What we are?

Non riusciva a staccare gli occhi da quel rettangolo bianco. Sage l'aveva messa in guardia, le aveva detto che era meglio se non guardava quello spettacolo orrendo. Eppure lei non riusciva a staccare lo sguardo da quelle due persone che altro non facevano che colpirsi. 

<< Devi fermarli...>>riuscì a pronunciare, la voce a malapena udibile a causa del solito frastuono. Sage si girò verso di lei, forse vedendola per la prima volta per ciò che era veramente. Una ragazzina. Una ragazzina che stava vedendo un suo amico venire massacrato su quel dannato ring.

Isabella a stento riusciva a riconoscere le labbra che solamente il giorno prima, qualche ora prima, aveva baciato in segreto. Gli occhi verdi che sempre la mettevano in soggezione, ora erano spenti, cupi. Sangue scendeva da un taglio sul sopracciglio sinistro, rendendo il volto del ragazzo una maschera. 

<< Non posso >> rispose lui con la solita voce dura, tornando a girarsi verso il ring.

Isabella non riusciva a non guardare quei due corpi sempre più lenti, scoordinati, che però non volevano cedere. Entrambi erano ancora in piedi, entrambi non volevano perdere. Le unghie della ragazza andarono a conficcarsi dentro i palmi, con forza, quando l'ennesimo pugno andò a raggiungere il volto di colui che era il suo migliore amico.

Ed ora? Cosa erano loro due? Amici?Amanti? Nemici? Conoscenti?

Isabella non sarebbe stata in grado di dare una risposta.

Un boato la fece tornare al presente ed i suoi occhi si riempirono di lacrime mentre i piedi si mossero senza che lei se ne accorgesse. Salì i gradini che portavano al ring e passò in mezzo alle corde, inginocchiandosi davanti al vincitore.

<< Ce l'ho fatta...>>mormorò lui posando il guantone sulla sua spalla, sorridendole in maniera quasi grottesca. La ragazza annuì, cercando di togliergli almeno il sangue dagli occhi, senza però riuscirci.

<< Hai rischiato troppo...vieni, ti aiuto >> sussurrò, aiutandolo ad alzarsi, venendo subito schiacciata dal peso del ragazzo. Isabella piegò le ginocchia e cominciò ad incamminarsi verso gli spogliatoi degli uomini, ignorando le occhiate degli altri pugili. Continuò a strisciare i piedi per terra, le gambe cominciarono a tremare per lo sforzo.

<< Non farmi cadere...>> scherzò il ragazzo, tossendo dopo un accenno di risata. Isabella non riuscì neanche a rispondere, troppa la concentrazione e la fatica che stava facendo per riuscire a portarlo sulla prima panchina libera e, quando la trovò, fu poco delicata nell'aiutarlo a sedersi.

<< Scusa...>> bisbigliò, indaffarata nel prendere degli asciugamani,  bagnandoli con l'intenzione di pulire le ferite che il suo avversario gli aveva provocato. Cercò di essere il più delicata possibile, eppure le risultava difficile. Era agitata, era tesa e non riusciva a controllare i suoi arti. Jensen non fece una smorfia o un suono mentre lei pulivaed applicava degli strip sui tagli più brutti.

<< Stai tremando... >>disse lui dopo qualche minuto. La ragazza si guardò immediatamente le mani, notando che aveva ragione; le sue dita si muovevano in maniera convulsa e senza controllo. Le chiuse, cercando di riprendere controllo di sè e non rispose, non ce n'era bisogno. Entrambe sapevano perchè lei tremava. Il suo volto, ora che era ripulito, era prettamente livido e gonfio ed anche sul corpo cominciavano a spuntare le prime chiazze bluastre.

<< Ti accompagno a casa, non puoi guidare in queste condizioni >> mormorò, lavandosi le mani, sfregando con forza per cercare di mandare via le macchie di sangue che solo lei vedeva. Aveva avuto paura. Tanta. Aveva avuto paura dinon vederlo rialzarsi più e ciò non poteva succedere. Non poteva perchè lui doveva rispondere ad una domanda che le frullava in testa da giorni, da quando l'aveva presa ed abbracciata, da quando l'aveva consolata, baciata. E quel bacio, come tutti quelli seguenti che si erano scambiati in segreto e lontano da occhi indiscreti, erano come un tarlo che aveva cominciato a corroderla.

