Chapitre 36 - Shawn

YOUTH

Sono giorni che non vedo Cheri. Sono stato al funerale di suo fratello e, quando l'ho vista in piedi di fronte alla chiesa, vestita a lutto, ho abbassato lo sguardo e non le ho detto niente. Forse avrei dovuto farle le mie condoglianze o degnarmi di dirle almeno un «Mi dispiace». Invece ci siamo guardati per un secondo, poi l'ho stretta forte a me. Ha pianto sulla mia camicia fino ad avere gli occhi gonfi mentre le accarezzavo i capelli. Per tutta la cerimonia le ho tenuto stretta la mano per farle capire che io c'ero, c'ero anche in quella situazione. C'ero anche quando i suoi parenti, la maggior parte venuti dalla Francia, e gli amici di Eric, tra cui alcuni canadesi, le hanno fatto condoglianze che entrambi sapevamo essere false almeno al cinquanta percento. C'ero anche quando si è alzata coraggiosamente ed ha raggiunto l'altare per fare il suo elogio funebre, dicendo cose che io so che non sentiva. So che, se avesse potuto dire ciò che sentiva davvero, non sarebbe di certo stato «Mio fratello era un grand'uomo, un gran figlio ed un gran fratello. Era un grande amico, un grande nipote», ma forse «Mio fratello mi voleva bene almeno il doppio di quanto gliene volevo io. Ero la sua choupinette – o come diavolo di dice «cucciola» in francese – perché gli ero accanto. Sempre. Lui odiava tutti voi, invece.» Già, Cheri è troppo gentile per dirlo.
Anche sua madre era al funerale e mi ha stretto la spalla con un sorriso triste. Mi ha sussurrato un «Stalle accanto» quando Cheri si è assentata per salutare suo nonna Chantal e non si è più fatta vedere fino alla fine del funerale, quando ha salutato Cheri e si sono abbracciate, entrambe piangenti.
Nonostante la matrigna di Cheri mi abbia impedito di vederla in questi ultimi cinque giorni, decido di suonare il suo campanello, quando un signore in giacca e cravatta con una ventiquattrore e una targhetta con scritto «Burgeois» apre il portone e mi saluta con un «Salve» biascicato in cui riconosco lo stesso accento francese della mia ragazza.
Bonjour — rispondo in un sussurro.
Oh, est-ce que vous parlez français?
— No, la mia ragazza è francese e ho riconosciuto l'accento. In realtà sono una frana con il francese. So soltanto «bonjour», «je m'appelle Shawn» e «joyeuse anniversaire».
— Siete il ragazzo di Mademoiselle Josseaume?
— Cheri, sì. E lei è?
— L'avvocato di famiglia Josseaume! — risponde con troppo entusiasmo. — Dovevamo accordarci per la divisione dei beni del defunto, visto che non ha lasciato alcun testamento.
— Come sta Cheri?
Abbassa lo sguardo e diventa triste. — Non bene, ceci est sûre. Non si supera la vista di un fratello impiccato. È scossa, bien entendu.
Annuisco e lo saluto cortesemente, prima di approfittare del portone aperto per entrare. Corro sulle scale e suono il campanello della matrigna di Cheri. Mi apre una delle sue sorellastre, anche se confondo sempre come si chiamano.
— Oh, ehm... Non credo tu possa entrare, mi dispiace.
Mi avvicino al suo viso e la vedo arrossire violentemente. — Ti prego. Devo vederla.
Annuisce in fretta e si fa da parte, così io percorro il corridoio a grandi falcate e mi fermo davanti alla sua porta. Faccio dei respiri profondi ed apro lentamente. All'interno della camera, Cheri è seduta sul suo letto a fissare quello vuoto di suo fratello, su cui sono disposti degli scatoloni. Accanto a lei c'è un piatto pieno con la colazione.
Mi siedo accanto a lei, distante, per non invadere il suo spazio. Resto per un po' in silenzio, prima di sussurrarle: — Vuoi stare sola?
Annuisce senza guardarmi.
— Vuoi che me ne vada?
Sospira, si morde un labbro e volta la testa verso di me. Dal suo volto iniziano a scendere delle lacrime e, abbassando il capo con un singhiozzo, scuote la testa. Mi precipito ad abbracciarla e le bacio una guancia, ignorando il sapore salato del suo pianto.
— Scusa se non sono venuto prima. La tua matrigna non voleva.
— Pensavo fossi tu a non volerlo. Lei mi ha detto così.
— Cosa? No! No, io sarei rimasto cui per te anche quando ormai avresti dormito, sarei stato giorno e notte, per te.
Tira su con il naso ed io le porgo un fazzoletto. — Grazie — mormora asciugandosi le guance. — Sta diventando un inferno, qui.
