Requiem
Leòmhann alzò il capo, in cerca dello sguardo della maligna divinità. Nonostante la tensione pervadesse ogni singola fibra delle sue membra, riusciva a contenerla dentro di sé mostrando ai due divini osservatori solo piccoli segnali: i denti erano serrati gli uni contro gli altri deviando il sorriso, che normalmente adornava il volto dello stregone, in un ghigno indefinibile mentre la mano aveva allentato lievemente la presa sulla lancia, stringendola comunque più del necessario. Ma questa apparente sicurezza veniva tradita dalla consapevolezza della sconfitta, sapeva bene come quella battaglia avesse un singolo esito, la sua sconfitta su ogni possibile fronte. Anche il più grande glorioso dei maghi sapeva bene che al cospetto di un dio si è quasi completamente impotenti, in loro presenza è la magia stessa a tradire i suoi utilizzatori, a voler comunicare la vera natura dei padroni di questa realtà. L'etere è una forza antica risalente alle prime ere, anzi al principio stesso della creazione di questa e delle altre esistenze, semplicemente preso in prestito dagli uomini e da chi per loro; ma per quanto essi si sforzino non ne comprenderanno mai la vera natura, solo le creature divine possono scrutare in ciò che l'etere rappresenta, piegandolo al loro volere. Leòmhann ciò lo sapeva bene, ogni qual volta che la dea Badb lo richiamava a sé poteva avvertire la vastità del suo essere, lontana da ogni comprensione di mente mortale. Ma la forza di coloro che hanno intrapreso la intricata strada della magia risiede anche in questo, i pionieri delle arti magiche erano folli che credevano, e aspiravano, nel raggiungere le vette delle grandi divinità, un salto nel vuoto che fu pagato con le vite di molti ma che aprì le porte all'umanità verso il suo percorso di prosperità e autoaffermazione. Se non vi fossero stati quei coraggiosi a sfidare l'ignoto che lo avrebbe fatto? Come il mondo mortale avrebbe compiuto un passo in avanti verso l'elevazione ultima, la definitiva comprensione dei meccanismi che comandano le leggi dell'esistenza noti solo agli dei? Chernobog e Morana non erano altro che l'ennesimo macigno posto dinanzi il cammino degli uomini e Leòmhann rappresentava l'ardente desiderio di quest'ultimi di superare qualsiasi avversità, tanti avevano macchiato la storia con il proprio sangue per il bene superiore e lo stregone irlandese non si sarebbe mai tirato indietro, i singoli non possono cambiare il mondo ma le loro gesta sono capaci di galvanizzare interi popoli, la sua morte un simbolo della vittoria.
Fece un passo avanti socchiudendo gli occhi, la sua mente si distaccò dalle terrificanti fattezze del dio infernale viaggiando per colline e montagne, attraversando distese di pascoli e coltivazioni dal colore ambrato proseguendo poi per gli smeraldini boschi imperiali, costellati da villaggi montani, cristallini corsi d'acqua pullulanti di vita e cime innevate; solcò le più grandi capitali del tempo e passò sulle acque abbandonando il continente e le sue guerre intestine. Il suo viaggio lo condusse dai Balcani fino ai ridenti panorami della terra di smeraldo, la sua isola natia che aveva dato i natali alla sua stirpe. Un fugace pensiero nella sua ora più buia, rivolto alle due persone per cui avrebbe dato la sua stessa anima, se solo ne avesse avuta ancora una, chiedendo sottovoce perdono per le sue mancanze trattenendo gli occhi dal mostrare la tristezza. Trecento anni di esistenza, lunga e vissuta a pieno... passata nel diventare, senza volerlo, il più grande e acclamato ma in cerca solamente della pace per sé stesso e per coloro che ha amato, la strana dicotomia di colui che giurò fedeltà a una delle molteplici incarnazioni della guerra.
"Chernobog... dio del male, della menzogna, di tutto ciò che è caotico in queste lande che chiami tue terre ma che in verità tu hai solo tentato, fallendo, di estorcerle con la forza delle armi e dei tuoi nefasti poteri. Tu chiedi a Fergus Eòmhann della casata dei Leòmhann di tentare di salvare il mondo, non avrei mai pensato di giungere qui al tuo cospetto per mio personale diletto. La prigionia deve aver annebbiato il tuo giudizio e la tua mente, come pensi che io, incapace di sottrarre mia sorella Noirnin dal freddo abbraccio di Arawn, dio della morte; incapace di dare stabilità a chi ha dato un spiraglio di luce in una vita passata all'ombra di terre oscure, popolate solo dal buio più nero e profondo..."
