6

Corsi via a perdifiato, non sapendo nemmeno cosa provare o dove andare, so solo che voglio allontanarmi il più lontano possibile.

Perché l'ha fatto?
Perché è venuto a questo stupido festival?
Perché mi ha baciato?
Perché mi sento così scombussolato?

Mentre correvo per strada sentii un colpo improvviso, come se qualcosa mi trapassasse.
Mi bloccai al centro del marciapiede.
Un flashback mi colpì.

Quella sera, la sera in cui cambiò tutto.

Tenni lo sguardo fisso sulle mattonelle, credevo che avesse iniziato a piovere ma invece scoprii che erano solo i miei occhi stracolmi di lacrime che non riuscivano più a tenere, e ora scorrevano libere sulla mia guancia.
Non c'è la feci più e mi accasciai sbattendo violentemente le ginocchia sul pavimento, con una mano strinsi il tessuto della maglietta dove scientificamente è collegato il cuore, gettai la testa all'indietro guardando il cielo, cercando le stelle oscurate dalle luci della città, gettai un urlo di frustrazione e dolore, mentre altre lacrime bagnavano le mie guance, scendendo lungo il collo.

Erano anni che non piangevo.

Sentii qualcosa rompersi definitivamente dentro di me.
Dopo qualche minuto cercai di alzarmi, mi guardai intorno cercando di capire dove avessi corso, la strada era deserta. Tornai a guardare il cielo privo di stelle.
C'era solo un posto dove potevo vedere le stelle.
Misi una mano in tasca cercando il telefono, ricordandomi di non averlo.
Fantastico.
Controllai nel giubbino sperando di avere abbastanza soldi per comprare un biglietto per il treno.
Sorrisi quando li trovai, così mi incamminai alla stazione.
Consapevole che probabilmente Ania e Carlos mi stiano cercando, mi dispiace ragazzi, vi ho sempre fatto preoccupare troppo.
Presi il treno e dopo il solito autobus raggiunsi il bosco.
Entrai camminando spedito. Cercando nel buio della notte di non scivolare inciampando nelle radici degli alberi e di non perdere il sentiero. Non mi guardai intorno come al solito, per quanto questo bosco sia come casa non mi era mai piaciuto di notte.
Ne sono terrorizzato.
Ci sono solo pochi lampioni che illuminavano giusto quello che basta per vedere dove camminare e basta, il resto restava nel buio.

Raggiunsi il ponte con ancora le lacrime negli occhi, mi sedetti sul muretto di pietra, una gamba piegata verso il mio petto, l'altra penzolava libera nel vuoto, guardai verso il cielo, sotto di me l'acqua scorreva più veloce del solito.
Immerso nella natura incontaminata si potevano notare le stelle.
Chiusi gli occhi e l'immagine di George mi si proiettò davanti, sentii di nuovo  la sua mano calda sulla mia guancia fredda e poi le sue labbra soffici sulle mie.
Qualcosa si mosse nel mio stomaco. Scossi forte la testa.

Stupido, basta adesso.

Basta cedere alle emozioni.
George l'ultima volta ci ha ferito dandoci il colpo di grazia, non potevo cedere solo per un suo bacio.
Altre lacrime scendevano e un dolore si propagò al centro del mio petto, come se una intera palla da cannone mi avesse trapassato il torace e lasciato un vuoto, seguito da un dolore assurdo.
Erano anni che avevo questo vuoto, nulla poteva ripararlo.

Sono stanco di questo.

Mi alzai in piedi sul muretto guardai un'ultima volta il cielo stellato poi abbassai lo sguardo osservando il veloce scorrere del ruscello.

Chissà se fa male.

