Capire[1/3]

L'uomo comprende tutto, salvo ciò che è perfettamente semplice.

(Hugo von Hofmannsthal)

Fuori il cielo era coperto da uno spesso banco di nubi. Era un grigiore di polvere e umidità, dalle maglie così strette da rallentare il fluire della sabbia nelle clessidre. C'era silenzio, sia all'esterno che dentro casa. Persino nella sua testa i pensieri non erano altro che un brusio di fondo. 

- Andiamo. -

Era l'unica parola che Noriko le aveva detto, priva di inflessione. Nemeria si era limitata a un cenno del capo, prima di alzarsi e andare in bagno. 

Aveva lavato via il bruciore della sua indifferenza con l'acqua fredda e la spugna ruvida, finché le braccia non erano diventate troppo sensibili anche per sopportare il peso dell'aria. Il fuoco di Agni le scoppiettava nelle orecchie e trapelava attraverso la pelle in volute di fumo. Le fiamme danzavano dietro le palpebre, reali come il cuneo nel petto. Se non ci fossero state conseguenze, le avrebbe liberate anche lì. Noriko, però, non gliel'avrebbe mai permesso. 

Afferrò il sapone e lo scaraventò contro il muro. I pezzi si sparpagliarono sul pavimento, in un tappeto di petali difformi e mezzi sciolti.

- Tutto bene, aghà? -

Nemeria esitò a rispondere. Convogliò tutta la sua attenzione sull'origine della voce, un punto nascosto al di là del vapore, troppo lontano per la sua mente in fiamme. Bussarono, un veloce susseguirsi di colpi di nocche.

- Aghà? -

- Va tutto bene, Merneith. Mi è solo caduto il sapone. -

Si avvolse nell'asciugamano e uscì dalla vasca. Le gocce d'acqua evaporarono ancor prima di impattare sul pavimento. Con la mano stretta sulla pietra di luna, fece dei respiri profondi finché le fiamme non si affievolirono abbastanza da tornare a pensare con lucidità. 

Quando aprì la porta, Merneith ordinò alle due serve che l'avevano seguita di pulire il pavimento dai pezzi di sapone, mentre lei l'aiutava a vestirsi.

Il tavolo era apparecchiato per uno. La sedia leggermente spostata verso l'esterno era l'unico indizio che fino a poco prima era stata occupata. Nemeria rinserrò la presa sulla pietra di luna e prese posto. Mangiò controvoglia, obbligandosi a inghiottire i bocconi prima che il sapore la nauseasse. Come il giorno precedente, si sentiva sazia.

Noriko l'attendeva nell'atrio con Bahar. Quando il portone si aprì, si incamminò lungo la strada. Nemeria contò dieci passi e la seguì. Le sarebbe bastato poco, uno scatto, e le sarebbe stata accanto, ma i suoi piedi erano diventati di piombo.

Sulla soglia della Scuola, si divisero con un saluto più freddo della loro rabbia. Senza una parola, Nemeria le diede le spalle e si avviò verso il campo del fuoco.

- Sei in ritardo. - le disse Roshanai non appena la vide arrivare.

- Non più del solito. - Nemeria scoprì le labbra e mostrò i denti, - Tiro a indovinare... cinquanta giri di campo? -

- Cento. E se apri di nuovo la bocca, diverranno duecento. -

Il ghigno sulle labbra di Nemeria si allargò. Con la coda dell'occhio colse Durga scuotere la testa. Si passò la pietra di luna tra le dita e corse sulla linea di delimitazione prima che la sua voglia di litigare avesse le meglio sul buon senso.

Per tutto l'allenamento, le fiamme di Agni le scoppiettarono nelle orecchie. Sarebbe bastata una sola parola sbagliata per trasformarle in un incendio. La fatica era l'unica cosa che le teneva a bada.

Quando Roshanai dichiarò conclusa anche l'ultima serie di esercizi, Nemeria si unì agli altri nella pulizia del campo. Vedere Sayuri implicava vedere anche Noriko e lei non era sicura di riuscire a mantenere la calma. Così, come il giorno precedente, prese le armi di tutti e si sedette in armeria a pulirle. 

Aveva appena rimesso a posto i kukri di Nima, quando udì dei passi dietro di sé. Nemeria non ci fece caso e continuò a strofinare la lama della sua shamshir. Avanti, indietro, avanti, indietro, la mano si mosse con gesti ormai divenuti meccanici.

- Ne hai ancora per molto? -

Anche se aveva usato il solito tono pacato, la voce di Sayuri le penetrò nelle orecchie come se avesse urlato. Sollevò la testa e la scoprì a fissarla dalla soglia dell'armeria, dritta come una canna nel terreno, con solo l'orlo della tunica smosso dal vento della sera.

- Credevo mi aspettaste al campo dell'aria. - 

- Visto che non arrivavi, ho pensato di venirti a cercare. Vieni. Ho già avvertito la tua serva di raggiungerci tra due ore. -

Alcuni gladiatori si godevano l'aria fresca appoggiati alle colonne del porticato. Durga si era seduta con le gambe allungate sul pavimento. Ahhotep le accarezzava la testa con espressione persa. Le ombre danzavano nelle spigolosità del viso, liscio e ancora lievemente fanciullesco. I suoi occhi guizzarono quando Nemeria le passò accanto, ma lei non ricambiò il suo sguardo. Salutò Durga con un gesto della mano e raggiunse Sayuri oltre le porte della Scuola.