<< Non posso andare a casa in queste condizioni, mio padre mi ucciderebbe >>  rispose Jensen, una smorfia di disgusto e di dolore sul viso. Isabella si passò una mano sul volto, stropicciandolo, cercando di pensare ad una soluzione. Ora che l'adrenalina era scesa si sentiva stanca e provata, esausta.

<< Andrò al Blu&Green, lì nessuno mi romperà le palle >> continuò lui, alzandosi malamente, portando una mano al costato. Non era neanche in grado di camminare, come poteva andare in quella stanza d'hotel da solo?
<<Non ci pensare nemmeno >> lo redarguì lei e bastarono due passi per riuscire ad arrivare al suo armadietto. Sapeva quanto Jensen detestasse venire aiutato, quanto detestasse sentirsi così impotente. Lo zittì un paio di volte quando provò a sbiascicare che riusciva a vestirsi da solo e lo aiutò a mettersi una maglietta ed il giubbotto, prima di aiutarlo ad uscire. Sembrava così debole! Neanche riusciva a sollevare i piedi...

<< Ed allora cosa faccio? Sto qui? >> domandò lui ironico, trasalendo ulteriormente.

<< Smettila di provare a ridere>> ordinò lei, sentendo finalmente l'aria fredda investirla. Era rimasta frastornata dall'odore di sudore, birra e sangue che si mescolava nel tendone, rendendola come ubriaca. Arrivarono al suo pick-up con difficoltà e lasciò che Jensen si appoggiasse al cassone mentre lei cercava con mani indecise le chiavi nella sua disordinata borsa.

<< Verrai da me...e non voglio sentire storie >> disse con decisione, notando immediatamentelo sguardo sorpreso del ragazzo. Ed effettivamente pure lei stessa rimase sorpresa di quella proposta.

<< è la soluzione più pratica,non posso lasciare che tu stia solo, nel caso ti senta male di notte e tuo padre...beh hai detto tu che non puoi farti vedere. L'unica cosa è che dovrai entrare dalla finestra...>> continuò lei con innocenza. Ancora non ci credeva a ciò che aveva detto ed Aaron,se solo l'avesse scoperto, avrebbe dato di matto.

<< Non penso di aver scelta >> mugugnò lui, alzando gli occhi al cielo. O almeno provandoci.

Entrò cercando di fare meno rumore possibile. Il russare di Aaron era leggero, ma presente, segno che stava dormendo. 

<< Cal? Sei tu? >> domandò il fratello, muovendosi nel letto. Isabella si fermò immediatamente, guardando verso il divano letto. 

<< Sì sono io...vado a dormire >> rispose, tornando a camminare verso la propria stanza. Entrò in camera ed aprì la finestra che dava sul cortile, trovando Jensen che a malapena stava in piedi. Ci vollero cinque minuti prima che lui riuscisse ad entrare nella sua camera, producendo più rumore di quanto lei avesse voluto. Sperava solamente che il sonno di suo fratello fosse particolarmente pesante. 

<< Fai piano, se Aaron ti trova qui...>> mormorò lei, cominciando a sentire il cuore battere all'impazzata. Era passato del tempo dall'ultima volta che aveva disubbedito. 

<< Lo so, ha sempre manifestato il suo non amore per me >> rispose in maniera infastidita Jensen, sedendosi sul letto. Isabella controllò in maniera certosina che tutti i cerotti fossero al loro posto, andando a cercare poi nel suo armadio qualcosa che potesse andargli bene. Faceva freddo e lui era vestito troppo leggero.

<< Posso dormire così, non ho freddo >> mentì lui, facendola sorridere. Aveva visto la pelle d'oca sulle sue braccia, ma non voleva insistere. Isabella smise dicercare e si avvicinò per aiutarlo a mettersi a letto, tirando indietro lenzuola e coperte.