Ormai ero pronto.
Mi bloccai, rimanendo sorpreso dal sentire una voce ora familiare alle mie spalle.
«Sei tornato!» Esclamò entusiasta.
Il tipo di entusiasmo che non ti aspettavi di sentire se vedevi una persona in piedi sul muretto di un ponte.
«Credevo ti spaventasse il bosco di notte! Ricordi la notte delle stelle cadenti?»
Continuò come se fosse una normale conversazione tra due amici.
«Vattene stalker, non è il momento per parlare con un'allucinazione»
Sentii dei passi farsi più vicino, l'uomo paffuto vestito elegante si stava avvicinando a me.
Non mi allarmai, dopotutto lui non è reale.
«Ragazzo mio non sono una tua allucinazione, sono reale quanto basta. Su ora scendi da lì»
Sorprendendomi l'uomo afferrò il mio braccio, all'altezza del gomito e con una forza che non mi aspettai mi tirò indietro facendomi cadere bruscamente sul ponte.
Rimasi seduto a terra mentre fissavo quell'uomo.
Sgranaii gli occhi, allora è reale.
Le allucinazioni non possono toccarti e spingerti per terra, giusto?
L'uomo mi fissò, forse con uno sguardo di compassione? Il suo viso era ancora meno riconoscibile di notte.
«Sai ero qui anche quella notte. Credevo che fossi finalmente tornato col tuo amico a guardare di nuovo le stelle cadenti esprimendo desideri. Ma invece tu eri solo e stavi piangendo, proprio qui, a terra su questo ponte. Eri disperato e urlavi, credevo quasi che avresti buttato giù questo muretto a furia di calci e pugni»
Mi alzai sovrastando la figura di quello strambo stalker.
«Vattene! Ho cose più importanti da fare»
Dissi riavvicinandomi al muretto di pietre. Inconsciamente accarezzai quella pietra dove anni prima io e il mio amico avevamo inciso le nostre iniziali.

L'uomo non si scompose di una virgola e riprese.
«Oh si lo vedo, hai molto da fare»
Il suo tono sembrava quasi ironico strinsi forte la mano posizionata sopra quella incisione, come a cercare di staccarla dal muretto.
«Zitto stalker.»
Sbottai trasformando il dolore che sento in rabbia. «Te non sai nulla»
L'uomo mi bloccò allungando il suo bastone sulla mia spalla e ancora rimasi colpito dalla conferma che quell'uomo era pressoché reale.
«Ti ho detto che ero qui quella notte, ho visto come nel dolore cambiasti diventando quasi un'altra persona. So tutto, di come hai ucciso Lukas. Ora invece sei tornato per finire il lavoro e uccidere te definitivamente, non è così?»
Rimasi spiazzato senza trovare le parole giuste. L'uomo difronte a me mi fissò più intensamente.
«Allora, ora vuoi partecipare alla mia avventura? Beh in effetti non hai molte alternative, restare qui e morie o vivere e seguirmi» si prese una pausa di qualche secondo. «Vivere in un'altra dimensione, dove tutto questo non sia mai successo. Dove il vuoto che hai dentro non esiste»
Lo guardai confuso.

Poter vivere la mia vita senza essere intrappolato dai miei ricordi? Sembrerebbe un sogno, di quelli belli. Sorrisi. Ma poi che sarà di Ania e Carlos? Non voglio lasciarli.

L'uomo parlo di nuovo
«Prendo quel tuo sorriso per un si. E non preoccuparti per i tuoi amici, dopotutto li avresti lasciati lo stesso saltando, no?»
Aspetta cosa! Non avevo mica risposto “Si voglio seguire questo pazzo stalker” ma non feci in tempo a protestare che sentii il tocco dell'uomo sulla mia fronte.

Quando è diventato così alto da arrivare alla mia fronte?

Poi sentii la testa pesante, provai a strizzare gli occhi ma vidi solo buio. Percepii come se stessi cadendo poi non sentii niente tranne un urlò lontano.
«LUKAS!»
Conoscevo quella voce.

Mi svegliai sentendo il sole colpirmi la faccia. Realizzai di essere sdraiato su un muretto di pietre e mattoni di terracotta, girai la testa di lato e decisamente non ero sul ponte nel bosco ma su uno di quei muretti che fungevano da panchine in un pacchetto che mi fu subito familiare, mi misi a sedere.
Era un parchetto circondato ai lati da condomini ad eccezione del quarto che dava su pezzo di strada esclusivamente pedonale, con una pista ciclabile che le persone usavano spesso per correre e allenarsi, lungo questa strada si affacciavano qualche casa e infondo c'era una scuola elementare.

Lo strano stalker mi aveva portato qui dal bosco, saranno almeno 2-3 kilometri distanti.
Il parco aveva le tipiche giostre per bambini sulla sinistra, molto spazio per giocare e correre, in fondo c'era una struttura di mattoni a forma quasi di L costitutita da due salite ai lati che portavano su un terrazzino dove era situata una fontana raffigurante una donna con un bambino che gettava l'acqua su una vasca posta alla base della statua.
Non distante dal cancello d'ingresso sulla destra c'era una sorta di laghetto artificiale, anche se era più una grande vasca profonda, simile ad una piscina con qualche getto d'aria che spruzzava l'acqua in aria, infatti era circondando da una ringhiera per evitare che qualche bambino ci cadesse dentro.

