26
Finalmente arrivò il giorno in cui potevo lasciare questo posto. Considerando che è un giorno infrasettimanale Ania e Carlos avevano lezione e in teoria anche George, anche se stava aspettando i risultati del test per il passaggio d'iscrizione era comunque ancora inscritto alla sua vecchia università, ma a quanto pare a lui non importava perdere un'altra lezione.
Un' infermiera giovane entrò nella stanza, la guardai e assomigliava ad una versione adulta di una persona che conoscevo. «Ciao ragazzi» Disse salutandoci. «Ciao Sky!» Le rispose George che stava seduto accanto a me sul letto. Sky poi guardò me. «Ciao, scusami sarei voluta venire prima a salutarti, ma visto che hai cambiato nome non ti avevo riconosciuto all'inizio, poi ho visto George tra i corridoi, anche se non ci vediamo dalle medie visto che oggi vai via volevo passare a salutarti» Mi disse con un sorriso. Restammo tutti e tre a parlare per qualche minuto e fu una conversazione piacevole. Sky è sempre stata una ragazza simpatica, ma ora aveva una luce emozionata negli occhi e temo di capire anche il perché. «Ragazzi, vi siete messi insieme?» Ci domandò attendendo con ansia una risposta. Ecco lo sapevo. Io prima sbiancai, poi divenni rossi. Provai a dire qualcosa ma uscì solo uno strano verso. «Il vostro primo bacio è stato così...wow. Non vi siete staccati per almeno cinque minuti buoni, c'è stato per forza qualcosa» Continuò, io rimasi in silenzio, un po' per l'imbarazzo e un po' perché ricordo bene cosa successe dopo quel bellissimo bacio. George lo notò e intervenne. «Okay Sky, basta tormentare il mio r-..» George si bloccò facendosi rosso e a seguito ci fù un grido di esultanza di Sky. «Lo sapevo! Oh devo dirlo a Charlotte, io l'ho sempre detto che eravate perfetti!» Disse, Charlotte era la sua migliore amica alle medie, l'unica che riusciva a tenerla a freno. «Oh sei rimasta in contatto con lei?» Domandò George cercando di cambiare argomento. Sky sorrise. «Si certo è la mia migliore amica, e da qualche anno la mia ragazza» Rispose, io e George rimanemmo sorpresi, io pensavo stesse ancora con Malcolm, il suo fidanzato delle medie con cui sembrava avere grosse affinità. «Oh bene mi fa piacere» Le rispose George sorridendole. «Si beh sapete, è stata la classica storia migliori amici che scoprono di amarsi» Sky ci lanciò una chiara occhiata, mi sentii strano e in soggezione, di sicuro con quel suo sguardo stava alludendo a me e George. «Ora devo tornare al mio tirocinio, vi mando la dottoressa» Concluse lasciando la stanza. Io e George rimanemmo in silenzio. Sky ha ragione, ma resta comunque il fatto che io e George non stiamo insieme, lui si comporta solo come si è sempre comportato con me, solo che ora è un po' più preoccupato per via di quello che è successo, però ci siamo baciati, ma un bacio non vuol dire nulla giusto?
George mi sorrise. «Hey che ne dici di fare un giro prima che ti riporto a casa?» Mi propose, poi prese il borsone al quale aveva appena finito di legare i palloncini, diventati ormai diciassette. «Possiamo passare da me, posiamo queste borse e andiamo da qualche parte. Ti va?» Continuò, ci pensai un po' su, poi annuii. «In effetti c'è un posto in cui voglio andare» Gli dissi. George sembrò rianimarsi. «Perfetto! Andremo ovunque tu voglia» Rispose con entusiasmo e prese il borsone, mentre io tenevo sulla spalla lo zaino. Attendemmo che la dottoressa ci consegnasse i fogli delle dimissioni e prendemmo un taxi che ci portò a casa di George. Scesi dall'auto e fissai gli edifici, casa mia era proprio lì accanto, ebbi quasi i brividi al pensiero di tornare in quella casa che per anni mi è apparsa come una cella fredda. George mi guardò perplesso. «Mia madre dovrebbe essere in casa, non devi salire se non ti va. Posso portare da solo il borsone su» Mi disse. Mi sistemai meglio lo zaino sulla spalla e provai a sorridergli. «Scherzi!? Voglio salutarla» Gli risposi. Incredibile ma si volevo rivedere la madre di George, è sempre stata una brava persona, soprattutto come me. Salutala era il minimo dopo tutto quello che aveva fatto per me. George mi strinse la mano e entrammo nel palazzo, il cuore mi batteva forte nel petto mentre salivo quelle scale che mi portavano alla porta della casa del mio migliore amico, la casa dove per un' infanzia intera mi sono rifugiato e passavo i pomeriggi giocando con George. Ero agitato di incontrare la mamma di George? Si, no, forse, anche