Matt

"Non riteniamo consono che suo figlio resti con lei" questa frase mi tormenta. Sono stata rimandata nel mio appartamento in attesa di nuove istruzioni, Alex invece è rimasto con gli assistenti sociali. Mi è stato permesso di rivederlo per pochi minuti e mi sono assicurata che stesse bene, ma io non sto bene e soprattutto non starò bene finché non saremo di nuovo insieme. Possono togliermi tutto ciò che vogliono, ma non il mio piccolo: è una parte di me e strapparmelo è un po' come strapparmi la vita. Mi sono state concesse delle ore, o più precisamente due giorni, per trovare un buon avvocato o un lavoro fisso con un contratto di almeno un anno, che mi dia la possibilità di guadagnare un reddito sufficiente a mantenere me e Alex. Nonostante il tempo concessomi, ho due problemi: il primo è che non ho i soldi per pagare un avvocato capace e il secondo, solo con un miracolo potrei trovare un impiego con queste condizioni.
Dovrei riposare, mi sento molto stanca sia nell'animo che nel corpo: questa giornata è stata a dir poco estenuante; iniziare la mattina con un furto, una discussione e un arresto per poi concludere con un lungo interrogatorio in centrale e, colpo di grazia, l'allontanamento forzato da mio figlio. Riformulo. Non è stata una giornata estenuante, è stata una delle peggiori della mia vita. Seppur lo sfinimento mi gravi sulle spalle, non riesco a dormire. Non appena le mie palpebre si abbassano, scorgo nel buio dei brillanti occhi azzurri di un bambino così simili ai miei e sento vibrare nell'aria la sua risata; accanto a me il letto è vuoto e seppur non occupasse troppo spazio, era comunque confortante sentirlo lì, vicino.
I mie occhi si riempiono di lacrime e il respiro si fa subito pesante mentre dei mugoli di dolore mi graffiano la gola. Porto un braccio sulla fronte e cerco di regolarizzare i battiti frenici del mio cuore che si sta via via frantumando, portando con se un dolore antico che speravo di non riprovare mai più.
È tutto inutile, il mio corpo è scosso da spasmi incontrollati che spronano delle gocce salate a rompere gli argini e riversarsi sul mio viso. Mi ritrovo per terra, con i palmi premuti contro il freddo pavimento, la schiena in una lieve torsione innaturale che mi causa un sordo dolore e i capelli che si attaccano selvaggi alle mie gote umide.

Sento le tempie pulsare insistentemente mentre mi trascino verso il mobiletto dei medicinali per prendere un'aspirina nella speranza che mi doni sollievo. Migliorarmi almeno da un punto di vista fisico non potrà altro che giovare nonostante il mio stato psichico. Ho un buco allo stomaco e non capisco se sia fame per aver saltato la cena ieri, o se sia nausea che precede un rigetto. Nel dubbio decido di prepararmi un the caldo e mangiare una brioche confezionata giusto per ridarmi un po' delle numerose forza che ho perso. Non posso mollare proprio adesso, ma mi vedo costretta a guardare in faccia la realtà: sono in un vicolo cieco.
Dopo aver fatto colazione opto per una doccia calda in modo da distendere i muscoli contratti delle spalle e riordinare la matassa bionda sulla mia testa che ha ormai preso le sembianze di un nido di rondini. Questo caldo massaggio mi ha sempre aiutata a rilassarmi e spesso porta alla mia mente buone idee. Le rotelle nel mio cervello girano così veloci da farmi dubitare che il vapore che ho intorno sia tutto merito dell'elevata temperatura dell'acqua.
Mi pongo numerose ipotesi, ma nessuna pare funzionare. Quando ho finito di asciugare i capelli e mi risiedo pesantemente sul letto sono giunta ad un'unica conclusione: solo un miracolo può salvare me e mio figlio Alex.

UNKNOWN'S POV
Credo che l'indirizzo sia giusto, o almeno spero. È piuttosto lontano da casa mia e questa zona non sembra molto ospitale. Ho davanti a me una palazzina in mattoni, non mi soffermo troppo ad osservare i dettagli e procedo a passo spedito con la testa incastonata tra le spalle per ripararmi dalla leggere pioggia. Ellie Wilson. Dovrebbe essere questo l'appartamento. Suono ma nessuno mi viene ad aprire; nessun rumore proviene dall'interno e giungo alla conclusione che la donna che sto cercando non si trovi qui. Riproverò domani, nella speranza di trovarla il prima possibile. Devo assolutamente comunicarle la notizia.

