27
Ci sedemmo intorno al tavolo, George si sedette accanto a me facendomi da scudo tra me e mia madre, sua madre ci servì i suoi famigerati biscotti alle mandorle, pere e cioccolato che ci preparava sin da piccoli. Ci chiese se volevamo altro e poi si sedette difronte a noi due. «Rei caro, non ci vediamo da tanto tempo. Com'è andato con il liceo, e l'università?» Mi chiese gentile. La guardai un po' titubante, poi le risposi. «Si è andato bene, più o meno. Ora studio arte all'accademia» La donna mi guardò con gli occhi che le brillavano. «Oh si, ricordo che avevi proprio un talento per il disegno. Sono felice che hai continuato!» George cercò di intervenire e cambiare argomento. «Sai mamma ho deciso di cambiare università, l'accademia di Lukas ha anche il dipartimento musicale, posso continuare lì gli studi e» George fu interrotto da sua madre che chiese entusiasta. «Quindi andrete nello stesso istituto?!» Noi annuimmo e lei sorrise felice. «Mi sembra di tornare a quando eravate bambini... Quindi avete fatto pace?» La madre di George non smise un minuto di guardarci felice e sorpresa, mentre continuavo a sentire addosso lo sguardo silenzioso e persistente di mia madre. «Beh mamma non avevamo proprio litigato» George fu di nuovo interrotto da sua madre. «E allora perché non vi siete sentiti per tutti questi anni?» Abbassai lo sguardo, non voglio parlare di questo proprio qui con lei e mia madre. George notò il mio cambio d'umore e da sotto il tavolo allungò la sua mano verso la mia stringendola. «Mamma, non credo che abbia importanza ora» Rispose guardandola serio. «Oh, scusate.» Rispose preoccupata «È solo che, sapete, voi due eravate inseparabili. Dovevamo fare le lotte quando dovevamo tornare a casa e poi di colpo vi siete separati. Avete fatto due licei diversi, due vite diverse, e sono successe tante cose...» I ricordi di quegli anni mi apparvero davanti. Strinsi di più la mano di George. «Mamma» Mormorò e dopo la guardò scuotendo la testa. Lo sguardo triste di sua madre mi confermo che lei sapeva cosa mi era successo al liceo, mi sorprese che mia madre glielo avesse raccontato. L'aria si fece di colpo pesante per me. George finse di guardare l'ora sul telefono. «Ora dobbiamo andare o faremo tardi. Andiamo Lukas. Mamma, zia Sandra, ci vediamo» Si alzò, salutò le due donne e mi tirò verso la sua camera. Presi il mio zaino e George mi guardò confuso. «Ho bisogno di questo, poi ti spiego» Gli dissi. Lui prese due giacche più o meno leggere e me ne passò una. «Ti serve questa, poi ti spiego» Disse facendomi il verso, era una tipica giacca per andare sulla moto, la mia era nera con degli adesivi cuciti su mentre l'altra era simile ma di un verde militare, non feci domande e la indossai. Mentre ci apprestavano ad uscire e salutare, la madre di George ci raggiunse alla porta e ci diede un sacchetto con dentro il resto dei biscotti che non avevamo finito di mangiare prima. «Per il viaggio» Aggiunse, la ringraziai. Anche mia madre si era avvicinata, salutò George e infine tornò a guardarmi. «Ciao, e vedi di non rifinire di nuovo in ospedale» Mi disse fredda, ma il suo tono sembrava diverso dal solito, era forse preoccupata? Considerando che prima ogni volta che ci vedevamo litigavamo rimasi stupito che non avesse detto nient'altro. La salutai velocemente e seguii George verso i garage. «Allora dove vuoi andare?» Mi chiese fermandosi davanti ad una delle saracinesche. «Al bosco» Gli risposi. Il suo sguardo scattò come una molla verso di me. «Sei sicuro?» Mi chiese preoccupato. Annuii. «Si devo fare una cosa» Lui mi sorrise anche se era ancora teso. «Okay, allora andiamo» Apre il garage e si avvicina ad una moto nera con qualche dettaglio rosso, credo sia una BMW, non so, di moto non ne capisco molto, so solo le loro statistiche nei videogiochi ma riconoscerle nella vita reale...no. «Andremo con la mia moto» Disse spostandola fuori e chiudendo il garage dietro di lui. Ecco spiegato il perché delle giacche. «Sei mai salito su una di queste?» Lo guardai. «Si certo che sono salito su una moto!» Mentii, George se ne accorse e sospirò alzando gli occhi al cielo. «Okay, tieni questo» Si avvicinò a me e mi infilò un casco in testa, assicurandosi di fissarlo per bene, poi salì sulla moto. «Tieniti forte a me, e non preoccuparti ti tengo io se dovessi scivolare. Ci andrò piano visto che è la tua prima volta» Mi sorrise con un ghigno stupido sul viso, gli diedi un pugno sulla spalla «Idiota» Gli dissi e poi salii sulla moto.