se non dovrei essere agitato, quella donna mi ha visto crescere, le nostre famiglie hanno passato anni di vacanze insieme è come se fosse quasi mia zia, ma il mio problema erano tutti quei anni che ho passato a evitare George e quindi di conseguenza anche sua madre, e anche il fatto che quella donna fosse la persona più vicina a mia madre. George vedendomi agitato mi guardò chiedendomi se fosse tutto okay, avvicinò la sua fronte alla mia. «È solo mia madre ma non devi farlo se non te la senti» Sussurrò. «No, sto bene, voglio salutarla, non ci vediamo da anni» Risposi, lui annuì, prese le chiavi e aprì la porta. Mi ritrovai in quel salone rimasto identico a come ricordavo, solo qualche foto in più erano comprese sul muro accanto alla televisione. «Mamma sono tornato! C'è anche Luk..» George si bloccò di colpo. C'era solo un muretto che separava il salone dalla cucina e intravidi la mamma di George seduta al tavolo intenta a bere del tè e conversare con una delle sue più care amiche. Mia madre. Il nostro ingresso aveva attratto l'attenzione delle due donne che ora ci fissavano. Mi si congelò il sangue, erano anni che non tornavo a casa, erano anni che non vedevo mia madre. Si beh viaggio del tempo a parte. Sentii un nodo strozzarmi la gola, si creò un silenzio gelante. Sento gli occhi di mia madre studiarmi da capo a piedi, scrutarmi, giudicarmi forse. Fu la mamma di George a rompere il silenzio. «Oh bentornato Georgie» Esclamò posando la tazza sul sottobicchiere sul tavolo e camminò verso di noi, abbracciò George, cosa che non mi sorprese visto che è il suo modo di salutare. Poi si voltò verso di me. «Tesoro, come sei cresciuto! È Rei ora, giusto?» Mi chiese dolce, io annuii. Poi realizzai che da quando avevo cambiato nome non l'avevo più rivista, deve averglielo detto George, era l'unico che poteva averlo fatto. Guardai il mio amico. Certo che racconti proprio tutto a tua madre. Pensai. Aspetta, se George racconta veramente tutto a sua madre significa che lei sapeva della cotta di suo figlio per me!? Divenni rosso. La madre di George mi sorrise, lo stesso sorriso caldo che ha ereditato George, con un gesto delle braccia mi chiese se potesse abbracciarmi e di nuovo annuii. Mi strinse forte, il tipico abbraccio di una mamma. Sentii delle lacrime che minacciavano di uscire ma poi alzai lo sguardo e vidi che seduta in silenzio c'era mia madre, non piangerò davanti a lei. La madre di George sciolse l'abbraccio. «Sono davvero felice di vederti. Soprattutto dopo tutto quello che è successo, George mi ha detto che hai avuto una specie di incidente, ora stai bene, si?» Mi domandò tenendomi le mani preoccupata. «Si tutto bene» Risposi cercando di sorriderle sereno. Da come parlava sembrava che anche George aveva raccontato a sua madre di quella sera facendola passare per un incidente, forse per non farla preoccupare troppo, e di questo gliene sono grato, altrimenti lei l'avrebbe detto a mia madre, che l'avrebbe detto a mio padre, che mi avrebbe fatto la paternale e potevo giocarmi la carta fiducia per sempre. «Su venite vi preparo qualcosa da mangiare» Continuò tirandomi leggermente verso la cucina, avvicinandomi così al tavolo dove era ancora seduta mia madre. «Ehm mamma, veramente siamo qui solo per posare le borse poi dobbiamo andare in un posto» Intervenne George notando il mio disagio nel stare nella stessa stanza con mia madre. La madre di George sembrò restarci un po' male. Guardai lei, mia madre e infine George. «Credo che possiamo fermarci un po', dopotutto sono anni che non ci vediamo» Dissi. George mi guardò preoccupato e mimò con lo sguardo un "Sei sicuro?" gli risposi annuendo. Sua madre invece si riempì di gioia. Dopotutto mi aveva cresciuto anche un po' lei, si vedeva che voleva parlarmi. «Allora vi preparo i vostri biscotti preferiti. Datemi dieci minuti e sono pronti» Disse con uno scintillio negli occhi. «Grazie» Mormorai. «Noi allora aspettiamo su in camera mia» Rispose George prendendomi per il polso e mi allontanò da mia madre, tirandomi verso le scale. Era un appartamento a due piani in un condominio, al piano di sopra c'erano solo due stanze e un bagno. Non c'era bisogno che mi guidasse verso la sua stanza, ricordavo perfettamente dove fosse. La prima cosa che notai di quella camera era come se diverse linee temporali fossero collassate e cercassero di prevalere tra di loro. Era in parte rimasta uguale a sette anni fa, in parte