Prima di iniziar a parlare lo stregone riaprì gli occhi sfoderando uno sguardo tagliente verso l'essere armato di mazza, il quale era distante solo pochi metri dallo stregone, quasi anticipando la conclusione delle sue parole. La voce era sicura, priva di alcun accenno di esitazione o timore, il grande passo era ormai stato compiuto e da lì non si poteva tornare indietro. Non v'è onore in una morte colma di preoccupazione per la propria vita, la sconfitta era certa ma la caduta doveva essere gloriosa, la degna conclusione per una lunga vita.
"Io non sono il salvatore che tutti auspicavano, non v'è stato un solo momento della mia esistenza in cui abbia incarnato a pieno questo concetto e difficilmente potrò divenirlo qui, al termine del mio percorso... Dio del male e dea della morte, se ciò che cercavate era un simbolo da distruggere, uno stemma da smembrare in minuscoli frammenti o un vessillo da dare alle fiamme avete compiuto un grossolano errore, io non sono altro che un uomo dedito alla ricerca del sapere, mi opporrò a voi ma ciò che avrete non sarà un trofeo da esporre, è ciò per cui sono stato mandato qui o meglio, è il motivo per cui io sono giunto in queste terre. Non avrai la tua gloriosa battaglia campale, non avrai modo di nutrirti a pieno del terrore degli uomini... avrai soltanto una cosa... GAE BOLG!"
Leòmhann mutò il suo ghigno in un sorriso più disteso rivolto ai due, rimasti interdetti dalle parole dello stregone: Morana si era allontanata dal suo signore, tenendosi a qualche metro da lui, aveva seguito per filo e per segno le parole dell'Irlandese limitandosi ad inarcare un sopracciglio, sembrava che solo le offese del defunto Cherbourg fossero riuscite a intaccare l'aura austera e solenne che pervadeva la dea; al contrario la possente figura del dio nero aveva deciso di scomporsi all'udire le parole del rosso mago, rispondendo al suo di ghigno con le lame affilate che si ritrovava al posto dei denti. La risata roca e profonda della divinità squarciò il silenzio della morta boscaglia, coprendo le ultime parole del suo avversario. Un bagliore cremisi si stagliò dai rami secchi di uno degli scheletrici alberi, la notte si accingeva ad andare verso il suo termine ma le tenebre erano ancora bene alzate così da far risaltare quella luce vermiglia, che saettante, si dirigeva verso i due avversari.
Fu un singolo attimo, la risata di Chernobog si interruppe bruscamente e il suo voltò mutò rapidamente da un'ironica ilarità a un'espressione truce: la mano destra si era alzata di scatto, quasi come se fosse un movimento pressoché automatico, e tra gli artigli stringeva la pulsante lancia di Leòmhann. Le leggende narravano che la Gae Bolg non mancasse mai il bersaglio, che la sua acuminata punta arrivasse sempre al cuore dei nemici ma questo probabilmente non doveva valere per un dio, la punta dell'arma era infatti distante diversi centimetri dal petto della creatura e da lì non si sarebbe più mossa.
"La Gae Bolg mago... tu sostieni che la mia mente sia annebbiata ma come credi che questo artefatto di umana fattura sia anche solo lontanamente capace di recarmi danno, non ti sarà sufficiente qualche gingillo delle tue terre per sfuggire al giudizio di Chernobog."
Il dio sbuffò irritato stringendo con forza l'arma, ciò che veniva decantato della celebre gae bolg era la sua presunta indistruttibilità, nelle cronache delle terra di smeraldo nessuno aveva mai udito storie al riguardo di incrinature, poiché parlare di rotture è un tema ancor più sconosciuto a quello voci, della lancia di Cu (per quanto ai tempi ne esistessero pochissimi esemplari). Anni di credenze e leggende andati in frantumi in un singolo istante, la mano di Chernobog frantumò per quasi tutta la sua interezza l'arma facendone ricadere i frammenti, ormai d'un rosso spento, sul terreno sabbioso, si salvò solo la punta conficcatasi poi verticalmente nel terreno sottostante.
