1.02 What If...

Sanji never left Germa until 19? ( probably Zosan? Yes?? Pt. 3)

Alla persona piaceva la renna.
Non si fidava totalmente di essa ed ovviamente la presenza era pronta a scappare via da lì - per quanto quel posto fosse cosí accogliente, tra le coperte e la morbidezza del letto - alla prima occasione di disagio o cose simili - insomma, si trovava a parlare con una renna parlante! Come avrebbe potuto atteggiarsi come se niente fosse? Come avrebbe potuto? Ancora non era del tutto sicura che ciò che le stava capitando fosse reale. Era indecisa se credere che il tutto fosse un sogno o meno, ma qui aveva un punto di domanda che si sforzava di ignorare, per quanto fosse comunque presente in un lato della sua testa: se fosse stato davvero un sogno... Perché sentiva dolore ovunque? Non avrebbe dovuto provare niente, in teoria - ma, essenzialmente, l'esserino bizzarro che la persona si era trovata davanti... era troppo tenero per non aver parzialmente conquistato già il suo gradimento.
C'era qualcosa nel suo atteggiamento dolce e nei suoi occhioni grandi che inducevano l'esistenza a volersi fidare almeno un pochino della creatura... E per quanto il suo cervello le dicesse che fidarsi era sempre solo e soltanto un modo per soffrire, per autodistruggersi con speranze inutili ed inconcludenti, era troppo affamata, troppo desiderosa di staccare la spina d'allarme per lasciarsi afferrare dall'azione dell'autodifesa - un azione d'autodifesa che non era neppure capace di compiere per quanto debole era. Avrebbero potuto tranquillamente ucciderlo senza che la esistenza sarebbe riuscita a lottare decentemente e la cosa le faceva percepire un vago disgusto nei suoi stessi confronti e parecchia ansia -.
E per questo, quando la renna parlante era uscita dalla stanza della nave - su cui a quanto pareva l'essenza si trovava -, promettendo di tornare immediatamente, era rimasta su quel letto ad aspettare, neppure cercando di scivolare fuori dal letto, non più, continuando a non notare minimamente la presenza dello spadaccino - il quale, comunque, stava cercando di fissare la propria attenzione altrove e non sul biondo, chiudendo difatti gli occhi e cercando di dormire -.
In cambio, la figura realizzò qualcos'altro, nel frattempo, facendo scontrare involontariamente una ciocca di capelli con il polso e facendo perlopiù un secondo movimento che lo paralizzò dalla testa ai piedi.
Quel qualcosa scoperto che la scioccò a dir poco, poiché non se lo sarebbe mai aspettato, sul serio, nonostante il fatto che forse avrebbe dovuto essere ovvio - Per via della domanda diretta all'esistenza basata sul mangiare- era il fatto che, bhe... Non aveva più la maschera di ferro al di sopra della testa.
No, non c'era più.
L'esistenza poteva sentire il proprio volto sotto le dita.
Poteva sfiorare ogni singolo centimetro della propria carne sia con le punte delle dita che con l'intero palmo.
Poteva accarezzare le proprie ciglia, sfiorare la propria bocca, sentirsi grattare la carne dei palmi per via di della leggera barba...
Di tutte le lacrime spese nella propria cella nella sua opprimente solitudine, questa era stata la prima volta che quelle gocce salate, silenziose e lente, erano uscite con una sensazione totalmente diversa ad accompagnarle.
Niente dolore e desolazione.
Niente prigionia.
Solo sollievo... E qualcosa di ancora più bello, che semplicemente si diffondeva nel suo corpo tramite brividi di piacere lungo la spina dorsale: Libertà.
Si sentiva leggera, la persona, sentiva come se le avessero tolto un masso dal collo e dalla schiena, permettendole di fluttuare a mezz'aria, non toccando più il suolo neppure con le punte dei piedi o con il tallone.
La persona si fece cosí ancora più convinta che, o tutto doveva essere o un sogno... o magari doveva essere morto e quindi finito in paradiso, robe del genere, perché non era possibile che si sentisse cosí bene, in quel momento.
Non poteva essere la realtà.
Era troppo bello e la realtà non poteva essere cosí bella.
La bellezza nella vita era qualcosa di inconcepibile per l'esistenza che, tra una cosa e l'altra, era sempre stata convinta che la felicità fosse qualche cosa di leggibile solo nei libri, estremamente lontana dalle sue possibilità.
Per la persona, il calore che proveniva dalla gioia che lo inondava in quel preciso istante, nel mentre che altre lacrime scivolavano sul suo volto, fredde e silenziose, era qualcosa di poco familiare, ma comunque un accenno di ricordo della sensazione vi era, come se le fosse capitata solo una volta o due, molto tempo addietro... come se questa fosse una lucina minuscola ed offuscata in mezzo al nero che aveva sempre caratterizzato le sfumature della sua vita, una sorta di scia leggerissima, impressa con delicatezza nella sua mente in un quando che non sapeva nemmeno quale fosse.
Si lasciava accettare i singhiozzi silenziosi, i sussulti che scuotevano ogni parte del suo petto e del suo respiro irregolare, mentre le sue dita, ancora una volta, andavano a percorrere la morbidezza dei suoi lineamenti e la ruvidità delle parti laddove la barba li decorava, salendo poi ai capelli.
Era normale sentire cosí tante emozioni nell'appoggiare delle falangi ad una chioma sporca e disordinata?
Forse no, ma in generale alla persona non importava più un fico secco di cosa fosse normale e cosa non lo fosse: voleva solo gustarsi l'attimo e basta, ringraziando il destino per averle permesso una tale svolta, che fosse portata da una fantasia della sua testa o dalla sua stessa morte.
Se era un sogno, pregava che non si interrompesse mai.
Se era morto... Accettava la sorte con pieno apprezzamento: dopotutto, nella sua vita, era sempre stata una figura priva di qualsiasi tipo di emozione felice, neppure degna di averne, o almeno, cosí lui le aveva sempre ricordato.
Ma adesso... Con il volto tra le mani, districandosi tra lunghe ciocche di capelli, lasciando che le proprie guance sfiorassero perfino la morbidezza delle lenzuola, la presenza si sentiva come rinata.
Si asciugò gli occhi bagnati dalle lacrime utilizzando i pollici, riuscendo solo ad aumentare la loro discesa, deglutendo ripetutamente e prendendo respiri profondi nella speranza di bloccare il troppo rapido processo delle righe bagnate sui suoi lineamenti, poiché non voleva mostrare il proprio pianto alla renna che, dai rumori di passi dietro alla porta, doveva essere tornata.