era cambiata, ma non si capiva distintamente la differenza. Sui muri gialli c'erano ancora i poster dei cartoni che guardavamo da bambini e accanto foto di paesaggi che visitavamo durante le vacanze, a seguire poster di band rock e dischi in vinile. Nella sua libreria c'erano ancora i fumetti e sullo stesso scaffale libri di musica classica e spartiti per chitarra accanto a vecchi libri del liceo. La scrivania era piena di cianfrusaglie, un portachiavi di quelli che uscivano da dentro quelle macchinette con la rotella, ricordo di averlo anche io da qualche parte. Li prendemmo sulla spiaggia. Altri fogli erano sparpagliati in disordine al centro della scrivania, altri erano sul pavimento, non erano fogli normali ma quelli dove ci si scrive la musica. Stava provando a scrivere una canzone? Ricordo che giorni fa' all'ospedale mi disse che erano soprattutto lui e il pianista a gettare le basi per i pezzi e poi insieme agli altri aggiungevano le varie parti degli altri strumenti. George posò il borsone a terra e si lasciò cadere sul letto. «Scusami non sapevo che ci fosse anche lei» Disse voltandosi verso di me. Camminai nella stanza fermandomi davanti ad una mensola dove incorniciata c'era una foto di noi due il nostro primo giorno di scuola alle medie, ce la scattó suo padre. Mi scappò un sorriso. La presi e la osservai. George mi teneva un braccio intorno al collo e mi sorrideva rassicurandomi, ricordo che avevo molta paura di andare alle medie. «Non fa niente, sono salito per salutare tua madre non la mia. Quindi non mi importa se c'è anche lei» Posai la foto sulla mensola. George mi guardò non del tutto convinto. «Hai continuato col nuoto? Non ne hai proprio parlato al pub» Gli chiesi notando le vecchie medaglie appese al muro. «Nah, era diventato noioso. Ho smesso poco dopo che hai smesso tu in realtà. Tu perché hai lasciato? Ti piaceva tanto. Era perché eri arrabbiato con me?» Mi chiese guardandomi apprensivo, scossi la testa «Stavamo crescendo, George. Il mio corpo iniziava ad essere più femminile... Non era più divertente andarci» Spostai la testa cercando di cambiare rapidamente argomento «Provi a scrivere una canzone?» Gli chiesi indicando i vari fogli. George si tirò su sedendosi sul letto. «Si, ma è un po' complicato, sto andando a intuizione. Ho lasciato la mia chitarra al dormitorio e qui ho solo quella che usavo da bambino e diciamo che il suono è un po' diverso. Quindi poi immagino che alcune parti le dovrò riadattare per farle suonare meglio» Mi rispose. Mi guardai intorno e solo ora notai che effettivamente a parte qualche vestito qua e là la stanza non sembrava essere vissuta molto. Avevo dimenticato che anche George non viveva più con i genitori ma in uno di quei dormitori aperti solo agli studenti universitari e occasionalmente a studenti del liceo a patto che abbiamo almeno sui sedici anni. Mi aveva anche raccontato che il suo compagno di stanza studiava ingegneria e passava le nottate a scrivere formule su formule mentre svolgeva gli esercizi e lui suonava musica classica per aiutarlo a studiare e rilassarsi. «Se vuoi posso darti un parere sulla parte che hai scritto fino ad adesso» Gli dissi, i suoi occhi si animarono. «Okay, facciamo finta che tu conosca la musica» Mi prese in giro. Camminò fino a prendere una chitarra che era abbastanza piccola per un adulto, ma perfetta per un bambino o un principiante, si sedette sul letto e mi fece cenno di sedermi accanto a lui. Iniziò ad accordarla e suonò il motivetto che stava scrivendo. Non riuscivo a capire se era una canzone allegra o triste, ma capivo che parlava di un qualcosa di forte, un sentimento intenso. «Considera che però mancano ancora le parole, e gli altri strumenti» Mi disse quando finì. «A me sembra bella!» George mi guardò entusiasta che mi fosse piaciuta. «Beh, considerando che non sapresti riconoscere un accordo di Do da un Mi bemolle il tuo giudizio è senz'altro tra i migliori» Mi prese in giro. «Hey, senti chi parla! Ti ricordo il tuo talento nel disegno, Mister A-pollo musicista mutante» Gli risposi facendogli una linguaccia. «E tu avevi detto che mi avresti insegnato a disegnare! Tu sei un grandissimo pittore, io un musicista. Ad ognuno il suo talento!» Continuò, entrambi incominciammo a ridere. George mi guardò intensamente mentre ridevo, sembrava avere due cuoricini al posto degli occhi. «Che c'è?» Gli chiesi. «Mi piace vederti ridere» Spostò la chitarra