Era il parco che letteralmente era a due passi da casa mia, e tutti i bambini del quartiere giocavano lì, quindi questo includeva anche George.
Ricordo ancora quando facevo delle gare con tutti gli altri bambini con le barchette di carta che lanciavamo nel laghetto, e cercavamo poi di recuperarle con un retino.
Ricordo George una volta ci cadè dentro e si mise a nuotare come se fosse in piscina, dovemmo chiamare il guardiano del parco affinché aprisse un cancelletto nascosto tra la ringhiera e recuperò George.
Poi ricordo che decisero di togliere di mezzo il laghetto quando uno dei getti d'acqua si ruppe e cambiarlo costava troppo, per evitare che il laghetto divenne uno stagno pieno di sporcizia decisero di riempire quello spazio con della terra.

Aspetta.

Scattai guardando di nuovo verso il laghetto, e vidi che la terra non c'era, la fontana funzionava e l'acqua arrivava al bordo del terreno lievemente rialzato intorno a quella “fontana vasca”.

Non è possibile

Mi guardai ancora intorno e notai vicino a uno dei due cancelli la figura dell'uomo paffuto salutarmi.
Mi avvicinai continuando a guardami intorno, notando che il parco era proprio come me lo ricordavo.
Esattamente, come ricordavo.
Ed è impossibile perché quel parco negli anni è cambiato molto, il sindaco iniziò a non occuparsene più con molta cura, alcuni giochi furono rotti da ragazzini “ribelli” e mai più sostituiti.
«Hey stalker! Dove mi hai portato? Che mi hai fatto? Mi hai dato qualche droga?»
Gli dissi, lui allargò le braccia e sorrise.
«Non lo vedi? Questo è il quartiere dove sei cresciuto, tu e i tuoi amici» Rispose.
Io alzai gli occhi al cielo «Lo vedo, ma questo non è il parco del mio quartiere, quindi dove»
L'uomo rise sonoramente.
«Certo che non lo è ragazzo mio! Te lo dissi sul ponte no? Portarti in un posto dove non sentivi quel dilaniante dolore»
Lo guardai come se fosse folle.
«Mi stai dicendo che è un realtà alternativa? Io non voglio stare qua, riportami indietro, nella mia realtà!»
Faticai a crederlo, era un qualcosa di irrazionale, ma più mi guardavo intorno per convincermi fosse un' assurdità più realizzavo che quello intorno a me era la realtà.

Impossibile.

«Giá ora mi credi ragazzino? Non preoccuparti ti riporto a casa come desideri, ma prima devi fare una cosa per me, per questo ti ho riportato qui»
«Cosa devo fare? Dimmelo così puoi riportarmi a casa»
Mr Stalker rise «Non così in fretta! Non posso dirtelo io, devi capirlo da solo, ma ti prometto che per quanto ti possa sembrare confusionale alla fine di tutto capirai. Tieni questo ti saranno utili»
Continuò porgendomi un sacchetto trasparente con all'interno dei documenti, chiavi e vari fogli.
«Che roba è?» Chiesi prendendo il sacchetto.
«Immagino che starai qui per un po' e non puoi mica dormire altre notti in questo parco come un vagabondo»
Io sbottai «Cosa! Non voglio stare qui un'eternità, fammi tornare a casa, questo è sequestro di persona.»
L'uomo rise ancora, come se si stesse divertendo un sacco a vedere persone sclerale per dei viaggi dimensionali.
«E che dirai? Un uomo mi ha rapito e portato in un'altra dimensione? Non trovi sia ridicolo. Se non vuoi stare qui sbrigati a capire cosa devi fare per andare via»
Mi voltai sentendo il rumore di bambini seguiti da un'insegnante che entravano dall'altro ingresso, quando mi girai mister stalker non era più lì.

Fantastico

Mi sedetti su una panchina di legno nell'angolo e aprii il sacchetto. Tutta questa storia è assurda ma che posso farci, sono letteralmente seduto in un parco completamente diverso da quello reale.