*

Chopper rientrò finalmente con la zuppa da dare all'ospite, ma invece di trovarsi accolto con attenzione famelica come si sarebbe aspettato, quest'ultimo stava guardando in un punto imprecisato del muro, le mani appoggiate nel grembo e le spalle estremamente rigide, quasi non facendosi neppure scappare un respiro da come appariva.
Il dottore non poté ignorare questo stato, chiedendosi cosa diavolo potesse essere successo in quei cinque, dieci minuti in cui aveva richiesto il cibo a Nami, venendo rallentato parzialmente per via di Luffy che, facendo arrabbiare la navigatrice, gli aveva fatto perdere tempo, poiché la testa rossa si era messa a litigare con il capitano e quindi ... Beh, il "subito" era stato ritardato parecchio contando che avrebbe potuto fare tutto in due secondi scarsi se non fosse stato appunto per la sconvenienza di avere un pozzo senza fondo di capitano e la sua capacità di dire e fare cose stupide - soprattutto quando si trattava di, appunto, nutrimento. Cavolo, ma perché doveva ancora rubare cibo di notte? -.
La piccola renna ignorò il pensiero semplicemente scuotendo la testa, sospirando un poco.
-Eccomi con la zuppa- fece a mezza voce, portando il biondo a voltare appena il capo, abbastanza da mostrare l'occhio non coperto dai capelli, abbastanza arrossato.
La piccola renna aprí e chiuse bocca, non facendo alcuna domanda nonostante i diversi interrogativi, alquanto insistenti e ripetuti tra i suoi pensieri, nati istantaneamente alla visuale, preferendo portare il piatto all'altezza delle due sottili mani dello sconosciuto, il quale lo accettò e fece un movimento con il capo che sembrava essere un qualche grazie o robe del genere.
Chopper, nel mentre che la figura portava più vicina la zuppa a sé, poteva vedere le sue braccia tremare, le dita che subito si avvinghiavano alla ceramica bianca e, senza pensarci due volte, la bocca posarsi sul bordo di essa, dando un sorso veloce alla calda sostanza, bloccandosi un attimo solo, molto breve, per poi ricominciare a bere e finire la zuppa cosí in fretta che quasi gli andò di traverso per un attimo - o cosí parve, almeno, anche perché alla fine fu come se non fosse davvero neanche successo, la sua espressione illeggibile -.
Il ragazzo fece per prendere nuovamente il proprio quaderno una volta aver dunque finito la zuppa, ma la renna lo fermò sul colpo.
-Non c'è bisogno che ringrazi ancora. Piuttosto, ne vuoi altra? Hai ancora fame?- domandò, guardando attentamente lo spalancare degli occhi del giovane, con i suoi occhi azzurri che sembravano chiedere qualcosa, per quanto non chiaro.
Vi fu un po'di silenzio, poi l'ennesimo saltare su dello stomaco del giovane ed il suo tornare ad arrossire come un pomodoro maturo fu una risposta abbastanza ovvia per il dottore, il quale non riusciva a non ricordare l'immagine del corpo quasi scheletrico e ferito del paziente, un immagine che tornava a balenare a ripetizione.
-Vado e torno, allora- disse, ricevendo un frettoloso annuire, sperando con tutto il cuore che non vi fosse una seconda situazione come quella affrontata precedentemente.

