When you're gone


Maria Elena guardò la foto di lei e Mattia che si trovava sulla scrivania di quest'ultimo, immersa tra quelle foto che il ragazzo aveva scattato durante i suoi tanti viaggi, con gli amici, con i genitori, con i suoi amati nipotini e con la sua squadra. La loro foto, però, era leggermente diversa dalle altre: quei due ragazzi, uno di ventiquattro anni e l'altra di venti, erano stati paparazzati mentre, con un gran sorriso, stavano cercando di pulirsi a vicenda le bocche dal gelato. In quella foto, Maria Elena non aveva i capelli fatti, non aveva il trucco ben curato, anzi, era in tenuta da lavoro, con una semplice t-shirt nera ed i capelli legati in una coda disordinata, mentre Mattia aveva ancora addosso la tuta da calcio.

Erano sempre stati bene insieme, loro due. Tra loro era nata una strana sintonia fin dal primo momento in cui Mattia era entrato nella gelateria dove lavorava la ragazza, circondato dai suoi nipotini pestiferi.

Maria Elena ricordava molto bene quel momento, e mentre osservava la foto, le scappò un lieve sorriso. Era passato più di un anno, eppure ancora non era riuscita a dimenticare le prime parole che lui le disse: "le bestiole vogliono un gelato, non riesco più a gestirle, ti prego dammi una mano".

E ripensando a quelle parole, alla ragazza uscì involontariamente una risata. Dall'aspetto, dagli occhi e dal sorriso dolce, a prima vista Mattia poteva sembrare un ragazzo estremamente timido. Eppure non lo era affatto, anzi, si era rivelato essere anche un bel po' sfacciato. Tuttavia, nonostante Mattia avesse mille sfaccettature, a Maria Elena piaceva da impazzire.

Giada passò delicatamente una mano tra i capelli di Maria Elena, che in quel momento sembrava essere ipnotizzata dalla foto che le aveva riportato alla mente tutti quei ricordi, tutti quei dettagli stupidi che, in fondo, sperava di aver rimosso.

"So che è difficile - sospirò accanto a lei la sorella di Mattia - ma se tu oggi volessi stare con i tuoi amici lo capiremmo. Davvero"

Maria Elena si concesse di staccare lo sguardo da quella foto che, ai suoi occhi, sembrava esser stata scattata mille anni prima. Ed invece di tempo ne era passato troppo poco.

"No. No, è con voi che voglio stare. E' giusto così"

Maria Elena ricordava nei minimi dettagli la sera in cui lei e Mattia si erano presentati. Ricordava la stanza grande e luminosa, gli invitati tutti in tiro, le sue scomodissime scarpe nere lucide col tacco e le cravatte bordeaux di Michele e Flavio. Si trovava lì, immersa nell'eleganza più totale, perché era stata chiamata insieme a quella che, da qualche anno, era diventata la sua band per intrattenere la serata. Niente di rock, niente d'aggressivo, ma un semplice sottofondo di pianoforte e violini: qualcosa di chic per una ricorrenza decisamente chic.

La donna che l'aveva contatta per quel lavoro le si era avvicinata, durante la serata, attorniata da quelli che dovevano essere i suoi figli ed i suoi nipoti. Maria Elena li squadrò uno ad uno, partendo dai più piccoli; fu allora che riconobbe la bambina dalle codine nere, con gli occhi scuri e vispi ed un sorriso sdentato. Quella era la bambina della gelateria, quella che il ragazzo che aveva soprannominato "dagli occhi color nocciola" aveva portato un paio di volte a prendere un gelato. Poi alzò lo sguardo, e rivide quegli occhi color nocciola, come per volere del destino.

"Maria Elena, le presento i miei figli - cominciò a parlare la signora, indicando due ragazzi ed una ragazza - Davide, il maggiore, Giada, la madre di questi meravigliosi bambini e Mattia, il piccolo di casa"

La ragazza strinse la mano a tutti, ma si soffermò qualche momento in più quando toccò a Mattia. C'era qualcosa che nel suo sguardo le dava un'idea di dolcezza, un po' come il cioccolato. E lei adorava il cioccolato.

Quella sera, tra una pausa e l'altra, lei e Mattia parlarono quel che bastò per riuscire a cogliere quella sintonia che si era manifestata fin da subito. Le piaceva, anche se quella era la terza volta che lo vedeva.

Maria Elena ricordava anche la loro prima uscita, a fine agosto. Ricordava di come una leggere brezza muoveva le foglie dell'albero sotto il quale erano seduti loro due, su una panchina malandata. Mattia e Maria Elena non avevano mai un argomento di cui parlare, semplicemente quando erano insieme esprimevano tutto ciò che gli passava per la testa. E durante quel primo appuntamento avevano riso come se non lo avessero mai fatto per tutta la vita, per ogni minima sciocchezza. La ragazza non riusciva a dimenticare la buffa maglietta di Mattia, bianca con qualche striscia mimetica, così particolare e insolita, proprio come lo era il ragazzo.