"Badb... abbi clemenza quando giungerò"
Disse lo stregone con un filo di voce, che venne comunque udito dal suo enorme avversario. Il dio rispose alle preghiere di Leòmhann con alcune incomprensibili parole della lingua ancestrale, dirette con molta probabilità alla stessa dea corvo che vegliava sul suo protetto. Quando le fauci si chiusero nuovamente, in quel sinistro stridio che le caratterizzava, il signore delle tenebre scattò in avanti con una velocità inaudita per la sua mole; le sue ali si spiegheranno sollevando un nuvole di cenere per tutta la zona e in pochissimi frangenti di secondo azzerò la distanza fra sé e lo stregone, quest'ultimo fece appena in tempo a scattare all'indietro evitando per un soffio il maglio del dio scagliato con rabbia; quando l'artefatto toccò il terreno esso tremò come un tamburo di guerra percorso dai suoi battenti. La terra stessa si innalzò investendo lo stesso Leòmhann, sembrò come una immensa scalinata di roccia e terriccio intenta ad innalzarsi in cielo prima dell'inevitabile ricaduta al suolo. Entrambi pensarono in fretta, Chernobog disincagliò la rozza arma dal devastato suolo scattando verso l'alto nella direzione del mago, dal canto suo quest'ultimo aveva ripreso posizione con una capriola in aria adagiandosi in piedi su uno dei massi scagliati dall'impatto. I suoi occhi ripresero a splendere dello stesso colore dell'ambra per infinitesimi d'istante, una variazione impercettibile ma vitale: simultaneamente ai suoi occhi aveva brillato, seppur per un fugace attimo, la runa iscritta sulla sua gamba, coperta dai suoi abiti. Le rocce si arrestarono di colpo a mezz'aria, così come ogni cosa che l'arma del dio aveva staccato del suolo. Leòmhann protese in avanti il braccio spalancando il palmo, su cui pulsava vermiglia l'ennesima runa. Bastò un solo sussurro affinché ciò che era momenti prima solida roccia o morbida terra divenisse pura luce scarlatta, un ennesimo gesto dello stregone scagliò la luminosa nube verso la creatura ormai prossima ed essa, una volta venuta a contatto con le membra del dio, mutò da incorporea a una selva di solide lance magiche... più di un migliaio di lance gemelle fecero il proprio ingresso nelle carni nere di Chernobog facendogli emettere un suono che più che un grido di dolore pareva di odio. Ogni singola gae bolg cercò di affondare in lui, lambendo ogni sua parte esposta nel vano tentativo di infliggere veri danni. Ma vana e inutile fu la ricerca di quelle leggendarie armi, le quali non trovarono altro che melma nera e poco altro ove affondare le proprie punte seghettate e acuminate. Esse iniziarono a cadere come uccelli durante una battuta di caccia, senza più far alcunché al nemico; Il signore delle tenebre fuoriuscì praticamente illeso dalla breve scarica di armi, mostrando al suo nemico quanto inutile fosse stato il suo tentativo.
Il suo corpo non aveva patito alcun danno, o per meglio dire ciò che la lance-che-non-mancano-mai-il-bersaglio erano riuscite a tagliare si era istantaneamente rigenerato, ogni lembo che si staccava veniva sostituito da altra materia prodotta incessantemente. Leòmhann, che era rimasto a fluttuare a mezz'aria, non sorpreso dell'impresa del suo nemico si era nuovamente scagliato verso di lui. Finse di procedere in avanti, ingannando Chernobog che mulinò il martello nel tentativo di colpire lo stregone, teletrasportandosi al di sopra della stessa divinità con le mani protese verso l'alto, come se stesse afferrando qualcosa di impercettibile alla vista.
"Caladbolg!"
Chernobog sollevò l'imponente capo, inquadrando nei rubini sgarcianti che aveva al posto degli occhi la figura dell'irlandese, le sue mani erano divenute d'un tratto splendenti e sgargianti. Fra le mani stringeva stretta l'impugnatura dell'arma, la spada che tanti secoli addietro apparteneva all'eroe Fergus Mac Roich, era molto semplice e senza particolari intarsiature o richiami che potessero rievocarne la leggendaria provenienza, ciò coincideva con le fonti che vedevano in Fergus un eroe lontano dalla ricerca della ricchezza e dello sfarzo. La sua spada rispecchiava perfettamente il suo animo, non presentando particolari segni né sulla guardia e né sulla lama. L'unica cosa che la faceva risaltare allo sguardo, le fiamme che ne avvolgevano tutta l'elsa, si estinsero nei pochissimi istanti precedenti al fendente di Leòmhann. La lama fu precisa ed enormemente potente, così come viene decantata nelle cronache, si conficcò all'altezza dello stomaco, o qualsiasi altra cosa avesse al posto dell'organo, del dio slavo facendogli esclamare un mugugno di dolore. Lo stregone rispose ai lamenti digrignando i denti soddisfatto, con un ulteriore sforzo fece affondare maggiormente la spada nel suo addome. Chernobog