*

Quando finalmente il buco nello stomaco della figura parve essersi annullato, chiudendosi grazie alle totali tre scodelle di zuppa -la terza la aveva portata direttamente una ragazza dall'aspetto assolutamente meraviglioso, i lunghi e mossi capelli rosso carota, gli occhi grandi di un castano chiaro che brillavano di piena intelligenza, tale che l'essenza rimase senza fiato per qualche attimo, costringendosi ad abbassare lo sguardo per non fissarla troppo a lungo, risultando magari inquietante alla sua visuale -, essa si sentiva davvero, davvero bene, con un estremo calore dentro che non sentiva da tempo, la sensazione di completa sazietà che vibrava in ogni centimetro del suo interno, tanto che avrebbe voluto poter piangere di nuovo, negandoselo però per non far nascere domande specifiche o commentini che non voleva udire, preferendo piuttosto continuare a "parlare" con la piccola renna, a volte rispondendo, altre volte facendo domande con il suo rapido scrivere.
Aveva saputo tante cose in quelle sottospecie di conversazioni passa-tempo : in un certo senso, aveva conosciuto a parole le avventure fatte e in generale gli altri membri di quella piccola ciurma di pirati, tra cui quello che se ne stava quasi sempre appostato al muro, che quando era stato chiamato in causa dal dottore lo aveva letteralmente bloccato sul posto per come l'occhiata che gli aveva mollato sembrasse irritata dalla sua presenza, a dir poco gelida, un dettaglio che già scoraggiava la persona... Insomma, cosa aveva fatto di sbagliato stavolta? - Forse tutto... Al solito - , rimanendo comunque lí - mettendo alla persona una sensazione di nervosismo nei momenti in cui si sentiva scrutata - come per fare la guardia a qualcosa.
La prima tesi che la persona si fece era che, probabilmente, non si fidava a lasciarla sola con Chopper poiché, dopotutto, non sapeva niente dell'essenza, come l'essenza non sapeva niente - o quasi niente - di lui.
Difatti, aveva scoperto a malapena da qualche ora che si chiamava Zoro, che era uno spadaccino e... Che era forte? Non molto altro, davvero.
Un fatto che un po' disturbava la persona, oltre a quello sguardo freddo, totalmente diverso da quello della renna, era quando essa doveva rispondere a delle domande personali.
Non tanto perché non volesse rispondere alle richieste portate dalla piccola renna, ma perché non sapeva rispondere.
Se conosceva poco quel suddetto Zoro e anche Chopper in sé - anche se stava imparando molto di più su Chopper, partendo dal fatto che era una renna che aveva mangiato un frutto del diavolo -, in ogni caso, li conosceva di più di quanto conoscesse sé stessa.
Perché dopotutto... Di sé non sapeva neppure più chi era di preciso: sapeva solo di non poter essere definita altro che una presenza, perché non era proprio degna di avere un nome o un vero e proprio sesso.
Era l'unica cosa che sapeva alla perfezione di sé, il suo non sapere cosa era di preciso, poiché era un concetto inciso nel suo cervello.