Che l'abbia fatto apposta o no, non lo so ma non ci andò molto piano con la moto, costringendomi a tenermi stretto a lui. George si fermò parcheggiando in uno spiazzale vicino all' ingresso del bosco. «E questo sarebbe il tuo andare piano!?» Gli dissi scendendo dalla moto togliendo il casco. George, si tolse anche lui il casco e si lasciò andare in una risata. «No. Semplicemente mi piaceva che mi stringessi» Gli diedi un altro pugno sulla braccio. «Stronzo» Gli passai il casco . Entrambi camminammo fino all'insegna di legno. Mi voltai verso di George. «Sei mai tornato qui?» Mi chiesi se anche lui come me aveva evitato questo posto come la peste o se fosse tornato. Lui scosse la testa. «Senza di te non aveva senso» Mi guardò e mi offrì la sua mano. «Andiamo?» Annuii stringendogliela e insieme entrammo nel bosco.
Nonostante io e George venivamo qui ogni giorno non ero abituato a vedere il bosco con le luci autunnali. Mi sembra di essere in un posto nuovo, i raggi del sole ora riflettevano le dorate foglie degli alberi, il sentiero era ricoperto da foglie rosse e arancioni che formavano un grosso tappeto dai toni caldi e vivaci. Camminavamo immersi nel silenzio e nella calma, sentivo la luce che passando tra le foglie si rifletteva sul mio viso, mi faceva stare bene. Mi sentivo a casa. Per la prima volta dopo anni quando penso a questo posto non sento una fitta al cuore, non mi venivano più in mente tutti i brutti momenti passati, e anche la sensazione di nostalgia era svanita perché per ora sono tornato con George, sento che è la sua presenza a farmi stare sereno. Mi accorsi di essere rimasto incantato con il naso all'insù osservando degli uccellini che si recavano al nido tra i rami di un albero. Mi girai ma George non era più al mio fianco, ero rimasto così immerso nei ricordi da non essermi accorto che era dietro di me e mi stava abbracciando, nonostante avessi lo zaino sulle spalle riuscì a sussurrarmi all'orecchio. «Ora mi dici cosa dovevi fare qui?» Oh, sì giusto. Me ne stavo quasi dimenticando. «Visto che siamo qui, facciamo come ai vecchi tempi. Se arrivi prima di me al ponte te lo dico» Gli dissi alzando la testa per guardarlo. «Lo sai. Sono anni che ci sfidiamo in questa corsa e non sei mai riuscito a superarmi» Mi sorrise con aria di sfida. «Vediamo!» Esclamai e dopo corsi verso il sentiero, spingendo lui leggermente indietro. «Hey, non è giusto sei partito prima» George mi inseguì e in poco tempo mi sorpassò. Iniziai a correre più veloce per superarlo, era difficile e sentivo di non avere più aria nei polmoni ma ero felice. Flashback iniziarono a scorremi accanto nella corsa, tutti quei ricordi che avevo da sempre maledetto perché mi ricordavano una felicità che non potevo più avere, mi sbagliavo, dovevo fare i conti col passato, non evitarlo. «Corri Lukas, non restare indietro!» Mi urlò George ridendo. Proprio come da bambini.
Arrivammo al ponte ansimando e stanchi. George si lasciò cadere sotto una quercia al lato del ponte, la stessa quercia dove ci sedevamo spesso, da lì c'era un bel panorama del ruscello e del bosco. Io arrivai poco dopo e mi sedetti accanto a lui. «Stai bene?» Mi domandò gli risposi annuendo. «Ti ho detto che ti avrei battuto» Disse respirando pesantemente cercando di prendere fiato, aveva sul viso un sorriso felice e divertito. «Ho vinto quindi parla» Continuò. Aprii il mio zaino e presi il blocco da disegno e l'astuccio con le matite. «Devo fare uno schizzo per un quadro» Gli risposi e mi misi più comodo in modo da poter disegnare meglio il bosco a noi circostante. George cercò di guardarmi mentre disegnavo ma stando alla mia sinistra riusciva solo a vedere la mia mano che copriva la maggior parte del foglio, visto che sono mancino. Dopo un po' si arrese e si alzò camminando vicino al ponte. «Secondo te quell'acqua è potabile? Ho sete» Alzai lo sguardo e lo guardai inarcando un sopracciglio. «Non mi fiderei ma prova. Se poi inizi a vomitare arcobaleni sappiamo che è colpa del fiume» George rise. «Meglio lasciar perdere» Disse, poi iniziò a camminare sul ponte, io tornai al mio disegno. Mentre abbassavo di nuovo la testa mi sembrò di aver visto qualcosa, o meglio qualcuno che sorrideva riflesso nella luce, guardai subito verso quegli alberi ma non vidi niente, il sole passava tra le foglie senza formare nessuna forma particolare ma io ho come la sensazione che lui era qui.