"Allora?" Sta appoggiato alla sua scrivania con nonchalance. "Allora niente, non c'era. Domattina farò un secondo tentativo" mi accomodo su una delle grandi poltrone e mi verso un bicchiere di whisky. "Be forse ti è andata bene amico, almeno avrai una notte per prepararti psicologicamente" mi dice con un sorriso sornione. "Esagerato" lo addito. "Oh, vedrai se esagero! È un bel tipetto". "Se ho sopportato te per tutti questi anni, posso reggere a un breve incontro con una fanciulla". Scoppiamo entrambi a ridere e "brindiamo" alla nostra amicizia.

ELLIE'S POV
Sto pulendo la casa con meticolosa attenzione, non l'ho mai fatto in vita mia e mai avrei pensato di farlo, ma a quanto pare è l'unico modo per tenermi impegnata e al tempo stesso scaricare almeno una briciola della tensione che mi manda scariche di adrenalina in tutto il corpo. Credo di aver già bisogno di un'altra doccia e sono anche convinta che questo appartamento non sia mai stato così lindo. Quando è il momento di riordinare i giochi di Alex sparsi accanto al divano una possente onda di malinconia mi travolge e mi riporta con le ginocchia a terra per l'ennesima volta nell'ultimo periodo. È questa la mia fine senza mio figlio? Da sola e con il pavimento come unico amico e sostenitore? Questa non sono io, ma per la prima volta non so proprio come comportarmi. Perlomeno mi do la forza per rialzarmi e rimettermi in moto.
In tutto questo ho trovato un misero "lato positivo": questo piccolo appartamento a primo impatto angusto, si rivela in realtà piuttosto confortevole per un cuore solitario come il mio; le pareti strette tutt'intorno mi fanno sentire in un clima di calore e gli spazi vuoti sono veramente minimi. Poi ripenso alla terribile notte passata a terra piuttosto che sul letto, il quale sembrava non fare altro che rimarcare l'assenza di Alex, e mi ritrovo non ancora pronta a restare sola.

Il campanello suona e mi riscuote dai miei pensieri negativi, lasciando spazio nella mia testa alla curiosità. Quando apro la porta mi trovo davanti un giovane uomo che credo abbia pochi anni più di me. È molto affascinante e i suoi occhi nocciola hanno un non so che di dolce e rassicurante. "Salve" mi ritrovo a dire con le mani che mi tengono saldamente ancorata alla porta. Più lo guardo e più mi convinco che deve aver sbagliato persona. Sicuramente un uomo del genere non può essere qui per me. "Salve signorina Wilson" oh. A quanto pare mi sbagliavo. "Oh perdonami-" passa ad un tono più informale il che non mi da minimamente fastidio, anzi, mi ritrovo a pensare che data la mia salute mentale degli ultimi tempi non sarei in grado di affrontare una conversazione formale. "-Mi chiamo Matt, Matt Smith" mi sorride cordiale e allunga una mano che subito stringo con forza. Il mio sesto senso non fiuta alcun pericolo così un po' della mia inquietudine, generata dall'avere sulla porta di casa uno sconosciuto che conosce il mio nome, si dissipa. "Come posso esserti utile Matt Smith?" "Credo che in questo caso sarò io io ad essere più utile a te" emette una leggera risata e lo guardo confusa. Si schiarisce il tono della voce e riprende a parlare; a mala pena mi accorgo che ritorna a darmi del lei: "Signorina Wilson, sono lieto di annunciarle che lei ha ottenuto l'impiego presso la Evans Enterprise. Tra pochi giorni avrà la possibilità di trasferirsi al St. Regis Hotel".

•N/A•
Buongiorno a tutte💕eccoci con un nuovo capitolo che speriamo vi piaccia; vi prego di commentare perché siamo curiose di sapere cosa ne pensate💕ci scusiamo per il ritardo, ma la scuola ci impegna molto e spero possiate capirci. Vi ringraziamo per tutto💕un bacio.

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