Camminarono in silenzio per tutto il Quartiere della Bestia, sotto una pioggia sottile che, in breve tempo, si trasformò in un temporale. Mentre le persone attorno a loro correvano a cercare riparo, loro procedettero finché anche i pennoni non sparirono sotto la linea dell'orizzonte alle loro spalle. 

Nemeria non aveva fatto davvero caso a dove stessero andando. Guardava le strade senza soffermarcisi, mantenendo la propria attenzione fissa sul profilo della Syad. Riconobbe dov'erano quando udì lo zampillare d'acqua in lontananza. La fontana di ghiaccio a forma di barca semi sommersa troneggiava al centro come una regina, con i suoi sudditi, palazzi con la divisa azzurra, inginocchiati sul perimetro di Piazza delle Stelle. La pioggia scivolava sulle statue del sole e della luna, percorrendone le curve esterne ed interne prima di gocciolare nello scafo.

Sayuri non degnò la fontana nemmeno di uno sguardo. Imboccò la prima strada davanti a sé e continuò a camminare a passo sostenuto. Si fermò davanti all'unico portone dipinto di verde della via. Al centro era stato montato un semplice battimano a forma di sfera. Sayuri lo prese e diede un solo colpo.

Subito venne ad aprire una ragazza, vestita con una tunica bianca. Aveva gli occhi a mandorla, i capelli neri e la pelle olivastra. Si inginocchiò ai piedi di Sayuri, le tolse le scarpe e le cambiò con un paio di babbucce di seta rossa. Un vento caldo, generato dal nulla, si portò via tutta l'umidità che si era appiccicata ai loro indumenti.

- Portaci del tè, Shen Mui. -

La serva chinò il capo e sparì dietro l'angolo. Il rumore dei suoi passi stava ancora echeggiando tra le pareti quando la Syad si diresse verso la porta-finestra dalla parte opposta.

- Seguimi. - intimò a Nemeria.

Dall'altra parte della porta si estendeva un lungo corridoio. Il pavimento era di pietra bianca, così come le pareti. Il vetro delle finestre e delle porte era ricoperto da un labirinto di quadrati e rettangoli che, intersecandosi, davano vita a forme geometriche sempre diverse a seconda di come Nemeria le guardava.

- Voi venite dal Chin, vero? - domandò.

- Sono cresciuta lì, sì. - rispose Sayuri.

- Però il vostro nome è ukiyoeese. -

- Mio padre era originario dell'Ukiyo-e. Mia madre, invece, non ha mai conosciuto altro oltre al lavoro nei campi di riso. - 

Fece scorrere un'altra porta finestra e andò a sedersi davanti al grande tavolo quadrato. Nemeria non era sicura se fosse il tappeto ad attutire il suono dei suoi passi o il suo potere a renderli tanto silenziosi.

 - Dopo quello che è successo ieri, ho pensato che qui fosse più sicuro. - spiegò Sayuri.

Nemeria annuì e prese posto di fronte a lei. Nello studio era tutto in ordine, dai volumi nella libreria alle statuette di porcellana sul tavolino. C'erano diversi spazi vuoti, eppure l'impressione era che nella stanza ci fosse tutto il necessario, niente di più, niente di meno.

- Come ti senti oggi? - 

- Bene. Mi sto tenendo lontana da Batuffolo, come mi avete consigliato, anche se è difficile. -

- Posso immaginare. Nell'Ukiyo-e e in alcune zone del Chin meridionale molti dominatori dell'aria si legano a un animale. Spesso il confine tra le loro menti è così labile da poterli considerare un'entità unica. -

- Potrebbe capitare anche a me e a Batuffolo? -

Sayuri non rispose. La porta si aprì e Shen Mui entrò con in mano un vassoio. Riempì le tazze, posò la teiera sul tavolo e si congedò in silenzio.

- Bevi. -

Seguendo l'esempio della Syad, Nemeria portò il tè alle labbra e lo assaggiò a piccoli sorsi. Aveva un aroma tostato che le ricordava le nocciole. 

Puntò lo sguardo verso il panorama fuori dalle finestre. Lo studio si affacciava sul giardino. La pioggia tamburellava sul selciato, sugli alberi di melograno e sullo stagno, ma i rumori arrivavano smorzati. Il calore, la sedia comoda, il fruscio del vento... le venne quasi spontaneo chiudere gli occhi.

- Perché si realizzi una comunione così intima tra due anime, è necessario che ci sia un legame profondo. - continuò Sayuri, riallacciandosi al discorso precedente, - Chiediti quanto daresti per lui e capirai quanto è reale la possibilità che accada. Quand'ero piccola, una delle mie sorelle aveva preso con sé uno scoiattolo. All'inizio si limitava a prendersene cura, ma col trascorrere dei mesi ha cominciato a passarci sempre più tempo. Nessuno si è accorto di niente, nemmeno i maestri. -

- Che cosa ne è stato di lei? -

- L'hanno uccisa. -

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