Nel sacchetto trovai una carta d'identità, il mio nome era identico ma la data di nascita era sbagliata, se fossi nella mia realtà ora avrei qualcosa come tredici-quattordici anni in più. Continuai ad analizzare il resto del contenuto, trovando delle chiavi.
Probabilmente di un appartamento. E infine dei fogli, sembravano degli appunti. Leggendoli realizzai erano più delle istruzioni d'uso.
C'era segnato un indirizzo di una via non distante da qui, e delle informazioni sulla mia vita. Ma non la mia bensì quella che dovevo impersonare in questa realtà.
A quanto pare sarò un giovane adulto che lavora come assistente nella portineria della scuola elementare.
La mia vecchia scuola elementare, e l'indirizzo segnato era la mia nuova casa.
Bene quindi a quanto pare ho un lavoro e una casa e cosa me ne devo fare di tutto ciò? Cosa vuole da me quell'uomo? Che diamine devo fare qui?

«Ciao! Vuoi giocare?»
Sentii una voce acuta e fastidiosa poco distante da me. Deve essere uno di quei bambini della scuola. Fantastico io “adoro” i bambini.
«Lo sai che non dovresti parlare con gli sconosciuti?»
Dissi mentre voltai lo sguardo su quella creaturina. Mi trovai di fronte una bambina familiare, i capelli di un marrone scuro tagliati a caschetto, indossava la divisa della scuola, la maglietta bianca col colletto blu e il logo sul lato sinistro, pantaloncini blu scuri e scarpette da ginnastica nere, tra le mani stringeva una palla di gomma arancione.
Mi pietrificai, era fin troppo familiare.
La bambina con i suoi due grandi occhi scuri mi fissò
«Oh, allora ciao io sono Hannan, ho sette anni e faccio la seconda elementare e mi piacciono tanto i girasoli e i gelati!»
Disse sorridendo così intensamente che temetti le si potesse staccare la pelle. La guardai ancora impietrito.

È tutto uno scherzo vero? Non può essere!
Più la guardai più era reale.
Dove diavolo mi aveva mandato mr stalker!

«C-che sai facendo?» le domandai.
«Mi sto presentando, così non saremo più sconosciuti e possiamo giocare insieme! Tu come ti chiami?»
Rispose sedendosi al mio fianco.
Se è questo che vuole quello stalker non posso farlo.

Io non posso...

«Rei» risposi alla bambina.
«Fantastico! Ora andiamo a giocare!»
Hannan saltò dalla panchina dirigendosi verso uno spazio tra le aiuole dove il pavimento era liscio e non c'erano mattoncini come per il resto del parco.
«Non sono bravo a giocare con i bambini. Non hai altri amici con cui giocare?»
Dissi seguendola lentamente.
«Il mio migliore amico è a casa con la febbre, da tre giorni!»
Rispose mimando il numero tre con le dita.

Non posso farlo, non posso giocare con lei!

«Senti se vuoi giocare con la palla perché non giochi con loro?»
Le dissi indicando un gruppetto di bambini che giocava a calcio.
«Loro mi sono antipatici, mi danno sempre del maschiaccio! E le mie amiche stanno giocando ad altro»
Rispose, e ora notai che tutte le altre bambine avevano una gonnellina al posto dei pantaloncini.
«Senti mi dispiace ma ho un impegno! Gioca con quei bambini se proprio vuoi farlo»
Vidi gli occhi della bambina diventare tristi.
Lo so sono una persona orribile trattare così un bambina, ma non posso.
Tutta questa storia del viaggio dimensionale, non solo è una realtà alternativa sono anche indietro nel tempo! Ora capisco perché la data su quel documento era sbagliata di 13 anni, per permettermi di avere lo stesso vent'anni anche se mi trovavo indietro nel tempo!
Questo è molto peggio di quanto immaginavo, un viaggio nel tempo è peggio di una realtà alternativa.
Ero andato nel bosco per dimenticare tutto, George, il mio passato, il vuoto che portavo dentro e invece cos avevo ottenuto?
Rimanere bloccato nel passato in una realtà alternativa con una versione di un Lukas in miniatura.
Questo è troppo!





~NA~
Bentornati in questo nuovo capitolo, prima di tutto volevo ringraziare per i commenti e i messaggi che alcuni di voi mi hanno inviato❤️. Questa storia è per me molto significativa. Continuate a lasciare stelline e commenti se vi sta piacendo.
~Leo

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