Capitolo 2Jezebel
Questa Sern sa di finto. E' finta, c'è poco da fare. Veste in modo esagerato, si sente molto fica. Sembra più una specie di bambola che un essere umanoide; il fatto che sia molto costruita mi porta subito a diffidare di lei. Perché ti dai tanto da fare per essere diversa da quella che sei in realtà? Che hai qualcosa da nascondere? E che cosa può nascondere una donna? Il pensiero mi fa tremare. Le donne sono pericolose, e lo sappiamo tutti dopo la vicenda del serpente e della mela. Bisogna stare in guardia, ci si rigirano come vogliono. Mi guardo in giro, devo focalizzare le uscite, in modo da avere una via di fuga dalla donna-vipera. E' un serpente, lo so. Ha qualcosa di rettiliforme, uno sguardo da anaconda pronta ad ingoiarti tutto intero. Penso che dovrei iniziare seriamente a considerare l'idea di togliere la sicura alla pistola. La donna – serpente punta diritta verso di me; è finita, mi ingoierà. Sono troppo giovane per morire, dannazione. Perché poi devo finire ingoiato da una donna – serpente, come la maggior parte delle persone che esistono? Non potevo morire grazie a una bella pallottola piantata nei miei centri nervosi? Questa è fatalità. Coraggio, dea morte, vienimi a prendere sotto forma di questa vipera, almeno avrò il sangue pieno di whiskey, e ti dovrei rimanere indigesto. Perché la morte è astemia, ne sono sicuro. Si sentirà male a causa di tutto il whiskey che ho bevuto nella mia vita. Forse morirà anche lei, forse non ce la farà. Una magra consolazione, ma meglio di niente.
La donna si siede accanto a me, non mi ingoia. Apre una borsa di pelle, e ne tira fuori una sigaretta.
- Hai da accendere? – Chiede, con voce familiare.
E' il segnale, e tiro un sospiro di sollievo. Non è una donna – serpente che mi vuole mangiare, ma solo la mia cliente, colei che aspettavo, il motivo per cui sono venuto in questo pub pidocchioso dove servono Jameson Vulcaniano spacciandolo per Jack Daniel's. Le porgo il mio accendino e le accendo la maledetta sigaretta; lei subito aspira. Jezebel. La figlia del Boss.
- Sei in ritardo. – Dico. Odio la gente che arriva in ritardo. E' mancanza di rispetto, cavolo.
Lei butta fuori il fumo con l'aria di una che si sente molto fica.
- Si, sei in ritardo anche tu. – Risponde, con un tono che mi irrita. Ma chi ti credi di essere? Non è vero che ho ritardato, non ritardo mai. Ora devo trovare una risposta ganza da darle. Devo dire qualcosa di fico.
- Ho ritardato perché sapevo che avresti ritardato. – Inizio, convinto - Sai, ho avuto una donna tempo fa, e ogni volta che ci dovevamo vedere faceva sempre tardi.
- E ora che fine ha fatto questa donna? – Chiede lei con un mezzo sorriso ironico della serie; "tu una donna? Con quel trench giallo? Ma non spariamole grosse."
- Ora dà da mangiare ai pesci nella baia.
- L'hanno fatta fuori? E come mai?
- Ha fatto tardi una volta di troppo.
Ce l'ho fatta, ho dato una risposta davvero ganza! Questa fighetta ha avuto quello che si merita, era da settimane che non mi prendevo una soddisfazione simile. Ma le donne sono costituzionalmente e geneticamente più preparate degli uomini agli scambi di battute, e sanno evitare di mostrare qualsivoglia sorpresa se vogliono. Mi fa un sorriso sarcastico, e non la faccia sorpresa e spaventata che mi sarei aspettato. E' evidente che mi considera talmente sfigato che qualsiasi cosa le potrò dire, per quanto sia brillante, non la considererebbe che come un insieme di sillabe emesse da un essere inferiore. Quanto la odio questa. Ma da dove salta fuori? Questo tipo di persone andrebbe abolito. Decido di mettere da parte il sarcasmo e di diventare acido, è quello che si merita. Spero di provocargli un'ulcera per tutta l'acidità che intendo liberare. Trarrò ispirazione dal barista, così da dare un senso anche all'esistenza sua. Inaspettatamente, lei parla.