— Perché? — indago.
— Visto che non ero impegnata con nessuno, ho passato gran parte della giornata a fare i lavori domestici. Credo si approfittino del fatto che non voglio pensare a Eric. Vogliono persino mettere via la sua roba, anche il letto. Dopo nemmeno una settimana dalla sua morte, capisci?
— Ecco perché non volevano che io venissi! Per non farti uscire da questa... da questa topaia!
— Non insultare le topaie — scherza sorridendo.
— Tua madre non può tenerti con sé?
— Dovrebbe chiedere la mia custodia, ma non ci sono prove che mi trattino male e se io testimoniassi giocherebbero la carta del mio odio profondo per quelle tre streghe. E poi, una donna che si è finta morta poco dopo il parto non sarebbe giudicata una madre migliore di quella là. Mia madre perderebbe la causa.
— Allora vieni con me — butto lì senza pensarci. — Stavo già pensando di andare via di casa. Insomma, ho diciannove anni, posso cavarmela da solo. Finché non mi sarò trasferito potrai comunque stare con la mia famiglia a Pickering.
— Shawn, non voglio creare disturbo né a te né alla tua famiglia.
— Disturbo? Scherzi, spero. Senti, facciamo così: appena mi trasferisco, tu vieni con me. Ho visto un appartamento qua a Toronto che sarebbe bellissimo per noi due. Ha una vista meravigliosa, poi! Dimmi di sì — la supplico prendendole le mani tra le mie.
— Hai pensato alla situazione finanziaria? Io non ho un lavoro, sono una studentessa, e tu nemmeno...
— Mi pagheranno per il MagCon Tour. — Tenta di ribattere, così io le sorrido. — Se vuoi un po' più di stabilità, lo faremo dopo il tour, così vedremo anche come si evolve la situazione. Tu avrai quasi finito la scuola, io vedrò cosa succede. E ci trasferiremo. Ti porterò via da qui. Promesso. Ci stai?
Sbuffa una risata e scuote lentamente la testa. — Tu sei pazzo — ride.
— Pazzo di te. Avanti, baby, non dirmi no.
— Come posso farlo se mi chiami «baby»? Okay, Shawn, lo faremo.
— Sì? — le chiedo ancora, credendo di aver capito male.
— Sì! — grida.
— Ti amo — le sussurro, prima di baciarla.
— Ti amo — risponde con un sorriso, poi mi spinge di schiena sul suo letto e torna a baciarmi.
Cavolo, quanto mi erano mancate le sue labbra. Le sposto una ciocca di capelli dietro all'orecchio e le prendo un braccio per portarla sopra di me. La sua gonna si stende attorno al suo bacino ed i miei jeans entrano subito in contatto con i suoi slip. Passa lentamente le mani sulla mia T-shirt, fino all'orlo, poi me la fa passare oltre la testa.
— Che fai, prendi l'iniziativa? — scherzo. In realtà mi piace che sia lei a comandare il gioco. È... eccitante. A ogni modo, la spingo sotto di me, facendola ridere.
— E se avessi voluto stare io sopra? — scherza. — Emancipazione femminile, parità dei sessi, chiamala come ti pare — risponde al mio sguardo interrogativo.
— L'unica parità dei sessi...
— Non dirlo! — mi interrompe con una pacca sul mio braccio. Sto per continuare, ridendo, quando mi prende il viso e mi bacia per zittirmi.
Affondo il viso nel suo collo con un sorriso e la bacio sotto l'orecchio, con una mano che le alza la gonna.
— Dovresti zittirmi più spesso, se questo è il tuo modo di farlo — le sussurro.
Mi accarezza la schiena mentre i miei muscoli si contraggono per farle scorrere gli slip lungo le gambe, quando sentiamo la sua matrigna avvicinarsi alla stanza gridando non so cosa. Mi alzo velocemente, spinto da Cheri, che si risistema e mi porge la mia maglietta.
— Esci dalla scala antincendio, non voglio che ti butti fuori — mi sussurra.
Le blocco le mani e la porto verso di me finché le posa sul mio petto ancora nudo, la mia maglietta tra le sue dita.
— Shawn, davvero...
— Dammi un bacio, baby.
Preme le sue labbra sulle mie e le lascio le mani libere di scorrere sui miei addominali, prima che si separi lentamente. Mi guarda per un attimo, poi mi rimetto la maglietta mentre borbotta un «Perché deve essere così maledettamente sexy?» sottovoce per non farsi sentire da me, anche se, evidentemente, fallisce. Apro la finestra ed esco sulla scala antincendio.
— Ti amo — le dico, prima di salutarla.
— Ti amo — la sento rispondere prima di chiudere la finestra.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top