abbassò il suo sguardo sulla minuta, a confronto con sé stesso, del mago... tutte le rune sul corpo di Leòmhann ripresero a brillare di ogni colore esistente, un effimero arcobaleno che si estinse in poco tempo, le rune tornarono quiescenti ma la ferita provocata dalla caladbolg emise d'un colpo un bagliore pulsante, l'irlandese fece come per affondarla maggiormente ma essa invece di proseguire il suo percorso nelle carni divine trafisse da parte a parte Chernobog con un'unica emanazione di incandescente energia. Il fascio dalla tonalità arancione, con screziature gialle e rossastre, fece staccare il corpo dalla lama, con copiosa fuoriuscita di sangue nerastro, e lo trapassò trascinandolo a terra con sé. L'impattò al suolo fu tremendo: il dio fu inghiottito in una singola violenta esplosione energetica che coinvolse buona parte del campo base. La costruzione dei maghi mandati da Yelena Bljana fu spazzata via, pietre, legna, ciò che restava del mobilio fu totalmente annichilito, seguito poi dai talismani eretti da Kresmir Cherbourg, anche il corpo di quest'ultimo fu praticamente cremato dal potere della spada di Leòmhann, dandogli probabilmente una degna sepoltura; infine fu il turno della palazzata difensiva, di cui rimase solo la grande porta, e ciò che restava degli alberi di quel luogo. Il tutto fu purificato nelle fiamme della Caladbolg, l'energia che aveva avvolta in cupola pulsante l'area iniziò a vorticare, l'emanazione a poco a poco si ridusse in un vortice alto e stretto che confluiva nella stessa lama dello stregone, rendendola nuovamente dotata di luce propria.
Quando l'energia diede respiro al campo di battaglia Leòmhann poté osservare gli esiti reali del suo attacco: l'area, già desolata di suo per via della loro presenza, ora si presentava come una distesa grigiastra per qualche centinaio di metri, le colline erano state totalmente sgretolate e tutto il terreno appianato, se Leòmhann fosse sceso a terra avrebbe potuto osservare direttamente la voragine che aveva dato i nuovi natali a Chernobog, a differenza di quanto non aveva potuto fare appena arrivato sul luogo. Di Morana non v'era traccia, ma questo preoccupò relativamente Leòmhann, di certo non doveva essere andata molto lontano vista la fedeltà che aveva dimostrato nei confronti del suo signore. Chernobog invece si ergeva in posizione eretta nel cratere creato dalla spada, nuovamente non pareva aver riportato alcun danno anzi la ferita che Leòmhann aveva scorto poco prima di rilasciare il potere della sua arma si era rigenerata completamente, come quanto successe con il tentativo delle multiple gae bolg.
"Umano sei tanto bravo con le menzogne quanto interessanti sono le armi che brandisci con facilità, pensavi che la tua falsa modestia ti permettesse un combattimento più agevole contro di me? Questo non è un duello tra cavalieri, non puoi vincere con il tuo ingegno o con questi insulsi giochetti. Non lo senti o sei così ottuso da ostinarti a proseguire questa battaglia per una causa ormai persa. Sento l'etere colare via dai tuoi pori, avverto questa sensazione dal primo momento su cui ho messo gli occhi su di te. Nessun mortale può rimanere al cospetto di una divinità senza aspettarsi un contraccolpo, i tuoi stessi sprechi stanno alimentando il mio potere, perpetuare nel colpirmi non ti porterà da parte alcuna. Né tantomeno potresti scappare, sai... io avverto ciò che gli altri come te hanno eretto su queste terre. Maghi... cosa volevate fare, isolare questo posto nella speranza che voi e un'insulsa barriera foste in grado di trattenermi o addirittura abbattermi, passano i secoli ma voi mortali restate degli inguaribili ottimisti o semplicemente dei folli."
Leòmhann ascoltò le sue parole in silenzio, sapeva bene come quelle non fossero frasi vomitate una dietro l'altra senza alcuna base, la presenza di un'entità divina è deleteria per qualunque creatura vivente figurarsi per coloro che trafficano con l'energia eterica praticamente dalla nascita. Lo stregone scese lentamente, posando delicatamente le suole dei suoi stivali sul terreno, praticamente vetrificato dalla sua precedente vampata, accasciandosi in ginocchio con la spada piantata nel terreno.
"Io non sostengo di essere cose che non sono signore dell'ombra..."
Disse tossendo vistosamente ma riuscendo a rimettersi in piedi con un sforzo.
"Ti avevo avvertito, non sono un salvatore e soprattutto non sono l'avversario che stai cercando... nessuno stregone su questa terra potrà darti la stessa soddisfazione della sconfitta di Svarog... tu vorresti ancora batterti con lui ma la sua dipartita durante la seconda grande guerra... per mano tua, ti ha sottratto ciò che volevi veramente. Soltanto auto affermazione lord Chernobog..."