' Tu non puoi essere un ragazzo. Sei troppo pietoso. E sei troppo disgustoso per essere una ragazza. Non puoi essere mio figlio, non puoi essere nessuno. Non sarai mai nessuno se non un fallimento di essere vivente'

O almeno, era quello che le aveva sempre detto lui .
La persona sapeva di sembrare sospetta, sapeva che non rispondendo nulla alle cose serie pareva strana ... Ma spiegare che non era nulla di più di un ombra, vissuta per chissà quanto tempo con una maschera di ferro sulla testa e voci nella mente come unica compagnia, a volte trasformandosi da bisbigli ad urla, beh... Sinceramente, l'essenza non era sicura di farcela.
Scrivere a carta una cosa del genere non sembrava adatto, poi temeva cosa avrebbero pensato, temeva che sapessero, più di quanto essa potesse momentaneamente sulla sua esistenza e che, dando gli indizi, avrebbero capito e la avrebbero rimandata da dove veniva, in quel buco buio da cui non ricordava neppure come era uscita.
Una parte di sé si insultava, criticando la sua stessa mente per tutte le pare che si faceva, per tutti i sospetti che sorgevano laddove teoricamente avrebbe forse dovuto esserci altro - anche se non sapeva cosa, di preciso -, poiché queste persone erano state abbastanza gentili da dare ad essa cure, cibo ed acqua, tanto da gettare via il suo desiderio di fuggire in pochissimo tempo ed abbassare una parte dei suoi muri... ma non ci poteva fare più di tanto, non dopo le sue abitudini, troppo impresse in essa per essere rimosse con qualsiasi trattamento, più o meno delicato.
Aveva sofferto abbastanza, non voleva tornare in quel freddo inferno, il cuore che aveva al centro del petto lo rifiutava, accelerando nel suo ritmo al solo pensiero, diventando tale da non poter più contare i battiti.