"Ma dove l'hai pescata questa maglietta?" gli aveva chiesto, non riuscendo a smettere di ridere.

"Dentro il mio armadio, la uso solo per le occasioni speciale" aveva risposto lui, facendole l'occhiolino. In quel momento lo stomaco di Maria Elena fece una capriola, un po' come ogni volta che i suoi occhi e quelli del ragazzo si incrociavano.

Maria Elena ricordava persino il loro primo bacio. Quel bacio era sorto dal nulla, nessuno dei due l'aveva pensato, né architettato. Se l'erano dato, punto e basta. Ricordava la faccia di Mattia sporca di gelato ed il suo sorriso grande, così luminoso da far invidia al sole, e le sue labbra morbide e calde, così vive.

Non poteva dimenticare le sensazioni che aveva provato in quel momento, nel sentire le labbra di quel ragazzo che le aveva fatto perdere la testa premere contro le sue, e la sua lingua cercare ossessivamente la sua. Le batteva forte il cuore, come al primo bacio che si dà da adolescenti, e le sudavano le mani, anche se erano strette come dei nodi a quelle di Mattia.

Quando si staccarono, non poterono fare altro che guardarsi negli occhi e ridere. Ridere, perché dopo quel bacio entrambi potevano percepire il sapore di gelato alla fragola sul proprio palato. Ridere, perché in fondo sapevano che tutto il resto sarebbe stato superfluo.

Maria Elena ricordava le loro prime uscite, mano nella mano. Una volta Mattia l'aveva portata a vedere una sua partita, e dopo la vittoria della sua squadra era salito a grandi passi sugli spalti e l'aveva baciata, senza spiegazioni, davanti a tutti. Quando si erano staccati, gli occhi del suo ragazzo brillavano come due piccoli diamanti, come forse non li aveva mai visti.

"Se mai dovessi diventare famoso, mi verresti a baciare sugli spalti lo stesso?" gli aveva chiesto, qualche ora dopo quella partita, mentre seduti sulle poltroncine di un fast food stavano addentando un hamburger.

"Lo farei anche se fossi Cristiano Ronaldo in persona, lo farei anche se il mister mi dicesse di non muovermi" e lei sorrise e gli strinse la mano. Maria Elena in quel momento si chiese come avesse fatto a trovare un ragazzo del genere, che aveva deciso di starle accanto nonostante lei avesse mille difetti, alcuni persino insopportabili. E non la giudicava mai, ma le stava accanto, la sosteneva come se lui fosse stato la sua ombra.

Purtroppo, Maria Elena ricordava anche il giorno in cui Mattia l'aveva guardata negli occhi, davanti al focolare della casa dei genitori, le aveva preso le mani e le aveva confessato di esser malato.

"Ho la leucemia" l'aveva detto con un filo di voce, con le mani tremanti che teneva dolcemente incastrate a quelle della fidanzata.

Maria Elena in quel momento si sentì morire, come se una tonnellata di mattoni le fosse appena caduta addosso. Non poteva credere che Mattia, quel meraviglioso ragazzo dagli occhi color nocciola che aveva incontrato per caso un pomeriggio in gelateria, fosse malato. Leucemia. Ne aveva sentito parlare qualche volta, in qualche film. Mai avrebbe potuto credere che quel male così terribile avrebbe potuto colpire il suo fidanzato, quel raggio di sole che aveva illuminato la sua vita.

"Sarà difficile, e non ti posso obbligare a rimanere con me, come se dovessi fare la badante a un vecchio - i suoi occhi durante quelle parole gli si riempirono di lacrime - e purtroppo, lo so io, lo sanno i medici, questa malattia è destinata a peggiorare. Non voglio che tu assista al mio declino" e qualche lacrima aveva cominciato a scendere lentamente lungo le guance del ragazzo.

Maria Elena non poteva accettare che lui le parlasse così, che le dicesse che era arrivata l'ora di chiuderla perché non voleva che lei assistesse al suo declino. Lei lo aveva amato nei momenti di gioia, nei giorni belli, e avrebbe continuato a farlo nei momenti bui. Perché quando si ama una persona, non si scappa via di fronte ai problemi. Voleva affrontare qualsiasi cosa il futuro gli avrebbe riservato con lui, perché glielo aveva promesso nel momento in cui si erano baciati per la prima volta.

"Mattia - sussurrò - io non ti lascio. Né ora, né mai" ed aveva cominciato a piangere silenziosamente anche lei.

Maria Elena ricordava anche i mesi che seguirono. Ricordava le nottate passate in ospedale, tra una chemio terapia e l'altra, a leggere i suoi libri preferiti ad alta voce per Mattia. Lui, nonostante fosse sfinito da quelle cure destabilizzanti, non aveva mai perso il sorriso. E le stringeva la mano, anche se lievemente, anche se la forza cominciava a venirgli meno giorno per giorno.