"Potresti definirmi come un angelo custode" Mi ricordo mi disse la prima volta che ci incontrammo e ora un po' ci credo che sia così. «Non credevo fosse ancora qui!» George esclamò felice, alzai di nuovo la testa e lo trovai vicino al muretto del ponte che accarezzava una pietra. Si girò verso di me e mi sorrise «Le nostre iniziali. Si certo le abbiamo incise e abbiamo passato un intera giornata a farlo ma credevo che dopo tutto questo tempo, tra le piogge e altro, che si fossero cancellate, che la pietra sfaldandosi le avesse rovinate e invece» Tornai a disegnare. «Beh noi due siamo ancora amici quindi anche la scritta è rimasta» George schioccò la lingua. «Amici. Si siamo amici» Disse con un tono leggero e malonico. Lo guardai con la coda dell'occhio, non capisco perché sembra dispiaciuto in fondo siamo tornati amici dopo anni, non è una cosa positiva? George tornò a sedersi accanto a me, stavolta si assicurò di sedersi alla mia destra e poggiò la testa sulla mia spalla così riesce a vedere il disegno. Lo vidi che titubante avvicina la sua mano alla mia mano destra che tenevo rilassata sul terreno, stavo per dirgli qualcosa ma dopo un momento di esitazione finalmente si decise e afferrò la mia mano intrecciando la sue dita con le mie. Era un po' difficile concentrarsi sul disegnare quando avevo George appoggiato a me con i suoi occhi incollati su di me e la cosa peggiorò quando iniziò col pollice ad accarezzarmi il dorso della mano. All'improvviso si ferma e noto che il suo sguardo non è più sul disegno o su di me. Si raddrizzò tirandosi su. «Oi cos'è questo?» Mi chiese sollevando delicatamente il mio polso portandolo più vicino al suo viso, sentii che con un dito passò sopra i segni ormai bianchi situati lì. «Nulla, solo una brutta abitudine» Gli rispondo continuando a disegnare, non riesco a guardarlo in faccia dopo questo. «Lukas..» Il suo tono era dolce e preoccupato. Con l'altra mano mi prese il viso in modo che ci potessimo guardare, il suo sguardo sembrava ferito. «È tutto okay, davvero! George non devi preoccuparti era solo un periodo poi le cose sono andate meglio e ho smesso» Gli risposi cercando di rassicurarlo, mi sento colpevole, abbassai gli occhi osservando le foglie a terra. «Fammi indovinare il periodo in questione era gli anni dopo le medie vero?» Continuò lasciando la presa sul mio viso. Io annuii e tornai al disegno sperando che la conversazione potesse finire qui. Lui mi strinse la mano, lo percepivo si sentiva colpevole. «Non è colpa tua George, quindi non sentirti in colpa, non farlo ti prego» La mia voce risuonò come scheggiata. Con la coda dell'occhio vidi che fece un sorriso triste. «Come faccio a non sentirmi in colpa? Tu stavi attraversando l'inferno, ti sei fatto questi, e io non ero nemmeno lì con te» Disse in un debole sussurro pieno di tristezza e dolore. «Ora non li faccio più, non preoccuparti» Mormorai come se questo potesse cambiare la situazione. Cambiare il passato era impossibile, lo so ci ho provato, neanche con un viaggio nel tempo puoi cambiare le cose. George scattò come se avessi attivato un qualche pulsante. «Credi che io sia cieco? Lukas, guardami!» Disse mantenendo un tono calmo, alzai lo sguardo verso di lui che mi guardava severo. Lo sguardo di chi voleva fare da tempo quella conversazione. «All'ospedale, l'ho vista che ne porti una dentro a quel tuo astuccio che usi per disegnare» Mi congelai sul posto, posai il blocco da disegno e lanciai una rapida occhiata all'astuccio di latta in questione lasciato sul terreno al mio fianco. «Mi serve per affilare la punta delle matite» Gli risposi trovando subito la scusa scelta per chiunque mi avrebbe mai fatto quel tipo di domanda. George scosse la testa «Per quello basta un comune e semplice temperino, non serve avere un... avere una lama» Le parole gli morirono in gola sull'ultima frase. Rapido passai alla scusa numero due. «Con quella