*

La persona doveva essersi addormentata e non se n'era neppure accorta, perché poteva sentire la sua mente così riposata che davvero... Era incredibile.
Non sapeva da quanto tempo fosse su quella nave, ma iniziava decisamente a sentire i benefici del dormire su un materasso.
Certo, il corpo gli faceva male ovunque, faticava a cambiare posizione da una all'altra e si sentiva estremamente a disagio per la costante sorveglianza, ma non sentiva freddo, non aveva giramenti, non sanguinava per via di ferite comparse per colpa dei Demoni... E in tutto quel tempo, non percepiva bisbigliare ventiquattr'ore su ventiquattro.
Ve n'erano alcuni di bisbigli, ovviamente, ma venivano scacciati appena Chopper parlava alla persona, irrompendo nei suoi pensieri.
A quel suo risveglio, però, ad aprire gli occhi, si trovò non più solo Chopper e Zoro, ma anche altre due persone... Una di queste la aveva già vista prima: era il ragazzo con il cappello di paglia, quello che il piccolo dottore aveva chiamato Luffy, se non errava, il capitano... Ed un tipo col naso lungo.
Non ricordava il suo nome, però, avrebbe dovuto riguardare su ciò che si era scritta.
In ogni caso, nessuno dei quattro lo stava guardando e più che altro stavano parlando a bassissimo tono... O almeno, la piccola renna stava parlando a voce bassa, mentre quello con il naso lungo tappava la bocca al capitano, mentre lo spadaccino sorseggiava una bottiglia di Sake, le gambe accavallate.
Cosí messo, la persona poteva studiarlo senza dover andare in ritirata appena costui ricambiava lo sguardo e continuò a scrutarlo per qualche secondo prima di allacciarsi alla conversazione posta da Chopper.
-Non dovreste disturbarlo! Potrebbe andare ancora in uno stato di shock o, ad un primo tic, ribattere il tutto con un attacco di panico- fece la piccola renna -Non ho idea di come potrebbe reagire, certo potrebbe stare anche bene, ma non posso dirlo con sicurezza e preferirei non rischiare. Vi ho introdotto a lui, ma credo che abbia bisogno ancora un po' di tempo.-
-Ma... Non é giusto- si lamentò Luffy, riuscendo a rimuovere la mano del naso lungo dalla sua bocca, mettendo un broncio da cane bastonato -Voglio conoscerlo anche io! Sembra simpatico! E tu hai detto che ha riconosciuto praticamente tutti gli ingredienti nella zuppa, quindi molto probabilmente è un cuoco! Voglio chiedergli di entrare nella ciurma!-
-Cosa? A lui? E da quando lo hai deciso? Cosa ha in più della trentina di persone che hai incontrato in precedenza? A me non sembra adatto.- fece Zoro, voltando improvvisamente la testa verso il capitano, mollando il Sake a terra dalla sorpresa, il suono che quasi fece sussultare la persona, tanto che si costrinse a trattenere il fiato.
-Da quando Robin ha suggerito che poteva essere un cuoco, shishishi- il capitano aveva un sorriso che gli attraversava da un lato della faccia all'altro -E, come ho già detto, da come ne parlate, sembra una persona singolare! Mi piace. Gli altri non mi piacevano particolarmente. E poi ha le sopracciglia a ricciolo!-
- Si può definire una ragione, l'ultima? Davvero?- borbottò Chopper lievemente sorpreso.
-Ovvio che sì shishishi. É più che una ragione valida-
-Aspetta, Luffy!- irruppe una voce che la persona non aveva mai sentito parlare prima -Non puoi chiedere a una persona di cui non sappiamo quasi assolutamente nulla di aggiungersi a noi! E da come era messo, dubito sia una persona veramente normale... Potrebbe essere... Iiih! Potrebbe essere un ricercato di assassinio! Un assassino scappato dalla marina- il naso lungo sbiancò, la voce strozzata - Potrebbe... Potrebbe essere un killer a pagamento!-
La persona, all'ultimo commento, percepí un ben poco voluto brivido percorrergli la schiena, passando lungo tutta la sua spina dorsale, non capendo minimamente perché, desiderando con tutto il cuore di poter rigettare.
-Sei spaventato da un possibile serial killer quando hai un cyborg ed un uomo di gomma nella ciurma?- osservó un altra voce, che bhe, era quella di Zoro, ma iniziò come ad essere offuscata, non più chiara, mentre qualcosa la schiacciava, rendendola sempre meno comprensibile: il battito cardiaco impazzito della persona, il quale sbatteva senza tregua, percepibile nel petto, nelle tempie, nelle sue gambe perfino, mentre di colpo essa non riusciva più a respirare, agonizzando come un pesce fuor d'acqua, la visuale che andava e veniva come una luce di lampadina scarica, accompagnata da quasi costanti blackout mentali, mentre le voci tornavano ad essere dei termini spenti ed incapibili, spegnendosi.
Ed eccole di nuovo infatti, le generali vocine che se ne stavano a chiacchierare, sparlottando in sussurri perfidi, fino ad alzare il tono al punto tale da tornare ad essere delle grida, così forti che all'essenza sarebbero potute sanguinare le orecchie perfino.