Ricordava anche i giorni belli, quelli in cui Mattia stava meglio, tanto da poter fare delle brevi passeggiate mano nella mano con la sua fidanzata nei verdi parchi milanesi; in quei giorni si sedevano in una panchina e si godevano l'aria fresca di fine inverno, e parlavano di tutto ciò che gli passasse per la testa, un po' come avevano fatto all'inizio della loro relazione.

La ragazza si stupiva di quanta forza avesse Mattia. Soffriva, glielo leggeva negli occhi anche nei momenti migliori, ma non faceva mai parola del suo dolore, cercava di essere ottimista, per lui e per gli altri.

"Ho paura" confessò un giorno il ragazzo a Maria Elena, mentre passeggiavano al chiaro di luna lungo il giardino dell'ospedale.

La ragazza lo guardò dolcemente, non pressandolo per parlare, ma aspettando che fosse lui a farlo. E lo fece.

"Ho venticinque anni e sono in fin di vita. Avrei voluto realizzare tutti i miei sogni, avrei voluto giocare una partita di Champions League, avrei voluto una famiglia, una casa grande e tanti bambini e morire da vecchio - si interruppe un momento e guardò la fidanzata negli occhi - eppure, non è andato tutto così male, sai? Questi sono stati i mesi più belli della mia vita perché, nonostante tutto, ho avuto l'onore di conoscere la persona splendida che sei. E posso solo ringraziarti per aver scelto di starmi accanto nonostante sapessi dove mi avrebbe portato questa malattia. Ti amo, davvero"

Maria Elena avrebbe voluto controbattere. Avrebbe voluto dirgli che non doveva arrendersi così, che non doveva permettere che la malattia avesse la meglio su di lui. Ma, in fondo, sapeva che non avrebbe avuto senso: si sarebbe soltanto arrabbiata. Con la vita, per essere così crudele. Con Mattia, per avergliela data vinta.

Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, e quest'ultime cominciarono a sgorgare senza sosta.

"Ti amo anche io, Matti" e avrebbe voluto ringraziarlo per tutto ciò che le aveva dato in un anno a malapena, ma non lo fece. Sapeva che lui l'avrebbe capita comunque.

Maria Elena, quel caldo giorno di giugno, si trovava in macchina con Giada, Roberto ed i bambini, Lara e Leonardo. Guardava distrattamente fuori dal finestrino il sole che illuminava la città di Milano, i bambini che al parco si tiravano un pallone da calcio e qualche coppia di adolescenti che pomiciava sulle panchine più appartate. Avrebbe voluto essere lì fuori anche lui, con Mattia. Eppure, quella volta, il ragazzo aveva avuto un altro impegno, e non aveva potuto accontentare la fidanzata.

Non se l'era sentita di andare in ospedale a prendere Mattia, e Giada l'aveva capita - in fondo non ne aveva avuto il coraggio nemmeno lei. Arrivarono in chiesa, che era gremita di gente, prima dell'arrivo del ragazzo, e vi entrarono immediatamente, tutti cupi in viso, e si posizionarono nella prima panca della fila di sinistra. Nessuno aveva osato avvicinarsi a Maria Elena, nemmeno per una parola di conforto.

Pochi minuti dopo, poterono udire chiaramente un applauso proveniente dall'esterno della chiesetta, e allora la ragazza capì: Mattia era arrivato, per l'ultima volta.

Tutti quanti si alzarono in piedi all'ingresso della bara chiara contente il feretro di Mattia. A Maria Elena, a quella visione, quasi mancarono le forze. Mattia aveva vinto un sacco di battaglie nella sua vita, eppure si era lasciato vincere da quella più importante.

La bara venne posizionata davanti all'altare, proprio a qualche passo da Maria Elena. Giada le strinse una mano, e lei cominciò a piangere silenziosamente, senza dare nell'occhio.

"Siamo qui riuniti per dare l'ultimo saluto a Mattia, nostro caro figlio, fratello, amico e fidanzato" cominciò a parlare il parroco, e fu quello il momento in cui Maria Elena si assentò. Fissò la foto del fidanzato che si trovava sopra la bara, e non potè fare a meno di ricordare come fosse il suo viso. Ricordava le labbra chiare, le fossette che gli si formavano sulle guance ogni volta che sorrideva, gli occhi color nocciola. Al quel pensiero non pianse nemmeno più. Riusciva perfettamente ad immaginare Mattia dormiente all'interno della bara con un timido sorriso stampato in viso, lo stesso con il quale l'aveva conosciuto.

Era sicura che non l'avrebbe mai dimenticato, o almeno non l'avrebbe mai permesso. Un giorno, ai suoi figli, avrebbe raccontato quella che per lei era stata una favola, anche se con un finale un po' amaro.

"Un giorno ci rivedremo, Matti, e ti prometto che insieme realizzeremo tutti i nostri sogni" pensò la ragazza, e puntò lo sguardo al cielo. Sapeva che Mattia era altrove, non all'interno di quella bara. 

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