Leòmhann ironizzò con il tono di voce nel pronunciare il titolo assegnato alla divinità, rimettendosi in posizione difensiva appena lo vide avvicinarsi nuovamente. Chernobog fu nuovamente a pochi passi dal mago, scrutandolo coi suoi fari scarlatti dall'alto verso il basso. Leòmhann di suo non si scompose minimamente, nonostante l'essere evidentemente provato dalla breve ma dispendiosa schermaglia sostenuta contro di lui.
"Quando i tempi saranno maturi la tua sorte toccherà anche al resto della dinastia dei miei... fratelli, ciò che rimane di Svarog, Perun e Veles sarà completamente estirpato da questo mondo e potremo costruire finalmente un nuovo... un nuovo grande regno, quando esso sarà maturo e alto nei cieli, nei mari e nelle terre di questo mondo. La quercia del mondo sarà rifondata."
Lo stregone irlandese fece due passi indietro tenendo la guardia alta con la spada, ma le parole del nemico avevano suscitato in lui una lieve curiosità, che però non lo spinse ad approfondire ulteriormente quella informazioni... dopotutto la sua morte era praticamente segnata.
"Oh non sai quanto possa essere irascibile la nuova dea del tuono, non sarà certo un compito facile abbatterla, non almeno come credi tu."
Il mago di verde adornato, per quanto le sue vesti fossero ricoperte di fuliggine, attivò nuovamente le rune sulle sue mani generando nuove armi: alle sue spalle apparvero di botto quasi otto nuovi bagliori che, concretizzatisi in lance, si scagliarono verso Chernobog che nel frattempo si era lanciato in carica verso Leòmhann. Per il rammarico di quest'ultimo le sue lance infallibili furono letteralmente assorbite dall'organismo del dio, riuscendo a stento a parere il colpo del magio nero con un rapido gesto di spada. Le armi cozzarono in uno stridio che coprì il rumore delle ossa incrinate del mago, il contraccolpo aveva generato danni consistenti alla sua gabbia toracica. Dolorante e a terra riuscì miracolosamente a evitare un nuovo colpo, che frantumò il terreno circostante, colpendo fortunosamente la sua gamba con un fendente disperato. Chernobog si ritrasse lasciando la sua arma conficcata nel terreno, dando il tempo all'umano di rialzarsi e provare a imbastire una controffensiva. Strinse l'impugnatura della spada come se non vi fosse altro di valore su questa terra da trattenere a sé, tentando un nuovo colpo della spada di Fergus Mac Roich, ma il dio del male spiazzò totalmente lo stregone... dal petto della creatura saettò fulminea una delle gae bolg che Leòmhann stesso aveva scagliato verso di lui. L'arma, che aveva cambiato colore dal cremisi al violaceo, anticipò le mosse del suo precedente proprietario trafiggendolo all'altezza del polmone destro, seguita poi dalle restanti sette che centrarono il mago in più punti: tre all'altezza del torace, di cui una praticamente aveva colpito il cuore, e cinque tra addome e arti.
Non ci fu tempo per i lamenti, non ci fu tempo per il dolore fisico... lo stregone si limitò ad accasciarsi nuovamente sulle ginocchia su quella sorta di vetro opaco lasciando la presa sulla sua arma. Ebbe modo soltanto di osservare le sue mani sporche del sangue che copiosamente si riversava aldi fuori dei punti colpiti. Chernobog non diede ulteriore tempo, dopo aver alzato la sua arma senza alcuna fatica, tirò un colpo secco mirando alla testa dell'umano. Il cranio si staccò completamente dal collo del suo proprietario venendo sbalzata per diverse decine di metri lontana dal suo corpo. Essa rotolò quattro o cinque volte prima di fermare la sua "corsa", la parte del volto colpita dal martello era praticamente irriconoscibile, un ammasso di carne lacera, ossa e denti posizionati alla rinfusa nell'enorme ferita; l'altro lato del viso invece era intatto e lasciava ancora trasparire l'enigmatico sorriso che aveva contraddistinto Leòmhann fino a quel momento. Quasi per ironia della sorte il suo cilindro, inseparabile compagno di viaggio, si adagiò proprio in prossimità della testa mozzata. Il suo corpo, che per alcuni secondi era divenuto una macabra e sanguigna fontanella, fu sollevato di peso da Chernobog stesso e lanciato nella voragine, verso gli inferi.
[???]
"T... ti prego, non andare... devo ancora... dirti tante cose"
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top