C'era una volta...
Oggi ho intenzione di raccontarvi una storia, una di quelle piuttosto bizzarre e sulle quali non scommettereste neppure un misero euro. Perché, allora, parlarvene? Probabilmente perché ritengo che le più bislacche e date per perse, siano le più reali.
C'era una volta una sorta di principessa nella torre, dagli atteggiamenti timidi ed una voce pressappoco squillante. Sedeva spesso su un trono gigante, ma se l'aveste vista! Era tanto esile, un po' dalla postura sciancate e leggermente bassina, ma sedeva su una di quelle sedie regali che le appartenevano.
Trascorreva le giornate, inizialmente, ad immaginarsi da grande: come sarebbe diventata, chi sarebbe stata e se quello che stava via via divenendo, le sarebbe piaciuto abbastanza. Camminava con delle bislacche scarpe con le punte di colori diversi e canticchiava le canzoni più assurde ché tutto il reame si chiedeva che razza di principessa scombinata fosse.
Ma lei proseguiva, inseguiva gli insetti per la sua stanza e si diceva che doveva buttare delle cose, un giorno o un altro: non importava di quali affari stesse parlando, lei doveva cambiare --- diciamocelo, manomettere, --- anche un singolo marchingegno della sua vita ritenuta misera.
Comprava abiti che le stavano grandi, altri che le stavano eccessivamente piccoli; si faceva fare dei bei ritratti, ma un attimo dopo (da lì a poco prima ammettente di voler appenderli sulle sue pareti) desiderava stracciarli e gettarli nell'immondizia.
Voleva imparare più lingue, o forse soltanto una, ma maggiormente cercava di dilettarsi nell'interesse, più diveniva scorbutica nei confronti di se stessa. «Ma tanto non ci riesco, cosa lo faccio a fare?» «Sono stanca.» «Quasi quasi guardo gli spettacoli a teatro.» «Ansia (che, credeteci o meno, esisteva anche a quei tempi!).»
Voleva studiare, ma si riprometteva di farlo il giorno dopo. Voleva parlarne, ma si diceva che nessuno l'avrebbe ascoltata.
In questo modo, di volta in volta, andava chiudendosi in un meccanismo straziante che la tranciava, quasi divorava. E non se ne era mica capacitata, lei!, di questo. Pian piano, in silenzio, aveva smesso di confidarsi, di aprirsi con le persone e di fidarsi. (Probabilmente era stata qualche contessina ad averle demolita l'anima. Ci teneva, supponiamo, pertanto fu piuttosto brutto).
Così, incominciò a raggomitolarsi in sé quando sedeva su quel vasto trono. Si accoccolava e si chiudeva in un meandro nuovo, le pareva persino confortante. L'aveva ammattita, la tristezza, e continuava a ripromettersi di cambiare qualcosa.
Ma, intanto, era anche cresciuta. Una bella donna, dai capelli folti e smossi, il viso aggraziato e la postura, ahimé, per caratterizzazione, ancora sciancata. Aveva smesso di poetare le sue amate scarpe o gonne assai pompose, aveva cessato di esistere per davvero.
Ma la principessa, che per cortesia chiameremo Giulia, aveva un mondo tutto suo, nel quale sfogava le sue paranoie, apparenti angosce o semplici noie. Riversava superficialità, disinteresse e velleità di raccontare qualcosa di nuovo, che le appartenesse per metà.
Inventò parecchio, in questo nuovo posto, e tralasciò la restante parte. Si buttava a capofitto in un libro realizzato a pennello e mai, mai!, nei suoi occhi verdognoli e modi gentili, avrebbe creduto che ciò che aveva da affermare potesse delineare qualcun'altro.
Fu una sorpresa, lo ammetteva tra sé e sé, ma più le persone (in questo suo teatro wattpadiano) accorrevano, più lei desiderava nascondersi. Credeva non fosse reale, possibile o meritato. Lei era brava, ma preferiva autoconvincersi di non esserlo. Bramava di sottovalutarsi, di raggrinzire ciò che la sua mente creava e di non essere veramente sostenuta. L'unica peculiarità che tengo a sottoscrivere è che ci tenesse di un amore proficuo e stravagante, pur sempre non consapevole.
Quello che conclude la storia potrebbe non racchiudere una morale, in quanto, purtroppo, questa bellissima principessa cresciuta ebbe scelto di abbandonare, di non essere in grado e di voler lasciare spazio.
Ma non accalcatevi, state ancora comode. Bevete un thé o mangiate qualcosa, perché adesso arriva la parte in cui vi ricrederete. Che sconsiderata!, frivola!, gettata! o vittimista!. Che persona di poco conto? Che guerriera marcita?
Il coraggio, signori, è la nota che ci è sfuggita nel racconto. Il coraggio di farsi avanti e lottare nonostante nel regno mancasse il re. Il coraggio di indossare i suoi stivaletti nonostante le dicessero fossero ridicoli. Il coraggio di afferrare per mano i suoi ricordi, i suoi lavori e se stessa e confrontarsi con la realtà. È facile ammettersi in grado, è semplice saltellare e gioire, ma il contrasto con la realtà dove lo si inserisce? La veemenza di ciò che si è fatto. La catarsi che andrà a crearsi per irresponsabilità? Lei ci ha pensato, come una vera principessa.
Una contadina, magari, avrebbe colto l'opportunità di indossare una corona più ricca al volo e di lasciar perdere il resto. Ma una sovrana, una principessa ben accurata, agisce ragionando e ciò che mi piacerebbe dirle, a questa principessa, è che il suo atteggiamento sia stato dei più amorevoli, rispettosi e concreti.
Facciamola finita, ad ogni modo, con questa storiella. Una cosa che non le ho mai detto, alla mia principessa, è il motivo per il quale sono costantemente fiera di lei: perché hai le palle. Perché sei in grado di metterti alla prova anche se implicitamente. Perché scegli da te e non necessiti davvero che altri ti sorreggano. Perché sei maledettamente forte, perché sei un esempio meraviglioso e perché passo ogni santo giorno a ringraziare l'averti oggi con me. Sebbene siamo impegnate, sebbene sia difficile, sebbene i chilometri di distanza, io sento di possedere nei tuoi riguardi la più pura e delicata stima che in altri.
Io, principessa, sono orgogliosa di averti al mio fianco. Di poterti parlare o ascoltare o prendere in giro. Di poterti insultare affettuosamente e mi spiace di non poterti stringere tutti i giorni, perché con le parole non sono propriamente brava nel dirti quanto io, in realtà, tenga a te.
Benedico quel 18 settembre per averti chiesto il numero e sono felice di essere riuscita a penetrare la tua corazza, in quanto sei una delle persone più genuine, vere, sincere, amorevoli, deliziose, umili e divertenti con le quali sono venuta a contatto.
Sei un esempio, te lo ripeterò più spesso affinché tu non lo dimentichi, e sei una sorella. Una di quelle con cui non necessiti il contatto. Io ti voglio bene.
So che non te l'aspettavi, è scritto di getto, probabilmente fa cagare, ma buon compleanno principessa!🎈
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