- Va bene, ti diverti a fare lo spaccone. Sei esattamente come mi avevano descritto i tizi che ti hanno segnalato.
- E come mi avevano descritto? – Chiedo. Non che mi interessi cosa pensa la gente di me, ma ho intenzione di ingaggiare un duello verbale a base di insulti, e per farlo mi serve un minimo di dialogo con questa scema.
- Come uno stronzo figlio di puttana senza Dio che si diverte a fare lo spaccone.
- Si, corrisponde.
- Però sono contenta che non sei più uno sbirro del cazzo.
- A quanto pare questa cosa mi rende più simpatico.
- E io come ti sembro, Bower?
Eccola! L'occasione per iniziare ad essere acido.
- Che te ne fotte? – Dico, con vero piacere.
- Ci siamo sentiti solo per telefono – Risponde lei, non accogliendo la provocazione e non accennando a un minimo di offesa, cosa che mi fa capire di avere un osso duro davanti - penso che anche tu ti sia chiesto come ero fatta prima di vedermi. Ora che sono davanti a te cosa pensi?
Devo rispondere a muso duro, deve capire chi comanda e deve cadere in una spirale di complessi riguardanti l'autostima che la porterà alla depressione.
- Che non riesco a capire cosa te ne fotta di cosa penso. – Sbotto.
- Bene, ti diverti decisamente a fare il duro. – Risponde.
Colgo un leggero cedimento dal fatto che sbatte leggermente le palpebra dell'occhio destro. Ma non è abbastanza, magari ha solo pensato che sono maleducato.
- Beh, allora ti dirò una cosa, stronzetto, una cosa che magari se l'avessi saputa ora non saresti un verginello. A una come me non importa veramente cosa tu pensi, Io sono un'affarista e non voglio sapere cosa realmente pensi di me, perché so benissimo cosa stai pensando. Tu stai pensando che hai davanti un oggetto scomponibile, un corpo, e ti chiedi come fare a impossessarti di tutto questo ben di Dio. Ecco, una come me che ti chiede cosa pensi vuole solo rendersi conto se ha davanti qualcuno che sa inventarsi qualche buon motivo per cui dovrebbe dargli la sua mercanzia, se capisci cosa intendo. Perché alla fine un appuntamento non è altro che l'inizio delle trattative. Io ho la merce e tu sei interessato all'acquisto, e voglio sapere quanto hai da offrire. Ma la maggior parte di voi uomini non è un granché nelle trattative, o ha poco da offrire. E direi che tu per ora abbia dimostrato di non avere molto da offrire.
Scacco matto. Mi ha aperto in due come un melone, con un colpo preciso e spietato. Porca vacca, questa è decisamente dura. Le sue parole mi hanno davvero annichilito, il mio fare da spaccone non l'ha certo offesa, né spaventata. La cosa non la tange, lei è più tosta di me a parole. Forse dovremmo fare a botte, credo che vincerei, anche se è più alta di me. Con quelle palanche di braccia potrebbe prendermi a sberle mentre tento di raggiungerla per assestarle un pugno allo stomaco. No, non posso farci a botte, sarà alta un metro e ottanta, e con i tacchi che mette in questo momento sarà un metro e novanta se non di più. Io col mio metro e settantatré scarso le arrivo sotto il muso, probabilmente potrebbe anche prendermi a testate, e la forza di gravità renderebbe l'impatto una specie di bordata. No, già mi ci vedo a prenderle di santa ragione da questa spilungona; non si può fare a botte con una valchiria. Dovrei spararle, forse. Si, solo in un confronto a fuoco la spunterei, ma lì vincerei proprio di brutto. Accidenti, meglio togliere la sicura alla pistola, casomai questa tizia improvvisamente decidesse di volermi pestare. Ma c'è qualcosa in quello che mi ha detto che non mi convince. Non sono uno stupido, mi accorgo quando qualcuno tenta di portare il discorso dove vuole; lei sta trattando questo incontro di lavoro come un appuntamento, ma questo è un incontro di lavoro, accidenti. Non sono venuto qui per rimorchiare la valchiria, non sono qui per la sua "mercanzia". Non credo nemmeno sia lei a voler rimorchiare me, è una cosa che escludo subito. Vuole farsi fica, e da fica di atteggia. E il farsi fica la mette in una posizione di superiorità, in modo che io rimanga sotto di lei e me ne stia in soggezione... e magari vuole che io stia in soggezione perché ha bisogno di una posizione strategica sul campo di battaglia. La verità mi fulmina improvvisamente, e inizio a tremare e a sudare freddo. Questa maledetta non ha i soldi per pagarmi, e per questo sta sviando il discorso. Vuole usare il suo fascino femminile per evitare la mia reazione furiosa alla notizia del mancato pagamento. Decido di divertirmi un po'; ora ho la chiave della vittoria, e vincerò anche il confronto verbale in cui lei sembrava nettamente in vantaggio. Ora la umilio.