escono meglio, più definite e il disegno risulta più fine e pulito» Distolsi lo sguardo verso il pavimento e mentii ancora, anche se so che è tutto inutile con George, lui sa quando mento. «Ma fammi il piacere! Queste cazzate raccontale a qualcuno che ci crede. C'è un altro motivo, lo so» Ecco appunto, lui sa sempre quando mento. Il tono deciso che ha usato implica che vuole una risposta a costo di dovere aspettare anche una giornata intera così. Aspettai un po', poi mi voltai verso di lui ma tenni lo stesso lo sguardo verso la terra, sospirai e ammisi la verità. «Mi fa stare più tranquillo. Sto provando a smettere, ho smesso, ma a volte è difficile e tenerla vicino e sapere che potrei in un qualunque momento mi calma, perché so che se i miei pensieri, le mie emozioni, dovessero persistere e essere troppo per me posso tagliarli via immediatamente, cerco di resistere. La porto solo come se fosse una specie di ancora di salvataggio» Ammisi, la gola che mi bruciava per aver cercato di trattenere le lacrime. George mi guarda intensamente, stava pensando a cosa fare, a un qualcosa da dire, poi vidi davanti ai miei occhi che mi offrì il palmo della sua mano. «Dalla a me» Alzai lo sguardo verso di lui, i suoi occhi blu erano lucidi e si stava davvero sforzando tanto nel trattenere le lacrime e a guardarmi con un sorriso. «La porterò io. Voglio essere io la tua ancora di salvataggio» Aggiunse. Lo osservai incredulo, lui annuii incoraggiandomi a farlo. Guardai lui e l'astuccio. Con le mani che mi tremavano passai l'astuccio a George, lo aprì e prese la lama del rasoio, la avvolse in un fazzoletto e se la mise nella tasca del giubbino. Scattò verso di me e mi abbracciò forte, sentii delle gocce cadere sulla mia spalla, l'avevo ferito. Ormai ho realizzato che per anni non ho fatto altro che ferirlo e ferirci a vicenda. «George il passato ormai è passato, è finito ora sto meglio»
«Meglio?» George si tirò su e mi fissò. «Lukas non possiamo semplicemente ingnorare cosa stavi per fare proprio qui» Disse voltandosi a fissare per un istante il ponte. «Si lo so, e l'ospedale insieme alle dimissioni ha programmato delle sedute psicologiche. Ma credimi sto meglio, non devi avere paura per me» Mi presi un secondo per osservare i suoi occhi oceano. «Okay non prendermi per pazzo ma mentre dormivo ho fatto una specie di viaggio nel tempo, come una sorta di sogno, ho incontrato il me stesso del passato, quando avevamo sette anni. Sono stato in po' con lui, ci ho giocato, parlato, ho rivissuto momenti passati e ho potuto vedere delle cose da un altro punto di vista che non avevo mai considerato. E ora penso a lui in modo diverso, e mi sentirei in colpa se facessi qualcosa di brutto a quel bambino.» Buttai fuori, sospirai «Sai c'eri anche tu!»
«Io?» Esclamò confuso. «Si certo, eri un cosetto biondo di un metro e una vigorsol» Lo presi in giro. Lui mise un finto broncio. «Guarda che sono sempre stato più alto di te.» Replicò. «Dettagli. È stato divertente vedere come non ti fidassi di me adulto» Continuai iniziando a ridere leggermente. «Cosa? Io non fidarmi di te?» George sembrava ancora più confuso «Oh sì, stavamo giocando al parco, io il mini me e il mini te e tu hai iniziato a farmi il quarto grado. Non so forse il baby te credeva che fossi una spia o un super criminale che voleva rapire Lukas» Dissi con leggerezza e anche George inizió a ridere. «Allora il baby me ha fatto bene. Poi mi racconterai meglio tutto, voglio sapere di questo tuo "viaggio". Non è giusto anche io voglio incontrare il baby te!!» Disse con tono scherzoso poi divenne di colpo silenzioso. George prendendo il mio viso tra le mani si avvicinò poggiando la sua forte alla mia. «Ti prego non lasciarmi più. Non potrei vivere senza di te» Sussurrò, io annuii.
Hey, bentornato in questo nuovo capitolo, come sempre spero vi sia piaciuto.
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