dal suo grembo e mi fece segno di sedermi tra le sue braccia. «Vieni Leonardo Da Vinci ti insegno qualche accordo» Mi disse con un sorriso. Mi avvicinai a lui, la mia schiena ora era incollata al suo petto, eravamo così vicini che riuscivo a sentire il suo battito. Ero letteralmente davanti a lui rinchiuso tra le sue gambe e le sue braccia, cercai di mantenere il mio respiro regolare ma una parte di me stava impazzendo per la vicinanza. Patetico. Un tempo questo non era sicuramente un problema, eravamo sempre stati vicini l'uno all'altro, in vacanza capitava persino che dormivano insieme, ma ora è diverso. Decisamente diverso. Riprese la chitarra portandola sul mio grembo, ero come avvolto in un abbraccio tra lui e la chitarra. Appoggiò la sua testa sulla mia spalla per avere una visuale migliore sulla chitarra, anche se credo non gli servisse, dopo tutti questi anni sarebbe capace di suonare anche ad occhi chiusi. Aveva iniziato a suonare alle elementari in quei corsi pomeridiani, io alle lezioni di musica mi limitavo a leggere a malapena il pentagramma, ma lui aveva un talento con la chitarra «Metti le mani dove le ho io. La mano destra essendo quella dominante è quella più importante, suona tutti gli accordi quindi devi tenere la presa salda» La sua voce rimbalzò sul mio collo facendomi il solletico. «Ma io sono mancino» Gli dissi con un filo di voce, incapace di riuscire a parlare con un tono più alto. Dannazione George mi hai davvero fatto un sortilegio o cosa? George si scostò di qualche centimetro. «Oh giusto. Allora aspetta, devo solo cambiare l'ordine delle corde e poi puoi suonare con la sinistra» Stava per spostarsi per cambiare le corde ma lo fermai, una parte di me non voleva che si allontanasse e interrompesse questo contatto tra di noi. «Non fa niente, poi dovresti metterti a risistemare le corde dopo, posso imparare con la destra. Tanto sinistra o destra al momento sono incapace con entrambe» George tornò a stringermi tra le sue braccia. «Okay, allora metti le dita così» Con la sua mano destra indirizzò la mia sulle corde giuste continuando a tenerla intrecciata alla mia mano. Con la sinistra prese la mia e tenendola delicatamente come se fosse velluto mi fece sfiorare le corde, suonai il mio primo accordo con la chitarra. «Visto! Non è difficile. Questo era Do» Mi disse entusiasta. Mi insegnò un altro paio di accordi. «Ora suona» Alzai la testa verso di lui. «Che! Ma se so fare a malapena tre accordi!» George rise. «Non preoccuparti ti aiuto io. Io tengo gli accordi e tu suoni le corde» Mi rispose. Lo guardai confuso. In pratica è come se suonasse lui. Spostai la mia mano destra dalla chitarra e George la sostituì con la sua, prese di nuovo la mia mano sinistra aiutandomi a suonare le corde con il giusto ritmo mentre lui eseguiva gli accordi. Mentre "suonavamo" George avvicinò di più il suo viso al mio collo, ora non potevo più ignorare la sensazione del suo respiro sulla mia pelle. Le farfalle che sbattevano nel mio stomaco erano appena salite sulle montagne russe. George sembrava così rilassato mentre io stavo letteralmente impazzendo, il calore nel mio petto si stava espandendo come se stessi buttando benzina sul fuoco. Non mi sono mai sentito così, non mi sono mai sentito così vivo. Potevo vedere George solo di striscio, ma i suoi occhi erano incollati su di me, completamente perso a guardarmi ma nonostante questo riusciva lo stesso a suonare. Lo sguardo con cui mi osserva è uno sguardo che non gli avevo mai visto fare, io suoi occhi blu mare sembrano ardere come fiamme in un incendio. Provai una nuova e strana sensazione che mi opprimeva e sembrava chiedere di essere liberata. Mi voltai a guardarlo, ormai la canzone che stavamo suonando non aveva più importanza, George posò la chitarra e avvolse il braccio intorno alla mia vita, i nostri visi erano a qualche centimetro di distanza. Il cuore sembrava volesse esplodermi in petto.
Il momento fu interrotto dalla madre di George che bussò alla porta. «Ragazzi i biscotti sono pronti!» Si limitò a reclamare senza aprire la porta. George mi sorrise e roteò gli occhi al cielo. «Conservalo per dopo» Mi disse e dopo si allungò verso il mio collo lasciandomi un bacio. «Su andiamo ho fame» Continuò trascinandomi verso la cucina.
Hey, ecco un nuovo capitolo. Lasciate un commento o una stellina se vi è piaciuto e dite come vi è sembrato.
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