- La tua teoria è interessante, Jezebel, sono affascinato... - Dico, bevendo un sorso di whiskey in modo scenografico e ringraziando Dio di aver creato tale bevanda - e da come ti atteggi da fica con quella sigaretta si vede come invece sei tu quella che ha premura di fare una certa impressione. E ora mi chiedo, perché tu ci tieni tanto a dare una certa impressione? Voglio dire... il nostro non è un appuntamento, e lo sai bene. Forse vuoi distogliere la mia attenzione dai nostri affari con queste stronzate? E se è così, perché dovresti farlo?
Ecco, questo è un uppercut degno di un pugile Terrestre. I pugili Terrestri sono i più grandi figli di puttana della galassia. Ma lei infatti incassa bene e mi ride in faccia, ma si vede che ha accusato. In questo momento mi immagino in calzoncini e guantoni, con il viso tumefatto dai pugni, mentre combatto contro questa valchiria alta venti centimetri più di me e in drastico vantaggio ai punti, dopo diverse riprese. Io ho il fegato malridotto, e il whiskey in questi momenti si fa sentire, ma non intendo arrendermi. Il vecchio distillato dopo una fase iniziale in cui mi indebolisce finirà per anestetizzare il dolore e liberare i freni inibitori, e allora procederò con una serie alternata di ganci e montanti...non appena riuscirò a superare le palanche di braccia che mi separano dagli organi vitali della valchiria. Duro sport, la boxe. Ancora peggio se è verbale.
- Non sei uno stupido, almeno. – Risponde lei, con una serie di diretti velenosi dalla lunga distanza, che mi feriscono al sopracciglio - Prima di passare ai nostri affari allora, dimmi solo una cosa. Che cosa hai provato?
- Che cosa ho provato quando? – Rispondo io, mi ha messo all'angolo e martella. Ma quanto è lunga questa donna, maledizione?
- Quando hai ammazzato tutti quei maledetti sbirri.
La domanda mi spiazza, ed esco dal ring mentale, candendo del comodo letto a due piazze in cui mi attende quella gran troia dell'autostima. Mi sento pieno di orgoglio per me stesso, mi sento davvero grande, e smetto di combattere, credendo di essere invincibile. Ma devo uscirne, è tutta un'illusione. Se la assecondo lei tornerà in vantaggio.
- Immagina che Santa Cara sia una puttana. Ecco, mi sono sentito come il tizio che la libera dai papponi. – Ho risposto senza lodarmi troppo, e la cosa mi riporta sulla terra, allontanandomi da quella maledetta fedifraga dell'autostima - Ora, Jezebel, passiamo agli affari. Dove sono i miei soldi? Io ho fatto fuori gli sbirri come mi hai chiesto. Ora dovresti pagare la mia parcella. Ce li hai i fottuti soldi, vero?
Momento di pausa, la valchiria abbassa lo sguardo. E' un segnale chiaro, che mi da due notizie; la buona è che sto vincendo il mio incontro di boxe verbale con una sorta di Mohammed Alì delle chiacchierate, e la cosa merita. Ma la notizia negativa è talmente negativa da farmi passare ogni desiderio di festeggiare la vittoria. Me la da lei stessa, a questo punto.
- No. – Dice, e il mio cuore si spezza mentre vedo i miei verdoni essere presi da un vento infame e sparsi sullo spazioporto, per poi finire nel vuoto cosmico di merda - Non ce li ho i fottuti soldi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top