Chapitre 2

HOLD ON

La nostra camera è carina, nonostante sia praticamente uno sgabuzzino, per due persone. O forse è una mia impressione, essendo abituata alla mia grande stanza da condividere soltanto con me stessa. Le pareti sono di un bianco sporco e vi sono dei chiodi dove, come è evidente dagli aloni sui muri, un tempo erano affissi dei quadri o delle foto. Sia sulla sinistra che sulla destra due letti a una piazza sono sistemati contro il cartongesso, con una mensola in legno scuro sopra ognuno. In fondo ai letti ci sono due piccole ante d'armadio, con dei cassetti e degli scaffali. Non abbiamo altro. La parete parallela alla porta è completamente coperta di lunghe finestre che partono dal soffitto per finire sul pavimento. Inconsapevolmente, quando mi avvicino, cerco la Torre Eiffel e lo Champ-de-Mars. Ho saputo che a Montréal – dall'altra parte del Paese – c'è una via chiamata così.
Io ed Eric ci guardiamo negli occhi dopo aver guardato i letti. Entrambi ci buttiamo su quello di sinistra e scoppiamo a ridere. È sempre stato così, quando facevamo i fortini: entrambi volevamo dormire nel sacco a pelo di sinistra. Forse perché le finestre, nelle nostre camere, erano da quella parte, o magari perché la mamma dormiva a sinistra. Mio padre ci raccontava sempre della loro lotta al posto di sinistra. A lei piaceva perché c'era la finestra, a lui perché era lontano dalla porta e non avrebbe sentito Eric piangere. Alla fine vinceva sempre la mamma, o forse mio padre la lasciava vincere. Come me e mio fratello. Anche stavolta, Eric sbuffa con un sorriso, mi lascia un bacio sul capo e si mette sul letto di destra.
Merci — sussurro.
Mi fa un occhiolino e si guarda intorno un'altra volta. — Que mauvaise organisation des salles — commenta.
Annuisco con una smorfia e inizio a spostare il letto.
Qu'est-ce que tu es en train de faire?
Je suis en train de réorganiser les salles — rispondo con tono ovvio.
Sorride e mi aiuta. Puntiamo i piedi dei letti verso la finestra, così che le testiere stiano contro gli armadietti. Smontiamo gli scaffali e li mettiamo l'uno sopra all'altro insieme alle mensole avvitandole al centro della parete di vetri, così da formare una libreria. Mettiamo i nostri vestiti negli armadietti, i nostri effetti personali e i libri sulla nostra creazione e le nostre valigie ormai vuote sotto i letti. Ci accordiamo sul colore delle pareti: la mia sarà rosa cipria con schizzi rossi, la sua nera con schizzi bianchi e l'ultima bianca con schizzi dei quattro colori, come il soffitto. Mio fratello mi dà anche il permesso di appendere delle luci gialle di Natale alla mia parete con delle cimici. Ci diamo appuntamento per domani pomeriggio davanti a un negozio di articoli per la pittura che troviamo su Google Maps, il Monarch Paints, e infine ci buttiamo ognuno sul proprio letto a guardare il soffitto e ascoltare le nostre sorellastre litigare.
Guardo mio fratello mentre ride per la prima volta dalla morte di nostro padre: ai lati della bocca ha due graziose fossette, le cosiddette «zampe di gallina» gli compaiono ai lati degli occhi azzurri. I capelli lisci e bruni gli ricadono sulla fronte e gettano ombre sulla pelle abbronzata del volto. È proprio un bel ragazzo, mio fratello. In realtà non era obbligato a venire con me perché lui ha già ventidue anni, ma non voleva lasciarmi sola. Il giudice era restio a farlo venire con me, ma il nostro avvocato ha trovato una legge secondo cui i genitori devono accudire il figlio fino a quando non è economicamente indipendente e... be', eccolo qui, adesso.
— Quella è la mia spazzola! — sento gridare Adelina.
— E quello era il mio arricciacapelli! — risponde Annabelle.
— Ma non ti serve, ce li hai già ricci!
— E a te non servono tre spazzole!
Je ne les supporte plus — sospiro. — Je vais me laver.
Eric annuisce mentre prendo il cambio, l'accappatoio, il bagnoschiuma e lo shampoo.
Una graziosa targhetta con su scritto «BAGNO» è affissa alla seconda porta sulla destra a quella di fronte alla nostra. Le pareti sono mezzo piastrellate di rosa e mezzo dipinte di nero, un lavabo è sistemato sulla sinistra con un mobiletto murato sopra e due distributori di sapone cilindrici fucsia sul ripiano. Il WC è proprio sulla sua destra, mentre di fronte si trova il box doccia. Appendo i vestiti all'appendiabiti accanto e mi infilo sotto il getto caldo dell'acqua. Appoggio la fronte al muro e, quando sento che sto per addormentarmi, esco e mi asciugo, prima di rivestirmi con una T-shirt nera di un paio di taglie più grandi della mia e degli shorts blu scuri. Guardo la ragazza bassa e magra riflessa allo specchio, con gli occhi azzurri troppo grandi per il proprio volto e i capelli lisci e biondi che le arrivano alle scapole, come se non fossi io. Infine mi infilo le infradito e torno in camera, dove Eric ha appeso la chitarra di nostro padre al muro. Mi vengono le lacrime agli occhi mentre sfioro le corde.
Je viens de penser que cela te ferait plaisir... inizia mio fratello.
C'est parfait lo interrompo. — Bonne idée.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top