusciva a riprendersi.
Viktor aveva ventitré anni, ma ne dimostrava di gran lunga molti di meno. Quasi pareva un giovane nel fiore della propria pubertà, che sfiorava tra l'infantile e piena bellezza della tenera età, e l'inizio della sicura mascolinità adulta appena visibile.
Il Targaryen era seduto in mezzo tra la più piccola figlia degli Stark e Yūri. Non si sapeva distinguere quale tra i due fratelli fosse più in difficoltà a star vicino a Viktor. Certamente tutti notarono l'espressione emozionata nel viso di Mila, che in continuazione cercava di sistemarsi i capelli corti raccolti con una molletta argenta. Di sicuro era entusiasta della presenza di Viktor, le sue aspettative su quell'uomo erano state di gran lunga superate, e adesso la sua fantasia immatura da adolescente sognatrice la faceva fremere ancor di più all'idea delle nozze. Viktor era gentile, educato, formale e docile, come un fiocco di neve che cade sul calore della pelle e si scioglie immediatamente.
Ogni sua più piccola parola espressa a Mila con un sorriso pacato non faceva altro che farla pendere ancora di più dalle sue labbra. Viktor stava intraprendendo delle tenere chiacchiere vuote con quella ragazzina, ma era a Yūri che stava riservando tutta la propria attenzione.
Mangiando, entrambi con educata compostezza, non di certo solita di Yūri chiamato il maiale per la sua ingordigia, il principe albino gettava in continuazione lo sguardo sulle mani del ragazzo. Yūri lo percepiva con la coda dell'occhio, si voltava piano verso di lui, e appena capiva che Viktor lo stesse guardando con un sorriso timido lui tornava a mangiare con fare impacciato, enormemente imbarazzato da quella specie di provocazione.
«Se questo è l'autunno, non oso immaginare quanto freddo farà in inverno qui.» disse Viktor spiritosamete, spezzando la tensione tra di loro. Yūri mandò giù un sorso di vino, riscaldandosi la gola. Fece fatica a rivolgersi con compostezza verso il bellissimo Targaryen, ma con il massimo impegno fintamente Yūri lo guardò in viso, ad una distanza sottilissima.
«I maestri dicono che quello che verrà sarà un lungo inverno, ma noi lupi siamo bravi a sopravvivere nella neve. In branco si ci riscalda.» rispose, rimanendo più discreto possibile.
Viktor alzò uno spigolo delle labbra, rilassando la sua espressione candida.
«Anche i draghi sanno essere bravi a trovare calore, con il loro fuoco.» gli sorrise, scuotendo il capo per far ricadere sulla schiena la coda argentea che gli solleticava una spalla.
Yūri corrugò la fronte, ispirando dal naso con un dubbio visibile negli occhi scuri.
«Tratta bene mia sorella, certe volte sa essere irritante e viziata, ma non è malvagia. Non recarle alcun tipo di sofferenza, te ne prego.» borbottò Yūri con tono sicuro e quasi minaccioso. In fondo quella era la sua più grande preoccupazione nei confronti di Mila. L'amava e desiderava proteggerla come fosse ancora la piccola bambina che correva per le stanze reali con un lungo mantello sulle spalle.
Viktor scosse il capo ed abbassò il mento. Poggiò un gomito sul tavolo, tra i piatti di lui e Yūri, ed usò la mano sospesa per coprire il proprio profilo avvicinato all'orecchio dello Stark.
Yūri non poté far altro che immobilizzarsi, socchiudendo le labbra per la vicinanza caldissima di Viktor.
«Non temere, non potrei mai farla disperare, per qualsiasi motivazione, con me sarà trattata a dovere, e soprattutto rispettata. Purtroppo però non potrò garantirle il mio amore, e nemmeno il mio interesse.» gli mormorò con un mezzo sorriso.
«Perché?» domandò Yūri stranito quanto riluttante.
«Perché di tutti i figli degli Stark che ho potuto vedere oggi, tu sei quello che sceglierei.»
Viktor sbuffò educatamente in una risata trattenuta, ritornando a sedere composto, come se nulla fosse. Nessuno aveva fatto caso a loro due, o tantomeno ascoltato il loro dialogo.
Soltanto Yūri era complice di quell'incresciosa confessione che confermò i suoi sospetti. Avrebbe tanto voluto non ricevere più conferme simili riguardo i propri interrogativi, perché alla fine tutto lo riconduceva alla parte sbagliata dello scegliere, e dell'essere.
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