<< Sicura? Posso dormire sopra lelenzuola...>> propose, trovando però subito un dissenso.

<< Non ha senso, mi fido e poi ci è già capitato, anche se in circostanze diverse. Ed ora chiudi gli occhi, per favore, vorrei cambiarmi >>rispose lei, rossa sulle gote, aspettando che lui facesse come richiesto. Ci mise poco ed indossò una tuta pesante prima di infilarsi dentro il letto, coprendo entrambe.

<< Cazzo sei ghiacciata Isa >>gemette Jensen, rabbrividendo un poco prima di abbracciarla. Non si aspettava quel gesto, quel braccio che le cingeva la vita in maniera piacevole. Ed eccolo ancora, quel profumo che le arrivò con prepotenza alle narici, ricordandole tutto ciò che c'era stato tra loro due.

<< Su chiedi...è da prima che hai quello sguardo da "ti devo chiedere una cosa" e poi smetti sempre di respirare quando hai una domanda da fare >> mormorò lui, la voce già assonnata e lontana. La ragazza sorrise, capendo quando in verità la conoscesse bene. Dannazione se la conosceva bene.

<< Io ho...paura a farti questa domanda in verità >> ammise, guardando il buio davanti a sé. Lo sentì sospirare dietro di lei e poi irrigidirsi un poco,probabilmente a causa del dolore. Avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto lenire in qualche modo quel dolore, ma sapeva che non era possibile. 

<< A volte le domande sono complicate e le risposte sono semplici >> rispose, facendola subito sorridere. Isabella si girò nel letto arrivando a guardarloin volto.

<< Oddio stai citando Dr.Seuss...devi aver preso un bel colpo in testa...>> scherzò, facendolo sorridere a sua volta. Lo vide accendersi, illuminarsi per qualche secondo, come se il dolore e le ferite non fossero presenti sul suo volto.

<< Dai chiedi >> rimbeccò lui, gli occhi verdi talmente brillanti da riuscire a vederli anche al buio. Isabella prese un profondo respiro, portandosi il labbro inferiore tra i denti, cercando la forza di parlare. 

<< Cosa...cosa siamo noi? Nel senso...ti stai comportando in maniera un po' strana. Un momento sei dolce e gentile e l'attimo dopo ritorni lo stronzo che ride alle mie spalle. Prima mi baci e poi neanche vuoi farti vedere con me...Cosa siamo Jensen? Ho bisogno di saperlo >> sussurrò con incertezza nella voce. Aveva paura della risposta, aveva paura di perdere quei pochi attimi e momenti di tregua, di dolcezza, che c'erano tra loro. Eppure dall'altra parte quella metà non le bastava più. Lei avrebbe voluto di più, avrebbe voluto tutto. Jensen rimase in silenzio, il respiro pesante. Ci stava mettendo troppo a rispondere, aveva rovinato tutto. Aveva sbagliato.

<< Non preoccuparti, penso di aver capito >> rispose lei, amareggiata. Avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa, cercare di accontentarsi. 

<< Non hai capito...>>mormorò lui, facendola rimanere interdetta. Solo in quel momento sentì le dita di Jensen stringersi intorno alla pelle dei suoi fianchi, con forza e decisione, facendole perdere il fiato. Lo vide avvicinarsi lentamente, lo sguardo si soffermava prima sulle sue labbra e poi sui suoi occhi e viceversa. E poi eccole, ancora, che si muovevano perfette sulle proprie, delicate e dolci. Era così naturale, così normale. Era come se entrambe fossero abituati a quel gesto. Eppure così non era ed il suo cuore che batteva all'impazzata era la conferma. Chiuse gliocchi, portando una mano sul suo viso e poi tra i suoi capelli scuri, carezzandoli. 

<< Questa vale come risposta? >> domandò lui, interrompendo quel bacio, continuando a carezzarle i fianchi con le dita, delicatamente. 


<< Direi che è stata la risposta più semplice ed efficace che tu avresti potuto darmi...>>  

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