*

La persona aveva cambiato di nuovo idea.
Per quanto rilassata si fosse sentita fino a quel momento, così in compagnia di Chopper - forse troppo rilassata appunto - doveva davvero andarsene il prima possibile.
Non poteva assolutamente restare.
Non c'era un motivo specifico, se non il fatto che, molto probabilmente, le persone che lo avevano accolto erano troppo gentili per cacciarla via subito dopo che aveva ripreso i sensi... E per il fatto che, insomma, prima se ne andava e meglio era, ecco.
Ne era stato convinto nelle prime ore del suo risveglio, poi aveva tentennato un po', ma adesso ne era definitivamente certa.
In generale, tale pensiero fu il primo che spuntò all'essenza appena tornò nuovamente a svegliarsi da chissà quanto tempo di suo essere inconscia, sentendo i propri polmoni dolere e la gola secca, con un sapore disgustoso sul fondo della gola, abbastanza rivoltante da far rigirare il suo stomaco un paio di volte.
Doveva aver rigettato... Anzi, era più che sicura che lo aveva fatto, anche perché c'era quell'acido nella sua pancia che glielo confermava, ricordandoglielo in maniera parecchio fastidiosa, strappando alla figura un sospiro ed un verso frustrato: un unico verso, l'unica cosa vicina ad una parola che avesse fatto dopo chissà quanti giorni -o anni, perfino -, tanto che la persona sorprese sé stessa, decidendo però di ignorare il dettaglio.
Come aveva già pensato prima di essere presa dalla nausea, doveva andarsene via... E con lo sguardo che scannerizzava la stanza, per una volta, non vi era più nessuno a circondarla, tenendola sott'occhio.
Doveva essere un segno, si disse tra sé e sé, era un modo per incitare la persona ad alzare i tacchi... Anche se, per qualche motivo, la feriva.
La figura si era davvero affezionata a Chopper, volendolo o non volendolo e ... E ciò le faceva sentire una sensazione strana, rimpianto forse... qualcosa che, in ogni caso, le diceva che, magari, in un altra vita, avrebbe potuto farci davvero amicizia, magari avrebbe potuto essere diversa e quindi riuscire a farsi apprezzare per davvero.
Sempre che potesse esistere un simile scenario.
Ne dubitava parecchio.
Scivolò dunque fuori dalle coperte, mettendosi faticosamente in piedi, sentendo il pieno fastidio con cui il suo corpo rispondeva al gesto, provocando in tutto il suo essere dei ripetitivi brividi freddi; dopotutto, aveva solo una camicetta leggera addosso, pulita, ma che comunque aveva catturato molto del suo sudore - Dannazione, aveva bisogno di una doccia. Ma dove avrebbe potuto farla? - e dei pantaloni troppo larghi per le sue gambe - cribbio, ci stavano praticamente altre tre gambe della sua dimensione in quei pantaloni! Di chi erano, di preciso ?... Bhe... Forse più che la grandezza dei pezzi di stoffa, il problema era la magrezza dei suoi arti, dettagli non propriamente sorvolabili -
Ignorando i fastidi, prese a camminare silenziosamente lungo la stanza, aprendo la porta nella speranza che questa non scricchiolasse, cosa che grazie al cielo non accadde... Ma che in ogni caso lo portò a trovarsi a faccia a faccia con Chopper, lo spadaccino e praticamente tutti i pirati di quella barca, sentendo la voglia di scappare via di corsa salire alle stelle, portandolo ad aprire la bocca e fare un passo all'indietro, mentre un altro verso sfuggiva dalle sue labbra, più un lamento che altro.
"Merda. Merda. Merda!" Iniziò a ripetere mentalmente, facendo passare lo sguardo da persona in persona.
-Ehi, dovresti tornare a letto!- fece Chopper, sempre con tono basso - come la renna si era ripromessa, non avrebbe alzato più la voce in presenza dell'ospite -, avvicinandosi all'essenza con la solita aria rassicurante.
La persona scosse leggermente la testa, deglutendo a vuoto.
Non poteva tornare a letto, si disse.
Non doveva tornarci o avrebbe finito con il voler troppo il poter rimanere...
Forse però non era comunque il momento giusto per andarsene.
Era sotto gli occhi di tutti... E soprattutto sotto gli occhi della piccola renna, il quale sembrava parecchio confuso e soprattutto pareva determinato a farlo ritornare sotto le coperte, come se fosse questione di vita o di morte.
Che si preoccupasse, scaldava davvero il cuore alla persona, ma si costrinse ad ignorare la sensazione perché... Insomma... lasciandosi indugiare troppo in essa, non ne sarebbe più uscita.
-Doctor~san- fece una donna corvina con gli occhi azzurri, anche lei assolutamente mozzafiato per la sua bellezza, proprio come la giovane dai capelli rossi -Piuttosto che andare a letto, poiché non sembra volerci tornare... Non potremmo farlo mangiare con noi? Dall'ultimo pasto sono passate sedici ore per lui-
"Sedici ore?" Si chiese, sempre immobile, con lo sbigottimento e lo shock che impedivano qualsiasi suo movimento, perfino quello incentrato nel semplice respirare.
-Ma ... Robin...- provò a protestare la piccola renna, con un aria ben poco convinta.
La donna sorrise in un modo particolare, come se stesse parlando con lo sguardo nel mentre... e la persona ne rimase sempre più affascinata, ma una volta catturate le idee di costei tramite la realizzazione di ciò che aveva detto, si chiese se non fosse stato piuttosto meglio se fosse ritornata, anzi rimasta, a letto, dopotutto.
-Daccordo- si arrese la piccola renna, particolarmente esasperata ed ancora incerta per via dello stato del proprio paziente -Ma al primo segno di problema, io lo riporto in infermeria- puntualizzò il dottore, strappando un 'fufufu' alla cosí chiamata Robin.

*

La persona non credeva fosse minimamente possibile che una persona normale fosse capace di mangiare così tanto e con una velocità del genere.
Era rimasta a fissare per buona parte del tempo, a tavola, Luffy che divorava - con delle maniere cosí indecenti che, davvero, non era possibile. Neppure degli animali avrebbero mangiato della roba in quel modo - tutto quello che gli capitava sotto le mani, tanto che praticamente tutti gli altri si affrettavano a finire il proprio cibo il prima possibile per non vederlo misteriosamente sparire dai loro piatti.
La persona lo definì un vero e proprio mostro mentalmente, ritrovandosi poi a calcolare il fatto che, insomma, in quella ciurma vi erano già una renna capace di parlare ed un cyborg... Quindi non avrebbe dovuto meravigliarsi di una persona con una fame mostruosa.
Ma ciò che, nonostante tutto, attirò la sua attenzione in modo completo, dopo appunto il periodo in cui aveva guardato il capitano, fu proprio la cucina in sé.
Seppur non ordinata specificamente come la figura la avrebbe lasciata e decisamente non pulita come la persona si sarebbe aspettata da un simile posto, era grande, spaziosa, calorosa per certi versi, con qualche buono strumento che le faceva sentire quasi una morsa di nostalgia nel suo petto, sempre non raggiungibile nella sua motivazione.

*

Ovviamente, a quasi nessuno dei lì presenti, passò inosservato quello sguardo di pieno interesse ed altrettanta attrazione , come un magnete con del ferro, nei confronti dei fornelli, tanto ovvio questo si era illuminato nello scorrere tra la postazione e le pentole, portando il gruppo a guardarsi tra di loro.

*

-Ehi- la persona venne chiamata in causa dalla ragazza dai capelli rossi, portando la sua piena attenzione su di lei e cercando costantemente di non fissarla come un idiota: risultava difficile, davvero difficile, poiché era davvero di una bellezza incredibile tra quei boccoli e quel sorriso gentile ed amabile, ma la presenza riuscí in ogni caso a non sembrare, in qualche maniera, molesta o fastidiosa, guardando in basso, praticamente sulle punte dei propri piedi.
-Che ne dici se ti aiuto a lavare e pettinare i capelli? Non credo che tu abbia ancora il permesso di Chopper per un vero e proprio bagno, ma almeno proviamo a sistemare un po' quello che si può, no?-
La figura si ritrovó, a tale frase, a guardare la rossa - Nami, se il suo cervello non la ingannava, ricordando vagamente di averlo sentito sia dal capitano di quella nave, sia da Chopper - con alquanta confusione e perplessità, non avendo idea di cosa rispondere ad una simile offerta, anche perché...
Dannazione, perché? Perché erano tutti così gentili?
Prima Chopper, poi Robin che si era messa al suo fianco e aveva - varie volte - impedito che all'esistenza venisse rubato il cibo dal piatto, offrendo piuttosto parte della sua porzione... perfino lo stesso capitano che gli sorrideva con una grinta che non aveva mai visto su nessuno, tale che avrebbe voluto poter ricambiare una simile espressione - temendo però di esebire piuttosto una smorfia, anche perché non era sicura di ricordare come si sorrideva - e ora Nami?
Non riusciva a capire. Ma tipo per nulla.
Da quello che aveva letto nei libri di avventura, in passato, ricordava che i pirati non erano esattamente le persone più disponibili e simpatiche del mondo, se non per raggirare...
Ma, insomma.
Quelle persone erano proprio gentili e basta.
Lo vedeva, in un modo o nell'altro, nei loro occhi.
Dopo una serie di secondi in cui non seppe esattamente cosa fare, scelse di annuire, accettando l'offerta, vedendo il sorriso della ragazza allargarsi, mentre lei gli faceva un cenno con la testa che pareva invitarla a seguirla, con Chopper dietro che li seguiva con sempre quell'espressione preoccupata e attenta.
"É proprio un bravo dottore" pensò la figura, cominciando ad avanzare verso quello che doveva essere il bagno, laddove vi era un enorme vasca al centro e tutt'attorno delle ceste di bambù con vicino contenitori con diversi tipi di sapone.
La persona venne fatta sedere su una cesta e le venne delicatamente rimossa la camicia, mentre un asciugamano caldo e morbido faceva scambio con essa, avvolgendo il suo collo così da evitare che il suo corpo si bagnasse.
Non poté non sussultare quando percepí una mano sfiorare la sua nuca, mentre dei flash affioravano alla sua mente con un che di talmente tanto inaspettato che le sue gambe, no, il suo intero corpo tremò.
Nella sua mente affiorarono de scene totalmente opposte: la prima composta da qualcuno che, appunto, appoggiava la mano sul suo capo e lo spingeva a sbattere contro il suolo con violenza tale da spegnere tutti i suoi sensi all'unisono, la seconda che, sempre lì, invece, gli accarezzava i capelli con affetto ed amore, il tutto mentre una parola di cui non sapeva il significato ma che sapeva di estremamente familiare, dolce come il miele per il suo udito, veniva pronunciate con tono altrettanto dolce, tanto che nuove ondate di calore stravolsero il suo intero DNA.
Sanji.
La parola era stata proprio quella.
Sanji.

Dopo qualche istante di paralisi, in cui aveva totalmente annullato ciò che stava accadendo attorno a sé, la figura realizzò che era sempre seduta su quel cesto, avendo davanti sia la renna che la rossa, la prima che aveva le mani in grembo, immobili.
La giovane aspettò una lunga serie di secondi prima di riprovare a sfiorare il capo alla persona, riluttante a ritentare al punto tale che la figura si chiese e non poté non domandarsi quanto male il suo corpo doveva aver reagito in precedenza per strappare un simile atteggiamento e percepí un certo senso di colpa inondare la bocca del suo stomaco, seppur cancellato ben presto dal semplice fatto che nella sua testa le cinque lettere pronunciate da quella voce femminile le ruotavano in essa, zittendo tutto il resto, almeno nel suo reparto emozionale.
Poteva sentire dunque quelle dita tornare ai suoi capelli un unico istante prima che la mano sinistra cercasse il sapone e l'acqua, cominciando a lavare la chioma dorata, rendendola cosí appiccicaticcia alla sua faccia che la persona non ci vedeva più niente, questo prima che la ragazza le spostasse la maggior parte dei suoi capelli dagli occhi e continuasse nel suo lavoro con accuratezza, riuscendo a fare diventare un colore smorto e macchiato da sangue secco e sporcizia in un piacevole, brillante e luminoso biondo oro.

La chioma venne asciugata in una quantità di tempo decisamente maggiore rispetto a quella che ci volle per finire di pulirli, poiché le ciocche, lunghe e sottili nella loro struttura, parevano faticare ad asciugarsi completamente, risultando sempre troppo umide per essere accettabili secondo Nami.
La persona però, nonostante tutto, non si sentí minimamente innervosita da quel rimanere lì, accettando le deliziose cure della giovane, dicendo a sé che, prima che se ne sarebbe tornata a partire - sí, era ancora decisa ad abbandonare la nave il prima possibile, nella prima occasione che le fosse capitata davanti - avrebbe fatto qualcosa per ripagare la gentilezza, anche se non aveva idea di che cosa, di preciso.
Ripagarli con i soldi? No, appunto, non ne aveva.
Ripagarli con... Con...
Bene, non ne aveva proprio idea, non aveva talenti, quindi non poteva fare nulla.
Se non forse pulire la cucina? E la nave in generale? Qualcosa del genere?

"Sì, qualcosa del genere" concluse, percependo una spazzola passare tra l'infinita massa bionda che aveva come capelli, ritrovandosi perfino a sentire un laccio che, dopo un po', andava a raccoglierli in una coda alta, praticamente di cavallo, facendo sentire la figura molto più leggera e molto più strana allo stesso tempo, innalzando le sopracciglia per via del collo praticamente denudato e per il piacevole ordine in cui la massa rimaneva, nonostante tutto il destra e sinistra della coda ogni qualvolta che girava leggermente il capo.


*Ho un non leggero kink per Sanji con i capelli lunghi, oops*
*Volete il continuo subito dopo questa parte o magari lo spezzone (forse unico) di una CrocoSan e pooi un continuare? O dovrei fermarmi con questo primo what if perché è magari noioso? Vi sta piacendo o noh?*

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